La
storia di questo Papa coraggiosissimo, un tempo abate zelatissimo del monastero
di San Paolo a Roma, offre numerosi punti di somiglianza con quella del grande
sant’Atanasio, poiché, se questi fu, nel IV sec., l’invincibile campione della
divinità del Verbo, nell’IX sec., quando la Chiesa giaceva, avvilita, ai piedi
del trono germanico, al quale l’aveva asservita l’incapacità, l’incontinenza e
la venalità di un gran numero di suoi ministri, Gregorio si levò arditamente e,
riponendo la sua fiducia in Dio, solo contro tutti, combatté con coraggio per
la libertà della sposa mistica del Salvatore. Atanasio aveva errato sulla
terra, senza trovare un luogo sicuro dove sfuggire alle insidie del mondo
intero in congiura contro di lui; Gregorio, dal canto suo, detestato dai suoi
nemici, incompreso dai suoi stessi amici, senza risorse e senza alcun aiuto
umano, s’abbandonò completamente a Dio, portato sulle ali della sua fede e
sopportò con coraggio l’incendio della metropoli pontificia, le collere
popolari sino alla morte in esilio.
Le
ultime parole dell’intrepido Pontefice mostrano bene la tempra energica della
sua anima: «Dilexi
justitiam et odivi iniquitatem, propterea morior in exilio» «Ho amato la giustizia ed ho odiato l’iniquità: per questo muoio in
esilio», sono nella prima parte le parole del Sal. 45 (44). Il salmo
prosegue «perciò Dio mi unse con olio di esultanza», ma il Papa concluse con
amarezza «per questo muoio in esilio».
Egli
non si pente del suo passato; alla soglia dell’eternità, il suo giudizio sugli
uomini e sui tempi non differiscono da quello che egli si formò durante la sua
vita; Gregorio benedì colui che si prosternò davanti alla sua autorità
pontificale, ma, nel momento stesso di entrare in Cielo, ne chiuse
risolutamente le porte all’imperatore Enrico IV, ai suoi ministri ed a quelli
che negavano di sottoporsi alla sua autorità apostolica (+ 1085).
Roma
cristiana conserva ancora molti ricordi di questo Papa energico e coraggioso.
Nacque ai piedi del Campidoglio, presso la diaconia di Santa Maria in Porticu, che fece restaurare
quando fu pontefice e di cui consacrò l’altare maggiore. Giovane, Ildebrando
professò la Regola del patriarca di Montecassino nel piccolo monastero di Santa
Maria all’Aventino, laddove si eleva oggi il priorato dei Cavalieri di Malta.
Il suo benamato maestro, Graziano, essendo divenuto papa sotto il nome di
Gregorio VI, Ildebrando l’accompagnò dapprima al Laterano, poi, dopo la sua
abdicazione, lo seguì sul cammino dell’esilio in Germania. Ritornato a Roma con
il papa lorenese san Leone IX del quale fu consigliere, Ildebrando, nel 1049,
fu nominato da lui abate (Provvisor Apostolicus dell’Abbazia) di san Paolo, dove restaurò la disciplina monastica
decaduta, e fece elevare i monaci ad una altezza di virtù che, nelle sue lotte
posteriori per la libertà della Chiesa, egli mise un’immensa confidenza nelle
loro sante preghiere.
Per
onorare la basilica dell’apostolo, Ildebrando, Provvisor Apostolicus, aiutato dal console Pantaleone de Comite Maurone (Mauroni) d’Amalfi (questi
apparteneva ad una delle famiglie più importanti di Amalfi, non tanto per il
ruolo politico ricoperto quanto per il vasto “impero” commerciale gestito in
diverse città del Mediterraneo, tra le quali Costantinopoli, dove addirittura
gli amalfitani occupavano un proprio intero quartiere affacciato sul Corno d’Oro.
Pantaleone, che già aveva donato al duomo della sua città, dei battenti bronzei
analoghi, si fece carico della spesa, nonostante, in quei tempi, i rapporti con
Roma non fossero amichevoli), fece fondere, nel 1070, a Costantinopoli due
grandi porte di bronzo ricoperte di argento, che esistono ancora. Sui due
battenti, in altrettanti scompartimenti (ben 54!), sono rappresentati le differenti
scene della vita del Salvatore, degli Atti degli Apostoli e del loro martirio, oltre
a figure di profeti. Questo prezioso lavoro fu eseguito, come dice l’epigrafe
dedicatoria:
ANNO • MILLESIMO • SEPTVAGESIMO • AB • INCARNATIONS • DNI • TEMPORIBVS
DNI • ALEXANDRI • SANCTISSIMI • PP • QVARTI • ET
• DNI • ILDEPRAN
DI • VENERABILI • MONACHI • ET • ARCHIDIACONI
CONSTRVCTE • SVNT • PORTE • ISTE • IN • REGIA • VRBE • CONP
ADIVVANTE • DNO
PANTALEONE •
CONSVLEI • QVI
ILLE • FIERI • IVSSIT
L’abbazia di San Paolo
conserva un’altra preziosa reliquia di Gregorio VII: la meravigliosa bibbia di
Carlo il Calvo, magnificamente miniata, e che Gregorio VII aveva ricevuto in
dono da Roberto il Guiscardo, a titolo di omaggio di fedeltà alla sede di san
Pietro. In effetti, nella prima pagina, si legge il giuramento del Normanno al
Pontefice; questi volle che la custodia di questo importante e prezioso
manoscritto fosse affidata ai cari monaci dell’abbazia di San Paolo.
