Ecco due celebri
missionari orientali che appartengono tuttavia anche a più di un titolo alla
storia della Roma papale. Difatti, i popoli slavi sono debitori a Cirillo ed a Metodio
della loro civiltà, della loro fede e, più ancora, della loro primitiva
comunione con la Cattedra di Pietro, comunione che ha lasciato nella storia
numerose ed indelebili tracce. Ancor’oggi, il pellegrino slavo che arriva a
Roma e va’ a prostrarsi sul sepolcro del Principe degli Apostoli vede un quadro
che rappresenta il Salvatore tra il santi Pietro e Paolo. Ora questa venerata
icona sulla quale è tracciata un’iscrizione slava fu, si dice, deposta lì dai
santi Cirillo e Metodio, quale omaggio della loro devozione alla Sede
apostolica.
Si conosce la vita dei
due fratelli. Al tempo di Adriano II, Roma li vide entrare trionfalmente nelle
sue mura, seguiti da una truppa scelta di discepoli carichi di un prezioso
fardello: le reliquie del martire Clemente ritrovate da essi nel Chersoneso.
Cirillo e Metodio
giustificarono davanti al concilio romano la loro missione, e ricevettero la
consacrazione episcopale dalle mani del Papa. Tuttavia le difficoltà sollevate
contro di essi dai loro avversari furono assai pesanti; così che Cirillo,
chiamato prima Costantino, all’estremo delle forze, preferì lasciare a suo
fratello la cura della missione slava e restare a Roma all’ombra di San
Clemente, dove preparò il suo proprio sepolcro. La morte non tardò a raggiungerlo,
il 14 febbraio 869, ad appena quarantadue anni. Del suo sepolcro primitivo, nel
narthex del titulus clementis, resta una pittura
interessante. L’anima dell’apostolo defunto è presentata al Giudice supremo dai
suoi santi protettori, Michele e Gabriele, l’apostolo Andrea e Clemente cingono
il trono divino, mentre Metodio eleva, supplicante, il calice eucaristico per
il riposo dell’anima di suo fratello Cirillo.
Un’altra pittura rievoca
ugualmente Cirillo e Metodio nel titulus clementis.
Si trova anch’essa nel nartece, a sinistra della porta, e rappresenta la
traslazione del corpo del martire Clemente nella basilica che porta il suo
nome. Dietro la bara portata dai diaconi, marcia per primo il papa Nicola I coi
due fratelli, Cirillo e Metodio, a destra ed a sinistra. Il Pontefice è
rivestito della casula e del pallio, e la sua fronte è coronata del regnum; mentre gli apostoli degli slavi
hanno una semplice casula sotto la quale scendono, sulla tunica, le bande della
stola. Due chierici portano le ferule episcopali dei due fratelli, ed il Papa
non ne ha. È significativo notare che il nimbo rotondo orna solamente la testa
di Nicola e di san Cirillo: si spiega del resto facilmente l’assenza di questo
segno di venerazione liturgica intorno alla testa di Metodio. Il pittore romano
dell’XI sec. aveva conoscenza soltanto della venerazione, di cui erano oggetto
nell’Urbe, di Nicola I e di Cirillo, ignorando completamente la sorte dell’altro
apostolo degli Slavi morto nell’885 in Moravia.
Un terzo monumento molto
importante esisteva una volta a Roma, e si riferiva all’apostolato slavo dei
due santi Vescovi ed all’opera zelante di missionario che aveva anche compiuta
presso i bulgari il papa Formoso prima di salire sulla Cattedra apostolica. Si
tratta dell’oratorio di San Lorenzo supra sanctum clementem, eretto tra le costruzioni del Celio che già reggeva, un
tempo, il grande tempio di Claudio. Lì, nel 1689, Ciampini scoprì per la prima
volta un’abside dipinta dove si vedeva il Salvatore tra i due Principi degli
Apostoli Pietro e Paolo, Lorenzo ed Ippolito. Il Signore dava a Pietro il
volume della Legge, e si leggevano queste parole: DÑUS
(le)GEM (dat),
«Il Signore dà la legge».
Si vedevano anche il papa Formoso ed il re dei
Bulgari, Michele, prostrati davanti a lui in atto di adorazione.
Questo Michele è lo stesso Boris o Bogoris,
primo re cristiano dei Bulgari, che, convertito alla fede da san Metodio, attirò
al Cristo quasi tutto il suo popolo. Assunse il nome di Michele al momento del
battesimo (864), in onore del suo padrino, l’imperatore bizantino Michele III.
Per non comunicare con l’intruso Fozio di
Costantinopoli, Boris inviò dei messaggeri al papa Nicolò I da cui, nell’867,
egli ricevette la celebre lettera che rispondeva alle sue questioni. Boris
cambiò in seguito (889) il diadema reale con il saio monastico e morì santamente
nello stato religioso il 2 maggio 907. Presso i Bulgari è onorato del culto
liturgico dei santi.
Dobbiamo menzionare qui altri cinque personaggi,
tutti discepoli e coadiutori dei santi Cirillo e Metodio nell’evangelizzazione
dei Bulgari.
San Naum, prima di associarsi al vescovo
Clemente per convertire la Bulgaria, aiutò nella loro missione i santi Cirillo
e Metodio. Lavorò con loro alla traduzione dei libri liturgici in slavo ed andò
con i due santi a Roma a vedere il papa Adriano II.
San Clemente condivise in origine le fatiche e
le persecuzioni dei due fratelli apostoli della Moravia; scacciato in seguito
dalla Pannonia, entrò in Bulgaria e morì nel 916 quale vescovo di Tiberiopolis.
San Gozardo successe nell’885 a Metodio in
qualità di metropolita della Moravia e della Pannonia. Scacciato l’anno
seguente, l’esiliato diresse la sua attività missionaria presso i Bulgari, in
quest’impresa egli ebbe per imitatori Saba (o Sabba) ed Angelario, di cui si sa
soltanto che erano oggetto di un culto liturgico.
La festa dei santi Cirillo e Metodio non fu
introdotta nel Messale romano che da Leone XIII.
Roma cristiana ha dedicato ai due santi fratelli
una chiesa nella zona Acilia Nord, Santi
Cirillo e Metodio, costruita nel 1996-97.
La messa Sacerdótes è la stessa per la traslazione di san Leone
Magno il 28 giugno, salvo le particolarità seguenti. Le collette sono proprie.
Il Vangelo è tratto da san Luca (Lc. 10, 1-9).
Solo la Chiesa cattolica ha diritto e l’incarico di andare ed insegnare, nella
persona degli apostoli, a tutte le genti: Euntes, docete omnes gentes, «Andate ed insegnate a tutte le genti» (Mt 28, 19).
La divina Eucarestia non è
solamente l’antidoto contro i peccati commessi, è anche una leva potente che
slancia l’anima verso il cielo. Può essere paragonata a quel zampillo di acqua
di cui parla il Vangelo che si eleva impetuoso. Così parlava di sé sant’Ignazio
di Antiochia: Sento in me qualche cosa
che mi eleva, mentre risuona ai miei orecchi come una voce che mi dice: vieni
al Padre.
Icona russa dei SS. Cirillo e Metodio, XVIII-XIX sec. |
Artur Orlenov, SS. Cirillo e Metodio, 2007 |
Josef Zelený, SS. Cirillo e Metodio, 1863, Monastero benedettino, Rajhrad |
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