martedì 30 giugno 2015

“Quod si rebus ipsis id ita fíeri vidére desíderas, lege Actuum Apostolórum librum; perspícies profécto, cum sæpe Judæórum pópulus in Apóstolos insurréxerit ac dentes exacúerit, illos, colúmbæ simplicitátem imitándo et cum decénti modéstia respondéndo, iram ipsórum superásse, furórem exstinxísse, ímpetum retardásse” (Lect. IX – III Noct.) - IN COMMEMORATIONE SANCTI PAULI APOSTOLI

Dom Gaspar Lefebvre scrive nel suo Missel Quotidien: « Le Tibre, à son entrée dans Rome, écrit un poète ancien, salue la basilique de Saint-Pierre, et à sa sortie, celle de Saint-Paul. Le portier céleste a fixé sa demeure sacrée aux portes de la ville éternelle qui est une image du ciel. De l’autre côté, les remparts de la ville sont protégés par le portique de Paul : Rome est entre les deux »; «Il Tevere, alla sua entrata in Roma, scrive un antico poeta, saluta la basilica di San Pietro, ed alla sua uscita, quella di San Paolo. Il portiere celeste ha fissato la sua sacra dimora alle porte della città eterna che è un’immagine del cielo. Dall’altro lato, i bastioni della città sono protetti dal portico di Paolo: Roma è tra i due».
A Pietro, il nuovo Mosè, condottiero del novello Israele, viene associato Paolo, il nuovo Aronne, più eloquente del primo, scelto fin dal seno di sua madre per annunciare le ricchezze della grazia del Cristo ai Gentili (Or., Grad., Ep.).
Il Messale romano dà oggi la messa di san Paolo, che tuttavia, secondo l’antica tradizione romana, si riferiva alla seconda stazione di ieri. In luogo dunque del bifestus dies di Prudenzio, abbiamo al presente un bidui festus, poiché la folla dei fedeli si affretta di nuovo nella basilica Ostiense per assistere alla cappella papale, che, in assenza del Papa, celebra oggi il collegio dei patriarchi e dei vescovi assistitenti al trono. Uno di essi ha il privilegio di offrire il sacrificio solenne sull’altare papale, che ricopre le sacre ossa dell’apostolo, privilegio accordato da Benedetto XIV, perché l’abate di San Paolo, già da parecchi secoli, godeva dello stesso onore il giorno della festa della conversione dell’apostolo il 25 gennaio.







Giuseppe Obici, S. Paolo, 1850 circa, Quadriportico della Basilica di S. Paolo Fuori le Mura, Roma



Vittore Carpaccio, S. Paolo stigmatizzato, 1520, Chiesa di S. Domenico, Chioggia

Antonio del Castillo y Saavedra, S. Paolo, XVII sec., collezione privata




Pierre Etienne Monnot, S. Paolo, 1708-18, Basilica di San Giovanni in Laterano, Roma

Piccola galleria di immagini dei SS. Pietro e Paolo




El Greco, SS. Pietro e Paolo, 1590-1600, Museu Nacional d'Art de Catalunya, Barcellona


Jusepe de Ribera, SS. Pietro e Paolo, 1616, Musée des Beaux Arts, Strasburgo

Jusepe de Ribera, SS. Pietro e Paolo, XVII sec., Napoli


Jusepe de Ribera, SS. Pietro e Paolo, 1612 circa, Metropolitan Museum of Art, New York

Bartolomeo Cavarozzi, Controversia tra i SS. Pietro e Paolo, XVII sec.

Scuola romana, SS. Pietro e Paolo, XVII sec., collezione privata


Pablo Rabiella y Díez de Aux, SS. Pietro e Paolo, XVIII sec., Museo de Zaragoza, Saragozza


Icona dei SS. Pietro e Paolo, Cattedrale Fedorovsky, Tsarskoye Selo

Chi vince , chi giunge al potere nella Chiesa definisce ciò che bisogna credere!

