Abbiamo già avuto
modo di pubblicare le introduzioni in francese (v. qui) ed in italiano (v. qui)
del card. Burke al libro di Mons. Schneider. Adesso è disponibile, e
rilanciamo, la traduzione in italiano dell’introduzione del cardinale all’edizione
polacca, traendola sempre da Chiesa e postconcilio. Il testo risulta più
ampio rispetto ai precedenti.
E senz’altro consigliabile nella sua lettura e meditazione,
essendo un testo che proviene da una personalità come il card. Burke, del quale
lo scorso mese, per i tipi Cantagalli di Siena, è stato pubblicato il testo Divino
amore incarnato - La santa eucarestia, sacramento di carità, in cui il
cardinale svela tutta la bellezza della santa Eucaristia alla luce dei profondi
insegnamenti di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI ed, attraverso il
magistero della Chiesa, accompagna il lettore in un cammino che esalta l’importanza
dell’Eucaristia per la vita di ogni cristiano.
Il testo di Mons. Schneider e quello di Mons. Laise - che abbiamo ricordato alcuni giorni fa (v. qui e qui) - si può dire costituiscano una sorta di Summa contemporanea sul problema del giusto modo di accostarsi all'Eucaristia.
L’appello di un
cardinale: «Bisogna fermare l’abuso della Comunione in mano!».
Il testo che segue è
l’introduzione dell’edizione polacca del libro del vescovo Schneider “Corpus
Christi”, tradotto da p. Jacek Bałemba SDB e presentato in Polonia nello
scorso mese di agosto dallo stesso vescovo Athanasius Schneider.
Nulla è più
importante nella vita di un cattolico della santa Eucaristia. Il Decreto del
Concilio Vaticano II sulla vita e il ministero sacerdotale, ispirandosi ad un
testo di S. Tommaso, dichiara: «nella santissima Eucaristia è racchiuso tutto
il bene spirituale della Chiesa, cioè lo stesso Cristo, nostra pasqua, lui il
pane vivo che, mediante la sua carne vivificata dallo Spirito Santo e
vivificante dà vita agli uomini i quali sono in tal modo invitati e indotti a
offrire assieme a lui se stessi, il proprio lavoro e tutte le cose create». Lo
stesso testo continua così: «per questo l’Eucaristia si presenta come fonte e
culmine di tutta l’evangelizzazione, cosicché i catecumeni sono introdotti a
poco a poco a parteciparvi, e i fedeli, già segnati dal sacro battesimo e dalla
confermazione, ricevendo l’eucaristia trovano il loro pieno inserimento nel
corpo di Cristo».
La santa Eucaristia è
il mistero per eccellenza della fede. Mediante l’azione della Santa Messa,
Cristo, assiso in gloria alla destra del Padre, discende sugli altari delle
chiese e delle cappelle di tutto il mondo per rendere nuovamente presente il
suo sacrificio sul Calvario, sacrifico unico con il quale l’uomo è salvato dal
peccato e perviene alla vita in Cristo grazie all’effusione dello Spirito
Santo. È mediante la santa Eucaristia che la vita quotidiana di un cattolico
riceve simultaneamente ispirazione e forza.
Unito con tutto il
cuore a Cristo nel sacrificio eucaristico, il cattolico fervente non è chiamato
che ad essere una cosa sola con lui in ogni istante di ognuna delle sue
giornate, portando la Croce e partecipando, così, all’opera incessante e senza
prezzo del suo Amore puro e generoso per tutti gli uomini, oltre ogni
frontiera. Ricevendo dal cuore Eucaristico di Gesù l’alimento celeste del suo
Corpo, del suo Sangue, della sua Anima e della sua Divinità, riceviamo la forza
per vivere in modo straordinario le circostanze ordinarie della vita
quotidiana. È per questo che, al di là dell’obbligo grave di partecipare ogni
domenica al Santo Sacrificio della Messa, i cattolici sono invitati a
partecipare, se possibile, alla Santa Messa tutti i giorni.