All’interno di questo
monastero si trova un grazioso oratorio solennemente consacrato, ricco di
indulgenze e di sante reliquie, e dedicato al santo Pontefice. Questo è forse
il solo santuario al mondo che sia eretto alla memoria di san Gregorio VII.
Nell’ecclesia Pudentiana si trova un’iscrizione
che ci attesta che questa chiesa fu restaurata sotto il pontificato di san
Gregorio VII:
TEMPORE • GREGORII • SEPTENI • PRAESVLIS • ALMI
Nella cripta della
basilica di Santa Cecilia a Trastevere, si conserva l’iscrizione commemorativa
della dedicazione di un altare che lo menziona ugualmente. Il cippo di marmo,
piazzato sotto l’altare maggiore dell’antica diaconia in Porticu Gallatorum, è ancora più
importante; vi si legge una lunga iscrizione che comincia con i versi seguenti:
SEPTIMVS • HOC • PRAESVL • ROMANO • CVLMINE • FRETVS
GREGORIVS • TEMPLVM • CHRISTO • SACRAVIT • IN • AEVVM
Segue una lunga lista di
reliquie deposte in questa circostanza nell’altare dal grande Pontefice.
Nella raccolta di
iscrizioni di Pietro Sabino, nel XV sec., si trova un’epigrafe copiata in domo cujusdam marmorarii
ad radices caballi e che menziona anche Gregorio VII:
TEMPORE • QVO • GREGORIVS • ROMANAE • VRBIS • SEPTIMVS
AD • LAVDEM • MATRIS • VIRGINIS • SIMVLQVE • ALMI • BLASII
È difficile identificare
questa chiesa di San Biagio, poiché molte erano dedicate a Roma, in quel tempo,
a questo celebre martire armeno. Quello che scrive lo storico protestante
Ferdinand Gregorovius nella sua Storia
della Città eterna (Geschichte der Stadt Rom im Mittelalter) è dunque
inesatto, quando condanna quasi il nostro Pontefice alla damnatio memoriae, accusandolo di non
aver fatto nulla per salvare Roma dalla devastazione della conquista di Enrico
IV e dal saccheggio delle truppe “amiche” normanne di Roberto il Guiscardo
(contrapponendo così questo Pontefice al predecessore Gregorio Magno, che salvò
Roma dai longobardi), e pretendendo che Roma non conservi più nulla di lui. No,
essa, al contrario, custodisce ancora di Gregorio dei ricordi preziosi, delle
reliquie, una parte del suo Registrum
epistolarum, e qualche monumento epigrafico; di più, se il suo corpo giace
in esilio a Salerno, lo spirito del grande Papa vola ancora intorno alle
basiliche degli apostoli Pietro e Paolo, poiché il pontificato romano continua
sempre, incrollabile, la grande missione di Ildebrando, missione di libertà e
di santità, per la salvezza dei redenti.
Morto a Salerno il 25
maggio 1085, non fu oggetto di alcun culto prima che il Baronio ne inserisse il
suo elogio nel martirologio del 1584: Ecclesiasticam
libertatem a superbia principum suo tempore vindicavit, et viriliter pontificia
auctoritate defendit.
Il Papa Paolo V autorizzerà la celebrazione della sua festa a Salerno nel 1609.
Clemente XI l’estese alle basiliche romane ed all’ordine benedettino nel 1719.
L’ufficio di san
Gregorio VII fu esteso nel 1728 da Benedetto XIII alla Chiesa universale come
rito doppio; incontrò tuttavia una forte opposizione nel nord dell’Italia, in
Francia, nei Paesi Bassi e in Austria, opposizione che durò quasi un secolo.
Odiato durante la sua vita dai partigiani della supremazia del potere civile e
dai nemici della libertà e della santità della Chiesa, Gregorio, più di
seicento anni dopo la sua morte, ritrovò dinanzi a lui passioni, rancori ed odi
che non erano stati sopiti durante tutto il tempo trascorso. Ma quest’odio
incarnato dai nemici della Chiesa contro il grande Pontefice costituisce
precisamente la più gloriosa aureola attorno alla sua fronte, poiché il suo
stesso nome è il programma ed il simbolo della santità e della libertà della
Sposa di Cristo. Questa venera Gregorio tra i santi, mentre gli empi maledicono
il suo stesso ricordo.
