Nella festa di san Matteo, Apostolo ed Evangelista, rilancio la traduzione italiana, ad opera di
Chiesa e postconcilio, di un interessante saggio comparso su LifeSite News.
Giuseppe Vermiglio, S. Matteo, 1630 circa, Azienda Ospedaliera, Melegnano |
Gerard J.M. van den Aardweg. “L’ispirazione omosessuale
soggiacente alla Relazione Provvisoria del Sinodo Episcopale sulla famiglia,
tenutosi nell’ottobre 2014”
Il Prof. Gerard J. M.
van den Aardweg è uno psicanalista olandese (di impostazione non freudiana) il
cui campo di ricerca è l’omosessualità. È l’autore di On the Origins and
Treatment of Homosexuality: A Psychoanalytic Reinterpretation (Sulle origini
e sul trattamento dell’omosessualità: una reinterpretazione psicoanalitica)
e The Battle for Normality: Self-Therapy for Homosexual Persons (La
battaglia per la normalità: autoterapia per le persone omosessuali). È
un’autorità mondiale nella cura delle persone omosessuali, visto come il fumo
negli occhi dalla lobby gay, ovviamente. Nei suoi precisi e documentati
interventi, ha ripetutamente dimostrato la totale infondatezza scientifica della
tesi dell’esistenza del “gene” dell’omosessualità. Merita certamente di essere
riprodotta qui una sua intervista, apparsa sul sito “LifeSite” il 3 marzo 2015. L’Autore vi critica pesantemente e
con grande franchezza di linguaggio la grave deriva omofila presente nella
Relazione Intermedia del Sinodo dell’anno scorso, dovuta come è noto ai soliti
noti. I suoi argomenti ci sembrano estremamente validi e sempre attuali, dal
momento che non si può affatto escludere il tentativo di riproporre le
“aperture” al vizio contronatura nel Sinodo del 2105, ormai imminente (pensiamo
alla recente, scandalosa intervista dell’erratico cardinale austriaco Christoph von
Schönborn, uno degli invitati pontifici al Sinodo, esaltante l’omosessualità,
in particolare quando si realizzi in una relazione stabile tra due “persone”!).
[Presentazione di
Paolo Pasqualucci. Traduzione a cura della nostra Redazione. Le frasi tra
parentesi quadre sono pure della Redazione.]
“L’ispirazione
omosessuale soggiacente alla Relazione Provvisoria del Sinodo Episcopale sulla
famiglia, tenutosi nell’ ottobre 2014”
di Gerard J.M. van den Aardweg
Con le loro affermazioni sugli omosessuali e
sull’omosessualità, i redattori della Relazione Provvisoria del Sinodo Vaticano
sulla famiglia di ottobre [2014] hanno deviato la pubblica attenzione
dall’argomento principale – l’urgenza di rafforzare il matrimonio cristiano e
la vita familiare – verso il tema completamente secondario dell’omosessualità.
L’effetto che le loro parole hanno provocato non deve averli sorpresi: è ben
nota, infatti, la prontezza con cui i media laici sfruttano ogni parola e gesto
delle autorità cattoliche in favore dell’ideologia della normalità
omosessuale,[i] utilizzandoli per premere sulla Chiesa affinché abbandoni le
sue resistenze ed accetti l’omosessualità nel modo che essi esigono. La
terribile verità è che i paragrafi della Relazione relativi all’omosessualità
non li ha affatto delusi, ferendo e confondendo invece molti cattolici e non
cattolici ordinari, comprese tante persone sinceramente cattoliche
che lottano contro tendenze omosessuali.
Leggiamo i paragrafi
50-52 della Relazione. Il numero 50 esordisce così: “Gli omosessuali hanno doni
e qualità da offrire alla comunità cristiana”. Se si cerca di dare un senso a
quest’affermazione (infatti, quale persona non è in grado di offrire “doni e
qualità”?), bisogna dedurne che le persone il cui desiderio sessuale è
orientato allo stesso sesso avrebbero dei “doni” speciali inerenti al loro
“orientamento”. Quali siano questi doni, non viene specificato.