PROFONDA RIVERENZA
PER LA SANTA EUCARISTIA
A partire dal momento
in cui si è compresa la realtà della santa Eucaristia – cioè che si tratta del
Corpo, del Sangue, dell’Anima e della Divinità di Cristo donati all’uomo come
pane celeste per sostenerlo spiritualmente nel suo pellegrinaggio terreno e
come pegno del suo destino alle nozze celesti dell’Agnello (Ap XIX, 9) – si
comincia anche a comprendere la profonda riverenza che occorre per trattare e
ricevere la santa Eucaristia. Così, lungo i secoli, i fedeli hanno fatto la
genuflessione arrivando davanti al Santissimo Sacramento e si sono
inginocchiati in adorazione davanti alla Presenza Reale di Nostro Signore nella
santa Eucaristia. Allo stesso modo, salvo circostanze straordinarie, solo il
sacerdote o il diacono toccavano la santa Ostia o il calice del Preziosissimo
Sangue. Uno dei ricordi più commoventi della mia infanzia è la grande
delicatezza verso il Santissimo Sacramento che mi hanno insegnato i miei
genitori, il nostro parroco e le suore delle nostre scuole cattoliche. Mi
ricordo in particolare le indicazioni minuziose circa la riverenza dovuta alla
Presenza Reale, che mi sono state date prima di essere ammesso ad aiutare il
sacerdote come chierichetto.
I segni della Fede
eucaristica si manifestavano allo stesso modo nella bellezza dell’architettura
e degli arredi delle chiese e delle cappelle, nella qualità degli ornamenti,
dei vasi sacri e della biancheria per il sacrificio eucaristico, e nella lingua
e musica speciali - o, piuttosto, sacri - utilizzati nel Culto divino.
Col riservare
attenzione al corpo e al Sangue di Cristo, la Chiesa si è sempre preoccupata di
imitare in primo luogo l’esempio di Maria, sorella di Lazzaro, che ha unto Gesù
con oli preziosi proprio prima della sua Passione e Morte. Quando Giuda, il
traditore, contestò questo gesto di profonda venerazione e d’amore, trattandolo
come uno spreco di risorse che avrebbero potuto essere utilizzate per occuparsi
dei poveri, Nostro Signore rispose che Maria aveva agito in modo giusto e
nobile, testimoniando la riverenza per il suo Corpo, che Egli doveva
sacrificare per la salvezza eterna del genere umano (Gv 12,1-8).
In questo senso, sono
stato sempre molto ispirato dall’esempio di san Francesco d’Assisi, che ha
praticato la massima austerità nella sua vita religiosa di consacrato, ma insistendo
sempre perché si riservasse la massima cura ad onorare il Santissimo
Sacramento, anche in modo sontuoso, e a non utilizzare che i materiali più
preziosi per il culto eucaristico. San Francesco non ha esitato ad ammonire i sacerdoti
(obbligati dal loro ufficio a rendere onore al Santissimo Sacramento) circa la
loro mancanza di riguardo verso questa realtà, sacra fra tutte.
COME SI RICEVE IL
CORPO DI CRISTO
Fra tutti i ricchi
aspetti della Fede e della pratica eucaristiche, è certamente fondamentale il
modo in cui i fedeli ricevono il Corpo di Cristo nella santa Comunione. Al
momento della santa Comunione, il fedele, ben consapevole della sua indegnità e
pentendosi di tutti i suoi peccati, si presenta davanti al Signore che, nel suo
amore senza fine e senza misura, offre il suo Corpo come alimento celeste
affinché noi lo riceviamo.
Mi ricordo bene,
nella mia infanzia, la diligenza di cui davano prova i miei genitori, così come
i sacerdoti e le suore della scuola cattolica, per preparare i bambini a
ricevere per la prima volta la santa Comunione. Mi sovvengono anche i frequenti
richiami alla riverenza e all’amore che dovevamo dimostrare ricevendo la santa
Comunione e facendo il ringraziamento subito dopo la ricezione del sacramento.
All’epoca della mia
prima comunione, il 13 maggio 1956, la santa Ostia si riceveva alla balaustra,
sulla lingua e in ginocchio, con le mani ricoperte da una tovaglia. Questo modo
di ricevere la santa Comunione mi ha sempre colpito come la più alta espressione
dell’infanzia spirituale insegnata da Nostro Signore (Mt 18,1-4), e di cui
santa Teresa di Lisieux è una delle figure più notevoli. Proprio in quel
periodo della mia vita, mio padre era gravemente malato ed era costretto a
letto in casa. Morì nel mese di luglio 1956. Ricordo la grande preparazione e l’attenzione
che egli manifestava ogni volta che il sacerdote veniva a portargli la santa
Comunione. Si preparava una piccola tavola di fianco al suo letto, con un
crocifisso, dei ceri e una tovaglia speciale. Si accoglieva il sacerdote in
silenzio alla porta con un cero acceso e, anche se mio padre non poteva
alzarsi, tutti restavano in ginocchio durante la cerimonia.
