Sante Messe in rito antico in Puglia

venerdì 5 giugno 2015

“Frisónibus ad idololatríam relápsis, Evangélium prædicáre rursus aggréditur, cumque offício pastoráli occuparétur, a bárbaris et ímpiis homínibus juxta Bornam flúvium cum Eóbano coëpíscopo multísque áliis cruénta cæde perémptus martyrii palma condecorátur” (Lect. VI – II Noct.) - SANCTI BONIFATII, EPISCOPI (ARCHIEPISCOPI MOGUNTINI) ET MARTYRIS

Se per certi aspetti, il grande Apostolo dei Germanici nell’VIII sec. rassomiglia a sant’Agostino di Canterbury: se ne differisce tuttavia parecchio, poiché l’azione apostolica di Bonifacio fu più completa, più vasta, più energica, più lunga e più duratura. Questo coraggioso figlio di san Benedetto, la cui diocesi aveva per limiti, da un lato, l’Olanda e, dall’altro, il Tirolo, ovvero quasi tutto il cuore dell’Europa, per conseguenza, appariva come uno di quei colossi dall’attività multiforme, ma sempre perfetta. Se consideriamo in effetti Bonifacio sia come monaco, sia come vescovo, sia come dottore ed evangelizzatore di popoli, sia come diplomatico, sia come martire, ciò non diminuisce mai la sua grandezza, giacché è sempre perfetto in qualsiasi veste lo si veda.
È tuttavia una nota speciale nell’attività del Santo, che non deve essere dimenticata. Assieme al carattere episcopale, Gregorio II gli aveva dato l’incarico di legato della Sede apostolica presso i germanici ed, in tutta l’attività variegata che esercitò presso i Franchi ed i tedeschi in seguito, fu sempre a nome del Pontefice romano che Bonifacio intervenne ed agì. Si può dire che nessuno comprese meglio di lui a quell’epoca la romanità della sua missione; nessuno l’esercitò con una simile fede ed un tale zelo. Si considerò come l’araldo di Pietro e del Pontefice romano e fu in questa qualità che, sulle sue spalle di gigante, sostenne durante i lunghi anni, come un nuovo san Paolo, la sollecitudine di tutte le Chiese della Germania. Una gloria gli mancava: l’aureola del martirio, ed egli pure l’ambì. Curvato già sotto il peso degli anni, si imbarcò per la Frisia, che, nella sua gioventù, era stato il campo delle sue prime battaglie, al tempo di san Willibrordo. Questa volta tuttavia l’apostolo, come prevedendo la sua morte, portò con lui il drappo funebre nel quale doveva essere avvolto ed ordinò che il suo cadavere fosse sepolto nel suo caro monastero di Fulda. Qui si riconosce il monaco che era, giacché, sebbene col suo corpo era fuori della clausura, tuttavia il suo cuore era legato alla solitudine monastica.
Il 5 giugno 755, giorno di Pentecoste, mentre si stavano celebrando i divini misteri, un’orda di pagani frisoni assalirono Bonifacio ed i suoi compagni, tra i quali si trovarono alcuni vescovi ed un gran numero di monaci, che, in odio alla fede, furono massacrati.
L’ufficio di san Bonifacio fu esteso da papa Pio IX alla Chiesa universale.
La messa fu originariamente redatta per i paesi tedeschi, nei quali si celebrava il Santo come l’apostolo ed il patrono della razza germanica. L’estensione di questa messa alla Chiesa intera rende un po’ fuori luogo nel Messale questo particolarismo regionale.
L’antifona per l’Introito è tratta da Isaia (65, 19.23). Le nazioni cristiane potranno, come gli alberi, rinnovare le loro foglie ingiallite, ma non si seccheranno mai completamente, perché i loro differenti apostoli annaffiarono un tempo il seme evangelico con tanti sudori e tanto sangue, che Dio, per riguardo ai meriti dei padri, non priverà mai interamente della sua benedizione anche i loro figli degenerati. La parte cattolica della Germania si ricorda dei prodigi ammirevoli che Dio operò in questo paese al tempo di Bonifacio, di Sturmio di Fulda, di Lullo di Magonza e di Willibrordo, e sente ancor oggi che la magnificenza del passato è la garanzia di questa grazia futura, che, secondo la sacra Scrittura, guarirà le nazioni.
Talvolta la nostra pigrizia ci fa trovare troppo ardua la missione che c’è imposta, o ci nutre l’illusione di avere compiuto già delle grandi cose per Dio. Per dissipare questi pensieri, bisogna considerare quanto i santi abbiano fatto e sofferto, ed allora ci sentiremo tutti piccoli di fronte a questi colossi di attività e di virtù.
Amiamo a riportare qui il bel inno di santo Bonifacio, dovuto alla penna del beato Rabano Mauro:

Præsulis exultans celebret Germania laudes,
Et Bonifatii opus Martyris almificum.
Ordinat hunc Roma, mittit Britannia mater,
Doctorem populis et decus Ecclesiæ,
Pontificem summum, signorum fulmine clarum,
Eloquio nitidum, moribus egregium.
Quem Francus Frisoque simul Saxoque ministrum
Æternæ vitæ prædicat esse sibi.
Quod terra moritur frumentum, plurima confert
Semina, fructumque multiplicare studet.
Sicque Sacerdotis Domini lætissima crescit
Paucis ex granis multiplicanda seges.
Gloria summa Patri, compar sit gloria Nato;
Laus et in æternum, Spiritus alme, Tibi. Amen.





Jan Joesten van Hillegom, Santi benedettini: S. Bonifacio, S. Gregorio Magno, Adalberto di Egmond, Gerone di Noordwijk, 1529-30, Frans Hals museum, Haarlem

Cornelis Bloemaert, S. Bonifacio, 1630 circa


Alfred Rethel, S. Bonifacio costruisce una cappella sul luogo della quercia "Donareiche" abbattuta, XIX sec., Kunstmuseum, Düsseldorf

Alfred Rethel, Predica di S. Bonifacio, XIX sec., Museen der Stadt, Aachen

Johann Michael Wittmer, San Bonifiacio abbatte "Donareiche" l'Albero di Thor, 1861, collezione privata

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