Nella vigilia della
festa di San Giacomo Maggiore, che veneriamo col titolo di Matamoros, e nella
memoria liturgica di Santa Cristina, Vergine e Martire, volentieri rilancio
quest’intervista al card. Burke da parte di don Claude Barthe, stralci della
quale sono stati pubblicati in esclusiva da Paix liturgique.
Vicente Carducho, S. Giacomo alla battaglia di Clavijo, 1605 circa, museo del Prado, Madrid |
Corrado Giaquinto, La battaglia di Clavijo, 1755-56, museo del Prado, Madrid |
Carlo Dolci, S. Cristina di Bolsena, 1650-55, Kedleston Hall, Derbyshire |
La forma straordinaria: un tesoro per tutta la Chiesa
Nell’autunno del
2015 uscirà la traduzione francese (*) del libro del cardinale Raymond Leo
Burke “Divine Love Made Flesh” (L’Amore divino si è fatto carne). Quest’edizione
comprenderà anche un’intervista inedita con il cardinale patrono dell’Ordine di
Malta, realizzata da don Claude Barthe.
Per festeggiare l’ottavo anniversario della pubblicazione del Motu Proprio Summorum
Pontificum da parte di Papa Benedetto XVI, Paix liturgique vi offre
in esclusiva qualche selezione di quest’intervista, con la gentile autorizzazione
della casa editrice (Via Romana).
(*) Non ne esiste ancora una traduzione italiana, purtroppo.
(Sacra Liturgia 2015)
Don Claude Barthe: Eminenza, il 7 luglio 2015 è l’anniversario
del Motu Proprio Summorum Pontificum. È esagerato affermare che questo
testo sia particolarmente indicativo del pontificato di Benedetto XVII?
Cardinale Raymond Leo Burke: Direi che in effetti è, in un certo senso,
l’espressione più alta del pensiero del cardinale Ratzinger, divenuto poi
Benedetto XVI. Mostra ciò che ha rappresentato per lui la comprensione del
concilio Vaticano II. Perché sfortunatamente, in seguito al secondo concilio
ecumenico del Vaticano, ma certamente non a causa degli insegnamenti del
Concilio, si sono verificati numerosi abusi, in particolar modo nella sacra
liturgia. Si vede come nella Lettera apostolica Summorum Pontificum è
stata trovata dal Papa una forma giuridica che stabilisce un legame organico
fra il nuovo e l’antico, tra la forma ordinaria e quella straordinaria.
CB: Questo testo è arrivato dopo cinquant’anni di crisi
liturgica, della quale Lei ha parlato nel Suo contributo al convegno Summorum
Pontificum, il 13 giugno 2015 a Roma, dicendo che, dal 1970: “il cavallo si
è imbizzarrito”. Il Motu Proprio riuscirà ad aprire una strada nuova per
la risoluzione di questa crisi?
Card. Burke: Sì, certamente. Benedetto XVI ha vissuto molto dolorosamente
tutta la crisi liturgica, come ha raccontato nella sua autobiografia (La mia
vita, San Paolo Edizioni 2005). Nella Lettera ai vescovi, che accompagna il
Motu Proprio, ha fatto cenno a questa sua esperienza: “in molti luoghi non si
celebrava in modo fedele alle prescrizioni del nuovo Messale, ma esso
addirittura veniva inteso come un’autorizzazione o perfino come un obbligo alla
creatività, la quale portò spesso a deformazioni della Liturgia al limite del
sopportabile. Parlo per esperienza, perché ho vissuto anch’io quel periodo con
tutte le sue attese e confusioni”. Restituendo al culto la liturgia sacra che è
stata celebrata per un millennio e mezzo nella Chiesa romana, Papa Benedetto
XVI ha consentito di procedere alla correzione degli abusi e al contempo ha
consegnato un riferimento essenziale per l’arricchimento della forma ordinaria.
(...)
C.B: Restituendo alla messa la sua condizione
tradizionale, quella del messale del 1962 di Giovanni XXIII, Papa Benedetto ha
dunque voluto mettere questo riferimento a disposizione di tutta la Chiesa?
Card. Burke: Sì. Dobbiamo guardare a questa forma straordinaria
come ad un tesoro conservato dalla Chiesa romana nel corso dei secoli. Questo
rito è, in sostanza, identico a quello di Gregorio Magno.
C.B: ... ed è oggi particolarmente adeguato all’azione
della Chiesa: Lei insiste spesso sull’applicazione dell’adagio lex orandi,
lex credendi alla nuova evangelizzazione o ri-evangelizzazione.
