Nella
memoria di S. Giuseppe Cafasso e della Vigilia della Natività di S. Giovanni
Battista, rilancio quest’Interessante riflessione del giovane filosofo Diego
Fusaro pubblicata su Il Fatto quotidiano.
Francesco Guglielmino, S. Giuseppe Cafasso, 1925, museo diocesano, Torino |
Paolo Giovanni Crida, S. Giuseppe Cafasso, 1937, museo diocesano, Torino |
William-Adolphe Bouguereau, Madonna con Bambino e S. Giovannino, 1875 |
William-Adolphe Bouguereau, Madonna con Bambino e S. Giovannino, 1881, Herbert F. Johnson Museum of Art Cornell University, Ithaca, NY |
William-Adolphe Bouguereau, Il giovane Giovanni Battista, 1890 circa |
Di Family
Day e distruzione della famiglia
di Diego Fusaro, filosofo
Ha fatto molto discutere, in
questi giorni, il “Family Day” a Roma. Si è trattato, come è noto, di una
manifestazione contro il ddl Cirinnà, che equipara il matrimonio
costituzionale a quello tra persone dello stesso sesso. E tra hashtag
pro e contro (#familygay, #chiconoscenonhapaura, ecc.) si è consumato
l’ennesimo scontro in salsa italiana tra tifoserie contrapposte.
Non è mio interesse parteggiare
per l’uno o per l’altro dei movimenti. Mi interessa, piuttosto, comprendere un
ben più profondo fenomeno, che è oggi in atto, e che – ho cercato di
argomentarlo nel mio studio Il futuro è nostro (2014) –
coincide con la distruzione capitalistica della famiglia. Credo,
infatti, che il modo migliore per impostare la questione, evitando
accuratamente le “tifoserie”, consista nel comprendere, con Marx, il movimento
della storia reale: e la storia reale ci insegna che la logica di sviluppo del
capitale, negli ultimi cinquant’anni, è stata quella di un progressivo
superamento di ogni limite reale e simbolico in grado di opporre resistenza all’estensione
onnilaterale della forma merce a ogni ambito della realtà e del pensiero.
Tra gli ostacoli che il capitale
mira ad abbattere vi è, anzitutto, la comunità degli individui solidali che si
rapportano secondo criteri esterni al nesso mercantile del do ut des.
Il capitale aspira, oggi più che mai, a neutralizzare ogni comunità ancora
esistente, sostituendola con atomi isolati incapaci di parlare e di
intendere altra lingua che non sia quella anglofona dell’economia di mercato.
La stessa distruzione della
famiglia che si sta oggi verificando con intensità sempre crescente si inscrive
in questo orizzonte. Se la famiglia comporta, per sua natura, la stabilità affettiva
e sentimentale, biologica e lavorativa, la sua distruzione risulta pienamente
coerente con il processo oggi in atto di precarizzazione delle esistenze.
Il fanatismo economico aspira a
distruggere la famiglia, giacché essa – Aristotele docet,
e con lui anche Hegel– costituisce la prima forma di comunità ed è
la prova che suffraga l’essenza naturaliter comunitaria dell’uomo.
Il capitale vuole vedere ovunque atomi di consumo, annientando ogni forma di
comunità solidale estranea al nesso mercantile.
Ecco allora che l’odierna difesa
delle coppie omosessuali da parte delle forze progressiste non
ha il proprio baricentro nel giusto e legittimo riconoscimento dei diritti
civili degli individui, bensì nella palese avversione nei confronti
della famiglia tradizionale e, più in generale, di tutte le forme
ancora incompatibili con l’allargamento illimitato della forma merce a ogni
ambito dell’esistenza e del pensiero.
Il neoliberismo oggi dominante è
un’aquila a doppia apertura alare: la “destra del denaro” detta le leggi
strutturali, la “sinistra del costume” fornisce le sovrastrutture che le giustificano
sul piano simbolico. Così, se la “destra del denaro” decide che la famiglia
deve essere rimossa in nome della creazione dell’atomistica delle solitudini
consumatrici, la “sinistra del costume” giustifica ciò tramite la delegittimazione
della famiglia come forma borghese degna di essere abbandonata, silenziando
come “omofobo” chiunque osi dissentire.
Chi, ad esempio, si ostini a
pensare che vi siano naturalmente uomini e donne, che il genere umano esista
nella sua unità tramite tale differenza e, ancora, che i figli abbiano secondo
natura un padre e una madre è immediatamente ostracizzato con l’accusa di
omofobia. La categoria di omofobia non fa valere soltanto una giusta presa di
posizione contro l’intolleranza di chi non rispetta le differenze: diventa essa
stessa una nuova categoria dell’intolleranza, con cui non si
accetta l’esistenza di prospettive diverse. È, per dirla con Orwell, una
categoria con cui si punisce lo “psicoreato” di chi osi violare l’ortodossia
del politicamente corretto.
Alla luce di quanto detto,
valgano, per quel che riguarda lo scontro tra difensori della famiglia e suoi
detrattori, le parole del 1984 di Orwell: “Perfino quando in
mezzo a loro serpeggiava il malcontento (il che, talvolta, pure accadeva),
questo scontento non aveva sbocchi perché privi com’erano di una visione
generale dei fatti, finivano per convogliarlo su rivendicazioni assolutamente
secondarie. Non riuscivano mai ad avere consapevolezza dei problemi più
grandi”.
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