Nella festa dei SS. Apostoli Pietro e Paolo, ricordiamo quest'insegnamento di Benedetto XVI:




Oltre a queste soluzioni radicali e al grande pragmatismo delle teologie della liberazione vi è anche però il grigio pragmatismo della vita quotidiana della Chiesa, nel quale in apparenza ogni cosa procede normalmente, ma in realtà la fede si logora e decade nella meschinità. Penso qui a due fenomeni, ai quali guardo con preoccupazione. Il primo riguarda il tentativo che si manifesta a diversi livelli, di estendere il principio della maggioranza alla fede e ai costumi e quindi di «democratizzare» decisamente la Chiesa. Ciò che non è gradito alla maggioranza non può essere vincolante, così sembra. Ma di quale maggioranza si tratta in realtà? Domani sarà diversa da oggi? Una fede che siamo in grado di stabilire noi non è una vera fede. E una minoranza non può lasciarsi imporre una fede da una maggioranza.La fede e la sua pratica ci provengono dal Signore attraverso la Chiesa e l’esercizio dei sacramenti, altrimenti non esistono. Molti rinunciano a credere perché sembra loro che la fede possa essere definita da una qualche istanza burocratica, che sia cioè una specie di programma di partito, chi ne ha il potere può definire ciò che bisogna credere, e quindi tutto dipende dal fatto di giungere al potere nella Chiesa oppure—cosa più logica e più plausibile—non credere affatto.

Joseph Ratzinger, La fede e la teologia nei nostri giorni, 1996

domenica 28 giugno 2015

Quel “fanatismo” che va a nozze gay e Califfato islamico per soldi e avversione al cristianesimo

Nella memoria di Sant’Ireneo di Lione, vescovo e martire e della traslazione di San Leone Magno (Sancti Leonis secundo), rilancio quest’articolo di Luigi Amicone, pubblicato su Tempi.

Auguste Cornu, S. Ireneo, XIX sec., cappella, Palazzo dell’Eliseo, Parigi



Quel “fanatismo” che va a nozze gay e Califfato islamico per soldi e avversione al cristianesimo

Luigi Amicone

Il vecchio Gramsci, nietzschiano ingenuo, e il giovane Diego Fusaro. Un neo marxista che si è accorto che l’agenda Lgbt è al servizio della “destra del denaro



