Nella
memoria di S. Monica, madre di S. Agostino d’Ippona, e dei santi martiri
certosini inglesi, rilancio l’abituale per noi editoriale di Radicati nella
fede, già pubblicato anche da Chiesa e postconcilio e
tradotto in inglese da Rorate
caeli.
Filippo Bigioli – Giovanni Wenzel, S. Monica, 1841 |
Gioacchino Assereto, S. Monica e S. Agostino, XVII sec., Minneapolis Institute of Arts, Minneapolis |
Ary Scheffer, S. Agostino e S. Monica, 1846 |
Giuseppe Riva, S. Monica trasmette ad Agostino la fede cristiana, 1890-99, Cattedrale di S. Alessandro, Bergamo |
Vicente Carducho, Martirio dei priori delle certose inglesi di Londra, Nottingham ed Axholme, 1626-32, museo del Prado, Madrid |
Vicente Carducho, Martirio di tre certosini della Certosa di Londra, 1626-32, museo del Prado, Madrid |
Vicente Carducho, Martirio dei padri John Rochester e James Walworth, 1626-32, museo del Prado, Madrid |
Vicente Carducho, Prigione e morte dei dieci certosini della Certosa di Londra, 1626-32, museo del Prado, Madrid |
I MARTIRI NON PIACEVANO AL
DIALOGO
Editoriale “Radicati nella fede”
Anno VIII n. 5 - Maggio 2015
E siamo di nuovo in tempo di
Martirio.
Ciò che sta accadendo ai
cristiani in Asia e in Africa ha riportato prepotentemente sulle nostre labbra
la parola “martirio”. Cristiani uccisi, e in massa, nelle maniere più orrende,
semplicemente perché cristiani; tutto questo ci fa dire che è tornata l’era dei
martiri.
Per la verità la Chiesa non è mai
uscita dal tempo del martirio. Gli studi pubblicati in occasione dell’ultimo
anno santo, quello del 2000, ci avevano già ricordato che il numero dei
martiri, in venti secoli di cristianesimo, è enorme: circa 80 milioni! e dato
ancora più impressionante, di questi 80 milioni, circa la metà appartiene all’ultimo
secolo concluso, il ‘900!
Nonostante questi dati, noi
cristiani pasciuti d’occidente facciamo fatica, tanta fatica, a credere che la
Chiesa sia in perenne stato di martirio. Siamo stati abituati, dalla scuola e
dalla cultura laica, a pensare, piuttosto, che la Chiesa debba chiedere perdono
del suo passato violento e impositivo: è la leggenda nera che dipinge la Sposa
di Cristo come strumento di potere. Per questo resistiamo nel vedere invece la
verità, e cioè che i cristiani nel mondo hanno sofferto e hanno continuato a
versare il proprio sangue per la fede.
A questo lavoro di
disinformazione fatto dalla cultura laicista, tendente a minimizzare se non a
negare il martirio dei cristiani, si è affiancata, in questi ultimi decenni, la
più grande impresa di depistaggio intellettuale, operata, dentro la Chiesa, dai
cattolici stessi. Dopo il Concilio Vaticano II, la dittatura del Dialogo ha
imposto il silenzio sul fenomeno del Martirio: la Chiesa deve riconciliarsi col
mondo moderno e per questo non deve più parlare di chi muore per la fede. I
Martiri costituivano il più grande ingombro e inciampo per quest’opera di
trasformazione della Chiesa, che si è voluta mondanizzare a tutti i costi .
Il concetto di martirio, secondo
questi emancipati cattolici moderni, appartiene a un passato ormai superato;
appartiene all’epoca della contrapposizione con il mondo, e questo passato non
deve tornare più. Secondo questi, e sono tanti, c’è un modo più efficace per
lavorare nel mondo come cristiani, più efficace che quello di dare la vita
unendo il proprio sangue a quello di Cristo: c’è l’arma del comprendere le
ragioni dell’avversario, del parlare con lui, del dialogare con lui, per
scoprire infine che, in fondo, la si pensa allo stesso modo.
