Già ha fatto senso,
agli inizi di questo mese, leggere le sconcertanti affermazioni, sempre dell’autoqualificatosi
priore di Bose, rag. Enzo Bianchi, circa la Vergine Maria, che cioè «il
modello di Maria, vergine e madre, … non può essere il riferimento per una
promozione della donna nella chiesa» e che sarebbe stata la moda (sic!)
ad insinuare la convinzione che Maria sia più importante di San Pietro o di
altri apostoli e che, anzi quest’«idea insipiente [sarebbe] come dire
che la ruota in un carro è più importante del volano» (v. qui e qui). Eppure
la Vergine è Regina Apostolorum e Madre della Chiesa! Non a caso, queste
parole hanno suscitato ampie reazioni, che hanno fatto legittimamente porsi l’interrogativo
se il rag. Bianchi non abbia gettato la maschera circa la sua sostanziale non
cattolicità (v. qui e qui).
Non contento, lo
stesso personaggio è tornato con nuove parole a destare scandalo nella Chiesa e
cioè che Cristo non condannerebbe l’omosessualità.
Rilancio pertanto la
confutazione di queste parole al sempre meritevole Chiesa e postconcilio
da noi seguito assiduamente.
È falso dire che NS
Gesù Cristo non ha condannato l’omosessualità - I Vangeli dimostrano
esattamente il contrario
Giorni fa eravamo
stati costretti a leggere le seguenti dichiarazioni di Enzo Bianchi, il
sedicente "priore" nominato, dal papa regnante, consultore al
Pontificio Consiglio per L'Unità dei Cristiani, molto gettonato in ogni occasione
formativa nella maggior parte delle diocesi d'Italia :
«se Cristo nel Vangelo parla del matrimonio come unione indissolubile nulla dice in merito all’omosessualità. L’onestà, quindi, ci obbliga ad ammettere l’enigma, a lasciare il quesito senza una risposta. Su questo, io vorrei una Chiesa che, non potendo pronunciarsi, preferisca tacere. Che la Chiesa faccia il matrimonio per persone dello stesso sesso – ha concluso – è una cosa senza senso. Tuttavia, se lo Stato decide di regolarizzare una realtà affettiva, lasciamo fare, applicando la misericordia come vuole il Vangelo, non come la vogliamo noi». [Fonte]
Paolo Pasqualucci,
che ringrazio di cuore, non poteva mancare di farci avere le sue
puntualizzazioni.
È falso dire che NS
Gesù Cristo non ha condannato l’omosessualitàI Vangeli dimostrano esattamente il contrario
L’assordante
propaganda omosessualista e omofila, sostenuta da tutti i grandi mezzi
d’informazione, in crescendo nell'imminenza del Sinodo sulla Famiglia del 5
ottobre p.v., continua a ripetere a beneficio dei cattolici un vieto ritornello
e cioè che Gesù Cristo non avrebbe mai parlato dell’omosessualità, ragion per
cui la sua condanna non si potrebbe reperire nei Vangeli ma solo nelle Lettere
apostoliche, segnatamente in quelle di san Paolo. Come se questo, annoto,
facesse la differenza! Le Epistole paoline non vengono lette durante la Messa
come “Parola di Dio”, allo stesso modo dei Vangeli? Ma prescindiamo da questa
scorretta separazione tra le varie parti del corpo neotestamentario, del tutto
inaccettabile, spiegabile solo alla luce della miscredenza attuale, che vuole
escludere di fatto l’insegnamento di san Paolo dalla Rivelazione con
l’argomento singolare che egli dettava norme e concetti validi solo per il
proprio tempo!
Ciò che la propaganda omofila vuole insinuare a proposito
dei Vangeli, è parimenti assurdo: non avendovi il Cristo mai nominato
esplicitamente l’omosessualità, non la si dovrebbe ritener da Lui condannata!
La fornicazione e l’adulterio li ha condannati apertamente mentre la sodomia e
affini (che sono fornicazione contro natura) li avrebbe invece assolti con il
suo (supposto) silenzio? Ma ci rendiamo conto delle castronerie che vengono
oggi propinate alle masse, peraltro ben felici di esser ingannate, a quanto
pare?
Dove si trova, nei
Vangeli, la condanna dell’omosessualità da parte di Nostro Signore? In maniera
diretta tutte le volte che Egli porta ad esempio il destino toccato a Sodoma come
condanna esemplare del peccato; in maniera indiretta in un passo nel quale
elenca i vizi e peccati che ci mandano in perdizione.
1. La
distruzione di Sodoma e Gomorra citata tre volte da Gesù come esempio di
punizione esemplare di chi si ostina nel peccato: Mt 10, 15; 11, 24;
Lc 10, 12; 17, 29.