Antonio Gramsci era un marxista che rimproverava al cristianesimo una visione dell’uomo che ha plasmato «tutte le filosofie». «È su questo punto – diceva Gramsci – che occorre riformare il concetto dell’uomo». Come? «Se ci pensiamo, vediamo che ponendoci la domanda che cosa è l’uomo vogliamo dire: che cosa l’uomo può diventare, se cioè l’uomo può dominare il proprio destino, può “farsi”, può crearsi una vita. Diciamo dunque che l’uomo è un processo e precisamente è il processo dei suoi atti». (Il materialismo storico, Ed. Riuniti, Roma 1977, pp. 32-35).
«Bisogna riformare il concetto di uomo». Se ci pensiamo, la militanza sotto il Califfato in Oriente e la militanza sotto l’agenda Lgbt in Occidente sono due apparenti opposizioni che incarnano un unico gigantesco sforzo (jihad) di “riforma” dell’uomo. E nello stesso identico “spirito di servizio”. Quale spirito di servizio? Lo spirito anticristiano. Se ci pensiamo, infatti, l’essere che oggi proclama la propria radicale avversione all’uomo in nome di Dio e la propria radicale avversione a Dio in nome dell’uomo, è un essere che, in particolare, proclama la propria radicale avversione al cristianesimo. E questa sarebbe la “riforma” fondamentale dell’uomo, l’aveva vagheggiata Gramsci e realizzata Nietzsche, «è il nostro gusto che decide contro il cristianesimo».
Fin qui l’osservazione di carattere, diciamo così, filosofico. Ma se dall’esame della filosofia che sembra ispirare l’attuale spirito del tempo che vede due opposte volontà di potenza convergere nichilisticamente contro il nemico comune – il cristianesimo – importa anche rilevare la pratica di dominio che questa filosofia-spirito-del-tempo sottende. Perché, solo per fare un esempio, l’attuale amministrazione democratica americana che si è fatta “luce del mondo” nobilitando l’indifferenza sessuale, rimane ad oggi quasi del tutto indifferente (o “riluttante”, come si dice) all’intervento contro il Califfato, il più bestiale dei fenomeni totalitari che si siano visti dopo il Terzo Reich e il comunismo asiatico alla Pol Pot? Siamo sicuri che il “fanatismo economico”, per dirla con il giovane filosofo marxista Diego Fusaro, non sia giunto a sposarsi con il fanatismo tout-court, si tratti di negare l’evidenza di ciò che sta alla base della famiglia o di impedirsi l’uso della forza davanti all’evidenza della ferocia dispiegata?
Le osservazioni di Fusaro sul Fatto Quotidiano (da noi pubblicato sul nostro blog qui, ndr.) sono in effetti molto interessanti. Riguardano solo un aspetto della questione sopra esposta e sono state scritte all’indomani del Family Day del 20 giugno scorso. Sentiamo cosa dice.
«Tra gli ostacoli che il capitale mira ad abbattere vi è, anzitutto, la comunità degli individui solidali che si rapportano secondo criteri esterni al nesso mercantile del do ut des. Il capitale aspira, oggi più che mai, a neutralizzare ogni comunità ancora esistente, sostituendola con atomi isolati incapaci di parlare e di intendere altra lingua che non sia quella anglofona dell’economia di mercato». E ancora. «Se la famiglia comporta, per sua natura, la stabilità affettiva e sentimentale, biologica e lavorativa, la sua distruzione risulta pienamente coerente con il processo oggi in atto di precarizzazione delle esistenze. Il fanatismo economico aspira a distruggere la famiglia, giacché essa costituisce la prima forma di comunità ed è la prova che suffraga l’essenza naturaliter comunitaria dell’uomo. Il capitale vuole vedere ovunque atomi di consumo, annientando ogni forma di comunità solidale estranea al nesso mercantile».
Da tutto ciò ne consegue «che l’odierna difesa delle coppie omosessuali da parte delle forze progressiste non ha il proprio baricentro nel giusto e legittimo riconoscimento dei diritti civili degli individui, bensì nella palese avversione nei confronti della famiglia tradizionale e, più in generale, di tutte le forme ancora incompatibili con l’allargamento illimitato della forma merce a ogni ambito dell’esistenza e del pensiero». Conclusione: «La “destra del denaro” detta le leggi strutturali, la “sinistra del costume” fornisce le sovrastrutture che le giustificano sul piano sul piano simbolico. Così, se la “destra del denaro” decide che la famiglia deve essere rimossa in nome della creazione dell’atomistica delle solitudini consumatrici, la “sinistra del costume” giustifica ciò tramite la delegittimazione della famiglia come forma borghese degna di essere abbandonata, silenziando come “omofobo” chiunque osi dissentire. Chi, ad esempio, si ostini a pensare che vi siano naturalmente uomini e donne, che il genere umano esista nella sua unità tramite tale differenza e, ancora, che i figli abbiano secondo natura un padre e una madre è immediatamente ostracizzato con l’accusa di omofobia. La categoria di omofobia non fa valere soltanto una giusta presa di posizione contro l’intolleranza di chi non rispetta le differenze: diventa essa stessa una nuova categoria dell’intolleranza, con cui non si accetta l’esistenza di prospettive diverse. È, per dirla con Orwell, una categoria con cui si punisce lo “psicoreato” di chi osi violare l’ortodossia del politicamente corretto».
Ma facciamo un ulteriore un passo avanti nel segno dell’interrogativo e dello spirito sopra accennati: da che parte arriva l’ondata di migranti e profughi che sta invadendo l’Europa? Dalla destabilizzazione del mondo musulmano operata dall’offensiva jihadista dall’Iraq alla Nigeria. Ma come si sostiene economicamente e militarmente tale offensiva? Con i petrodollari dei paesi islamici del Golfo. Gli stessi paesi alleati dell’Occidente che con i loro oligarchi e fondi sovrani che gestiscono bilanci per migliaia di miliardi di dollari (si pensi che l’Arabia Saudita, che ha finanziato la fondazione della iper Lgbt Hillary Clinton, solo per l’anno 2014 ha annunciato un bilancio di 228 miliardi di dollari con un surplus di quasi 55 miliardi) fanno correre i mercati grazie a investimenti ciclopici – in Borsa, in acquisizioni immobiliari, in partecipazioni azionarie in aziende multinazionali – e costituiscono un asset fondamentale per il capitalismo (fanatico?) internazionale.

