Il posto che occupa
questo umile figlio di san Francesco nel cielo dei Dottori ecclesiastici, è
quello d’un astro luminoso di suprema grandezza. Tutto l’edificio della
teologia scolastica, tocca infatti il suo vertice in san Tommaso e in san
Bonaventura, dopo dei quali la Scuola non farà quasi altro che
seguirne, spiegarne e difenderne le posizioni. Dopo l’ardito movimento
ascensionale sulle vette più inaccessibili della metafisica cristiana e della
Teologia rivelata, i discepoli
dell’Angelico e
del Serafico consacreranno buona parte delle loro energie nel
mantenere il deposito sacro loro affidato.
Già i contemporanei
unirono Tommaso e Bonaventura in un medesimo sentimento di viva ammirazione.
Dopo la loro morte, il loro culto procedé di pari passo e parimenti congiunto,
e Dante nel paradiso pone i suoi più bei cantici così sul labbro dell’Aquinate,
che su quello di Giovanni Fidanza da Bagnoregio, detto poi Bona Ventura.
Eppure, questi due
Sommi Dottori, che hanno fra loro tanti punti di contatto, ne hanno però degli
altri per cui differiscono profondamente.
Tommaso rimase per
tutta la sua vita l’uomo della cattedra scolastica e della placida
speculazione; mentre invece Bonaventura accusa una più viva forza di
sentimento, e riesce perciò anche all’azione ed al governo dei popoli.
Il Fidanza,
infatti, era ancor giovane, quando venne elevato all’ufficio di Ministro
Generale del proprio Ordine, lacerato allora dalle intestine discordie promosse
dagli Spirituali.
Il Santo però, con
quello spirito temperato di discreta prudenza, che tra due estremi fa subito
vedere il giusto mezzo da seguire, seppe imporsi tanto ai rilassati che ai
rigoristi, e salvò così la famiglia Francescana da uno scisma, che l’avrebbe
condotta ad irreparabile rovina.
San Bonaventura,
che nel 1273 era stato creato cardinale e vescovo di Albano da Gregorio X, mori
l’anno dopo il 15 luglio a Lione, mentre vi si celebrava il Concilio Ecumenico.
I suoi funerali
furono un trionfo, e col Papa vi prese parte l’intera assemblea. Tenne
l’orazione funebre il cardinal Pietro da Tarantasia, futuro Innocenzo V, il
quale esordì con le parole di David: Doleo super te, frater mi,
Jonatha.
La messa è del
Comune dei Dottori, come il 29 gennaio, tranne le parti seguenti: il versetto
alleluiatico è quello del giorno di sant’Ambrogio, il 7 dicembre; l’antifona
dell’offertorio è come il giorno 5 aprile. Tutto il resto, invece, è identico
alla messa di san Leone Magno, il 28 giugno.
San Bonaventura è
il vero rappresentante della scuola ascetica francescana, la quale ha
popolarizzato fra il popolo una commovente devozione verso l’umanità santissima
del Redentore. Quando san Bonaventura scrive sulla passione del Signore e sui
pregi della Beatissima Vergine, il suo stile si riscalda e la sua penna spande
un’unzione tutta serafica su quelle linee.
Sisto IV,
canonizzando san Bonaventura nel 1482, ordinò che la sua festa nella basilica
dei Santi Apostoli venisse considerata come una solennità del Sacro Palazzo
Apostolico. Più tardi, venne dedicata, nella seconda metà del XVII sec., al
Santo anche una chiesa ed un convento sul Palatino, appunto San
Bonaventura al Palatino, nel rione Campitelli.
Altra chiesa fu
edificata nel rione Trevi, tra la Fontana di Trevi e la Pontificia Università
Gregoriana: Santa Croce e San Bonaventura dei Lucchesi. Questa
chiesa, edificata alla fine del ‘600 su una precedente (San Nicola de
Portiis o de Porcis o de Trivio o in
porcilibus) era affidata ai cappuccini (Cfr. Mariano Armellini, Le
chiese di Roma dal secolo IV al XIX, Tipografia Vaticana, Roma 18912,
p. 261; Ch. Huelsen, Le
Chiese di Roma nel medio evo, Firenze 1927, pp. 407-408).
In seguito fu data
ai Lucchesi (ibidem, p. 408) ed, infine, alla Società di Maria Riparatrice,
conservandosi all’interno dell’edificio sacro le spoglie della beata Émilie
d’Oultremont de Warfusée, in religione Maria di Gesù, vissuta nel XIX sec.
Nel quartiere Torre
Spaccata, nel 1999, è stata consacrata una chiesa dedicata al nostro Santo, che
era stata eretta in parrocchia nel 1974 ed affidata ai Frati Minori
conventuali.
Domenico Antonio Vaccaro, Visione mistica di S. Bonaventura, 1696 circa, Museo dell’Opera di San Lorenzo Maggiore, Napoli |
Pieter Paul Rubens, S. Bonaventura, 1620 circa, Palais des beaux-arts, Lille |
Francisco de Zurbarán, S. Bonaventura riceve S. Tommaso d'Aquino, 1659 circa, museo del Prado, Madrid |
Giuseppe Canepa, S. Bonaventura, 1785, museo diocesano, Genova |
Ferdinando Suman, S. Bonaventura rinviene la lingua di S. Antonio da Padova l'8 aprile 1263, 1847, Sacrestia Basilica sant’Antonio da Padova, Padova |
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