Se Milano guarda
san Carlo come il più illustre dei suoi pastori dopo sant’Ambrogio, la Chiesa
Madre di Roma lo stringe al suo cuore e lo saluta come uno dei più cari e dei
più meritevoli dei suoi figli.
Difatti, l’opera di
san Carlo può essere considerata in due periodi e su due campi distinti.
Dapprima la sua attività a fianco di suo zio Pio IV, attività che abbracciò non
solo Roma ma la Chiesa universale stessa. Viene poi l’azione pastorale compiuta
a Milano dal Santo, apostolo e pastore di questa vasta diocesi.
Segretario di Stato
di Pio IV, san Carlo si trovò a fianco del Pontefice in una delle epoche più
decisive per la storia del papato. Si trattava di sapere se la Santa Sede si
sarebbe impegnata infine in maniera risoluta sulla via della riforma ecclesiastica,
così lungamente ed universalmente reclamata; o se fosse rinviata ancora questa
difficile impresa, accontentandosi, come purtroppo avevano fatto alcuni dei
Pontefici di quel secolo, di mezze misure.
Fu sotto
l’influenza personale di san Carlo che Pio IV si decise per la riforma; e da
quel giorno il Santo, in nome e con l’autorità di suo zio, camminò arditamente
nella via aperta, senza curarsi delle considerazioni umane. Si può dire dunque
che, di Roma, diresse l’ultimo periodo del Concilio di Trento, e ciò che è
ancora più importante, quando il Concilio fu approvato dal Papa, san Carlo si
applicò con tutte le proprie energie a realizzarne effettivamente il piano di
riforma.
Qui comincia la
seconda parte della vita di san Carlo. Essendo morto Pio IV, il nostro Santo si
fissò definitivamente nella sua Chiesa di Milano, dove erano da rialzare le
rovine accumulate dai lunghi anni di cattivo governo, nell’assenza dei pastori
legittimi.
San Carlo, per
santificare il suo gregge, cominciò col santificare se stesso. Come Gesù aveva
voluto riscattare il mondo meno con la sua predicazione ed i suoi miracoli,
quanto più con la sua passione, così san Carlo si offrì egli stesso come
vittima a Dio per il suo popolo con una vita molto austera. Le anime, diceva,
si guadagnano in ginocchio, facendo così allusione alle sue lunghe preghiere ai
piedi del Crocifisso o nella cripta della chiesa del Santo Sepolcro a Milano.
L’attività svolta
da san Carlo in ogni tipo di lavoro pastorale è incredibile. Il suo campo di
azione, a titolo di metropolita di Milano e di legato della Santa Sede, era
immenso. E tuttavia non ci fu villaggio delle Alpi o paese disperso nel quale
san Carlo non si recasse per fare la visita pastorale. I suoi biografi ci
dicono che in meno di tre settimane gli capitò di consacrare ben quindici
chiese.
L’arcivescovo di
Milano aveva all’epoca da risolvere importanti e difficili problemi. L’eresia,
che aveva infettato i cantoni svizzeri che confinano con la diocesi, minacciava
di contaminare anche questa. Occorreva almeno paralizzarne l’influenza e san
Carlo lo fece. Bisognava formare inoltre dei vescovi e dei preti ispirati
dall’ideale più elevato: il Santo eresse dei collegi e dei seminari, riunì dei
concili, promulgò dei canoni, favorì l’apertura di case religiose per
l’educazione della gioventù.
L’affievolimento
dello spirito ecclesiastico nel clero è favorito quasi sempre dal potere civile
che avvilisce difatti il prete per poterlo assoggettare poi più comodamente.
San Carlo fu il vendicatore intrepido dell’autorità episcopale: non solo ebbe a
lottare pure contro i canonici, le religiose ed i religiosi che si erano
scostati della loro strada primitiva – per es., gli Umiliati che tentarono
perfino di assassinare il Santo – ma trovò molti avversari più temibili nei
governatori spagnoli e dal Senato di Milano, troppo gelosi delle pretese
prerogative della corona della Spagna su quella Chiesa. Nell’attuare i decreti
tridentini, in effetti, il Borromeo si espose infatti alla reazione di coloro
che vedevano lesi i propri privilegi: fu minacciato con i bastoni dai frati
minori osservanti, aggredito con le spade dai canonici di Santa Maria della
Scala, minacciato dalle monache di Sant’Agostino, vilipeso da quelle di Lecco e
colpito con una archibuggiata alla schiena da un sicario dell’ordine degli
umiliati. Nella notte del 26 ottobre 1569, infatti, un certo Gerolamo
Donato detto il Farina, originario di Astano, frate degli Umiliati, entrò,
verso le 22, in Arcivescovado di Milano con un archibugio e un
archibugetto, una specie di lunga pistola, sorprendendo san Carlo Borromeo in
preghiera in una cappella insieme ai suoi familiari e collaboratori. Si stava,
in quel momento, cantando il Nolite timere. Estratto l’archibugio,
alle parole Non turbetur cor vestrum, esplose un colpo mirando alla
schiena del Santo, senza però uccidere l’Arcivescovo, il quale, rimanendone
illeso, fece cenno che nessuno si muovesse e terminasse la preghiera. Eppure
san Carlo era alto un metro ed ottanta e nonostante ciò il Farina non riuscì ad
ucciderlo, benché sparasse a distanza ravvicinata.