Anni più tardi, nel
maggio 1969, è stata autorizzata la pratica di ricevere la Comunione in mano, a
discrezione delle Conferenze episcopali, in parallelo con la pratica plurisecolare
di ricevere la Comunione direttamente sulla lingua. Uno degli argomenti
avanzati per introdurre la seconda opzione era l’esistenza di un uso antico di
ricevere la santa Comunione in mano. Nello stesso tempo, l’istruzione della Congregazione
per il Culto Divino, che permetteva la pratica della ricezione della santa
Comunione in mano, sottolineava il fatto che la tradizione plurisecolare di
ricevere la Comunione sulla lingua doveva essere preservata a motivo del rispetto
dei fedeli verso la santa Eucaristia che questa pratica esprime. In questo
senso, è interessante notare che il Papa Paolo VI (durante il cui pontificato è
stato dato il permesso di ricevere la santa Comunione in mano), nella sua
lettera enciclica Mysterium Fidei sulla dottrina e il culto del Santissimo
Sacramento, promulgata quattro anni prima della concessione del permesso, si
riferisce a un costume antico dei monaci che vivevano in solitudine, nonché dei
cristiani perseguitati, secondo il quale essi prendevano la santa Comunione con
le loro proprie mani. Tuttavia, il Papa aggiunge subito che questo riferimento
ad un uso di altri tempi non rimette in questione la disciplina che si è
diffusa in seguito circa il modo di ricevere la santa Comunione.
La pratica
tradizionale si comprende meglio alla luce dell’ermeneutica della riforma nella
continuità, contrapposta all’ermeneutica della discontinuità e della rottura,
di cui ha parlato il Papa Benedetto XVI nel suo discorso di Natale 2005 alla
Curia romana. Nell’ermeneutica della continuità, l’unica Chiesa «cresce nel
tempo e (…) si sviluppa, rimanendo però sempre la stessa». Così, la pratica
tradizionale di ricevere la santa Comunione manifesta una crescita ed uno
sviluppo tanto della Fede eucaristica, quanto delle espressioni di riverenza
verso il Santissimo Sacramento. Si potrebbe dire a proposito del modo
tradizionale di comunicarsi ciò che il Papa Benedetto XVI diceva a proposito
dell’Adorazione eucaristica nell’Esortazione Apostolica postsinodale Sacramentum
Caritatis: «l’Adorazione eucaristica non è che l’ovvio sviluppo della
Celebrazione eucaristica, la quale è in se stessa il più grande atto d’adorazione
della Chiesa».
ABUSI LITURGICI
CONTRO IL SANTISSIMO SACRAMENTO
Sfortunatamente, l’iniziativa
di ristabilire l’uso antico sopraggiunse proprio in un momento in cui numerosi
abusi liturgici avevano gravemente sminuito la riverenza e la devozione dovute
al Santissimo Sacramento. Inoltre, il periodo conosceva una secolarizzazione e
un relativismo crescenti, i cui effetti furono devastanti nella Chiesa. Per di
più, la “restaurazione” di questa pratica fu incompleta, perché si limitò alla
ricezione della Comunione in mano, senza però includere gli altri ricchissimi
dettagli dell’uso antico. In esito a tutto ciò, la ricezione della santa
Comunione è diventata l’occasione di negligenze - anzi, addirittura di vere e
proprie irriverenze - e, in qualche caso particolarmente deplorevole, il
Santissimo Sacramento ricevuto in mano non viene consumato, ma, al contrario,
assoggettato a varie forme d’abuso, fino al caso estremo in cui qualcuno porta
via il Corpo di Cristo per profanarlo più tardi nel corso di una “messa nera”.
Nella mia personale esperienza pastorale, i casi in cui la santa Ostia era
stata lasciata in un libro di canti o in qualche altro posto, o anche portata a
casa per la devozione privata - mi spiace doverlo segnalare - non sono stati
rari. È ugualmente triste aver visto abbastanza spesso alcuni comunicanti
strapparmi letteralmente l’Ostia dalle mani piuttosto che ricevere il Corpo di
Cristo in modo conveniente.