Fonte: Tempi, 27.6.2015

sabato 27 giugno 2015

Cafarnao, a casa di Pietro

(cliccare sull'immagine per il video)

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“Gaudeámus omnes in Dómino, diem festum celebrántes sub honóre beátæ Maríæ Vírginis: de cujus solemnitáte gaudent Angeli, et colláudant Fílium Dei” (Intr.) – BEATÆ MARIÆ VIRGINIS A PERPETUO SUCCURSU

Il 27 giugno, oltre ad essere – quest’anno – la Vigilia (anticipata) della festa dei SS. Pietro Paolo, è anche la festa della Madonna del Perpetuo Soccorso.
Sotto questo titolo glorioso, si venera a Roma un’immagine bizantina della Santa Vergine Maria, risalente al XIII o XIV sec. Conservata una volta nella chiesa di San Matteo in Merulana, sul colle Esquilino, l’immagine miracolosa fu poco a poco dimenticata, quando, nel 1866, il papa Pio IX l’affidò ai redentoristi, che ne celebravano la festa e la venerano nella chiesa sorta sul luogo della precedente chiesa di San Matteo, cioè Sant’Alfonso all’Esquilino, sulla via Merulana. Nostra Signora del Perpetuo Soccorso è invocata oggi in molte chiese dell’Occidente (per riferimenti storici, v. qui).
La messa si trova nel supplemento del messale intitolato Pro aliquibus locis, cioè Proprio di certi luoghi (Infrascriptae Missae de Mysterio vel Sancto elogium in Martyrologio eo die habente, dici possunt ut festivae ubicumque, ad libitum sacerdotis, iuxta rubricas. Similiter huiusmodi Missae dici possunt etiam ut votivae, nisi aliqua expresse excipiatur). Dopo il codice delle rubriche di Giovanni XXIII, ogni sacerdote può utilizzare questo formulario delle messe.






De l’icône miraculeuse de Notre-Dame du Perpétuel Secours.

En ce 27 juin, tous les dévots enfants de Marie ont à coeur de fêter Notre-Dame du Perpétuel Secours.

Histoire de l’icône de Notre-Dame du Perpétuel Secours :

L’image connue sous le nom de Notre-Dame du Perpétuel Secours est une icône réalisée dans un style byzantin relativement tardif (du XIIIe ou du XIVe siècle), qui s’inspire du modèle dit « Madone de saint Luc » mais plus exactement selon un type iconographique connu en Orient sous le nom de Mère de Dieu de la Passion (il s’agit donc d’une Vierge de Compassion, ce pourquoi nous avons une très grande vénération pour elle en notre Mesnil-Marie).