Quest’affermazione gratuita ricorda gli stereotipi fabbricati dall’attivismo gay,
per esempio la presunzione secondo la quale gli uomini con orientamento
omosessuale sarebbero particolarmente sensibili, artistici, gentili; o quello
secondo cui molte figure importanti della storia e del mondo dell’arte
sarebbero state omosessuali (molte di esse in realtà non lo erano), come se
questo fosse un argomento a favore della valorizzazione del desiderio
omosessuale. Si tratta di un pensiero elitario (questo degli attivisti gay)
secondo il quale la “natura” omosessuale sarebbe qualcosa di speciale, e
l’omosessualità sarebbe superiore all’eterosessualità “ordinaria” (in modo
analogo, il pedofilo omosessuale André Gide ha esaltato il presunto valore
superiore della pedofilia omosessuale).
In realtà, non ci
sono ragioni per glorificare il talento e le imprese superiori delle persone
con tendenze omosessuali. Il fatto che un numero relativamente grande di esse
eserciti certe professioni ha a che vedere più con i loro interessi personali
che con le loro qualità naturali, e se da un lato molte di esse hanno
primeggiato o sono divenute famose (il che non è la stessa cosa), dall’altro ve
ne sono molte altre il cui talento è stato distorto da una disordinata vita
emotiva o da uno stile di vita irresponsabile, con grave danno delle loro
capacità professionali. I problemi di salute e mentali di molte persone che
praticano l’omosessualità costituiscono un problema sociale considerevole e in
costante aumento. Tuttavia, ancor più nociva è l’influenza degradante – tanto
dal punto di vista sociale che da quello morale – esercitata da quanti
praticano l’omosessualità (gli omosessuali “attivi”) nell’àmbito delle scienze
umane, della letteratura, della politica, dell’educazione e nelle chiese
cristiane. E la Chiesa non deve dimenticare che molti sacerdoti omosessuali
hanno avuto ben altro da “offrire alla comunità cristiana” che i loro “doni e
qualità”: la grande maggioranza delle loro vittime erano maschi adolescenti,
dai quali si sentono attratti non i pedofili ma più del 30% degli uomini adulti
omosessuali.[ii] Si stia quindi ben attenti a propagandare indiscriminatamente
“gli omosessuali” alla comunità cristiana [come un valore].
Inoltre, con queste
stesse prime parole del paragrafo 50, “gli omosessuali”, si introduce un
termine ambiguo e fuorviante, utilizzato anche nei paragrafi successivi. Chi
sono dunque questi “omosessuali” che l’autore ha in mente? Quali sono
esattamente i fedeli esortati a “fornir loro [...] uno spazio di comunione
nelle nostre comunità”, perché “gli omosessuali” vorrebbero “spesso trovare una
Chiesa che offra loro una casa accogliente” (n. 50)? C’è qui fra l’altro
un’accusa implicita: fino ad ora, “gli omosessuali” sarebbero stati più o meno
respinti dalle “nostre comunità” (quindi anche dalle parrocchie, dai monasteri,
dai seminari?); non gli sarebbero state offerte la “comunità”, la “casa” cui
aspiravano. In altre parole, non sarebbero i benvenuti e sarebbero stati
trattati in modo non cristiano; la parola a effetto “discriminazione” e la
rappresentazione degli “omosessuali” come vittime della condanna culturale e
religiosa – forme di propaganda immensamente efficace per il movimento dei
diritti gay – sono lì in agguato. È evidente di quale categoria di omosessuali
si parli in questa Relazione. Non di quelli che cercano di vivere castamente e
secondo la voce della loro coscienza (e che oggi sono una minoranza); non di
quelli aperti alla percezione del carattere contro natura e dell’immoralità dei
rapporti tra persone dello stesso sesso; non di quelli che cercano l’aiuto di
Dio, della preghiera e dei sacramenti nella loro battaglia psicologica e
spirituale.[iii] Non sono questi a volere uno “spazio di comunità” o una
“casa”: la Chiesa è gia la loro casa ed essi non desiderano affatto
esservi accettati come omosessuali. È impossibile trovare in questa categoria
qualcuno che si lamenti di non essere il benvenuto o di trovarsi respinto
[dalla Chiesa].
