Il Titulus Clementis, ai piedi dell’Esquilino, presso
cui oggi si celebra la divina liturgia, e dove si venerava la memoria di san Clemente, onorato come martire, è già
menzionato, alla fine del IV sec., da san Girolamo: Nomini ejus memoriam usque
hodie Romæ extructa ecclesia custodit (San Girolamo, Liber De
viris illustribus, cap. XV, in PL 23, ed. 1845, col. 631B-634A; ed. 1883 col. 663B-666A; partic.
ed. 1845, col. 633A-634A; ed. 1883, col. 665A-666A, ora trad. it, Introduzione e note di Enrico Camisani (a cura di), Gli uomini illustri di Girolamo, Roma
2000, p. 101); il titolo si rapporta
molto probabilmente ad un ricordo domestico del suo titolare di cui il Liber Pontificalis ci dice, in effetti, che era de regione Cæliomonte (L. Duchesne,
Le Liber Pontificalis, tomo I, Paris
1886, p. 123). E
presso il portico di questo Titolo giacque elemosinando quel beato Servolo il
paralitico di cui parla san Gregorio Magno (san
Gregorio Magno, Dialogorum Libri IV De Vita et Miraculis Patrum
Italicorum, lib. IV, cap. XIV, De transitu Servuli paralytici, in PL
77, col. 341B-344B. Il Santo Pontefice parla di san Servolo anche in una delle
sue Omelie sui Vangeli, narrandone l’ammirabile pazienza, avendolo conosciuto
personalmente. L’Omelia è quella da lui tenuta nella Basilica di san Paolo una
Domenica in Sessagesima, allorché ebbe modo di commentare il brano di Lc 8,
4-15. Cfr. San Gregorio Magno, Homilia XV, § 15, in XL
Homiliarum in Evangelia libri duo, lib. I, in PL 76, col. 1133C-1134C).
Se
la Depositio Martyrum dà il nome di
Clemente in testa ai Quattro Coronati in una notizia che è, evidentemente, alterata,
il martirologio geronimiano annuncia il suo natale
al 23 novembre. Il sacramentario di Verona propone questo giorno quattro
formulari per la messa di san Clemente sacerdos
et martyr. Questo è anche il giorno in cui si commemora in Africa e nelle
liturgie gallicane (Missale gothicum,
pubblicato a cura di L.C. Mohlberg,
Roma 1961, p. 34) ed ispaniche, mentre è festeggiato con san Pietro d’Alessandria
nel rito bizantino. Nel VII sec., il nome di Clemente è iscritto nel canone
romano ed il suo natale è attestato anche dall’evangeliario del 645, nonché dai
sacramentari gregoriano e gelasiano (Pierre
Jounel, Le Culte des Saints dans les Basiliques du Latran et du
Vatican au douzième siècle, École Française de Rome, Palais Farnèse, 1977, p.
314).
Gli Atti di Clemente (Martyrium S. Clementis Papibi domnus Clemens martyrizatus
est (cfr. Paul Geyer, , Pragæ-Vindobonæ-Lipsiæ 1898, p. 143). , in PG 2, col. 617A ss.) sono, è vero,
apocrifi; ma il suo martirio era indiscusso, a Roma, nel IV sec., tanto che Rufino,
il papa Zosimo ed il Sacramentario Leoniano ne danno testimonianza. Non c’è
dunque alcuna ragione seria per dubitarne. Secondo gli Atti sarebbe stato
sepolto a Cherson, in Crimea, ed, in effetti, il pellegrino Teodosio ci dice
nel suo Itinerario che
Un gran numero di archeologi
pensa che qualche confusione si sarà prodotta tra Clemente romano ed un martire
omonimo, di Sebastopoli.
Quando, nell’868, il due
fratelli Cirillo e Metodo, apostoli degli slavi, andarono a Roma per
giustificare la loro missione davanti ad Adriano I, portarono con loro, per
farne dono al Papa, le reliquie di san Clemente ritrovate da loro a Cherson.
Una pittura dell’antica basilica sotterranea di San Clemente a Roma riproduce
il corteo trionfale del Papa, del popolo e del clero romano che accompagnò il
corpo da San Pietro fino all’antico titolo del Monte Celio:
HVC A VATICANO FERTUR PP. NICOLAO
IMNIS DIVINIS QD AROMATIB SEPELIVIT.
