Ricevuto, rilancio volentieri quest’articolo di Guido Villa, pubblicato
in versione ridotta su La Nuova Bussola Quotidiana, dal titolo Stepinac, chi non vuole la canonizzazione. Ringraziamo l’Autore per l’attenzione che
ha voluto prestare al nostro blog mediante il suo contributo dedicato al beato Alojzije Stepinac, insigne sostenitore - come lo ha definito lo storico gesuita Giovanni Sale - dei diritti di Dio e dell'uomo (v. qui), tanto da meritare, pochi giorni dopo la morte, una solenne cappella papale di Requiem dal papa Giovanni XXIII, durante la quale il pontefice tenne una commovente omelia.
Beato Stepinac,
strada in salita per la canonizzazione
di Guido Villa
Le
speranze dei cattolici croati di vedere presto canonizzato il beato cardinale
Alojzije Stepinac, arcivescovo di Zagabria, martire del comunismo titino, hanno
subito una brusca battuta di arresto. Lo scorso 28 maggio, infatti, mentre la
Presidente croata, Kolinda Grabar Kitarović, incontrava papa Francesco in
Vaticano, e di concerto con i vescovi croati, invitava il Pontefice in Croazia
affinché, tra l’altro, avesse luogo la canonizzazione di Stepinac, l’inviato
speciale del Papa, il cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio
per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, s’incontrava a Belgrado con il
Presidente della Serbia, l’ultra-nazionalista Tomislav Nikolić, proprio per
parlare di Stepinac, come confermato anche dall’agenzia di stampa governativa Tanjug.
Papa Giovanni XXIII incensa il tumulo del Cardinale Stepinac |
La
posizione serba, peraltro già nota, è stata ben compresa in Vaticano, e
infatti, secondo quanto riferito dalla Presidente croata, papa Francesco le
avrebbe rivelato che, pur non essendoci dubbi sulla persona del cardinale
Stepinac, «nel frattempo è stata istituita una commissione mista con la Chiesa
ortodossa al fine di valutare ancora alcuni aspetti». Un’ulteriore conferma di
questa frenata viene dall’incontro di Belgrado. Nel comunicato ufficiale si
legge che il cardinale Koch «ha proposto la formazione di un gruppo di esperti
della Chiesa cattolica e della Chiesa ortodossa serba, la quale indagherà su
tutte le circostanze storiche, e cercherà, attraverso il dialogo, di creare un’atmosfera
di collaborazione e di comprensione». La Presidente croata ha lamentato che una
tale iniziativa avrebbe dovuto essere presa molto prima, tuttavia appare
evidente come la creazione di questa commissione rappresenti il segnale che la
Santa Sede ha recepito i desiderata serbi. Il dialogo con gli ortodossi è
troppo importante, e la canonizzazione del beato Alojzije Stepinac, almeno per
il momento, non s’ha da fare.
Partic. dell'urna del Beato Stepinac, Cattedrale di Zagabria. Foto di Dennis Jarvis |
In
termini generali, è singolare che a un’istanza non cattolica venga concesso il
diritto di veto – perché di questo si tratta – su un processo interno alla
Chiesa cattolica che già viene condotto con criteri teologici e storici molto
severi. Nel caso specifico, ciò che il popolo croato ha di più caro, vale a
dire il suo cammino spirituale e la sua fede, dei quali la beatificazione e la
canonizzazione dei suoi santi sono parte integrante, nonché quasi cinquant’anni
di sofferenze di questo popolo ai tempi del comunismo, finiscono per essere
consegnati alla mercé dei serbi, e per tragica ironia della sorte, proprio
dalla Santa Sede, alla quale il popolo croato, su esempio del cardinal
Stepinac, è indissolubilmente legato e fedele senza riserve.
Questa
decisione non è stata presa per il desiderio di ricercare la verità storica,
che è già conosciuta, bensì per guadagnare tempo, nella speranza, in verità piuttosto
labile, che col tempo i malumori dei serbi si stemperino, e crea un pericoloso
precedente per futuri processi di beatificazione e di canonizzazione presso la
Chiesa croata.
C’è
quindi da prevedere che tempi duri attendano altre cause di beatificazione e
canonizzazione che si riferiscono all’ultimo secolo di storia del popolo croato,
caratterizzato, fin dalla fondazione, nel 1918, del primo Stato unitario - più
tardi chiamato Jugoslavia - da un forte conflitto tra croati e serbi, e
soprattutto ai cinquant’anni di dittatura comunista. Ciò vale, ad esempio, per il
processo di beatificazione della Serva di Dio Marica Stanković, suora laica
condannata nel 1948 da un “Tribunale del popolo” per avere guidato, come si
legge nell’atto d’accusa, un’«organizzazione ustascio-terroristica» - tale
veniva giudicata l’Azione Cattolica dal regime comunista. Lo stesso destino
potrebbe essere riservato alla causa relativa ai frati francescani martiri di
Široki Brijeg e dell’Erzegovina, uccisi durante la Seconda Guerra Mondiale dai
partigiani titini in quanto falsamente accusati di collaborazionismo con il
regime ustascia e l’occupante tedesco.