Cette icône qui se trouve aujourd’hui à Rome (dans l’église Saint-Alphonse, via Merulana, photo ci-dessus), n’y a pas toujours été : elle était préalablement honorée dans une église de Crète.
Lorsque, au XVe siècle, l’île fut envahie par les Turcs, persécuteurs de chrétiens et destructeurs de nombreuses églises, beaucoup s’enfuirent. L’un d’eux – un marchand, selon la tradition – prit la sainte image, et s’embarqua avec son trésor pour l’Italie. Il fut reçu à Rome par un ami, marchand lui aussi, chez lequel il tomba malade et mourut. Avant de rendre le dernier soupir, il confia l’icône à cet ami en lui demandant de la donner à une église où elle serait convenablement honorée.
Le marchand romain, sous la pression de son épouse (qui souhaitait garder le précieux tableau chez elle), tarda à accomplir la dernière demande de son ami, et il fallut que la Vierge Marie Elle-même se manifestât par des apparitions. Elle fit savoir qu’elle voulait être honorée sous le vocable de « Notre-Dame du Perpétuel Secours », et désigna l’endroit où elle voulait que la sainte icône fût exposée : l’église Saint-Matthieu, sur le Mont Esquilin, toute proche de la Basilique de Sainte Marie Majeure, et desservie par les moines de Saint Augustin.
Elle y fut placée avec de grands honneurs en 1499 et y demeura pendant trois siècles, objet d’une grande vénération.
En 1798, les troupes de la révolution française envahirent et occupèrent Rome, où 45 églises furent détruites. L’église Saint-Matthieu était de ce nombre et la communauté des moines augustins, desservants du sanctuaire, fut chassée.
Les religieux emportèrent le tableau mais les malheurs de ce temps, la persécution, puis l’extinction progressive des religieux qui connaissaient l’histoire du tableau, eurent pour conséquence qu’on en perdit la trace… au point qu’on le crut à jamais disparu.
En 1863, un prêtre rédemptoriste qui, lorsqu’il était enfant, avait servi la messe du dernier moine augustin survivant de la communauté de Saint-Matthieu, réalisa à la suite d’un providentiel concours de circonstances que l’antique image dont on déplorait la perte était celle qu’il avait vue dans son enfance dans le petit oratoire du vieux moine ; il se souvint que celui-ci lui avait un jour dit qu’elle avait été très vénérée et avait accompli de grands miracles.
Le Bienheureux Pie IX en fut instruit : il la fit rechercher pour qu’elle soit confiée aux religieux rédemptoristes dont l’église, placée sous le vocable de Saint Alphonse de Ligori, avait été édifiée précisément sur l’ancien emplacement de l’église Saint-Matthieu.


Eglise Saint-Alphonse sur l’Esquilin (via Merulana) édifiée de 1855 à 1859 à l’emplacement de l’église Saint-Matthieu détruite par les révolutionnaires français.

Lors de la cérémonie d’installation du tableau de Notre-Dame du Perpétuel Secours dans l’église Saint-Alphonse, deux guérisons miraculeuses furent dûment constatées : celle d’un garçon de quatre ans, et celle d’une fillette de huit ans.
Depuis lors le culte de l’icône miraculeuse reprit de l’essor et de nombreuses faveurs spirituelles et temporelles en furent la conséquence.

Description et explication de la Sainte Image :

Le tableau n’a guère que cinquante centimètres de haut et quarante de large. Sur un fond d’or éclatant, est représentée la Vierge Marie, portant sur son bras gauche l’Enfant Jésus.
Un voile bleu foncé couvre sa tête et s’avance de manière à ne laisser entrevoir que la partie extrême du bandeau qui entoure son front. Sa tunique est de couleur rouge, avec des ourlets brodés d’or, comme ceux du voile. L’auréole assez large qui enveloppe sa tête, est ornée de dessins finement travaillés. Au-dessous de l’auréole, sur la partie supérieure du voile, apparaît une étoile rayonnante. Les plis et les ombres des vêtements sont indiqués par les filets d’or. Au-dessus de la Madone, on lit ces quatre lettres, MP. ThV., initiales et finales des mots grecs signifiant : Mère de Dieu. La robe pourpre de la Vierge est le symbole de son ardent amour, alors que le manteau sombre qui l’enveloppe est le signe de sa douloureuse union aux souffrances de son Fils.
Le divin Enfant est dans les bras de sa Mère ; mais, au lieu d’arrêter sur elle son regard, il rejette la tête un peu en arrière et tourne les yeux du côté gauche, vers un objet qui, en le préoccupant vivement, répand sur son doux visage un certain sentiment de frayeur. Ses deux petites mains serrent la main droite de sa mère, comme pour implorer sa protection. Il est revêtu d’une robe verte, retenue par une ceinture rouge, et cachée en partie sous un grand manteau d’un jaune presque brun. La couleur verte représente l’éternité et la divinité du Verbe tandis que le manteau symbolise son humanité, qui a en quelque sorte enveloppé et voilé cette divinité aux yeux de ses contemporains.
Sa tête est aussi entourée d’une auréole, un peu moins large et moins ouvragée que celle de la Madone. Au-dessus de son épaule gauche, on lit ces autres lettres grecquesIs. Xs., c’est-à-dire Jésus-Christ. La pose de l’Enfant Jésus ainsi que le sentiment d’effroi peint dans tous ses traits, sont motivés par la présence d’un ange placé un peu plus haut, à gauche, et tenant dans les mains une croix surmontée d’un titre, qu’il présente à l’Enfant avec quatre clous. Au-dessus de l’envoyé céleste on trouve aussi les initiales de son nom : O. A. G. Elles signifient : L’Archange Gabriel. A la même hauteur, à droite de la Madone, on voit un autre ange portant dans ses mains un vase, d’où s’élèvent la lance et le roseau surmonté de l’éponge. Au-dessus de sa tête, on lit : O. A. M., c’est-à-dire : L’Archange Michel. Les deux Archanges porteurs des instruments de la Passion sont là pour montrer que le Christ, dès le premier instant de son Incarnation, était résolument orienté vers le mystère de la Rédemption, qu’il accomplirait le Vendredi Saint. Toutefois dans la sensibilité de sa nature humaine, Jésus-Christ était effrayé par les horribles supplices de la Passion et c’est ce qu’exprime son attitude : il a couru – tellement que sa sandale s’est détachée – chercher refuge dans les bras de sa Mère… non pas pour se dérober à sa mission, mais parce qu’il veut aussi pour cette mission recevoir l’aide et la compassion des âmes aimantes.