Ovviamente, la
Relazione si riferiva agli appartenenti all’altra categoria, la più vasta,
composta da quelli che vogliono condurre una vita omosessuale manifesta ed
esser ugualmente accettati: in poche parole, i “gay”. Ogni frase di
questi paragrafi della Relazione trasuda del loro modo di pensare, anche se non
in modo franco e aperto ma grazie ad insinuazioni e suggerimenti. Si consideri
il seguente passaggio: “Le nostre comunità sono capaci di [...] accettare e valorizzare
il loro orientamento sessuale?”. Ci si riferisce qui a coloro che si
vittimizzano e ne fanno un dramma perché i loro desideri non sono
“valorizzati”. Si tratta di una chiara eco del modo di parlare tipico dei gay,
ma la novità stavolta è che lo si trova in un documento della Chiesa cattolica
e di alto livello! Oltretutto, tale “orientamento” viene presentato quale
componente intrinseca e immutabile della personalità di un individuo o come sua
“natura”, non come il disturbo della personalità o del comportamento che
indubbiamente è (le prove scientifiche al riguardo abbondano [iv]); esattamente
come la pedofilia omosessuale ed eterosessuale, il transessualismo, il
travestitismo, etc. – o la femminizzazione compulsiva, a dirla tutta. E questo
suggerimento rafforza, invece di refutare, la falsa opinione secondo cui tale
orientamento sarebbe “genetico”, o fisiologico, o situato nel cervello, e
avremmo semplicemente a che fare con una variante normale della sessualità
umana.[v]
Anche il tono
moraleggiante della Relazione contro “le nostre comunità” ha un’impronta
tipicamente gay, perché l’insegnamento della bontà – del valore –
dell’“orientamento omosessuale” combinato con il dovere morale di accettare e
valorizzare le persone apertamente gay al loro interno, viene imposto al 98%
dei fedeli senza che vi sia alcuna considerazione della loro naturale e normale
avversione a tale valorizzazione (che probabilmente i redattori della Relazione
etichetterebbero come “omofobia”). Non si comprende, evidentemente, che
quest’imposizione forzata renderà tese le relazioni normali all’interno di
queste comunità e allontanerà certamente dai loro rispettivi àmbiti
religiosi (chiese o seminari che siano) quei tanti che seguono gli impulsi
innati e naturali del senso comune. Siffatta cecità proviene dal caratteristico
spirito naïf e dall’autoreferenzialità dei gay, cui si aggiunge mancanza di
interesse e comprensione per i sentimenti degli uomini e delle donne che
non hanno problemi in questo campo, mancanza tipica della mentalità gay.
Ovviamente, non si
può predicare allo stesso tempo il “valore” delle tendenze omosessuali e il
dovere di vivere castamente. Indirettamente, la relazione giustifica certe
forme di comportamento omosessuale, forse credendo in modo irrealistico che
alcune forme di relazione tra persone dello stesso sesso possano trovarsi sullo
stesso piano del normale matrimonio e di un amore reciproco genuino e durevole.
Una rigida proibizione di correggere un desiderio (“orientamento”) che si
presume degno e apprezzabile, e che oltretutto dovrebbe esser in ipotesi ben
accolto dalle comunità religiose (parrocchie, seminari, etc.), sarebbe
evidentemente assurda. Anche la seguente affermazione testimonia la natura
torbida del pensiero soggiacente alla Relazione: “[è necessaria] una seria
riflessione su come identificare [...] approcci per la crescita affettiva [di
persone con questa tendenza] [...] e per la loro maturazione nel Vangelo, integrando
il lato sessuale [...]” (par. 51). L’“integrazione del lato sessuale” è
espressione che significa questo, in genere: “farne un componente di”. Nel
nostro caso ciò significherebbe “farne un componente della maturazione nel
Vangelo”!
