giovedì 29 ottobre 2015

Un giudice sotto attacco .... perché cattolico ....

Cosa c’è di strano che un giudice applichi la legge? Nulla … se non fosse che quel giudice è cattolico! Terribile delitto!
La cosa può avere dei contorni tragicomici ed invece è reale. Accade in Italia. Sì proprio in quel Paese che, a parole, riconosce la libertà religiosa, non discrimina in base al credo religioso, riconosce la libertà di professare la propria fede, ecc. …, sancite addirittura con parole altisonanti nel testo “sacro” della Carta costituzionale. A parole, ovviamente.
Queste, però, cedono allorché si passi ai fatti. Eh sì. In quel caso, quel diritto costituzionalmente tutelato ... cede. Il che, tradotto, vuol dire “libertà per tutti”, purché tutti la pensino e si riconoscano in quel sistema o nel politicamente corretto di quel momento. Chi è liberale, tollerante per essenza, in fondo, si mostra non tollerante con chi non la pensa come lui … . È una questione classica nel pensiero liberale. Chiunque non si uniforma e non pensa come impone il sistema semplicemente non ha diritti e non ci sono carte costituzionali che tengano!!! Come è avvenuto, del resto, nella "patria delle libertà", gli USA, per la sig.ra Kim Davis (v. qui, qui, quiqui, qui, quiqui e qui).
Non desta meraviglia, dunque, se pure la nostra società occidentale arrivi a negare la libertà a chi è al di fuori del fondamento di esse. Solo che in questa nostra società, il fondamento non è più Dio né la sua Legge divina. Per questo, anche un giudice che applichi né più né meno che la legge, sol perché cattolico e favorevole alla famiglia così come voluta da Dio, non sarebbe imparziale e, quindi, la sua sentenza sarebbe “ideologicamente orientata”. E poco importa che magari quella decisione sia stata assunta in un collegio giudicante ed all’unanimità. No. Semplicemente deve colpirsi il giudice cattolico, perché assuntamente “non imparziale”. Per la verità si accusa, anche gli altri giudici, sebbene con minor clamore, facendo una colpa del presidente del collegio giudicante di appartenere all'Opus Dei (v. qui)!
Ecco quindi che nell’Italia libertaria desti scandalo sui giornali che un magistrato sia semplicemente cattolico e sul suo profilo twitter, peraltro privato, manifesti tali suoi convincimenti.


Ciò che, però, desta scandalo è che ci si scandalizzi per questo e cioè che un magistrato possa avere un credo religioso!!! O meglio, possa essere cattolico e cerchi coerentemente di vivere quella fede professata.
A sollevare lo “scandalo” è stato in Italia il quotidiano, amato dal vescovo di Roma, La Repubblica (v. Nozze gay, dopo il no del Consiglio di Stato è polemica su giudice ‘schierato’. Lui: “Ho solo applicato la legge”, qui), su sollecitazione – evidentemente – delle lobby omosessuali “per i diritti civili” (v. qui e qui) e dal partito del PD (v. qui). Il casus è l’annullamento, da parte della Consiglio di Stato (sentenza del 26.10.2015 n. 4897, v. qui), delle trascrizioni dei c.d. matrimoni omosessuali celebrati all’estero (v. qui, qui e qui), in riforma delle pronunce di alcuni TAR (segnatamente quello del Lazio, qui, e quello lombardo, qui), che, negando le attribuzioni del Ministero dell'Interno, avevano affermato che la questione interessasse il giudice civile e non già il dicastero governativo (v. qui), negando l'ovvietà che la legge italiana consente la trascrizione di matrimoni contratti all'estero sì, ma tra persone di diverso sesso  (cfr. quiqui e qui). Il magistrato aveva semplicemente applicato la legge, come lo stesso ha ricordato (v. qui)! La normativa, tanto costituzionale quanto ordinaria, non permette siffatte trascrizioni. Per cui l'ovvietà sarebbe che se le lobbies desiderano le trascrizioni, non possono ottenerle per via giudiziaria, ma solo mediante la legge e con i meccanismi della legge, sopportando anche gli strumenti che la legge appresta contro le normative incostituzionali e, se necessario, persino il diritto inalienabile all'obiezione di coscienza. Se si accettano i principi della democrazia, deve sottostarsi ai meccanismi da questa permessi, evitando di ... saltare i passaggi ... .
Ed invece nella nostra società l'ovvio non viene colto ... .
Per questo, il giudice è stato fatto oggetto di un grave linciaggio mediatico (v. qui), di vergognosi attacchi, come evidenzia Riccardo Cascioli (v. qui), ovvero di un attacco indecente come sottolinea Avvenire (v. qui). Ed inserito nella lista di .... proscrizione del ... registro italiano dei razzisti e omofobi (v. qui. Su questo "registro", v. qui). Come dire? Colpire uno per educarne cento (v. qui)!

