Nella memoria di S. Giovanni
della Croce, rilanciamo volentieri quest’intervento-appello di don Nicola Bux,
affinché il prossimo “Giubileo” non si trasformi in un’esaltazione della
misericordia senza conversione … .
José Joaquín Magón, Imposizione dell'abito carmelitano a S. Giovanni della Croce, XVIII sec., Cappella di S. Giovanni della Croce, Templo Conventual de Nuestra Señora del Carmen, Puebla |
José Joaquín Magón, Messa di S. Giovanni della Croce, XVIII sec., Cappella di S. Giovanni della Croce, Templo Conventual de Nuestra Señora del Carmen, Puebla |
José Joaquín Magón, S. Giovanni della Croce lotta contro i demoni, XVIII sec., Cappella di S. Giovanni della Croce, Templo Conventual de Nuestra Señora del Carmen, Puebla |
José García Hidalgo, Levitazione o Estasi dei SS. Teresa d'Avila e Giovanni della Croce nel Monastero dell'Incarnazione ad Avila, 1675 circa, Museo de Segovia, Segovia |
Giubileo, appello a papa
Francesco: «Deve essere un chiaro invito alla conversione»
di Nicola Bux
Mentre i politici occidentali
parlano di strategia di lungo periodo per fronteggiare il terrorismo islamista,
e ricorrono all’armamentario dei valori della convivenza, della solidarietà,
della tolleranza, del dialogo, ormai mummificati, i giovani europei muoiono nel
corpo e nell’anima; anche tra i cattolici non si vuol risalire alle cause che
inducono tanti ragazzi, in cerca di idee forti, ad arruolarsi nelle file dei
musulmani, ed altri, succubi del pensiero debole, a inseguire i miti progressisti,
al punto che, quando uno di loro muore, non si sa dire altro che ‘era solare’ –
che significa? -, spegnendo l’interrogativo sulle condizioni dell’anima al
momento della morte.
La Chiesa cattolica, “vessillo issato tra le nazioni e strumento di
salvezza per tutti i popoli” a cosa è chiamata? Seguendo l’Omelia di un autore
del II secolo, riprendo questo appello: “Fratelli, prendiamo questa bella
occasione per far penitenza, e mentre ne abbiamo tempo, convertiamoci a Dio che
ci ha chiamati e che è pronto ad accoglierci. Se lasceremo tutte le voluttà e
non permetteremo che la nostra anima rimanga preda dei cattivi desideri, saremo
partecipi della misericordia di Gesù”.
Giovanni Paolo II richiamava le
visioni di santa Faustina, che dinanzi al
purgatorio, esclama: “una prigione di dolore”, della quale il Signore le fece intendere:
“La mia misericordia non vuole questo, ma lo esige la giustizia”.
Sembra, quindi, che non si possa
ottenere misericordia senza conversione, altrimenti Dio non sarebbe giusto, né in questo mondo né, soprattutto,
nell’altro: “La Misericordia esige, prima di inondarci della sua benevolenza,
la verità, la giustizia e il pentimento. In Dio la misericordia si fa perdono”
(R. Sarah, Dio o niente,
Siena 2015, p. 266). È il Vangelo di Gesù Cristo!
Gli avvenimenti tragici di
Parigi, con le minacce a Roma, portano a rivolgere l’appello al suo Vescovo, il Papa, che il Giubileo
dichiari meglio l’intento per il quale fu istituito: l’invito alla conversione
di tutti gli uomini per ottenere indulgenza, ossia misericordia dal Signore; un
invito supplice, innanzitutto ai cristiani, affinché rinnovino la rinuncia
battesimale ad ogni connivenza col mondo e guardino a Gesù Cristo, l’unica “porta
santa” attraverso cui entrare nella vita eterna, come egli stesso ha detto. Bisogna
che tale annuncio evangelico non escluda alcun uomo, perché è l’unico ‘dialogo’
che il Signore vuole - lo attestano i vangeli - e che Egli stesso ha intessuto
con uomini e donne di ogni tipo: giusti e peccatori, ebrei e samaritani, romani
e greci. È il dialogo che dichiara la necessità della conversione di tutto il
mondo al Signore Gesù, per la salvezza dell’anima in terra e soprattutto in
Cielo.
