L’arte cristiana è solita rappresentare i beati
con l’emblema caratterizzante meglio l’aspetto speciale della loro santità. È
per questo che santa Gertrude è rappresentata con un cuore infiammato tra le
mani, perché, come ella abitò misticamente nel Sacro Cuore di Gesù, il
Salvatore dimorò in lei con la fede e con l’amore.
La missione di quest’illustre vergine
benedettina del XIII sec. fu molto simile a quella di santa Margherita Maria
Alacoque, che, d’altronde, nella sua luce profetica, ella annunciò e conobbe.
Tra le due mistiche vi è stata tuttavia una differenza: le grandi rivelazione
del Cuore di Gesù alla santa benedettina sono destinate a nutrire la pietà di
un gruppo scelto di anime privilegiate; mentre, quelle di Paray-le-Monial
devono diventare il tesoro di tutto l’universo cattolico. Sostanzialmente, l’oggetto
delle apparizioni da cui furono favorite le due veggenti è identico: è l’amore
ineffabile di Gesù, di cui il Cuore è l’organo ed il segno fisico. Ma, quanto
alla maniera di concepire questa
devozione, la formazione differente tra le due sante vi si rivela in modo
chiaro.
In un Ordine che, durante più
di sette secoli, era stato il pacifico erede della tradizione patristica, e
dove la liturgia cattolica era la fonte quasi esclusiva della vita spirituale,
Gertrude concepiva la devozione al Sacro Cuore di Gesù non tanto come una
devozione speciale, quanto come una comprensione più elevata del grande e
totale mistero del Cristo, il quale rivive nella Chiesa per mezzo della
liturgia cattolica. È l’amore stesso di Gesù che spiega ed illustra, nella
preghiera cattolica della Chiesa, tutto il dramma della sua incarnazione, i
battiti del suo Cuore.
La mistica di santa Gertrude è
fondata, difatti, esclusivamente sulla vita liturgica della famiglia cattolica.
Non conosce altre pratiche di devozione che l’ufficio divino e le messe solenni
che Gertrude cantava ogni giorno, con la cantrix Mechtildis – santa Matilde – e con la sua
comunità, nel coro dell’abbazia di Helfta. Le rivelazioni da cui fu favorita
dal Signore erano generalmente in relazione con questo Ufficio divino: ora Gesù
gliene spiegava il senso nascosto, ora le insegnava il modo più sublime di
adattarvisi e di riviverlo.
L’atmosfera che cinge l’anima
di Gertrude è generalmente luminosa e serena. Piuttosto che un abisso di
dolore, è un mistero di grazia e di amore che Gesù le rivela nel suo Cuore. Non
vede ancora questo Cuore divino cinto da una corona di spine, e non si sente
chiamata da Gesù alla vocazione particolare di vittima di espiazione per i peccati
del mondo, come più tardi sarà santa Margherita-Maria. È vero che talvolta il
Divin Cuore si mostra a lei trapassato, ma questa ferita è una porta d’oro
attraverso cui Gertrude si introduceva gioiosa nel santuario intimo della
Divinità, nella camera nuziale dello Sposo.
A somiglianza di san Giovanni,
che, nell’ultima Cena, mentre gli Apostoli si sentivano avvinti dal terrore all’annuncio
del tradimento di Giuda e della morte prossima di Gesù, riposava dolcemente sul
petto del Salvatore, la Benedettina di Helfta si immergeva nel Cuore del suo
Amato come in un bagno purificatore, un asilo dove nessuno poteva raggiungerla
per turbare la sua mistica contemplazione.
D’altro canto, ella considerava
il Divin Cuore come una coppa d’oro alla quale si inebriano tutti i beati; o,
meglio, vedeva una catena di oro che partiva dal Cuore del Salvatore e che
rendeva il mondo prigioniero dell’amore. Talvolta il Sacro Cuore sembrava un
incensiere fumante il cui incenso bruciava davanti al trono del Padre eterno, o
ancora un scrigno prezioso nel quale erano conservati tutti i meriti della
santa Incarnazione, meriti dai quali le anime potevano attingere liberamente.
Simbolo di dolore e di amore,
il sacro Cuore, che appariva alla veggente benedettina rappresentava meno una devozione
speciale, che non rifletteva quell’atteggiamento di affettuosa tenerezza verso
l’umanità adorabile del Redentore che la pietà cattolica aveva assunto in
Europa alla fine del Medioevo, dopo le aride disquisizioni teologiche dei
bizantini.