Tutto questo triste lavoro di
rifiuto del martirio e di sostituzione con l’ideologia del dialogo, ebbe
tragiche conseguenze negli anni ‘60 e ‘70: mentre i cristiani dell’Est venivano
eliminati o condotti ai lavori forzati nei gulag, la Santa Sede privilegiava
con la Ostpolitik i buoni rapporti con le dittature marxiste, ricercando con
esse un accordo possibile, ritenendo erroneamente che il Comunismo fosse
eterno. Fa parte di questa vergogna la mancata condanna del Comunismo durante
il Concilio stesso: la storia arriverà a giudicare severamente questo meschino
cedimento ereticale.
Negli ultimi anni, l’imposizione
del silenzio sul fenomeno del martirio è stata comandata dall’altrettanto
dogmatico dialogo interreligioso: occorre stare in pace con le altre religioni,
non fare proselitismo, e dunque occorre tacere sui cristiani uccisi.
Ma i fatti parlano oggi in nome
di Dio.
Si voleva una nuova era per la
Chiesa, l’era della serenità con il mondo a 360°, ed ecco che, invece, il
sangue dei cristiani crocifissi, sgozzati, bruciati, fucilati, impiccati e
lapidati è venuto a rompere l’ingannevole idillio.
Tutto questo dolore dei nostri
fratelli - per i quali non dobbiamo smettere di pregare, affinché questa
terribile prova sia loro abbreviata - è un potente richiamo per noi cristiani,
immersi nella più grande falsa ideologia della storia, quella della Modernità.
La modernità, che rifiuta come
stoltezza Cristo crocifisso, ha portato dentro la Chiesa la mortale illusione
di poter separare la Resurrezione dalla Croce.
Si è voluto fare un nuovo
cristianesimo che pone l’accento sulla Vita nuova in Cristo, dimenticando la
sua Passione e Morte.
È vero, Cristo ha vinto la morte,
è risorto; è costituito Signore di tutto. È vero che questa vittoria del
Risorto è partecipata alla Chiesa e ai santi, ma occorre stare attenti: questa
vittoria, come spiega il grande père Calmel, “lungi dal sopprimere la Croce e
renderla inutile, si realizza soltanto attraverso la Croce. Dicite in
nationibus quia Deus regnavit a ligno”. (R.T. Calmel, Per una teologia della storia, Borla 1967,
pag. 44).
È proprio questa coscienza che è
mancata nella Chiesa degli ultimi tempi. Si è vissuto l’inganno di pensare la
Resurrezione come superante la Croce. Così si è fatta una nuova chiesa che
parla di vita e non di martirio; che parla di aspirazioni umane e non di
martirio; di dialogo col mondo e non di martirio; di pace universale e non di
martirio; di costruzione della società terrena e non di martirio...
Anche per questo la presenza
della Chiesa si è sgretolata, e la vita dei cristiani è scivolata nell’infedeltà
profonda.
È stata una mortale illusione,
demoniaca. Un “sogno talvolta infantile e tenero, ma forse più spesso vile e
odioso, che fa sperare per la vita del cristiano una fedeltà a Cristo senza
tribolazioni e per l’avvenire della Chiesa un fervore di santità che non
dovrebbe più subire dall’esterno le persecuzioni del mondo, né all’interno i
tradimenti dei falsi fratelli e talvolta del clero e dei prelati” (ibid.
pag.44)
Da questa illusione ci sta
svegliando Dio con il dono di nuovi martiri, quelli del secolo XXI. Sono loro
che ci ricordano che fino all’ultimo giorno “possiamo rendere testimonianza a
Gesù soltanto immergendo la nostra veste nel sangue di quell’Agnello Divino che
ci ha amati e ci ha riscattati dai nostri peccati. Non andremo a Lui senza
attraversare il torrente della grande tribolazione” (ibid. pag. 44)
Allora, non protestiamo soltanto
delle persecuzioni, come fanno i politici del mondo, ma lasciamoci educare da
Dio alla grazia del martirio.
Fonte: Radicati nella fede, 30.4.2015
Fonte: Radicati nella fede, 30.4.2015
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