Il medico del
Santo, immediatamente accorso, ebbe modo di non riscontrare sul suo corpo
alcuna ferita, segno che la palla di piombo rovente miracolosamente s’arrestò
di botto e rimbalzò dal corpo, forando solo il rocchetto cardinalizio, che
ancora oggi è conservato ed è custodito nella basilica milanese di
Sant’Eustorgio, dove viene esposto una volta all’anno. Il Donato,
approfittando del generale sbigottimento, riuscì a fuggire dalla porta che
dà sul lato destro del Duomo e a far perdere momentaneamente le sue tracce dileguandosi,
ma nell’aprile successivo fu catturato e condotto a Milano, rinchiuso nelle
carceri vescovili. Venne impiccato in piazza Santo Stefano, sebbene il santo
arcivescovo non volesse che l’attentatore ed i suoi tre complici (fra’ Gerolamo
Legnano, prevosto di San Cristoforo, e fra’ Lorenzo Campana, prevosto di San
Bartolomeo e fra’ Clemente Merisio, prevosto di Caravaggio) fossero uccisi.
A seguito di
quell’attentato nonché per la loro sospetta vicinanza all’eresia calvinista, la
congregazione degli Umiliati fu soppressa, nel suo ramo maschile, da san Pio V
il 7 febbraio 1571.
Così visse, agì e
combatté il grande san Carlo Borromeo, il quale si mostrò degno campione della
lotta sacra per la quale si immolò. Consumato prima del tempo dalle dure
fatiche della sua vita pastorale, morì sulla breccia la sera del 3 novembre
1584, all’età di soli quarantasei anni. Fu canonizzato nel 1610 da papa Paolo
V, che iscrisse la sua festa nel calendario nel 1613 come semidoppia ad
libitum. Papa Innocenzo X ne fece una semidoppia di precetto nel 1652 con
commemorazione dei santi martiri Vitale ed Agricola, ed Alessandro VII, nel
1659, l’elevo al rito doppio.
La messa è dal
comune Státuit, eccetto la prima
colletta, che è propria.
In essa, la Chiesa
riassume il suo elogio in queste brevi ma eloquenti parole: pastoralis
sollicitudo gloriosum reddidit.
Roma conserva di
lui numerosi ricordi, a San Martino ai Monti, per es., di cui riparò il soffitto
(Mariano Armellini, Le chiese di Roma dal
secolo IV al XIX, Tipografia Vaticana, Roma 18912, p. 216) ed a
Santa Prassede di cui fu titolare e nella quale fece svolgere importanti lavori
di restauro (ibidem, pp. 237-238). Il suo cuore è conservato nella
grande chiesa che gli è dedicata vicino alla porta Flaminia, chiesa che
rappresenta oggi il santuario particolare dei lombardi nella Città eterna.
Oltre questa Basilica dei Santi Ambrogio e Carlo al Corso, oggi nota anche come
chiesa di San Carlo al Corso (ibidem, pp. 337-338. Cfr.
anche Ch. Huelsen, Le
Chiese di Roma nel medio evo, Firenze 1927, p. 407, il quale ricorda come
la chiesa fosse in origine dedicata a san Nicola: San Nicolai de Tofo o De
Tofis), due altri santuari dell’Urbe sono dedicata al suo nome. Esse sono: San
Carlo a’ Catinari, il cui nome esteso è chiesa dei Santi Biagio e
Carlo ai Catinari (originariamente, la Chiesa di San Carlo ai
Catinari sorgeva nei pressi della Chiesa di San Biagio ai
Catinari. Cfr. Armellini, op.
cit., p. 446. Ma quando quella fu profanata e distrutta il nome di san
Carlo fu unito a quello della chiesa di san Biagio. Cfr. Ibidem,
pp. 445-446), e, nel rione Monti, San Carlo alle Quattro Fontane, detta
popolarmente San Carlino ed opera del Borromini (ibidem,
p. 187). Nella piazza di Santa Maria della Scala vi era un tempo la piccola
chiesa dei Santi Carlo e Teresa (d’Avila) (ibidem, p.
651).
Una chiesa moderna
è, poi, stata dedicata, nel 2011, al nostro Santo: si tratta di San Carlo
Borromeo alla Fonte Laurentina.
Nel palazzo
Altemps, presso la cappella di Sant’Aniceto, si venera ancora la camera abitata
dal Santo e nella sacrestia vi si conserva la sua pianeta (ibidem, p.
