Più di un anno fa avevamo parlato già
della vicenda di san Teodoro Studita e del c.d. scisma moechianico (v. qui). Ora al tema
ha dedicato uno scritto anche il prof. De Mattei, tradotto in inglese da Rorate caeli, e rilanciato anche da Il Timone.
In ogni caso, in vista del prossimo
Sinodo di ottobre, il cui scopo è dichiaratamente quello di tentare di cambiare i fondamenti dell'etica cattolica come osservato da un attento osservatore (v. qui) e contro cui un ruolo significativo sarà svolto dalla Chiesa d'Africa (v. qui la dichiarazione del card. Sarah), il fronte dei cardinali e vescovi ortodossi e fedeli alla
dottrina si sta vieppiù allargando con la stampa di un volume nei prossimi
giorni scritto a più mani da ben undici cardinali ed edito dalla senese Cantagalli.
La notizia era già stata da noi data alcuni giorni addietro (v. qui) ed
oggi riceve ulteriori dettagli, come ci racconta Corrispondenza romana (la notizia in inglese è qui e qui), che non manca peraltro di sottolineare come durante l’evento sinodale si
vedrà riconosciuta la santità dei coniugi Martin, genitori di Santa Teresa del
Bambin Gesù e del Volto santo (v. l’articolo di Cristina Siccardi).
Nel frattempo, è significativo che il
primo intervento al Sinodo sarà quello dello Spirito Santo, come ha ironizzato
Sandro Magister, giacché le letture della messa del giorno di apertura dell’evento
– il 4 febbraio – saranno quelle della XXVII domenica del Tempo ordinario anno
B, vale a dire il testo di Mc. 10, 2-12 (v. qui. La notizia è ripresa
anche da Riscossa cristiana) e la prima lettura il testo di Gen. 2, 18-24. Insomma,
il Signore dirà la sua, con la speranza che i novatori non facciano finta di
non aver compreso … .
San Teodoro Studita e il “Sinodo
dell’adulterio”
di Roberto de Mattei
Col nome di “Sinodo dell’adulterio” è entrata nella storia della
Chiesa un’assemblea di vescovi che, nel IX secolo, volle approvare la prassi
del secondo matrimonio dopo il ripudio della legittima moglie. San Teodoro
Studita (759-826), fu colui che con più vigore vi si oppose e per questo fu
perseguitato, imprigionato e per ben tre volte esiliato.
Tutto iniziò nel gennaio 795 quando l’imperatore romano di Oriente
(basileus) Costantino VI (771-797) fece rinchiudere la moglie Maria di Armenia
in monastero e iniziò una illecita unione con Teodota, dama d’onore della madre
Irene. Pochi mesi dopo l’imperatore fece proclamare “augusta” Teodota, ma non
riuscendo a convincere il patriarca Tarasio (730-806) a celebrare il nuovo
matrimonio, trovò finalmente un ministro compiacente nel prete Giuseppe,
igumeno del monastero di Kathara, nell’isola di Itaca, che benedisse
ufficialmente l’unione adulterina.
San Teodoro, nato a Costantinopoli nel 759, era allora monaco nel
monastero di Sakkudion in Bitinia, di cui era abate lo zio Platone,
venerato anche lui come santo. Teodoro ricorda che l’ingiusto divorzio produsse
un profondo turbamento in tutto il popolo cristiano: concussus est mundus
(Epist. II, n. 181, in PG, 99, coll. 1559-1560CD) e, assieme a san
Platone, protestò energicamente, in nome dell’indissolubilità del vincolo.
L’imperatore deve ritenersi adultero – scrisse – e perciò deve ritenersi
gravemente colpevole il prete Giuseppe per avere benedetto gli adulteri e per
averli ammessi all’Eucarestia. «Incoronando l’adulterio», il prete Giuseppe
si è opposto all’insegnamento di Cristo e ha violato la legge divina (Epist.
I, 32, PG 99, coll. 1015/1061C). Per Teodosio era da condannare altresì il
patriarca Tarasio che, pur non approvando le nuove nozze, si era mostrato
tollerante, evitando sia di scomunicare l’imperatore che di punire l’economo
Giuseppe.
Questo atteggiamento era tipico di un settore della Chiesa
orientale che proclamava l’indissolubilità del matrimonio ma nella prassi
dimostrava una certa sottomissione nel confronti del potere imperiale,
seminando confusione del popolo e suscitando la protesta dei cattolici più
ferventi. Basandosi sull’autorità di san Basilio, Teodoro rivendicò la facoltà
concessa ai sudditi di denunciare gli errori del proprio superiore (Epist.
I, n. 5, PG, 99, coll. 923-924, 925-926D) e i monaci di Sakkudion ruppero la
comunione con il patriarca per la sua complicità nel divorzio dell’imperatore.
Scoppiò così la cosiddetta “questione moicheiana” (da moicheia=
adulterio) che pose Teodoro in conflitto non solo con il governo imperiale, ma
con gli stessi patriarchi di Costantinopoli. È un episodio poco conosciuto sul
quale, qualche anno fa, ha sollevato il velo il prof. Dante Gemmiti in
un’attenta ricostruzione storica, basata sulle fonti greche e latine (Teodoro
Studita e la questione moicheiana, LER, Marigliano 1993), che conferma come
nel primo millennio la disciplina ecclesiastica della Chiesa d’Oriente
rispettava ancora il principio dell’indissolubilità del matrimonio.
