Questo celebre missionario Napoletano, fulgida
gloria della congregazione dei Chierici Regolari istituiti da san Gaetano
Thiene, rientra a parte di quel gruppo meraviglioso di Santi i quali, come san
Carlo Borromeo, il beato Paolo di Arezzo, lo stesso san Gaetano, promossero il
sano movimento di riforma Cattolica, il di cui risultato è appunto
rappresentato dal Concilio Tridentino.
Sant’Andrea Avellino, già direttore spirituale del
seminario vescovile di Piacenza dove se ne custodisce tuttavia la memoria,
viene altresì invocato dai fedeli siccome celeste protettore contro gli
attacchi apoplettici e le morti improvvise; egli infatti morì in seguito ad un
attacco di apoplessia che lo sorprese all’altare, mentre ripeteva le parole del
Salmista: Introibo ad altare Dei (+ 1608). Fu canonizzato
nel 1712 ed inserito nel calendario nel 1725, con rito semidoppio e mentre la
memoria dei santi martiri Trifone, Respicio e Ninfa, che si celebrava in questo
giorno, fu ridotta al rango di mera commemorazione. La festa del Santo fu
elevata al rango di doppia a partire dal 1864.
Roma cristiana ha dedicato al nostro santo una
chiesa sita in zona Tomba di Nerone, sede parrocchiale istituita nel 1981 e
consacrata nel 1996.
La messa è del Comune dei Confessori: Os justi,
come il 23 gennaio per san Raimondo. Solo la prima colletta è propria e,
secondo l’uso moderno, fa la storia delle virtù del Santo, con un’applicazione
morale per i fedeli.
Nella
vita presente, la santità non è una forma o un abito già totalmente completo e
bello e fatto, che s’indossa una volta e poi non ci si pensa più. La grazia
battesimale depone in noi come in germe il Cristo, - quos
iterum parturio, donec formetur Christus in vobis (Gal.
4, 19) - che noi dobbiamo misticamente rivivere. Questo Cristo, è seme d’una
vita intensa ed esuberante, che cresce e si sviluppa sino a quella «mensura
ætatis plenitudinis Christi» (Ef. 4, 13) stabilita da Dio per ciascuno di noi.
Raggiunta che si abbia questa misura o conformità, la permanenza nostra quaggiù
non ha più scopo, ed al tempo succede allora l’eternità. Cosicché, noi stiamo
su questa terra come le statue nello studio d’uno scultore; compiuto che abbia
l’artista l’ultimo ritocco, il capolavoro va fuori del laboratorio e viene
collocato a quel posto per cui esso venne fatto.
Giovanni Lanfranco, S. Andrea Avellino, 1624, Chiesa di Sant’Andrea della Valle, Roma |
Parmigianino, Morte di S. Andrea Avellino, XVII sec. |
Ambito di Giovanni Battista Piazzetta, Morte di S. Andrea Avellino con i SS. Luigi Gonzaga e Francesco Saverio (?), 1712-54, Museum of Art Bath, Holburne |
Urna col corpo di S. Andrea Avellino, Basilica di San Paolo Maggiore, Napoli |
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