L’impeccabile intervista di Deodato che spiega come si può essere giudici e cattolici

di Redazione

Attaccato per le sue opinioni personali, l’estensore della sentenza sulle trascrizioni delle nozze gay risponde difendendosi dalle accuse.

Oggi sui maggiori quotidiani italiani si parla della sentenza del Consiglio di Stato che ha bocciate le trascrizioni delle nozze omosessuali contratte all’estero. Come vi abbiamo raccontato ieri, subito è esplosa l’assurda polemica intorno alle convinzioni personali dell’estensore della sentenza, il giudice Carlo Deodato. L’accusa è di essere cattolico e di aver condiviso sul proprio profilo twitter alcuni articoli, tra cui tempi.it, la Nuova Bussola quotidiana, il Foglio (a guardar bene ve ne sono anche dell’Huffington Post e de Linkiesta, ma – chissà come mai – loro non fanno parte della “lobby antigender”).
Intervistato oggi da Repubblica, Deodato risponde alle domande della giornalista Liana Milella perché sebbene, da buon giudice, vorrebbe lasciare la parola al testo scritto, tuttavia ha deciso di esporsi per «chiarire il ruolo e la funzione del giudice», augurandosi che «questa conversazione contribuisca a rasserenare il clima generale».

DECISIONE CORRETTA. Dopo la diffusione della notizia e le polemiche, quella di ieri è stata per Deodato una giornata difficile. «Non posso nascondere – spiega – una certa amarezza per i violenti attacchi personali che mi sono stati rivolti. Ma resto comunque sereno perché ritengo di aver fatto il mio dovere». Il giudice difende quanto scritto: «Ritengo che la decisione assunta sia tecnicamente e giuridicamente corretta, senza alcun inquinamento ideologico. Le accuse che mi sono state indirizzate sono tutte riferite a un mio presunto pregiudizio ideologico, ma non al merito della decisione, che invito tutti a leggere con animo sereno e distaccato». Il Consiglio di Stato, prosegue, non ha fatto altro che «confermare quanto aveva già stabilito il Tar del Lazio, nei confronti del quale non mi ricordo che siano state formulate le medesime critiche…».

RISPETTARE LA LEGGE. Già, il problema di Deodato, però, è che è «cattolico». La risposta all’accusa è cristallina: «Le opinioni personali e la formazione culturale che appartengono a ogni giudice, e che possono essere espresse in diverse forme, non incidono in alcun modo sull’esercizio della funzione giurisdizionale. Un buon giudice è quello che applica la legge assumendo decisioni coerenti con essa, senza farsi in alcun modo condizionare dai propri convincimenti di ordine politico, morale, o religioso».
Per questo, è la risposta ovvia di Deodato, il suo compito è limitato a «identificare la norma di legge che disciplina la fattispecie in questione e provvedere alla sua rigorosa applicazione. Con questo modus procedendi non esiste il rischio che le convinzioni personali possano inquinare la correttezza del giudizio. Aggiungo che le decisioni del Consiglio di Stato sono assunte da un collegio di 5 magistrati, in modo da limitare al massimo il rischio che eventuali condizionamenti personali possano inficiare la correttezza della decisione».

«LA RISCRIVEREI». I giornali fanno notare che anche il presidente del collegio, Giuseppe Romeo, è dell’Opus Dei. Ma, anche su questo, la risposta di Deodato è ferma: «Premesso che al di fuori del presidente ignoro le convinzioni religiose degli altri componenti del collegio, ritengo che la decisione assunta fosse l’unica possibile in quanto l’unica rispettosa dell’ordinamento giuridico in vigore in Italia».
Quindi, riscriverebbe così la sentenza? «Mi sta chiedendo se sono disposto a cambiare idea per il solo fatto che la sentenza non è piaciuta ad alcune persone? Allora sì che non sarei un buon giudice. La riscriverei esattamente così. Mi resta però una profonda amarezza per gli attacchi personali molto violenti che non penso di meritare, ma mi auguro che questa conversazione contribuisca a rasserenare il clima generale e soprattutto a chiarire che la soluzione alla questione della disciplina delle unioni omosessuali non deve essere chiesta al giudice, ma alla politica».

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