Vangelo di san Matteo
Nel dare le
istruzioni ai Dodici Apostoli mandati per la prima volta a predicare e
convertire i peccatori, il Verbo incarnato disse, a proposito di coloro che si
fossero rifiutati di riceverli o ascoltarli:
“In verità vi dico: nel giorno del Giudizio il paese di Sodoma e Gomorra sarà trattato meno severamente di quella città” (Mt 10, 15).
Il concetto fu da Lui
ribadito poco dopo. Di fronte ai discepoli di Giovanni Battista, Egli fece
l’elogio del Battista per passare poi a rampognare l’incredulità di “questa
generazione”, concludendo con un durissimo rimprovero alle città impenitenti,
che non avevano voluto pentirsi, nonostante i miracoli che Egli vi aveva fatto.
“Guai a te, Corazin! Guai a te, Betsaida! Perchè se a Tiro e a Sidone fossero avvenuti i miracoli compiuti in mezzo a voi, già da gran tempo avrebbero fatto penitenza cinti di cilicio e ricoperti di cenere. Perciò vi dico: nel giorno del Giudizio Tiro e Sidone sarano trattate meno severamente di voi. E tu Cafarnao, sarai esaltata sino al cielo? Tu discenderai all’inferno: perchè se in Sodoma fossero avvenuti i miracoli operati in te, oggi ancora sussisterebbe. E però vi dico, che nel giorno del giudizio il paese di Sodoma sarà trattato meno duramente di te” (Mt 11, 21-24).
Il parallelo con le
antiche città pagane ha lo scopo di mettere nel massimo rilievo la gravità del
peccato delle città ebraiche, che avevano rifiutato la “conversione” pur avendo
visto i miracoli operati da Nostro Signore. Avevano peccato nella fede, contro
lo Spirito Santo, possiamo dire. Tiro, Sidone, Sodoma, Gomorra erano diventate
per gli Ebrei simboli della corruzione del mondo pagano, privo del vero Dio e
nell’ignoranza della Salvezza. Ma questo non si poteva dire degli Ebrei,
ragion per cui il loro peccato era più grave: più grave degli abomini carnali
dei pagani era la loro incredibile mancanza di fede.
Per quanto riguarda
Sodoma e il suo particolare peccato: nel giorno del Giudizio essa sarà trattata
“meno duramente” delle città ebraiche impenitenti ma non sarà certamente assolta.
Anzi, proprio la condanna di Sodoma serve da punto di riferimento, da metro di
giudizio per determinare la gravità di un peccato e quindi per affermare che
l’incredulità degli Ebrei è addirittura più grave di un peccato così grave come
quello di Sodoma e Gomorra, di “Tiro e Sidone” in quanto ad esso assimilabile:
la corruzione dei costumi spinta sino alla ribellione contro la legge naturale
stabilita da Dio, in odio a Dio.
Il carattere
esemplare del peccato e della condanna di Sodoma erano già ben presenti nella
tradizione profetica. Li ritroviamo nel libro di Ezechiele.
Dio ammonisce Israele
per i suoi tradimenti e le sue “abominazioni idolatriche”, tramite la voce dei
Profeti. Nel libro di Ezechiele già compare il parallelo tra le colpe di Gerusalemme
e quelle dei pagani, utilizzato anche da Nostro Signore: le colpe di
Gerusalemme verso Dio sono più gravi di quelle dei pagani, pur di per sé
gravissime. Gerusalemme ha, infatti, avuto la Rivelazione, al contrario dei
pagani.
“Com’è vero che io vivo, dice il Signore Dio, tua sorella Sodoma e le sue figlie [le città dipendenti] non furono sì perverse come te e le figlie tue. Ecco, questa fu la colpa di Sodoma, tua sorella e delle sue figlie: superbia, sovrabbondanza di cibo e pigrizia: non aiutavano il povero e l’indigente; ma insuperbirono e fecero ciò ch’è abominevole davanti a me: per questo io le distrussi non appena vidi la loro condotta” (Ez 16, 48-50).
Sodoma è rappresentata
qui dal profeta come “sorella” nella colpa di Gerusalemme, “adultera” nella
fede. La punizione di Sodoma sarà anche quella di Gerusalemme colpevole, ed anzi
ancor più colpevole; sarà la punizione inferta alle “adultere e omicide” (ivi,
38). Il profeta, ispirato da Dio, descrive la colpa di Sodoma: la superbia
innanzitutto, nutrita dal benessere materiale, che comportava pigrizia e
disprezzo per “il povero e l’indigente”. L’ozio prodotto dal benessere è il
padre dei vizi, come si suol dire. E alla base della ribellione contro la legge
divina e naturale nei rapporti sessuali c’è la superbia e la mancanza di
giustizia: “insuperbirono e fecero ciò ch’è abominevole davanti a me”. Un gran
benessere materiale, il narcisismo e la superbia all’origine dell’omosessualità.