Gertrude è una delle figure più
autorevoli di questa corrente, ma non è la sola, neppure nella sua stessa
abbazia di Helfta, dove, sotto la guida della santa badessa Gertrude di Hackeborn
– troppo spesso confusa con la veggente omonima – vivevano e scrivevano dei
lavori di mistica, santa Mechtilde (o Matilde) ed un’altra Mechtilde, pur’ella
tanto insigne per i suoi meriti e per le rivelazioni celesti.
Se la devozione al Sacro Cuore
di Gesù, come fu coltivata nel XIII sec. nel monastero di Helfta, riflette
perfettamente l’antica spiritualità dell’ordine di San Benedetto, le grandi
rivelazioni fatte a santa Margherita Maria sono più in armonia con la
psicologia dei tempi nuovi, in quel momento eccezionale della vita della Chiesa
all’antivigilia della Rivoluzione francese.
Gertrude stessa aveva
intravisto la missione importantissima dell’umile discepola di san Francesco de
Sales, un giorno che, con san Giovanni l’evangelista, era stata invitata da Gesù
a riposare sul suo petto. Sentendo l’armonia dei battiti di quel Cuore
adorabile, la Santa di Helfta chiese all’Apostolo dell’amore perché, nel suo
Vangelo, non avesse svelato al mondo i tesori di luce e di misericordia che
aveva scoperto, durante il suo mistico riposo sul petto del Salvatore nell’ultima
Cena. Giovanni rispose che questa nuova e più toccante rivelazione erano state
rimesse ad un’epoca più tardi, quando il mondo avrebbe toccato il fondo dell’abisso
della malizia, così che per trarlo fuori Dio avrebbe dovuto ricorrere alle
supreme risorse del suo invincibile amore.
Tale è il motivo per il quale,
nella storia del culto del sacratissimo Cuore di Gesù, piuttosto che di parlare
di nuova devozione, si deve tener conto tanto delle tradizioni mistiche dell’antica
famiglia benedettina, quanto dei meriti acquistati nell’apostolato del Sacro
Cuore dalle congregazioni religiose più recenti, senza opporre devozione a devozione,
poiché tutto sviluppano ed illustrano l’unica pietà cattolica. Come l’Incarnazione,
come l’Eucaristia, il Sacro Cuore di Gesù è un tesoro comune a tutta la Chiesa
e non può dunque diventare il monopolio esclusivo di una famiglia particolare.
Gertrude rassomiglia a santa Margherita Maria e le rivelazioni fatte alle
veggenti benedettine di Helfta ricevettero il loro esatto compimento in quelle
da cui fu favorita, quattro secoli più tardi, l’eroica figlia della
Visitazione.
Gertrude
nacque il 6 gennaio 1256; a cinque anni entrò nell’abbazia di Helfta; a
venticinque ella fu gratificata dal carisma delle rivelazioni, ricevendo quella
che ella stessa definì nei suoi scritti come “illuminazione”; verso la fine
della sua vita, meritò di ricevere le stigmate e morì verso il 1302, a
quarantasei anni. Il suo culto fu riconosciuto nel 1606 dal papa Paolo V. La festa
fu estesa da Innocenzo X a tutto l’ordine benedettino nel 1678 ed iscritta nel
martirologio romano lo stesso anno. Clemente XII ne fissò una festa doppia nel
1738 fissandola alla data del 17 novembre, poi anticipata al 15 nel 1739. La
motivazione data da Dom Guréanger nel suo commento su San Gregorio Taumaturgo al 17 novembre è la seguente: «Quando Clemente XII, come abbiamo veduto, stabilì per la Chiesa
universale la festa di santa Gertrude, la fissò a questo giorno, in cui continuano
a celebrarla i Benedettini. Ma, dice Benedetto XIV, dato che il 17 novembre è
da molti secoli dedicato al ricordo di Gregorio taumaturgo, è parso opportuno
ammettere che colui che cambiava posto alle montagne, non dovesse perdere il
posto per lasciarlo alla vergine e così dal 1739, che seguì la istituzione
della nuova festa questa fu, per l’avvenire, celebrata il 15 dello stesso mese».
L’iscrizione nel calendario di sant’Alberto
Magno ha fatto sì che la festa della Santa fosse nuovamente spostata al 16 novembre,
sempre col rango doppio.
La messa Dilexisti è la stessa del 10
febbraio per Santa Scolastica, salvo la prima colletta che fa allusione alle
parole che Gesù indirizzò un giorno a santa Gertrude: «In alcun altro luogo io
non mi trovo così bene che nel seno del mio Padre celeste, nel sacramento dell’Eucaristia
e nel tuo cuore, o mia sposa amatissima».