Card. Burke: La lex orandi è sempre legata alla lex
credendi. Secondo la maniera in cui l’uomo prega, bene o male, egli crede,
bene o male, ed egli si comporta, bene o male. La sacra liturgia è assolutamente
il primo atto della nuova evangelizzazione. Se noi non adoriamo Dio in spirito
di verità, se noi non celebriamo la liturgia con la più grande fede possibile, specialmente
nell’azione divina che si svolge nel corso della messa, allora non possiamo
avere l’ispirazione e la grazia necessaria per partecipare all’evangelizzazione.
La sacra liturgia contiene la forma stessa dell’evangelizzazione, nella misura
in cui essa è un incontro diretto con il mistero della fede, che noi dobbiamo
favorire per le anime che Dio ci avvicina.
Essa può anche
guidare verso la conoscenza dei misteri della fede, proprio attraverso sé
stessa. Se la liturgia è celebrata in modo antropocentrico, se non si tratta
che di una semplice attività sociale, essa non può avere un impatto durevole
sulla vita spirituale. Uno dei modi per riportare gli uomini alla fede, è
quello di rendere dignità alla liturgia. Celebrare una messa con venerazione ha
sempre attirato gli uomini verso il mistero della redenzione. Penso infatti che
la celebrazione della messa nella forma straordinaria possa avere un ruolo
molto importante nella nuova evangelizzazione, per via dell’importanza data
alla trascendenza nella liturgia. L’azione di Cristo attraverso i segni del
sacramento, attraverso i sacerdoti, strumenti di Cristo, è evidentissima nella
forma straordinaria. E, d’altra parte, ci aiuta anche ad essere più rispettosi
nella celebrazione della forma ordinaria.
Tutti vedono la
necessità di quest’evangelizzazione in questo mondo che vive oggi come se Dio
non esistesse.
È importante legare
questa nuova evangelizzazione alla celebrazione, la migliore possibile, della
liturgia. Ho incontrato molte persone atee o non cristiane alle quali ho visto
sperimentare la presenza dell’azione di Dio attraverso la conoscenza della
messa nella forma straordinaria. E, in seguito, quest’esperienza ha permesso
loro di ricevere l’insegnamento della religione. Gli uomini devono capire che il
sacerdote agisce in persona Christi. Devono capire che è Cristo stesso
che scende sull’altare per rinnovare il sacrificio della Croce. Devono capire
che è necessario unire il proprio cuore al Suo Cuore trafitto, per purificarlo
dal peccato e far crescere dentro di sé l’amore di Dio e l’amore del prossimo.
Dobbiamo dunque catechizzare gli uomini con le profonde realtà della messa, in
particolare attraverso la forma straordinaria del rito romano.
C.B: A proposito del rapporto fra la dottrina e la
liturgia, notiamo spesso che i seminaristi che sono attratti dalla forma
straordinaria, sono anche desiderosi di conseguire una preparazione teologica
particolarmente strutturata. Bisogna dire che in Francia la forma tradizionale
attira molti seminaristi.
Card. Burke: Ma anche in Germania, negli Stati Uniti e in Italia.
Si diceva che gli Italiani non fossero attirati dalla liturgia tradizionale: è
assolutamente falso. Per i seminaristi, quando ero arcivescovo di Saint Louis,
e Benedetto XVI promulgava il Summorum Pontificum, ho immediatamente
chiesto che nel seminario tutti fossero istruiti sulla forma straordinaria, sul
rito, sulla sua spiritualità e che fosse celebrata una volta alla settimana. Ho
chiesto anche che i seminaristi che avevano le capacità per imparare il latino
fossero formati per celebrare nella forma straordinaria. Queste nuove regole
sono state ben accolte e mi sembra che abbiano prodotto dei buoni frutti nell’arcidiocesi.
C.B: Dunque, questa messa piace ai giovani.
Card. Burke: Sì. Papa Benedetto XVI diceva ai vescovi che mentre si
era immaginato che la richiesta della messa antica riguardasse solo la
generazione più matura, si vedeva però sempre più chiaramente che delle persone
più giovani scoprivano questa forma liturgica, si sentivano attratte e vi
trovavano una forma di incontro con il mistero dell’eucaristia che gli si
confaceva particolarmente. Anch’io, quando celebro la messa tradizionale, vedo
assistere molte famiglie belle e giovani e con molti figli. Io non penso che
quelle famiglie non abbiano problemi, ma è chiaro che così si sentono più forti
per affrontarli. Io sono sempre stato colpito dalla quantità di giovani che
sono attratti dalla forma straordinaria della messa. E questo non perché la
forma straordinaria sia più valida di quella ordinaria. Sono attratti perché è
molto articolata e cattura l’attenzione su ciò che sta per avvenire presso l’altare. (...)
Nessun commento:
Posta un commento