Traslazione del corpo di S. Clemente dal Vaticano sino al Titolo di Clemente |
Il dominicum Clementis, come si
trova nominato su una medaglia d’identità di uno schiavo di epoca costantiniana,
menzionata dal Baronio (cfr. Mariano
Armellini, Le
chiese di Roma dal secolo IV al XIX, Tipografia Vaticana,
Roma 18912, pp. 124-135; Ch. Huelsen,
Le Chiese di Roma nel medio evo,
Firenze 1927, p. 238), che si innalza al di sotto di tutta una serie di
edifici antichi sovrapposti. Al livello primitivo, si riconosceva un muro in opus quadratum del V o del VI sec. di
Roma, e che Giovanni Battista De Rossi stimava essere appartenuto ad una
fabbrica di moneta; la seconda stratificazione è rappresentata da una ricca
casa del I sec., che può corrispondere molto bene al luogo dove Clemente
riuniva i suoi discepoli. Accanto a questa casa, si è ritrovata una tana degli
adoratori dell’idolo Mitra. Su questi edifici si elevò, nella prima metà dell’IV
sec., il dominicum Clementis, che rimase in piedi
fino al 1084, epoca in cui Roberto Guiscardo, nella sua lotta contro Enrico IV,
mise a ferro e fuoco tutta questa regione del monte Celio intorno al Laterano.
Infine, all’inizio del XII
sec., un cardinale titolare del nome di Anastasio fu incaricato da Pasquale II
di ricostruire la basilica – quella che vediamo attualmente – ed egli conservò
gli amboni e l’altare della chiesa precedente.
Le reliquie del papa Clemente e
quelle di Ignazio di Antiochia, che un’antica tradizione afferma essere
conservate in questa chiesa, sono menzionate nei versi seguenti:
IMPIVS • INSANO • TE • MERSIT • IN • AEQVORA •
CAESAR
HIS • POSITIS • ARIS • NVNC • PIA • ROMA • COLIT
VICINVM • TIBI • PROBRA • TVLIT • NVMEROSA •
THEATRUM
HIC • TIBI • DELATVS • PROBRA • REPENDIT • HONOS.
Un
empio, Cesare, ebbe l’insensata idea di annegarti nel mare;
adesso
Roma prosternata davanti a questi altari Ti venera.
Nell’anfiteatro
vicino, (o Ignazio) fosti prostrato da ingiurie
che
vogliono compensare il culto onorifico che ti è reso ora.
La Roma cristiana ha dedicato a
san Clemente, oltre al celebre Titolo, anche una chiesa moderna nel quartiere
di Monte Sacro, la cui costruzione è iniziata nella seconda metà degli anni ‘50
del XX sec. Esisteva poi un’altra chiesa, oggi sconsacrata ed in decadenza,
sulla via Casillina, San Clemente al Castello di Torrenova risalente al XVI
sec.
L’introito sembra formato da
differenti passi di Isaia (59, 21; 56, 7): «Il Signore dice: “La mia parola non
farà difetto sulle tue labbra, perché il tuo nome mi è caro; ed i tuoi
sacrifici saranno graditi sul mio altare”» (Questo testo è quello del Graduale, secondo l’edizione Vaticana, e
non quello del Messale). Adest enim nomen tuum, ciò che comporta un programma di clemenza e di misericordia. Segue il
primo versetto del Sal. 112 (111): Beatus vir qui timet Dominum, etc.
Tutti i cristiani sono dunque predestinati al
martirio, giacché la Chiesa, nella prima colletta di oggi, nella versione
anteriore al 1940, domanda in generale, virtutem passionis imitemur?
No. Non tutti sono chiamati alla grazia di versare
il loro sangue per la fede; ma la vita cristiana stessa, col freno che impone
alle passioni, con la mortificazione che esige, con la rinuncia a se stessi
affinché il Cristo viva in noi, è paragonata dai Padri ad un duro e lento
martirio.
