Questo santo sacerdote
(+ 1591), che, durante quasi mezzo secolo, esercitò a Roma il ministero
apostolico e, in mezzo a leggerezze e corruzioni, divenne l’oracolo dei
Pontefici, dei cardinali e dei personaggi più insigni del suo tempo, ha ben
meritato dalla Sede apostolica che, fino a questi ultimi anni, la sua festa
fosse assimilata alle domeniche nella Città eterna, ed il Pontefice stesso, in
corteo di gala, andava a celebrare i divini misteri sul sepolcro del Santo a
Santa Maria in
Vallicella.
È quasi impossibile
parlare brevemente dei meriti di san Filippo e del ruolo importante che ebbe
nella riforma ecclesiastica del XVI sec.
Amico di san Carlo e del cardinale Federico Borromeo, confessore del san Camillo e di sant’Ignazio, padre spirituale del Baronio, confessore di Clemente VIII, si può dire che la sua influenza salutare si distese a tutti i diversi aspetti della riforma, in modo che, quand’anche se si potesse fare astrazione della sua santità, l’attività di san Filippo gli avrebbe meritato senza dubbio un posto di onore nella storia del XVI sec.
Amico di san Carlo e del cardinale Federico Borromeo, confessore del san Camillo e di sant’Ignazio, padre spirituale del Baronio, confessore di Clemente VIII, si può dire che la sua influenza salutare si distese a tutti i diversi aspetti della riforma, in modo che, quand’anche se si potesse fare astrazione della sua santità, l’attività di san Filippo gli avrebbe meritato senza dubbio un posto di onore nella storia del XVI sec.
Per la fondazione della
Congregazione dei Sacerdoti dell’Oratorio, Filippo, in un campo probabilmente
molto più ristretto e con le vedute un po’ diverse, si propose anche lo stesso
scopo di sant’Ignazio: quello di riportare alla fede religiosa la società
cristiana, mediante la frequentazione dei Sacramenti e l’insegnamento del
catechismo.
Mentre in Germania i
protestanti accusavano la Chiesa cattolica di avere sottratto la Bibbia al
popolo, san Filippo ordinava che, nella sua chiesa di San Girolamo, si
commentasse l’epistola di san Paolo ai Romani; rispose alle centurie di
Magdeburgo imponendo a Baronio di esporre a cinque o sei riprese nelle sue
conferenze della sera la storia della chiesa, poi di pubblicare questi studi
che riempiono dodici grossi volumi.
L’eresia luterana, coi
suoi errori sulla grazia ed il libero arbitro, aveva prosciugato le sorgenti
stesse della gioia; san Filippo, mediante le sue serate musicali e poetiche,
che presero allora il loro nome di oratorio
dal luogo dove il santo li faceva eseguire; per le sue ricreazioni sul
Gianicolo, dove, all’ombra di una quercia, si faceva saggiamente bambino coi
bambini; per i suoi pellegrinaggi ai sepolcri dei martiri ed alle sette
principali chiese della Città eterna, restituì alla vita cattolica la sua vera
tonalità, quella che esigeva tanto san Paolo quando scriveva ai suoi fedeli: Gaudete in Domino semper; iterum dico:
gaudete.
Molto penitente e duro
con se stesso, Filippo era dolce con gli altri ed, all’occorrenza, anche
burlesco, anticipando nella pratica ciò che, qualche tempo più tardi, doveva
insegnare san Francesco di Sales, vale a dire che un santo triste è un triste
santo. Quando vi era l’occasione, san Filippo sapeva risuscitare anche i morti,
ascoltare la loro confessione, chiacchierare con essi, e, a loro domanda,
renderli, con un segno di croce, all’eternità. Ed affinché la novità di tali
prodigi non gli conciliasse l’ammirazione del popolo, amava comportarsi in modo
da rendersi disprezzabile e farsi passare per insensato; è così che, ad es., il
giorno della festa di san Pietro in Vincoli, si mise a danzare davanti alla basilica
che aveva questo nome.