Dal narcisismo e dalla superbia la ribellione contro Dio e le sue leggi. Tutto
ciò lo vediamo riprodursi oggi, nelle nostre sventurate società, e in molti
casi con la complicità dello Stato.
Vangelo di san Luca
Luca riporta
l’invettiva di cui a Mt 11, 21-24, in modo quasi identico, aggiungendovi un
illuminante commento del Signore stesso.
“Io vi dico che, nel gran giorno [del Giudizio], Sodoma sarà trattata meno rigorosamente di quella città [dove non vi avranno accolti]. Guai a te , Corazin!, guai a te, Betsaida! […] E tu Cafarnao, sarai forse elevata fino al cielo? Tu sarai precipitata sino all’inferno! Chi ascolta voi, ascolta me, e chi disprezza voi, disprezza me. Chi disprezza me, disprezza colui che mi ha mandato” (Lc 10, 12-15).
Ma Nostro Signore
nominò di nuovo Sodoma nelle profezie sugli ultimi tempi, che avrebbero visto
il ritorno del Figlio dell’uomo, predetto quale avvenimento improvviso e fulminante,
che non avrebbe lasciato scampo a nessuno.
“E come avvenne al tempo di Noè, così avverrà al tempo del Figlio dell’uomo: mangiavano e bevevano, si sposavano e facevano sposare i propri figliuoli, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca; ma venne il diluvio e li fece tutti perire. Altrettanto avvenne al tempo di Lot: mangiavano e bevevano, compravano e vendevano, piantavano e costruivano; ma il giorno in cui Lot uscì da Sodoma, Dio fece piovere fuoco e zolfo dal cielo e fece perire tutti”. (Lc 17, 26-29).
Continuando nella
profezia, Nostro Signore aggiunse:
“Lo stesso avverrà nel giorno in cui il Figlio dell’uomo dovrà apparire”. In quel giorno nessuno dovrà voltarsi indietro, non gli sarà consentito: “Ricordatevi della moglie di Lot! Chi cercherà di salvare la sua vita, la perderà; e chi la perderà, la conserverà” (ivi, 30-32).
Il Diluvio e la fine
di Sodoma sono dunque proposti più volte da Nostro Signore quali esempi della
giustizia divina, esempi classici, si potrebbe dire, nella cultura e nella
mentalità ebraiche. Ciò significa che Egli approvava quelle condanne e quei
castighi; riteneva giusto che l’umanità fosse punita per i suoi peccati nel
modo che Dio ritenesse opportuno, a seconda della loro gravità. Riteneva quindi
giusto che il peccato contro natura dei sodomiti fosse stato punito col fuoco e
lo zolfo caduti subitaneamente dal cielo. Si noti la sfumatura: ricorda che al
tempo di Noè gli uomini, tra le altre cose, “si sposavano e facevano sposare i
propri figli”; al tempo di Lot invece, cioè a Sodoma e Gomorra, tra le loro
molteplici attività (“piantavano e costruivano”) mancava ovviamente il costruir
famiglie, lo sposarsi e far figli secondo natura, realtà dalle quali i sodomiti
(omosessuali e lesbiche) si escludono a priori, perché da loro detestate.
Riscontrato tutto ciò
sui Sacri Testi, come si fa a dire che Gesù non ha mai parlato
dell’omosessualità e quindi non l’ha (per ciò stesso) mai condannata? Nella più
perfetta tradizione ebraica, ha portato o no più volte a monito, approvandola,
la condanna di Sodoma quale esempio di condanna divina esemplare dei peccati
gravi e ostinati di un’intera comunità? E ciò non basta a dimostrare che Egli
ha condannato l’omosessualità e la conseguente falsità radicale della tesi
degli omofili? Che altro doveva dire? Aveva forse bisogno di fare tanti
discorsi per condannare il peccato e un peccato come quello? Invece di cercare
di falsare il senso autentico delle Sacre Scritture, i propagandisti e
sostenitori a vario livello della presente, terrificante deriva omosessualista
(attivi purtroppo anche nella Gerarchia!), non farebbero meglio a meditare le
parole stesse di Nostro Signore sul giusto castigo di Sodoma sventurata?
