Nella memoria
liturgica di San Enrico II, imperatore e confessore, rilancio dal consueto
Chiesa e postconcilio la traduzione italiana, curata dallo stesso sito, dell’omelia
di S. Em.za il card. Raymond L. Burke, dettata in terra d’Irlanda nel corso del
Pontificale del 5 luglio scorso, VI Domenica dopo Pentecoste, presso la chiesa
dei SS. Pietro e Paolo di Cork, celebrato in occasione dell’VIII Conferenza
liturgica FOTA.
SS. Stefano, Cunegonda ed Enrico II, Cattedrale, Bamberga |
Tomba dei SS. Enrico II e Cunegonda, Cattedrale, Bamberga |
Enrico II è incoronato da Cristo, Miniatura dal Sacramentario di Enrico II, Bayerischen Staatsbibliothek, Monaco |
Card. Raymond
Leo Burke.
Omelia durante la Conferenza liturgica Fota tenutasi a Cork, in
Irlanda
Riprendiamo da New Liturgical Movement dell’11 luglio scorso.
Nel corso della
Conferenza liturgica Fota tenutasi a Cork, in Irlanda, Sua Eminenza Raymond
card. Burke ha predicato la seguente omelia durante una Messa Pontificale
celebrata la Domenica nella chiesa dei Santi Pietro e Paolo. Le letture della
messa a cui la predica si riferisce sono quelle della VI Domenica dopo
Pentecoste, Romani 6, 3-11 e Marco 8, 1-9, il racconto della seconda
moltiplicazione dei pani e dei pesci.
Possiamo ben
identificarci con la folla che si era recata nel deserto per essere istruita da
Cristo. Chiaramente, un gran numero di persone erano affamate della parola di
verità che solo il Signore poteva dare loro, e, per questo motivo, avevano
lasciato le ordinarie cerchie della loro vita quotidiana per trovarsi in un
luogo straordinario con lui. Nelle parole di commento di Dom Prosper Guéranger
sul Vangelo di oggi, il mondo era “andato sempre più in crescendo nella debolezza
per gli effetti del peccato originale e quelli successivi” e aveva seguito “falsi
maestri, che a poco a poco il suo ridotto la perdita della legge e dei doni
naturali che, come dice sant’Ambrogio, era stati suo patrimonio vitale “La
gente non era andata solo a vedere una figura popolare; era affamata della di
verità parola di Cristo in una cultura segnata dalla confusione diffusa e dall’errore
sulle realtà fondamentali della vita. Quelle persone sono rimaste con il
Signore per tre giorni, e quindi non voleva lasciarli andare senza dar loro da
mangiare. A quel punto, Cristo ha dimostrato che egli non stava solo parlando
la parola di verità per loro, ma stava dando loro anche il cibo dell’amore
divino. San Paolo ci istruisce sulla realtà della nostra vita in Cristo, che ha
la sua sorgente nella sua incarnazione, nascita, vita nascosta a Nazaret e
ministero pubblico che si conclude con la sua passione, morte, risurrezione e
ascensione. Attraverso il sacramento del Battesimo, cominciamo a vivere in
Cristo. Noi, come rami, siamo innestati nella vite che è Cristo, attingendo la
nostra vita da Lui. Cristo riceve i nostri cuori nel suo cuore
glorioso trafitto, dove li purifica dal peccato e li anima con l’effusione
dello Spirito Santo, il fuoco del Divino Amore. Ascoltiamo le parole di san
Paolo:
Fratelli, tutti noi che siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte. Siamo dunque stati sepolti con lui mediante il battesimo nella morte, perché come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova.
Il suo linguaggio non
è solo figurato, anche se l’attrazione della folla a Cristo non nasce da un po’
di populismo inconsistente. La vita in Cristo è una vera e propria partecipazione
alla sua sofferenza e morte, un vero e proprio carico della Croce, che porta
già ora a condividere la felicità perfetta, che è il destino sicuro e
definitivo della Via della Croce. Dom Prosper Guéranger commenta con queste
parole l’insegnamento ispirato di San Paolo sulla vita cristiana:
La santità, le sofferenze, e quindi la gloria del Signore Gesù, la sua vita che si prolunga nelle membra (2Cor 4,10-11), ecco per san Paolo la vita cristiana: semplice e sublime nozione, che riassume ai suoi occhi l’inizio, il progresso e il compimento dell’opera dello Spirito d’amore in ogni anima santificata. ...Se il primo atto della santificazione del fedele sepolto nel suo battesimo con Gesù Cristo ha per oggetto di rifarlo interamente, di crearlo di nuovo nell’Uomo-Dio (Ef 2,10), di innestare la sua nuova vita sulla vita stessa del Signore Gesù per produrne i frutti, non saremo affatto sorpresi che l’Apostolo rifiuti di tracciare ai cristiani altro metodo di contemplazione, altra regola di condotta che lo studio e l’imitazione del Salvatore. La perfezione dell’uomo (Col 1,28) alla sua ricompensa (ivi 2,10) risiedono in lui solo: secondo dunque la conoscenza che avete ricevuta da lui, camminate in lui (ivi, 6), poiché voi tutti che siete stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo (Gal 3,27). Il Dottore delle genti dice chiaramente che egli non conosce e non potrebbe predicare altra cosa (1 Cor 2,2). Alla sua scuola, prendendo in noi i sentimenti che aveva Gesù Cristo (Fil 2,5), diventeremo altri Cristi, o piuttosto un solo Cristo con l’Uomo-Dio, mediante l’unione dei pensieri e la conformità delle virtù sotto l’impulso dello stesso Spirito santificatore. Quanto abbiamo bisogno di tornare al concetto semplice e sublime della santità di vita, per attingere la grazia del nostro battesimo, per rimanere sulla via della Croce, che sola ci porta la felicità!