Racconta la Santa nel Legatus divinæ pietatis, testo suggerito da
Gesù stesso, solitamente tradotto L’Araldo del divino amore, che un giorno,
mentre ella, a causa delle sue infermità, non poté assistere, con le
consorelle, alla conferenza spirituale (predica), Gesù le apparve e le spiegò che Egli operava
così la salvezza degli uomini. Col primo battito, le disse, appagava il Padre
eterno irritato contro i peccatori, scusando la loro malizia e spronandoli alla
contrizione. Col secondo, si rallegrava con il Padre dell’efficacia del suo
sangue versato per la salvezza dei giusti ed attirava soavemente i buoni ad
agire con una perfezione sempre maggiore. E come le operazioni dei sensi non
possono impedire al cuore umano di battere, così il governo di tutto l’universo
non potrebbe rallentare mai nel suo Cuore quelle due pulsazioni di misericordia
verso i giusti e verso i peccatori.
Riportiamo questo mirabile dialogo.
Il Signore le disse: «O mia diletta, vuoi che te la faccia io la predica?». La Santa accettò ed il Signore la avvicinò al suo Cuore, da dove intese quasi due battiti. Gesù le spiegò: «Ciascuno di questi battiti opera la salvezza degli uomini in tre modi. Col primo battito – che opera la salvezza dei peccatori – invoco incessantemente Dio Padre, lo placo e lo induco a misericordia. Poi parlo a tutti i miei santi e dopo aver perorato davanti ad essi la causa dei peccatori li eccito a pregare per loro. Infine mi rivolgo al peccatore stesso e lo invito misericordiosamente a penitenza, aspettando poi la sua conversione con un desiderio ineffabile. Col secondo battito – che opera la salvezza dei giusti – invito anzitutto Dio Padre a rallegrarsi con me per il sangue che così efficacemente ho sparso per la redenzione degli eletti, nella cui anima prendo ora le mie delizie. In secondo luogo eccito la milizia celeste a celebrare l’ammirabile vita dei giusti e a ringraziarmi per tutti i benefici che ho loro concessi e che ancora concederò. Infine mi rivolgo ai giusti stessi, attestando loro il mio amore ed eccitandoli a progredire di giorno in giorno e di ora in ora nella virtù. E come il battito del cuore umano non si interrompe mai per alcuna azione che si compia, così neppure l’azione della mia Provvidenza che governa il cielo, la terra e l’universo intero, potrà mai sospendere o rallentare per un istante questo doppio battito del mio cuore» (Cfr. Santa Gertrude la Grande, L’araldo del Divino Amore – Rivelazioni, lib. III, cap. § 51).
Il Signore le disse: «O mia diletta, vuoi che te la faccia io la predica?». La Santa accettò ed il Signore la avvicinò al suo Cuore, da dove intese quasi due battiti. Gesù le spiegò: «Ciascuno di questi battiti opera la salvezza degli uomini in tre modi. Col primo battito – che opera la salvezza dei peccatori – invoco incessantemente Dio Padre, lo placo e lo induco a misericordia. Poi parlo a tutti i miei santi e dopo aver perorato davanti ad essi la causa dei peccatori li eccito a pregare per loro. Infine mi rivolgo al peccatore stesso e lo invito misericordiosamente a penitenza, aspettando poi la sua conversione con un desiderio ineffabile. Col secondo battito – che opera la salvezza dei giusti – invito anzitutto Dio Padre a rallegrarsi con me per il sangue che così efficacemente ho sparso per la redenzione degli eletti, nella cui anima prendo ora le mie delizie. In secondo luogo eccito la milizia celeste a celebrare l’ammirabile vita dei giusti e a ringraziarmi per tutti i benefici che ho loro concessi e che ancora concederò. Infine mi rivolgo ai giusti stessi, attestando loro il mio amore ed eccitandoli a progredire di giorno in giorno e di ora in ora nella virtù. E come il battito del cuore umano non si interrompe mai per alcuna azione che si compia, così neppure l’azione della mia Provvidenza che governa il cielo, la terra e l’universo intero, potrà mai sospendere o rallentare per un istante questo doppio battito del mio cuore» (Cfr. Santa Gertrude la Grande, L’araldo del Divino Amore – Rivelazioni, lib. III, cap. § 51).
Lucas Valdés, Ispirazione di S. Gertrude, 1677, Chiesa del Real Monasterio de San Clemente, Siviglia |
Isidoro Arredondo, Visione di S. Gertrude con S. Agostino e la Trinità, 1673 circa, The Bowes Museum, Barnard Castle, County Durham |
Giovanni Battista Gaulli detto Il Baciccio, S. Gertrude riceve la comunione dalle mani di Cristo, 1690-1700, Musée du Louvre, Parigi |
Miguel Cabrera, S. Gertrude, 1763, Dallas Museum of Art, Dallas |
Autore peruviano, S. Gertrude, XVIII sec., collezione privata |
Nessun commento:
Posta un commento