Sembrava ai depravati che tutto dovesse continuare in eterno come prima,
immersi nel benessere, nelle loro intense attività e nei loro vizi, ma improvvisamente
un giorno, “il giorno in cui Lot uscì da Sodoma, Dio fece piovere fuoco e zolfo
dal cielo e fece perire tutti”. Senza preavviso fece perire tutti di una morte
orribile, tutti inceneriti in un batter d’occhio, come i poveri giapponesi a
Hiroshima e Nagasaki, peraltro vittime innocenti della crudeltà della guerra.
Anzi, peggio, perché in Giappone ci furono dei superstiti e la vita è tornata
nelle città ricostruite. A Sodoma e Gomorra, invece, non si è salvato nessuno e
il luogo, inizialmente fertilissimo, è da allora un tetro e spettrale deserto
di sale, acqua salmastra e bitume. Se si continuerà ad offendere gravemente
Dio, come a Sodoma, andrà a finire anche per noi come a Sodoma, quale che sia
la forma specifica del castigo, se l’acqua o il fuoco o la terra, che si spalancherà
sotto di noi.
2. L’omosessualità
deve ritenersi inclusa da Gesù nella condanna di tutte le “fornicazioni” .
Polemizzando contro
il legalismo dei Farisei e la loro ossessione con le purificazioni rituali,
Gesù disse ai discepoli, che ancora non avevano afferrato adeguatamente il
concetto:
“Non capite che quanto entra per la bocca, passa nel ventre e va a finire nella latrina? Ma quel che esce dalla bocca viene dal cuore, ed è questo che contamina l’uomo; poiché dal cuore vengono i cattivi pensieri, gli omicidi, gli adulteri, le fornicazioni, i furti, le false testimonianze, le bestemmie: queste cose contaminano l’uomo, ma il mangiare senza lavarsi le mani non contamina l’uomo” (Mt 15, 17-20).
Egli distingue
nettamente tra “adulteri” (adulteria, moichetai) e
“fornicazioni” (fornicationes, porneiai).
L’adulterio è
l’infedeltà coniugale. E le fornicazioni? Evidentemente, tutti i rapporti
sessuali di persone non sposate. E quindi tutte le violazioni del Sesto
Comandamento, secondo natura e contro natura che siano. Anche l’adulterio è
“fornicazione”, però con aggiunto il peccato della violazione della fede
coniugale. Nell’adulterio ci sono due peccati in un unico atto.
Potrebbero le
“fornicazioni” qui menzionate dal Signore escludere quelle contro natura? Non
potrebbero, evidentemente: per la natura stessa del concetto, tale da impedire
di per sé simile eccezione. Inoltre, il termine porneia (scortatio, fornicatio),
che risale a Demostene ed è usato dai LXX, anche nel Nuovo Testamento indica
“ogni uso illegittimo della venere, compreso l’adulterio e l’incesto. In Mt 15,
19 si distingue dalla moicheia ossia dall’adulterio. Vedi
anche Mc 7, 21, [passo parallelo]”. E a riprova di tale impossibilità abbiamo
l’evidente approvazione manifestata (tre volte) da Gesù per la condanna di
Sodoma e Gomorra, rappresentate addirittura come esempio di grave peccato che
merita di esser colpito anche in questo mondo dall’ira divina, con tutta la sua
terribile potenza, quando un intero popolo vi si induri.
Lo scopo di
quest’articolo è solo quello di ricordare la condanna evidente e manifesta del
peccato di omosessualità da parte di Cristo, per sbarazzare il campo dalle
falsità pullulanti sulla nostra religione e ristabilire il vero. Per completezza
di documentazione, voglio ricordare che Sodoma e Gomorra sono rammentate anche nella
Seconda Lettera di san Pietro, allo stesso modo di Nostro Signore e con
ulteriori precisazioni, relative alla sopravvivenza e comunque alla salvezza
dell’anima dei giusti che siano costretti a vivere in una società dominata
dall’empietà.
“[…] se Dio condannò alla distruzione e ridusse in cenere le città di Sodoma e Gomorra, perché fossero di esempio a tutti gli empi futuri, e se liberò il giusto Lot, rattristato dalla condotta di quegli uomini senza freno nella loro dissolutezza – poiché quest’uomo, pur abitando in mezzo a loro, si manteneva giusto di fronte a tutto quello che vedeva ed ascoltava, nonostante che tormentassero ogni giorno la sua anima retta con opere nefande – il Signore sa liberare dalla prova gli uomini pii e riserbare gli empi per esser puniti nel giorno del Giudizio, specialmente quelli che seguono la carne nei suoi desideri immondi e disprezzano l’autorità. Audaci e arroganti, essi non temono d’insultare le glorie dei cieli, mentre gli stessi angeli ribelli, pur essendo superiori a costoro per forza e potenza, tuttavia non osano portare contro di esse un giudizio ingiurioso davanti al Signore” (2 Pt 2, 6-11).
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