La prima lettura, tratta dall’epistola ai Filippesi
(3, 17-21; 4, 1-3), è la stessa della XXIII domenica dopo la Pentecoste. Questo
passo è stato scelto perché l’Apostolo, dopo aver parlato dei cristiani
ridondanti dei piaceri del mondo che sono un’ironia per la Croce del Cristo, ed
opponendo loro la vita tutta di umiltà e di mortificazione dei veri fedeli,
menziona tra i suoi collaboratori nella predicazione del vangelo un Clemente il
cui il nome è registrato nel libro di vita. Questi è lo stesso Papa che
portava quel nome?
Molti lo suppongono e non ci sono delle serie
ragioni per negarlo: ce lo conferma, del resto, anche san Girolamo, op. cit.,
ed. 1845, col. 631B-632B; ed. 1883,
col. 663B-664B, ora in Camisani, op. cit., p. 100. Pure Origene (Commentariorum In Evangelium Johannis, t.
VI, § 36, in PG 14, col. 293B-294B) ed Eusebio
(Hist.
eccl., lib. III, cap. 15, in PG 20, col. 249A-250A, ora trad. it.
e note di Salvatore Borzì (a cura
di), Storia ecclesiastica di Eusebio di
Cesarea, Libri I-V, con Introduzione di Franzo Migliore, vol. I, Roma 20052, p. 159) ne
danno conferma.
Quando, durante la sua prima prigionia a Roma (61-62), san Paolo scrisse l’epistola
ai Filippesi, Clemente poteva essere ancora giovane. Morì sotto Traiano, verso
l’inizio del II sec., in modo che, malgrado la sua veneranda età, il discepolo
di san Paolo non avrebbe superato per questa la media comune della vita umana.
Verso la fine del I sec., il nome di Clemente
riappare nella prima parte del Ποιμήν, che Erma, fratello di colui che
dové divenire il futuro papa Pio I, redasse a Roma sulla questione, allora
molto controversa, della penitenza. Clemente fu incaricato di diffondere degli
esemplari di quel piccolo libro nelle città straniere, poiché quello era il suo ufficio, ἐκείνῳ γὰρ ἐπιτέτραπται: «... ἦλθεν ἡ
πρεσβυτέρα καὶ ἠρώτησέν με εἰ ἤδη τὸ βιβλίον
δέδωκα τοῖς πρεσβυτέροις. ἠρνησάμην δεδωκέναι. Καλῶς, φησίν, πεποίηκας· ἔχω γὰρ ῥήματα προσθεῖναι. ὅταν οὖν ἀποτελέσω τὰ
ῥήματα
πάντα, διὰ σοῦ γνωρισθήσεται τοῖς ἐκλεκτοῖς πᾶσιν. γράψεις
οὖν δύο βιβλαρίδια καὶ πέμψεις ἓν Κλήμεντι καὶ ἓν Γραπτῇ. πέμψει οὖν Κλήμης
εἰς τὰς ἔξω πόλεις, ἐκείνῳ
γὰρ ἐπιτέτραπται. Γραπτὴ δὲ νουθετήσει
τὰς χήρας καὶ τοὺς ὀρφανούς»; «Scribes
ergo duos libellos, et mittes unum Clementi, ed unum Graptæ. Mittet autem
Clemens in exteras civitates; illi enim permissum est: Grapte autem commonebit
viduas et orphanos. Tu autem leges in hac civitate cum senioribus qui præsunt
Ecclesiæ» (Sant’Erma, Pastor, lib. I, Visio II,
cap. 4, § 3, in PG 2, col. 899A-900A, ora trad. it., introduzione e note di Antonio Quaquarelli (a cura di), I Padri Apostolici, Roma 19989,
p. 249; ed in trad. Id., Il Pastore di Erma, con Introduzione di Dag Tessore, Roma 2007, p. 23).
Vediamo qui una nuova prova della
sollecitudine universale che nutrivano fin da allora i primi Pontefici per il
governo della Chiesa cattolica tutta intera.
La lettura evangelica, secondo
l’elenco di Würzburg,
contiene la parabola dei talenti divisi tra i servitori; mentre il Messale di
san Pio V assegna un altro passo di san Matteo (24, 42-47), utilizzato dal
Comune dei Confessori Pontefici: Vigilate.