È superfluo ricordare
che il cammino verso la santità – come anche, più semplicemente, quello verso
la maturazione affettiva – richiede di combattere contro qualsiasi tendenza
omosessuale. Render partecipi il comportamento, il sentimento o l’“amore”
omosessuale alla battaglia per la santità è nient’altro che un’invenzione
gnostica. Piuttosto, sarebbe stato opportuno scrivere il contrario: sono in
particolar modo le persone che soffrono le tentazioni della carne a dover
essere incoraggiate ad esercitare la virtù della castità [la battaglia è quindi
contro di loro]. Si sarebbe allora dovuta pronunciare qualche parola d’elogio
nei confronti dell’organizzazione cattolicaCourage e di tutti
quelli che si sforzano di vivere in armonia con l’autentica dottrina morale
cattolica. Dichiarare nella Relazione che “la dottrina cattolica sulla famiglia
e sul matrimonio” non dev’essere compromessa (par. 50), o che “la Chiesa
afferma che le unioni tra persone dello stesso sesso non possono essere
considerate sullo stesso livello del matrimonio tra l’uomo e la donna” (par.
51) può suonare come un linguaggio pio, ma non lo è affatto: è anzi
scandaloso che gli autori osino insinuare che il Corpo Mistico di Cristo sia
aperto a qualsiasi considerazione positiva nei confronti delle relazioni omosessuali
(convivenza gay, “matrimonio” gay). L’attribuzione di uno status superiore al
vero matrimonio non diminuisce questa vergogna. Le dissacranti coppie gay sono
uno scimmiottamento del santo matrimonio, tanto dal punto di vista biologico
che da quello psicologico e morale. È una folie à deux, vale a dire
una patologia psico-spirituale condivisa da due persone. Non esistono relazioni
gay psicologicamente normali, nemmeno nei casi eccezionali in cui esse durino
più di un paio d’anni, nel caso degli uomini, o qualche anno in più, nel caso
delle donne. Tra queste persone la promiscuità è oltre i limiti così come lo
sono le gelosie a livello patologico, i litigi, i conflitti, la violenza
domestica. Ogni analogia col matrimonio esiste solo nella fantasia di quanti
ignorano o vogliono ignorare la realtà.[vi]
Eppure, la Relazione
Provvisoria ribadisce: “Pur senza negare i problemi morali legati alle unioni
omosessuali, esistono casi in cui la reciproca assistenza, che si spinge fino
al livello del sacrificio, è un apprezzabile supporto nella vita di queste
persone” (par. 52). Quindi, anche se un affair o un vincolo
gay non può rivendicare un valore pari a quello del normale matrimonio, esso
sarebbe comunque a volte un’“unione” nobile e un sacrificio di sé [È la tesi
delirante del card. Schönborn]. Non sarebbe questo per caso un argomento sufficiente
per l’approvazione delle relazioni tra persone dello stesso sesso in
determinate circostanze? Ma ciò equivarrebbe a cercare di aprire una
breccia nella norma tollerandone le eccezioni (sotto strette condizioni, dopo
una considerazione attenta, e così via, ovviamente). È ben noto, tuttavia, che
quando si pratica un buco in una diga, prima o poi essa crollerà.
Infine, che pensare
di questa affermazione del par. 52 della Relazione: “[...] la Chiesa presta
un’attenzione speciale ai [...] figli che vivono con coppie dello stesso sesso
e sottolinea che le necessità e i diritti dei piccoli devono avere sempre la priorità”?
