La solennità liturgica
dell’Ascensione, meno antica della Pentecoste, è tuttavia tra le più antiche
del ciclo, e benché essa la si trovi tra le testimonianze documentarie prima d’Eusebio
(De solemnitate paschali, cap. V, in PG 24, col. 699B-700B), nondimeno pure allora la
festa era già così universale che sant’Agostino poté attribuirne la prima
istituzione agli Apostoli stessi. Nell’antichità la caratteristica della festa
odierna era una solenne processione che si faceva verso mezzogiorno in ricordo
degli Apostoli, quando accompagnarono Gesù fuori della città, sul monte degli
Ulivi. A Roma, era il Papa che, dopo gli uffici notturni e la messa celebrata
sull’altare di san Pietro, era incoronato dai cardinali, e verso l’ora di sesta
si recava, accompagnato dai vescovi e dal clero, al Laterano.
Oggi Gesù s’è involato
alla vista dei suoi discepoli fedeli, i quali stanno tuttavia con gli occhi
rivolti al cielo, sforzandosi di rivedere ancora una volta il divin Maestro. Ma
questa vita contemplativa, tutta assorta nella visione beatifica del paradiso,
è riservata agli eletti della Chiesa trionfante. Quelli sì che hanno il loro
premio in mercede contemplationis, come si esprime sant’Agostino in una
celebre omelia che la liturgia ci fa leggere nel Breviario il giorno di san
Giovanni Evangelista. La nostra vocazione, al contrario, dev’essere in opere
actionis; per cui, oggi, la liturgia, nell’introito, con una melodia che è
tra le più superbe della raccolta gregoriana, ci ripete le parole degli Angeli
agli Apostoli: «O uomini di Galilei, perché ve ne state a guardare in cielo?
Quel Gesù che si è involato in cielo al vostro sguardo, ritornerà di nuovo in
eguale maestà».
Ita veniet. Ecco
la nostra consolazione nei dolori e nell’isolamento della vita. Gesù si è
allontanato, ma Egli certamente ritornerà. Quest’attesa di Gesù deve
determinare, per dir così, tutto il ritmo della nostra vita interiore, col
cuore palpitante e cogli occhi della fede che fissano lassù il cielo.
La
suprema glorificazione del Capo che oggi va ad assidersi alla destra del Padre
in cielo, si trasfonde nelle membra, al pari di quel balsamo profumato che,
secondo il Sal. 133 (132), dal capo di Aronne discese sulla sua fluttuante
barba e sulle sue splendide vesti pontificali. Quest’unzione spirituale è il
carisma dello Spirito Santo, che oggi Gesù dal cielo impetra sulla Chiesa. Il
nesso quindi tra l’Ascensione e la Pentecoste è assai intimo. L’una non si
spiega senza l’altra.
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Ercole Ramazzani, L'Ascensione, 1594 |
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Paolo Veronse - Pietro Damini, Ascensione del Signore, 1575, Arcivescovado, Olomouc |
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Giuseppe Bartolomeo Chiari, Ascensione di Gesù, XVII sec., Concattedrale dei SS. Marziale e Alberto, Colle Val d'Elsa |
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Ambito veronese, Ascensione di Gesù, 1683 circa, museo diocesano, Trento |
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Francisco Camilo, Ascensione, 1651, Museu Nacional d'Art de Catalunya, Barcellona |
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Benjamin West, Ascensione, 1801, Denver Art Museum, Denver |
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Gebhard Fugel, Ascensione di Cristo, 1893-94, chiesa parrocchiale di S. Giovanni Battista, Obereschach |
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Gustave Doré, L'Ascensione, 1879, Petit Palais, Parigi |
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