Oggi festeggiamo il duca di Gandia e marchese di Lombay, Francisco de Borja, che appare nei fasti della Chiesa, diffondente il profumo dell’umiltà, dello zelo e della povertà evangelica. Francesco, infatti, quarto duca di Gandia, nacque da
Giovanni de’ Borgia e Giovanna d’Aragona, figlia minore di Ferdinando il Cattolico.
Fin dall’infanzia ebbe sentimenti d’innocenza e di pietà. Ancora più ammirabili
furono però gli esempi di virtù cristiana e di austerità che diede in seguito
dapprima presso la corte dell’imperatore Carlo V e più tardi, nel 1539, come
viceré di Catalogna. Colpito dall’orazione funebre di S. Giovanni d’Avila, oggi
dottore della Chiesa, per la morte dell’imperatrice Isabella d’Aviz (+ 1°
maggio 1539) per le complicazioni del suo ultimo parto (quello dell’infante
Filippo II) e rimasto impressionato dai rapidi cambiamenti subiti dal corpo e
dal bel volto dell’imperatrice defunta, di cui aveva dovuto accompagnare il
feretro a Grenada perché fosse sepolta nelle tombe reali (Capilla Real de
Granada), comprese la fragilità delle realtà umane e come egli non potesse
non servire se non l’unico Re dei re, l’unico davvero incorruttibile: He
traído el cuerpo de nuestra Señora en rigurosa custodia desde Toledo a Granada,
pero jurar que es ella misma, cuya belleza tanto me admiraba, no me atrevo.
[...]
Sí, lo juro (reconocerla), pero juro también no más servir a señor que se me
pueda morir (Juan Eusebio Nieremberg,
Sant’Alfonso
M. de’ Liguori, Via della salute e opuscoli affini, in Oreste Gregorio
(a cura di), Opere ascetiche, vol X, Roma 1968, p. 18, nota 7).
José Moreno Carbonero, La conversione del Duca di Gandia (S. Francesco Borgia), 1884, Museo del Prado, Madrid |
Paolo de Matteis, S. Francesco Borgia dinanzi al corpo dell'imperatrice Isabella, 1693 circa, collezione privata |
Per questo, alla morte della moglie, Eleonora de
Castro, nel 1546, poté entrare, nel 1548, nella Compagnia di Gesù, sebbene
rimanesse ancora nel mondo per assolvere i suoi doveri di genitore nei
confronti degli otto figli. Finalmente, nel 1550, raggiunta Roma, poté essere
ordinato sacerdote e lì divenne uno dei principali collaboratori di S. Ignazio
di Loyola.
Alla scuola del Fondatore dei Gesuiti, Francesco portò
molto in alto il sentimento della sua bassezza e, mentre Dio si compiaceva
affidargli la direzione suprema della giovane Compagnia di Gesù, onorandolo
davanti ai principi ed ai pontefici di cui fu sempre una sorta di oracolo, egli
aveva una così vile opinione di se stesso che si stimava la feccia dell’umanità.
Si racconta che, passando la notte in una locanda, il suo compagno di viaggio,
padre Bartolomé Bustamante (1492-1570), provinciale
gesuita dell’Andalusia, che era sofferente di asma, non cessò, per tutta la
notte, di tossire e, pensando di sputare verso la parete, sputava, invece, sul
letto di Francesco e qualche volta anche sul suo volto; questi non pronunciò
tuttavia una parola né cambiò posto, stimando che in quella stanza non c’era
luogo più vile per lui dove potesse coricarsi. Fattosi giorno ed accortosi di
questo, il padre Bustamante se ne doleva, ma Francesco gli rispose: “No, padre mio, non ti affliggere di ciò,
perché certamente in tutta questa stanza non v’era luogo più adatto agli sputi
che la mia faccia” (No tenga pena de
esto, padre, que yo le certifico que no había en el aposento lugar más digno de
ser escupido que yo) (Juan Eusebio Nieremberg, Cfr.
Sant’Alfonso Maria de’ Liguori, La vera sposa di Gesù Cristo cioè la monaca
santa per mezzo delle virtù proprie d’una religiosa, Napoli 1760-61, ora in
Opere Ascetiche, Voll. XIV-XV, Roma
1935, Capo XI, Della santa umiltà, §
4 - Seguita la stessa materia, dove si
parla più particolarmente della tolleranza de’ disprezzi, p. 423; Id., Selva
di materie predicabili ed istruttive per dare gli esercizi a’ preti ed anche
per uso di lezione privata a proprio profitto, Napoli 1760, ora in Opere Ascetiche, in Opere di S. Alfonso Maria de Liguori, Vol. III, Torino 1880, parte
II, Istruzione VII, Circa la mansuetudine,
p. 144).
Non era
questo, del resto, il sentimento del Cristo, che, sulla Croce, diceva col
Salmista: Ego ... sum vermis et non homo;
opprobrium hominum et abiectio plebis?
Alonso Cano, San Francisco de Borja, 1624, Museo de Bellas Artes, Siviglia |
Jean Paul Laurens, S. Francesco Borgia dinanzi alla salma di Isabella del Portogallo, moglie di Carlo V, 1876, musée des Beaux-Arts, Brest |
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