Priorità su che cosa? L’unica risposta accettabile, dettata dalla compassione
umana, dal buon senso e dalla morale cristiana, è: priorità nei confronti
delle rivendicazioni egoistiche degli adulti omosessuali conviventi (finché lo
sono), i quali violano in tal modo la necessità, il bisogno e il diritto dei
figli di essere educati da un padre e da una madre. Questo vale tanto per i
figli che vivono con la loro madre o col loro padre e con il partner
omosessuale di uno dei due come per i figli adottivi con “genitori” gay. Gli
autori della Relazione danno l’impressione di accettare in linea di principio
queste pseudo-famiglie e la pratica dell’adozione gay. Ad ogni modo, essi
si esimono vergognosamente dal denunciare senza ambiguità questa barbarie moderna,
di sacrificare in massa figli e adolescenti innocenti e indifesi sull’altare
dell’ideologia gay. Questi bambini vengono emotivamente, caratteriologicamente
e moralmente vulnerati per sempre [vii]; le parole zuccherine sul “prestare
attenzione alle esigenze dei piccoli” non suppliscono al dovere di parlare
apertamente contro questa ingiustizia, che grida vendetta al Cielo. L’urgenza
della questione è dimostrata, tra le altre cose, dall’aumento esponenziale di
adozioni da parte di gay e lesbiche negli Stati Uniti: tra il 2001 e il 2011 il
loro numero è quasi triplicato, e nell’ultimo anno ha superato i 32.000
casi.[viii] Bisogna ricordare che molti di questi figli e adolescenti
(anche loro appartengono alla categoria dei “piccoli” che subiscono violenza)
sono già traumatizzati dal divorzio dei loro genitori o da altre esperienze
scioccanti prima di essere affidati in custodia a una coppia gay ed esposti
così al suo esempio, perturbante e depravato.
Questa Relazione
Sinodale Provvisoria ha sollevato molti dubbi e provocato sconforto. Forse le
persone che sono rimaste più turbate sono proprio quelle che sentono attrazione
verso lo stesso sesso, insieme ai genitori, gli sposi e i familiari di
omosessuali “attivi”. Queste persone si sentono abbandonate, hanno la
sensazione che gli venga tolto il tappeto da sotto i piedi. Solo un esempio: un
uomo convertito al cattolicesimo che aveva quasi del tutto vinto le sue
tendenze omosessuali, si è sentito indignato ed oltremodo deluso: “Sono sempre
stato cosciente del fatto che essere gay non è una cosa sana. Tuttavia mi
sentivo depresso e completamente isolato poiché ogni giorno tutte le persone
che mi circondavano cantavano le lodi della vita gay. Solo la Chiesa cattolica
era un faro di speranza per me, ma adesso... a quanto pare mi posso rivolgere
solo a Putin!”.
Una comprensione
realistica di quello che sta succedendo nella Chiesa può costituire un
importante passo in avanti per il recupero della fiducia nella dottrina morale
cattolica e nella percezione infallibile e universale dell’innato senso morale
dell’uomo sul carattere innaturale, impuro dei comportamenti omosessuali e
pedofili. Com’è possibile che sia stato dato libero sfogo all’ispirazione
omosessuale in un documento ecclesiastico di alto livello sulla famiglia, e in
un contesto in cui, non molto tempo fa, la “sodomia” veniva condannata
ufficialmente come uno dei quattro peccati gravi che “gridano vendetta al
Cielo”? Non possiamo e non dobbiamo sorvolare sulla realtà rivelatasi ai nostri
occhi: i cattolici che cercano di vivere in conformità con la legge divina
sulla sessualità e sul matrimonio sono ormai una (esigua?) minoranza. Da quando
i cattolici si sono associati al Secolo nell’adottare i metodi e la mentalità
contraccettivi (negli anni ’60), la loro sensibilità nei confronti della
santità della sessualità e del matrimonio e la loro volontà di cercare la volontà
di Dio in materia si sono sempre più attenuate. Una conseguenza di ciò è
l’incremento dell’accettazione delle relazioni omosessuali e del matrimonio
“gay”, come confermano statistiche recenti sui cattolici statunitensi. [ix]
Nello stesso tempo, molti sacerdoti e prelati sono stati più o meno infettati
dallo stesso atteggiamento. In questa atmosfera la “lobby gay” all’interno
della Chiesa può continuare nelle sue attività.