Anche oggi l’opera di questo vero Vicario di
Cristo è misconosciuta ed odiata. Ad es., c’è anche chi, sbagliando, parlando ai
nostri tempi del celibato sacerdotale, quasi che si tratti di un “problema da
risolvere”, afferma che esso nacque nel X sec., cioè proprio all’epoca del
nostro santo. Meglio, il riferimento è giusto al pontificato del nostro papa
Ildebrando. All’interno della Chiesa, in effetti, quel santo pontefice dové
affrontare – e curare – grazie anche al contributo di san Pier Damiani, due
piaghe virulente, generate proprio dalle commistioni del clero col potere
laico: il concubinaggio ovvero il fatto che diversi sacerdoti e prelati, in maniera
sacrilega, violando le loro promesse, vivevano in maniera illecita con donne; e
la simonia, ovverosia la “vendita delle cose sacre”.
Per risolvere questi problemi, Gregorio VII non
intervenne allargando le maglie e limitando il celibato sacerdotale. Al
contrario, intervenne con grande durezza per riportare la santità del clero e
riportare i sacerdoti alla santità, mediante il totale distacco dai beni e dai
sensi, affinché fossero consacrati interamente a Dio ed alla sua causa. E ci
riuscì.
Quando però salirono al soglio pontificio papi
più deboli, e talora dalla condotta di vita personale non esemplare, il
problema tornò a presentarsi. San Gregorio, del resto, non impose una legge
nuova, ma richiamò all’osservanza della vecchia legge della Chiesa, che era la
legge di Dio. Egli conosceva bene la lode riservata dall’Apocalisse a coloro
che si dedicano alla sequela totale dell’Agnello: «Questi non si sono
contaminati con donne, sono infatti vergini e seguono l’Agnello dovunque va.
Essi sono stati redenti tra gli uomini come primizie per Dio e per l’Agnello»
(Ap. 14, 4). I sacerdoti, “redenti tra gli uomini”, che “non si sono
contaminati con donne”, e sono dunque “vergini”, e “seguono l’Agnello dovunque
va”, sono considerati “primizie per Dio e per l’Agnello”.
Le spoglie mortali dell’eroico
Pontefice riposano oggi ancora in esilio nella cattedrale di Salerno, poiché
nessuno ha mai osato toglierle da quel luogo in cui Gregorio soccombé alle
fatiche ed alle prove del suo pontificato. Di fatto, l’esilio è il suo luogo
storico; è il fondo del quadro da dove emerge e su cui si stacca mirabilmente
la sua nobile figura di atleta della libertà della Chiesa e della santità del
sacerdozio.
La messa, anteriore al
1942, era dal Comune dei Pontefici, Statuit,
con la lettura evangelica tratta da san Matteo (Mt 24, 42-47). Il Signore ha
stabilito i vescovi come sorveglianti della sua casa, durante la sua assenza.
Questo è il loro ufficio: vegliare al fine di poter provvedere ai bisogni
spirituali dei loro compagni di servizio e di dissipare le insidie di Satana,
che senza sosta gira intorno al gregge per massacrarlo. Il Signore tornerà la
notte, all’improvviso. Beati coloro che la morte troverà attivi al proprio
posto.
La colletta è propria ed
evidenzia il segreto di tanta tenacità ed intrepidezza da parte di Ildebrando.
Egli confidava in Dio e Dio è più forte di Enrico IV e dei suoi ausiliari. Come
osserva l’apostolo san Pietro, il Signore accorda una grazia insigne ad un’anima
quando la fa soffrire molto per la causa di Dio. In effetti, poiché tutte le
nostre perfezioni consistono nell’imitazione di Gesù Cristo, nulla fa
partecipare così intimamente al suo spirito che la croce e la sua sofferenza
per Dio stesso.
Dal 1942, la messa è dal
Comune dei romani Pontefici.
Eduard Schwoiser, Enrico IV a Canossa, 1852, Stiftung Maximilianeum, Monaco |
Saverio Dalla Rosa, S. Anselmo designato vescovo da S. Gregorio VII su indicazione di Matilde di Canossa, 1781, Basilica di S. Benedetto, Polirone |
Rudolph Blättler, Enrico IV finge di sottomettersi a S. Gregorio VII, XIX sec. |
Luigi Morgari, S. Gregorio VII, 1896-1900, Chiesa di S. Alessandro, Bergamo |
Sepolcro originario del papa S. Gregorio VII, Cattedrale, Salerno |
Tomba di papa Gregorio VII, Cattedrale, Salerno. Sotto la tomba sono state impresse le ultime parole del papa: “Dilexi iustitiam, odivi iniquitatem, propterea morior in exsilio”. |
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