In
questo clima, non migliore sorte attenderebbe la causa di beatificazione,
recentemente avviata, del cardinale Franjo Kuharić, arcivescovo di Zagabria dal
1970 al 1997, cui i serbi rimproverano l’appoggio dato all’azione militare “Tempesta”
del 1995, e anche quella del primo arcivescovo di Vrhbosna (Sarajevo), Josip
Stadler, morto nel 1918, che, in difesa della fede cattolica, entrò in
conflitto con la Chiesa ortodossa serba. Le beate martiri della Drina, suore di
varie nazionalità uccise dai serbo-cetnici nel 1944 nei pressi di Sarajevo,
difficilmente riceverebbero il placet per la canonizzazione da una Commissione
nella quale i serbi hanno diritto di veto, giacché questi considerano l’essere
cattolico sinonimo di ‘ustascia’.
Come
dimostrato dall’abbondante documentazione storica che lo riguarda, la figura
del beato Stepinac è assolutamente limpida. Pur accogliendo favorevolmente l’indipendenza
della Croazia proclamata nel 1941, egli conservò una lucida capacità di
giudizio sul regime ustascia, avvertendo che la benedizione di Dio poteva scendere
sul Paese e sul popolo croato solamente se si fosse osservata la Legge di Dio
quale espressa nei Dieci Comandamenti. In diverse omelie egli condannò coraggiosamente
le stragi di serbi, ebrei e rom attuate dalle milizie ustascia, denunciando la
politica razziale del governo croato attuata su imitazione di quella della
Germania nazista, scrisse numerose e vibrate lettere di protesta al Poglavnik (Duce), Ante Pavelić, per le
violenze commesse nei confronti delle minoranze, giungendo, in una di queste, a
definire il lager di Jasenovac, dove morirono decine di migliaia di persone di
etnia serba, ebraica e rom, ma anche oppositori del regime e sacerdoti cattolici,
una «macchia sul popolo croato».
Processo del Beato Stepinac nel 1946 |
Nell’azione
del beato Stepinac non mancò l’aiuto fattivo ai perseguitati, a qualsiasi
popolo essi appartenessero. Secondo documenti dell’intelligence britannica, già
nel 1941 egli guidò una delegazione che incontrò Pavelić per protestare contro
la deportazione di ebrei e serbi. Egli spesso intervenne presso le autorità
dello Stato raccomandando richieste della comunità ebraica, chiedendo la
scarcerazione di persone arrestate, e perfino di persone accusate di
collaborare con i partigiani. In un promemoria inviato dal funzionario ebraico
Weltmann al delegato apostolico in Turchia, mons. Angelo Roncalli, il futuro
papa Giovanni XXIII, si legge: «Sappiamo che mons. Stepinac ha fatto tutto ciò
che era nelle sue possibilità per aiutare e attenuare lo sfortunato destino
degli ebrei in Croazia … La preghiamo di comunicare a mons. Stepinac l’espressione
del nostro profondo ringraziamento per l’aiuto che ha porto, e lo preghiamo di
continuare un’azione così onorevole di salvare i nostri fratelli, sorelle e
figli… ».
Alla
fine della Seconda Guerra Mondiale, in un clima di inaudita violenza contro la
Chiesa cattolica, Stepinac fu arrestato dalle autorità comuniste una prima
volta il 17 maggio 1945, e trattenuto in carcere fino al 3 giugno. Il giorno
dopo la sua liberazione, egli fu convocato da Tito, il quale gli offrì la guida
di una cosiddetta “Chiesa cattolica popolare”, separata da Roma, con la
promessa di una posizione di onore nel nuovo Stato jugoslavo a guida comunista.
Stepinac rifiutò, firmando in questo modo la sua condanna. Egli fu quindi di
nuovo arrestato, sottoposto a un processo-farsa di stampo stalinista, e condannato
a sedici anni di reclusione in regime di carcere duro. Dopo cinque anni di
prigionia nel carcere di Lepoglava, sottoposto a continui maltrattamenti,
umiliazioni e a diversi tentativi di avvelenamento, fu assegnato al confino
nella parrocchia natia di Krašić, non lontano da Zagabria, dove fu tenuto
prigioniero fino al 1960, quando morì per le conseguenze dell’avvelenamento
subito in carcere.
Funerale del Beato Stepinac |
Il
beato Alojzije non si piegò mai dinanzi ai senzadio di ogni colore e ideologia,
e nonostante gli allettamenti del mondo e la prova della persecuzione, rimase
fedele a Cristo e alla Chiesa, ed è a lui che dobbiamo il fatto che oggi il
popolo croato, nella sua maggioranza, sia ancora cattolico, e resista alle
lusinghe delle nuove ideologie che mettono in pericolo la vita e la famiglia.
Se
vogliamo, questo è forse l’unico motivo per il quale la figura del beato
Alojzije possa essere considerata “controversa”. Soprattutto in questi tempi,
in cui non pochi pastori cercano l’applauso facile del mondo e non passano
attraverso la “porta stretta” che conduce in Cielo, egli non è una figura che
porta la falsa pace voluta dal mondo, bensì la spada della divisione quale
naturale conseguenza dell’impegno per la verità e l’amore, per Dio e la sua
Legge.
È
auspicabile che non si esiti a proporre questo santo alla venerazione della
Chiesa universale, anche a costo di entrare in conflitto con il mondo e la sua
falsa pace, giacché il suo esempio e la sua intercessione ci saranno d’aiuto in
questi tempi estremamente difficili.
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