347). Presso la Chiesa di San Girolamo della Carità, dove abitava san Filippo
Neri, san Carlo vi si recava per intrattenersi in santi colloqui col santo dei
giovani (ibidem, p. 414). Presso poi la Chiesa di San Giacomo in
Settignano, oggi nota pure come San Giacomo alla Lungara, san
Carlo vi aveva fatto costruire un monastero, al tempo di Pio IV, per accogliere
le penitenti donne di malaffare (ibidem, p. 653).
Quanto al mantello
di porpora del grande Cardinale, esso è conservato religiosamente nel Titolo di
Santa Cecilia.
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Domenico
Cresti da Passignano, Michelangelo presenta a papa Paolo IV il modello per
il completamento dell’edificio e della cupola di San Pietro, Galleria
Buonarroti, Firenze. In primo piano a sinistra uno degli allievi di
Michelangelo (Jacopo Duca operò fedelmente nella scia del suo Maestro) guarda
devoto e ammirato il grande architetto. Nei due volti ai lati del Papa si
riconoscono quelli dei Cardinali nipoti, S. Carlo Borromeo e Giov. Antonio
Serbelloni. |
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Johann Sadeler I, Ritratto di S. Carlo, 1588-94, Rijksmuseum Amsterdam |
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Giovanni Ambrogio Figino, Ritratto di S. Carlo, 1603-08, Pinacoteca Ambrosiana, Milano |
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Federico Zuccari, Imposizione del cappello cardinalizio al beato Carlo Borromeo, 1603-04, Collegio Borromeo, Pavia |
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Giovanni Battista Crespi detto il Cerano, San Francesco e il beato Carlo Borromeo in preghiera davanti all'Assunta di San Celso a Milano, XVII d.C., Galleria Sabauda, Torino |
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Giovanni
Battista Crespi detto il Cerano, S. Carlo Borromeo dinanzi al Cristo morto
di Varallo, 1610 circa, Museo del Prado, Madrid |
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Luca
Giordano, S. Carlo Borromeo fa la carità, XVII sec., Museo del Prado,
Madrid |
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Agostino
Ciampelli, S. Carlo Borromeo, XVII
sec., collezione privata |
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Ambito lombardo, S. Carlo intercede contro la peste, XVII sec., museo diocesano, Milano |
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Rutilio Manetti, Madonna del Rosario tra i SS. Domenico, Caterina, Pio V, Carlo Borromeo ed altri Santi, XVII sec., parrocchiale di S. Giovanni Battista, Nervesa della Battaglia |
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Autore anonimo, S. Carlo in preghiera, XVII sec., collezione privata |
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Orazio
Borgianni, S. Carlo Borromeo, 1610-16, Hermitage, San Pietroburgo |
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Orazio Borgianni, S. Carlo intercede presso la SS. Trinità, 1611-12, Chiesa di San Carlo alle Quattro Fontane, Roma |
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Guercino, S. Carlo in orazione, 1613-14, Collegiata di S. Biagio, Cento |
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Guglielmo Caccia detto il Moncalvo, S. Carlo in abiti pontificali, XVII sec., Chiesa di Santa Maria di Canepanova, Pavia |
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Carlo
Saraceni, S. Carlo Borromeo porta in processione il Sacro Chiodo,
1618-19, Chiesa di S. Lorenzo in Lucina, Roma |
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Carlo
Saraceni, S. Carlo Borromeo comunica un appestato, 1618-19, Chiesa sei
servi di Maria, Cesena |
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Morazzone, S. Carlo in gloria, 1618, Santuario di Santa Maria della Noce, Inverigo |
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Francesco Furini, Volto di S. Carlo, 1604 ss., Rijksmuseum Amsterdam |
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Jan Thomas, Ritratto di S. Carlo da un'opera del Figino, 1627 ss., Rijksmuseum Amsterdam |
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Henry Ferguson, Paesaggio fantastico con S. Carlo ed adorazione dei Pastori, 1700-20 circa, Rijksmuseum Amsterdam |
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Giovanni Battista Pittoni il giovane, Madonna col Bambino tra i SS. Carlo Borromeo, Rosa da Lima, Domenico e Bonaventura, XVIII sec., collezione privata |
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Ambito di Francesco Trevisani, S. Carlo, XVII sec., collezione privata |
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Giambattista
Tiepolo, S. Carlo Borromeo con il Crocifisso, 1767-69 circa, Art Museum,
Cincinnati |
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Raymond Balze, S. Carlo assiste lo zio morente Pio IV, 1856, chiesa di San Rocco, Parigi |
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Francesco
Maria Richini, Cripta di S. Carlo Borromeo (detta popolarmente Scurolo
di san Carlo) con urna del Santo di Giovanni Battista Crespi detto Il
Cerano, 1606, Duomo di Milano. La Cripta fu modificata negli anni 1810-20 da
Pietro Pestagalli |
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