All’offerta della
porpora cardinalizia, che gli era stata fatta tante volte dai papi, Filippo
oppose sempre un rifiuto senza replica; egli seppe ispirare sì felicemente a
quello stesso spirito di umiltà i suoi discepoli, specialmente il Tarugi ed il
Baronio, che, quando quest’ultimo fu creato cardinale del titolo dei Santi
Nereo ed Achilleo dal papa Clemente VIII del quale era confessore, si dovette
spogliarlo con la forza dei suoi vecchi vestiti di oratoriano, nella stessa sagrestia
della Vallicella, per rivestirlo, suo malgrado, della tonaca rossa e del
rocchetto, secondo gli ordini del Pontefice.
Morto a Roma il 26
maggio 1595, giorno del Corpus Domini,
fu canonizzato da Gregorio XV nel 1622 ed iscritto nel calendario romano nel
1625 da Urbano VIII come festa semidoppia ad libitum. Lo stesso papa ne
introdusse l’ufficio nel Breviario
romano. Alessandro VII elevò la sua festa al rango di semidoppia di precetto
nel 1657 e Clemente XI l’elevò a rito doppio nel 1669. Alessandro VIII dotò la
festa di una messa propria nel 1690.
La messa ha certe parti
proprie, ma quest’eccezione fu fatta a proposito, per introdurre, per colui che
aveva tanto e ben meritato della santa liturgia e che, nell’incendio del divino
amore che liquefaceva il suo cuore, aveva costume di impiegare tre ore a
celebrare i divini Misteri.
L’Introito è lo stesso
del sabato dopo la Pentecoste; contiene un’allusione evidente al prodigio
verificatosi, nel 1544, nel cimitero ad
Catacumbas, mentre Filippo, pregando durante la notte in queste cripte dei
martiri, lo Spirito Santo scese su lui. Da allora, il cuore arroventato del
Santo cominciò a battere così fortemente per Dio che molte delle sue costole si
sollevarono e si arcuarono.
Il versetto alleluiatico
torna sul miracolo del cimitero ad
Catacumbas.
Pure l’antifona dell’offertorio
torna sul fenomeno della dilatazione e della curvatura delle costole di san
Filippo, conseguenza dei violenti battiti del suo cuore. Per questa dilatazione
del cuore di cui parla il Salmista, bisogna intendere questo: ciò che si trova
difficile all’inizio, nella vita spirituale, lo si fa poi senza pena, ed anche
con un’inesprimibile gioia, grazie alla buona abitudine contratta, ed alla
divina carità sparsa nell’anima dallo Spirito Santo. Difatti, è nella natura
dell’amore di lavorare, di sacrificarsi, senza stancarsi mai.
Una sentenza di san Filippo è memorabile tra
tutte: mettendo due dita sulla fronte dei suoi discepoli, diceva che la santità
è tutta compresa in questo piccolo spazio, perché tutto consiste nel
mortificare la ragione.
Giovanni Francesco Barbieri, detto il Guercino, S. Filippo Neri, 1656, Museo di Stato, San Marino |
Guido Reni, Visione di S. Filippo Neri, 1614, Cappella di S. Filippo Neri, Chiesa Nuova (Basilica di S. Maria in Vallicella), Roma |
Carlo Maratta, La Vergine appare a S. Filippo, 1675, Palazzo Pitti, Firenze |
Giuseppe Passeri, Visione di S. Filippo, 1700 circa, Fitzwilliam Museum, Cambridge |
Gaetano Lapis, S. Filippo Neri e l'angelo, 1745, chiesa di S. Nicola, Scheggino |
Gaetano Lapis, Estasi di S. Filippo Neri, 1754 |
Liberale Cozza, San Filippo Neri invita i fanciulli a venerare la Madonna, 1811, chiesa di S. Giacomo, Brescia |
Ambito pesarese, S. Filippo Neri, XIX sec., museo diocesano, Pesaro |
Joan Llimona, S. Filippo Neri durante la consacrazione della Messa, 1902, chiesa di San Felipe Neri, Barcellona |
Cappella di S. Filippo Neri con tomba del Santo, Basilica di S. Maria in Vallicella, Roma |
Tomba del Santo, Cappella di S. Filippo Neri, Basilica di S. Maria in Vallicella, Roma |
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