Nel settembre 796, Platone e Teodoro, con un certo numero di
monaci del Sakkudion, furono arrestati, internati e poi esiliati a Tessalonica,
dove giunsero il 25 marzo 797. A Costantinopoli però il popolo giudicava
Costantino un peccatore che continuava a dare pubblico scandalo e, sull’esempio
di Platone e Teodoro, l’opposizione aumentava di giorno in giorno. L’esilio fu
di breve durata perché il giovane Costantino, in seguito a un complotto di
palazzo, fu fatto accecare dalla madre che assunse da sola il governo
dell’impero. Irene richiamò gli esiliati, che si trasferirono nel monastero
urbano di Studios, insieme alla gran parte della comunità dei monaci
di Sakkudion. Teodoro e Platone si riconciliarono con il patriarca Tarasio
che, dopo l’avvento di Irene al potere, aveva pubblicamente condannato
Costantino e il prete Giuseppe per il divorzio imperiale. Anche il regno di
Irene fu breve. Il 31 ottobre 802 un suo ministro, Niceforo, in seguito a una
rivolta di palazzo, si proclamò imperatore. Quando poco dopo morì Tarasio, il
nuovo basileus fece eleggere patriarca di Costantinopoli un alto
funzionario imperiale, anch’egli di nome Niceforo (758-828). In un sinodo da
lui convocato e presieduto, verso la metà dell’806, Niceforo reintegrò nel suo
ufficio l’egumeno Giuseppe, deposto da Tarasio. Teodoro, divenuto capo della
comunità monastica dello Studios, per il ritiro di Platone a vita di recluso,
protestò vivamente contro la riabilitazione del prete Giuseppe e, quando
quest’ultimo riprese a svolgere il ministero sacerdotale, ruppe la comunione
anche con il nuovo patriarca.
La reazione non tardò. Lo Studios venne occupato militarmente,
Platone, Teodoro e il fratello Giuseppe, arcivescovo di Tessalonica, vennero
arrestati, condannati ed esiliati. Nell’808 l’imperatore convocò un altro
sinodo che si riunì nel gennaio 809. Fu quello che, in una lettera dell’809 al
monaco Arsenio, Teodoro definisce “moechosynodus”, il “Sinodo
dell’adulterio” (Epist. I, n. 38, PG 99, coll. 1041-1042c). Il Sinodo
dei vescovi riconobbe la legittimità del secondo matrimonio di Costantino,
confermò la riabilitazione dell’egumene Giuseppe e anatemizzò Teodoro, Platone
e il fratello Giuseppe, che fu deposto dalla sua carica di arcivescovo di
Tessalonica. Per giustificare il divorzio dell’imperatore, il Sinodo utilizzava
il principio della “economia dei santi” (tolleranza nella prassi). Ma per
Teodoro nessun motivo poteva giustificare la trasgressione di una legge divina.
Richiamandosi all’insegnamento di san Basilio, di san Gregorio di Nazianzo e di
san Giovanni Crisostomo, egli dichiarò priva di fondamento scritturale la
disciplina dell’“economia dei santi”, secondo cui in alcune circostanze si
poteva tollerare un male minore – come in questo caso il matrimonio adulterino
dell’imperatore.
Qualche anno dopo l’imperatore Niceforo morì nella guerra contro i
Bulgari (25 luglio 811) e salì al trono un altro funzionario imperiale, Michele
I. Il nuovo basileus richiamò dall’esilio Teodoro, che divenne il suo
consigliere più ascoltato. Ma la pace fu di breve durata. Nell’estate dell’813,
i Bulgari inflissero a Michele I una gravissima sconfitta presso Adrianopoli e
l’esercito proclamò imperatore il capo degli Anatolici, Leone V, detto l’Armeno
(775-820). Quando Leone depose il patriarca Niceforo e fece condannare il culto
delle immagini, Teodoro assunse la guida della resistenza contro
l’iconoclastia. Teodoro infatti si distinse nella storia della Chiesa non solo
come l’oppositore al “Sinodo dell’adulterio”, ma anche come uno dei grandi
difensori delle sacre immagini durante la seconda fase dell’iconoclasmo. Così
la domenica delle Palme dell’815 si poté assistere ad una processione dei mille
monaci dello Studios che all’interno del loro monastero, ma bene in vista,
portavano le sante icone, al canto di solenni acclamazioni in loro onore. La
processione dei monaci dello Studios scatenò la reazione della polizia.
Tra l’815 e l’821, Teodoro fu flagellato, incarcerato ed esiliato in diversi
luoghi dell’Asia Minore. Alla fine poté tornare a Costantinopoli, ma non nel
proprio monastero. Egli allora si stabilì con i suoi monaci dall’altra parte
del Bosforo, a Prinkipo, dove morì l’11 novembre 826.
Il “non licet” (Mt 14, 3-11) che san Giovanni
Battista oppose al tetrarca Erode, per il suo adulterio, risuonò più volte
nella storia della Chiesa. San Teodoro Studita, un semplice religioso che osò
sfidare il potere imperiale e le gerarchie ecclesiastiche del tempo, può essere
considerato uno dei protettori celesti di chi, anche oggi, di fronte alle
minacce di cambiamento della prassi cattolica sul matrimonio, ha il coraggio di
ripetere un inflessibile non licet.
Fonte: Corrispondenza romana, 26.8.2015
Fonte: Corrispondenza romana, 26.8.2015
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