Se per certi aspetti, il
grande Apostolo dei Germanici nell’VIII sec. rassomiglia a sant’Agostino di Canterbury: se ne differisce tuttavia parecchio, poiché l’azione apostolica di
Bonifacio fu più completa, più vasta, più energica, più lunga e più duratura.
Questo coraggioso figlio di san Benedetto, la cui diocesi aveva per limiti, da
un lato, l’Olanda e, dall’altro, il Tirolo, ovvero quasi tutto il cuore dell’Europa,
per conseguenza, appariva come uno di quei colossi dall’attività multiforme, ma
sempre perfetta. Se consideriamo in effetti Bonifacio sia come monaco, sia come
vescovo, sia come dottore ed evangelizzatore di popoli, sia come diplomatico,
sia come martire, ciò non diminuisce mai la sua grandezza, giacché è sempre
perfetto in qualsiasi veste lo si veda.
È tuttavia una nota
speciale nell’attività del Santo, che non deve essere dimenticata. Assieme al
carattere episcopale, Gregorio II gli aveva dato l’incarico di legato della
Sede apostolica presso i germanici ed, in tutta l’attività variegata che
esercitò presso i Franchi ed i tedeschi in seguito, fu sempre a nome del
Pontefice romano che Bonifacio intervenne ed agì. Si può dire che nessuno
comprese meglio di lui a quell’epoca la romanità
della sua missione; nessuno l’esercitò con una simile fede ed un tale zelo. Si
considerò come l’araldo di Pietro e del Pontefice romano e fu in questa qualità
che, sulle sue spalle di gigante, sostenne durante i lunghi anni, come un nuovo
san Paolo, la sollecitudine di tutte le Chiese della Germania. Una gloria gli
mancava: l’aureola del martirio, ed egli pure l’ambì. Curvato già sotto il peso
degli anni, si imbarcò per la Frisia, che, nella sua gioventù, era stato il campo
delle sue prime battaglie, al tempo di san Willibrordo. Questa volta tuttavia l’apostolo,
come prevedendo la sua morte, portò con lui il drappo funebre nel quale doveva
essere avvolto ed ordinò che il suo cadavere fosse sepolto nel suo caro
monastero di Fulda. Qui si riconosce il monaco che era, giacché, sebbene col
suo corpo era fuori della clausura, tuttavia il suo cuore era legato alla
solitudine monastica.
Il 5 giugno 755, giorno
di Pentecoste, mentre si stavano celebrando i divini misteri, un’orda di pagani
frisoni assalirono Bonifacio ed i suoi compagni, tra i quali si trovarono alcuni
vescovi ed un gran numero di monaci, che, in odio alla fede, furono massacrati.
L’ufficio di san
Bonifacio fu esteso da papa Pio IX alla Chiesa universale.
La messa fu originariamente
redatta per i paesi tedeschi, nei quali si celebrava il Santo come l’apostolo
ed il patrono della razza germanica. L’estensione di questa messa alla Chiesa
intera rende un po’ fuori luogo nel Messale questo particolarismo regionale.
L’antifona per l’Introito
è tratta da Isaia (65, 19.23). Le nazioni cristiane potranno, come gli alberi,
rinnovare le loro foglie ingiallite, ma non si seccheranno mai completamente,
perché i loro differenti apostoli annaffiarono un tempo il seme evangelico con
tanti sudori e tanto sangue, che Dio, per riguardo ai meriti dei padri, non
priverà mai interamente della sua benedizione anche i loro figli degenerati. La
parte cattolica della Germania si ricorda dei prodigi ammirevoli che Dio operò
in questo paese al tempo di Bonifacio, di Sturmio di Fulda, di Lullo di Magonza
e di Willibrordo, e sente ancor oggi che la magnificenza del passato è la garanzia
di questa grazia futura, che, secondo la sacra Scrittura, guarirà le nazioni.
Talvolta la nostra
pigrizia ci fa trovare troppo ardua la missione che c’è imposta, o ci nutre l’illusione
di avere compiuto già delle grandi cose per Dio. Per dissipare questi pensieri,
bisogna considerare quanto i santi abbiano fatto e sofferto, ed allora ci
sentiremo tutti piccoli di fronte a questi colossi di attività e di virtù.
Amiamo a riportare qui
il bel inno di santo Bonifacio, dovuto alla penna del beato Rabano Mauro:
Præsulis exultans celebret Germania laudes,
Et Bonifatii opus Martyris almificum.
Ordinat hunc Roma,
mittit Britannia mater,
Doctorem populis et decus Ecclesiæ,
Pontificem summum, signorum fulmine clarum,
Eloquio nitidum, moribus egregium.
Quem Francus Frisoque simul Saxoque ministrum
Æternæ vitæ prædicat esse sibi.
Quod terra moritur
frumentum, plurima confert
Semina, fructumque
multiplicare studet.
Sicque Sacerdotis Domini
lætissima crescit
Paucis ex granis multiplicanda seges.
Gloria summa Patri,
compar sit gloria Nato;
Laus et in æternum,
Spiritus alme, Tibi. Amen.
Jan Joesten van Hillegom, Santi benedettini: S. Bonifacio, S. Gregorio Magno, Adalberto di Egmond, Gerone di Noordwijk, 1529-30, Frans Hals museum, Haarlem |
Cornelis Bloemaert, S. Bonifacio, 1630 circa |
Alfred Rethel, S. Bonifacio costruisce una cappella sul luogo della quercia "Donareiche" abbattuta, XIX sec., Kunstmuseum, Düsseldorf |
Johann Michael Wittmer, San Bonifiacio abbatte "Donareiche" l'Albero di Thor, 1861, collezione privata |
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