(L’anno liturgico, Tempo dopo la Pentecoste vol. 2)
Quanto noi, membra
del Corpo di Cristo vivente, abbiamo bisogno di essere più profondamente e
saldamente uniti nel cuore con il Cuore di Gesù, in modo che la Chiesa possa
portare la verità e l’amore di Cristo alla nostra cultura! Penso alla mia terra
d’origine, gli Stati Uniti d’America, che ha celebrato ieri il Giorno dell’Indipendenza.
La Dichiarazione di Indipendenza del 4 luglio 1776, invocando “le Leggi della
Natura e il Dio della Natura” per giustificare la separazione del popolo al
governo del re di Gran Bretagna, per fondare una nuova nazione, ha chiarito le
verità su cosa la nuova nazione doveva essere fondata: “Noi riteniamo queste
verità di per se stesse evidenti, che tutti gli uomini sono creati uguali, che
essi sono dotati dal loro Creatore di alcuni Diritti inalienabili, che fra questi
sono la Vita, la Libertà, e la ricerca della felicità”. Il documento osserva
giustamente che tutto il governo esiste per garantire il rispetto e la tutela
di questi diritti fondamentali.
Ma quasi duecento
anni più tardi, nel 1973, il più alto tribunale della nazione ha tolto il
diritto alla vita dal innocenti e indifesi non ancora nati, e lo scorso 26
giugno, a dispetto delle “Leggi della Natura e del Dio della Natura”, la stessa
Corte Suprema ha ridefinito la natura del matrimonio e del suo frutto, la
famiglia, la prima cellula della vita della società. La confusione micidiale e
l’errore che tali decisioni rappresentano per gli Stati Uniti d’America, e
simile confusione ed errore in altre nazioni, esige dalla Chiesa una chiara,
coraggiosa e instancabile testimonianza della parola di Cristo, della verità
scritta su ogni cuore umano, della verità dalla quale la felicità del singolo e
del bene comune assolutamente dipendono. La Chiesa non può stare in silenzio o
in inerzia mentre un popolo si sta distruggendo da illegalità, anche se l’illegalità
dunque vestito di capo della più alta autorità giudiziaria.
Dove trova la Chiesa
trova la lucidità, il coraggio e la costanza di testimoniare la verità che
trasforma la società per il bene di tutti? E’ nel Cuore di Gesù: Egli effonde
la grazia dello Spirito Santo nei nostri cuori, in particolare attraverso i
sacramenti. Così siamo benedetti ancora una volta nel dedicare alcuni giorni
nell’approfondimento della sacra liturgia e, in particolare, nello studio più approfondito
della relazione della sacra Liturgia col sacerdozio regale dei battezzati; le
letture di oggi dalle Sacre Scritture ci ricordano che i battezzati vengono
consacrati per servire l’opera salvifica di Cristo nel mondo, a dare la vita,
con Cristo, per la trasformazione del mondo. Papa San Giovanni Paolo II, nella
sua prima Lettera enciclica, Redemptor hominis, riflettendo sulla
missione regale dei battezzati, ci ha ricordato:
Ai nostri tempi, si ritiene talvolta, erroneamente, che la libertà sia fine a se stessa, che ogni uomo sia libero quando ne usa come vuole, che a questo sia necessario tendere nella vita degli individui e delle società. La libertà, invece, è un grande dono soltanto quando sappiamo consapevolmente usarla per tutto ciò che è il vero bene. Cristo c’insegna che il migliore uso della libertà è la carità, che si realizza nel dono e nel servizio. Per tale «libertà Cristo ci ha liberati» e ci libera sempre. La Chiesa attinge qui l’incessante ispirazione, l’invito e l’impulso alla sua missione ed al suo servizio fra tutti gli uomini. La piena verità sulla libertà umana è profondamente incisa nel mistero della Redenzione. La Chiesa serve veramente l’umanità, quando tutela questa verità con instancabile attenzione, con amore fervente, con impegno maturo, e quando, in tutta la propria comunità, mediante la fedeltà alla vocazione di ciascun cristiano, la trasmette e la concretizza nella vita umana. In questo modo viene confermato ciò a cui abbiamo fatto riferimento già in precedenza, e cioè che l’uomo è e diventa sempre la «via» della vita quotidiana della Chiesa.
Che
questi giorni di studio della Sacra Liturgia ci conducano tutti a ritrovare nel
Mistero della Fede, nel mistero eucaristico, il modello della nostra vita
quotidiana per la nostra salvezza e per la salvezza del nostro mondo. Possiamo
essere ispirati a cercare la verità di Cristo, unendo i nostri cuori al Suo nel
sacrificio eucaristico. Così rafforzeremo sempre più la nostra vita in Lui nata
dal Battesimo e porteremo frutti abbondanti per la nostra libertà e la libertà
di tutti gli uomini. Vediamo ora innalziamo i nostri cuori, insieme con il
Cuore Immacolato della Beata Vergine Maria, al Cuore trafitto gloriosa di Gesù,
aperto dalla lancia del soldato sul Calvario e sempre aperta per noi nel
Sacrificio eucaristico. Nel Cuore Eucaristico di Gesù, possano i nostri cuori
essere purificati dal peccato e infiammati di amore puro e disinteressato. Così
possiamo vivere la verità del mistero della fede, nella fedeltà alla nostra
consacrazione battesimale, per la salvezza del mondo.
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