Ma la comprensione
più profonda della situazione, così come una guida salda al ristabilimento
dell’ordine, ci viene da quel Papa che questo stesso Sinodo ha esaltato nella
sua parte finale – non per caso, possiamo esserne certi. Già quarant’anni fa il
Beato Paolo VI richiamò l’attenzione sul “fumo di satana” che era entrato nella
Chiesa, e allo stesso tempo assicurò ai suoi ascoltatori, durante un’udienza
generale, che quando egli affermò che “una delle più grandi necessità della
Chiesa di oggi è quella di difendersi da quel male che è chiamato il diavolo”,
le sue parole non erano affatto “superstiziose o irreali”. “La gente di oggi
[...] si lascia catturare da seduzioni ideologiche di errori alla moda, fessure
tramite le quali il diavolo può facilmente penetrare e lavorare nella mente
umana”. L’attività diabolica si manifesta, tra l’altro, “laddove si affermano
menzogne ipocrite e lampanti”; Paolo VI enfatizzò il fatto che satana è
“un’entità effettivamente agente, un essere vivente, spirituale, perverso e
pervertitore”. [x]
Non è difficile
riconoscere l’impronta del demonio nell’ideologia gay, comprendere che essa è
farina del sacco di satana. Nell’omosessualità (e nella pedofilia omosessuale)
il disegno di Dio sul matrimonio e sulla procreazione viene rovesciato,
“pervertito”. Le affermazioni tradizionali dell’ideologia gay (si nasce in quel
modo, il nucleo identitario di una persona è gay, è immutabile, le “unioni” gay
sono belle e inoffensive, i genitori gay sono un beneficio per i figli...) sono
“lampanti menzogne” che hanno l’obiettivo di “pervertire” gli individui in
difficoltà, la società e i cristiani. E le omelie pro-gay ai fedeli, le parole
zuccherine e il sentimentalismo melenso rivelano certamente “ipocrisia”. D’altro
canto, la medicina del Beato Papa Paolo consiste nel risoluto rifiuto di
compromessi con le demoniache suggestioni pro-gay, in un fermo “vade retro,
satana,” per così dire, che procede all’unisono con l’ insegnamento della Humanae
Vitae: rifiutarle “con umile fermezza” e senza paura di fare del cattolicesimo
“un segno di contraddizione” (par. 18).
Note
(i) Raccomando
vivamente il libro ben documentato e ricco di informazioni di Robert R. Reilly,Making
Gay Okay: How Rationalizing Homosexual Behavior Is Changing Everything. San
Francisco: Ignatius, 2014.
(ii) Fitzgibbons, R. &
O’Leary, D. Sexual Abuse of Minors by Catholic Clergy. The Linacre
Quarterly, 2011, 78, 3, 252-273.
(iii) van den Aardweg, G.J.M. The
Battle For Normality: A Guide For (Self-)Therapy of Homosexuality. San Francisco: Ignatius, 1997.
(iv) Sondaggio per
provare che l’omosessualità è un disturbo psicologico: van den Aardweg, G.J.M.
On The Psychogenesis of Homosexuality. The Linacre Quarterly, 2011,
78, 3, 330-354.
(v) Sondaggio sulle “prove
biologiche” dell’omosessualità: Whitehead, N.E. & Whitehead, B.K. My Genes
Made Me Do It!: Homosexuality And The Scientific Evidence. Belmont, Lower Hutt
(New Zealand): Whitehead Associates, 2010.
(vi) Vedi nota n. iv. [Promiscuità, promiscuity,
nel senso oggi prevalente nel mondo anglosassone: stile di vita nel quale
prevalgono le relazioni sessuali non solo al di fuori del matrimonio ma
persino della semplice convivenza. Lo stile di vita “promiscuo” è appunto
quello della Rivoluzione Sessuale dei nostri giorni].
(vii) Lo studio più completo
sugli effetti a lungo termine dell’avere “genitori” gay: Regnerus, M. How
Different Are the Adult Children of Parents Who Have Same-sex Relationships?
Findings from the New Family Structure Study. Social Science Research,
2012, 41, 752-770. È molto istruttiva
l’autobiografia di Dawn Stefanowicz, figlia di un padre omosessuale praticante: Out
From Under: The Impact Of Homosexual Parenting. Enumclaw
WA: Annotation Press, 2007.
(viii) Census Data Analysis del
Williams Institute, UCLA School of Law. Los Angeles Times, October
2011.
(ix) Sullins, D.P. American
Catholics and Same-Sex “Marriage”. The Catholic Social Science Review,
2010, 15, 97-123.
(x) Beato Papa Paolo
VI, udienza generale 11.15.1972. Osservatore Romano.
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