MONS. ATHANASIUS
SCHNEIDER
Edizione polacca |
Mons. Athanasius
Schneider, esemplare pastore d’anime, ha affrontato con amore coraggioso l’attuale
situazione della ricezione della santa Comunione nel rito romano. Prendendo
spunto dalla sua personale e ricca conoscenza della fede e della pratica
eucaristiche nel periodo della persecuzione nel suo paese natale, è stato
spinto a studiare in profondità l’antico uso di ricevere la santa Comunione in
mano, così come il suo attuale ripristino. In modo chiaro ed accurato, Mons.
Schneider spiega con che cura la pratica antica intendeva evitare tutto ciò che
potesse suggerire l’auto-comunione, sottolineando l’aspetto infantile della
Comunione; ed impedire che anche un solo frammento andasse perduto, e, così,
fosse suscettibile di profanazione. Egli descrive anche brevemente le tappe
dell’introduzione dell’uso attuale, che differisce in misura rilevante dalla
vecchia pratica dell’antichità.
Mons. Schneider
presenta poi, accuratamente, le conseguenze più gravi dell’attuale pratica di
ricezione della Comunione in mano:
1. la riduzione o la scomparsa di ogni gesto di riverenza e
di adorazione;
2. l’utilizzo, per ricevere la santa Comunione, di un gesto
abitualmente adibito alla consumazione degli alimenti ordinari, dal che deriva
una perdita di Fede nella Presenza Reale, soprattutto tra i bambini e i
giovani;
3. l’abbondante perdita di frammenti della santa Ostia e la
loro conseguente profanazione, soprattutto quando nella distribuzione della
santa Comunione manchi il piattello;
4. un altro fenomeno che si diffonde sempre più: il furto
delle Sacre Specie.
Prendendo in
considerazione tutte queste conseguenze, Mons. Schneider dice a buon diritto
che la giustizia – cioè il rispetto del diritto di Cristo di essere ricevuto
nella santa Comunione con la riverenza e l’amore che Gli convengono, e di
quello dei fedeli di ricevere la santa Comunione in un modo che esprima al
meglio l’adorazione reverenziale – esige che la pratica attuale della ricezione
della Comunione nel rito romano sia seriamente studiata in vista di una riforma
il cui bisogno si fa pesantemente sentire.
IL DIRITTO DI
CRISTO
Edizione italiana |
Un aspetto del tutto
preminente della trattazione di Mons. Schneider riguarda il diritto di Cristo,
lo ius Christi. Ricordandoci l’umiltà totale dell’amore di Cristo che si dona a
noi nella piccola Ostia, fragile per natura, Mons. Schneider richiama la nostra
attenzione sul grave obbligo di proteggere ed adorare Nostro Signore. Infatti,
nella santa Comunione, Egli, a motivo del Suo amore incessante e
incommensurabile per l’uomo, si fa il più piccolo, il più debole, il più
delicato fra noi. Gli occhi della Fede riconoscono la Presenza Reale nei
frammenti, anche nei più piccoli, della santa Ostia, e ci conducono, così, all’Adorazione
amorosa.
Non mi resta che
ringraziare Mons. Athanasius Schneider per il suo minuzioso studio della
questione della ricezione della santa Comunione, espressione preminente della
fede eucaristica. Il suo studio è pieno del più profondo amore di Gesù
Eucaristia, amore nel quale egli è stato formato in un’epoca in cui la Chiesa
era sotto i colpi della persecuzione nel suo paese. Spero che il contenuto di
questo volume ispiri nel lettore una Fede eucaristica sempre più profonda e più
ardente. Spero anche che questo libro fornisca l’occasione di rinnovare il modo
di ricezione della santa Comunione, disciplina che dispone il comunicante a
riconoscere pienamente il Corpo, il Sangue, l’Anima e la Divinità di Cristo e,
così, a ricevere Gesù Eucaristia con una riverenza ed un’adorazione amorose. È
in questa ricezione reverenziale e amorosa di Nostro Signore nella santa
Comunione che dobbiamo attingere la forza di trasformare e rinnovare le nostre
vite personali e la società, con la forza del vangelo, come facevano i primi
cristiani.
Possa la lettura
approfondita del libro di Mons. Schneider portare i fedeli, al momento della
santa Comunione, a riconoscere la Presenza Reale del Signore risuscitato e a
far loro le parole di San Giovanni Evangelista a San Pietro, quando il Signore
risuscitato apparve ai discepoli sulle rive del lago di Tiberiade nel corso
della pesca miracolosa: «È il Signore!» (Gv 21,7).
di Raymond Leo Burke,
cardinale [Fonte]
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