L’élan de Jésus vers sa Mère, et la tendre pression de leurs mains unies, nous disent que Marie fut pleinement associée par son divin Fils, dès avant le Calvaire, à ses souffrances et à son œuvre de rédemption. Jésus, de son côté, en se réfugiant dans les bras de sa Mère, nous apprend que ce cœur maternel est notre refuge assuré, perpétuellement offert à nos craintes et à nos afflictions. Ses mains abandonnées entre les mains de Marie nous disent que celles-ci disposent de sa toute-puissance. Dans le regard de Marie dirigé vers les assistants, comme dans toute sa physionomie, on sent je ne sais quelle indéfinissable et douce tristesse, mêlée à une tendre compassion. Elle aussi a vu la croix qu’on présente à son Fils ; son cœur souffre, mais avec calme, sérénité, et avec une compréhension pleinement surnaturelle des événements de la vie de son Fils! L’effroi du divin Enfant, en présence des instruments de supplice qu’on lui montre, ont rappelé à Marie ses autres enfants de la terre, qui cheminent péniblement, « dans cette vallée de larmes« , et que leur croix de chaque jour accable si souvent. Pénétrée de compassion, la Vierge semble nous adresser ces consolantes paroles : » Ayez confiance en moi ! J’ai souffert, et je sais compatir ; je suis forte, et je puis secourir. Vous tous qui suivez, sur la terre, la voie qu’a suivie mon Fils, ayez confiance : je suis la toute compatissante, je suis la Mère du Perpétuel-Secours ! »
Et comme il l’a souvent été dit : pour bénéficier largement de ce perpétuel secours, il ne faut pas se lasser de le demander par un perpétuel recours.

Prière à Notre-Dame du Perpétuel Secours :

O Très Sainte Vierge Marie, qui, pour nous inspirer une confiance sans bornes, avez voulu prendre le nom si doux de Mère du Perpétuel-Secours, je vous supplie de me secourir en tout temps et en tout lieu : dans mes tentations, après mes chutes, dans mes difficultés, dans toutes les misères de la vie et surtout au moment de ma mort.
Donnez-moi, ô charitable Mère, la pensée et l’habitude de recourir toujours à vous, car je suis sûr que, si je vous invoque fidèlement, vous serez fidèle à me secourir.
Procurez-moi donc cette grâce des grâces : la grâce de vous prier sans cesse et avec la confiance d’un enfant, afin que, par la vertu de cette prière fidèle, j’obtienne votre Perpétuel Secours et la persévérance finale.
Bénissez-moi, ô tendre et secourable mère, et priez pour moi, maintenant et à l’heure de ma mort.
Ainsi soit-il !