La missione di vegliare è
imposta particolarmente ai vescovi;
tanto che il loro stesso nome esprime in greco la sorveglianza che devono esercitare senza tregua sul loro gregge.
San Guido, che viveva nell’XI
sec., e che, dopo essere stato monaco a Farfa, diventò abate di San Clemente di
Casauria, in provincia di Pescara, morì, nell’anno 1045, in questo giorno,
dedicato al santo Titolare della sua abbazia. Questo beato trapasso avvenne nel
momento in cui il diacono cantava in chiesa il testo evangelico concernente il
fedele servitore che distribuiva il frumento ai suoi al tempo opportuno.
Quasi tutti i prefazi romani per la festa di san Clemente, con l’allusione ai suoi genitori, che perse e poi ritrovò, s’ispirano ai libri pseudo-clementini, detti Recognitiones (Pseudo-Clemente, Recognitiones, in PG 1, col. 1206 ss. Per il testo, in lingua italiana, v. Id., I ritrovamenti, trad. introduzione e note di Silvano Cola (a cura di), Roma 1993, passim). In questo testo si narra, in maniera romanzesca, la storia della famiglia di Clemente, composta dal padre Faustino, dalla madre Mattidia e dai figli gemelli Fausto e Faustino e dal più giovane Clemente. Varie circostanza, portano i membri del nucleo familiare a disperdersi finché, sempre avventurosamente, grazie ai viaggi missionari di Pietro, tutti quanto si ritrovano e si riconoscono. Da qui il titolo dell’opera (così ricorda Cola, Introduzione a Pseudo-Clemente, I ritrovamenti, cit., p. 17).
Quasi tutti i prefazi romani per la festa di san Clemente, con l’allusione ai suoi genitori, che perse e poi ritrovò, s’ispirano ai libri pseudo-clementini, detti Recognitiones (Pseudo-Clemente, Recognitiones, in PG 1, col. 1206 ss. Per il testo, in lingua italiana, v. Id., I ritrovamenti, trad. introduzione e note di Silvano Cola (a cura di), Roma 1993, passim). In questo testo si narra, in maniera romanzesca, la storia della famiglia di Clemente, composta dal padre Faustino, dalla madre Mattidia e dai figli gemelli Fausto e Faustino e dal più giovane Clemente. Varie circostanza, portano i membri del nucleo familiare a disperdersi finché, sempre avventurosamente, grazie ai viaggi missionari di Pietro, tutti quanto si ritrovano e si riconoscono. Da qui il titolo dell’opera (così ricorda Cola, Introduzione a Pseudo-Clemente, I ritrovamenti, cit., p. 17).
Bernardino Fungai, Miracolo di S. Clemente, 1498-1501, City Art Gallery, New York |
Bernardino Fungai, Martirio di S. Clemente, 1498-1501, City Art
Gallery, New York
|
Domenico Ghirlandaio, Madonna in trono con Bambino e Santi (SS. Clemente papa, Pietro, Paolo e Sebastiano), 1479 circa, Duomo San Martino, Lucca |
Martirio di S. Clemente, Refettorio, Basilica di S. Clemente al Laterano, Roma |
Pietro de Pietri, S. Clemente impone il velo a S. Domitilla, XVIII sec., Palazzo Barberini, Roma |
Sebastiano Conca, Miracolo di S. Clemente in Crimea, XVIII sec., Palazzo Barberini, Roma |
Giovanni Antonio Grecolini, Martirio di S. Clemente, XVIII sec., Palazzo Barberini, Roma |
Giovanni Odazzi, Traslazione del corpo di S. Clemente da parte dei SS. Cirillo e Metodio, XVIII sec., Palazzo Barberini, Roma |
Giuseppe Chiari, Gloria di S. Clemente, 1711, Palazzo Barberini, Roma |
Pier Leone Ghezzi, Martirio di S. Clemente, 1726, Pinacoteca vaticana, Roma |
Giovanni Battista Tiepolo, Visione di S. Clemente, 1730-35, National Gallery, Londra |
Giovanni Battista Tiepolo, Papa S. Clemente I adorante la Trinità, 1737-38, Alte Pinakothek, Monaco |
Tomba di S. Clemente e busto-reliquiario di S. Flavio Clemente, Basilica di S. Clemente, Roma |
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