Oltre a
queste soluzioni radicali e al grande pragmatismo delle teologie della
liberazione vi è anche però il grigio pragmatismo della vita quotidiana della
Chiesa, nel quale in apparenza ogni cosa procede normalmente, ma in realtà la
fede si logora e decade nella meschinità. Penso qui a due fenomeni, ai quali
guardo con preoccupazione. Il primo riguarda il tentativo che si manifesta a
diversi livelli, di estendere il principio della maggioranza alla fede e ai
costumi e quindi di «democratizzare» decisamente la Chiesa. Ciò che non è
gradito alla maggioranza non può essere vincolante, così sembra. Ma di quale
maggioranza si tratta in realtà? Domani sarà diversa da oggi? Una fede che siamo in grado di stabilire noi non è
una vera fede. E una minoranza non può lasciarsi imporre una fede da una
maggioranza.La fede e la sua pratica ci provengono dal Signore
attraverso la Chiesa e l’esercizio dei sacramenti, altrimenti non esistono.
Molti rinunciano a credere perché sembra loro che la fede possa essere definita
da una qualche istanza burocratica, che sia cioè una specie di programma di
partito, chi ne ha il potere può definire
ciò che bisogna credere, e quindi tutto dipende dal fatto di giungere al potere
nella Chiesa oppure—cosa più logica e più plausibile—non credere affatto.
Joseph
Ratzinger, La fede e la
teologia nei nostri giorni, 1996
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