Che Gesù Cristo sia il principio
e il fine del rapporto col mondo, lo dichiarò Giovanni XXIII nel discorso di apertura del Concilio Vaticano
II: «Il grande problema posto davanti al mondo, dopo quasi due millenni, resta
immutato. Il Cristo, sempre splendente al centro della storia e della vita; gli
uomini o sono con Lui e con la Chiesa sua e allora godono della luce, della
bontà, dell’ordine e della pace; oppure sono senza di Lui, o contro di Lui, e
deliberatamente contro la sua Chiesa: divengono motivo di confusione, causando
asprezza di umani rapporti e persistenti pericoli di guerre fratricide».
La Chiesa di Gesù Cristo, che
sussiste nella Chiesa cattolica, è stata costituita e inviata ad attuare questo dialogo che consiste nel
proclamare che l’uomo si salva solo se crede nel Signore Gesù: ebrei e pagani,
musulmani e buddisti, atei e agnostici: nessuno può essere esentato dalla conversione.
È l’invito che scaturisce dal Cuore di Cristo, affinché tutti si salvino e
giungano alla conoscenza della verità. Se il parlare della misericordia - che è
un aspetto della carità – non fosse finalizzato alla conversione, non
servirebbe a nulla, come ha ricordato san Paolo nel celebre “inno alla carità”.
Se la Chiesa non fa questo annuncio, tradisce il mandato del suo Fondatore.
Non serve discettare se vi siano
musulmani moderati o fondamentalisti o fanatici, e sociologismi simili: chi conosce il Corano e gli hadith
di Muhammad sa bene cos’è l’islam; né serve ricorrere alla teoria rahneriana
dei cristiani anonimi, stigmatizzata da Hans Urs von Balthasar, per sostenere
la necessità del dialogo senza alcun intento di conversione: sarebbe alimentare
l’insipienza di tanta parte della cristianità, come amava dire il cardinal Giacomo
Biffi. Decenni di dialogo da parte cattolica, sostituendo la missione di
annunciare Gesù Cristo, non evita la persecuzione, perché questo è lo statuto ordinario
dei cristiani: «Hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi»; senza dimenticare
che la persecuzione è una beatitudine proclamata da Cristo. Invece, sta
accadendo ciò che descrive il cardinal Sarah: «Mentre i cristiani muoiono per
la fede e la loro fedeltà a Gesù, in Occidente, degli uomini di Chiesa cercano
di ridurre al minimo le esigenze del Vangelo» (ibidem, p. 369).
Il Giubileo veda i vescovi e i
sacerdoti spiegare che la misericordia del
Signore e il Suo perdono, si può sperare di ottenerli solo osservando i Comandamenti,
abbandonando ogni condotta malvagia, scisma ed eresia. Dio si è fatto vicino, abita
in mezzo a noi, non è un Essere lontano e impersonale; il cattolico non
professa un vago deismo: dopo l’Incarnazione, sarebbe imperdonabile. Non si può
mescolare al giusto culto da dare a Dio - è anche il primo comandamento della
carità, insegnato da Gesù -, forme che imitino gli spettacoli mondani. Si deve
difendere la famiglia da contraffazioni di cui ci si deve solo vergognare. Non
si deve uccidere il prossimo per poter possedere; profittare dei poveri - che
saranno sempre con noi - per risuscitare il pauperismo; mistificare con la
menzogna la verità, il male col bene; spadroneggiare su persone e cose altrui.
Senza la conversione, la misericordia non fa scomparire vizi e peccati, specie
quelli capitali, nei quali molti stabilmente vivono.
Bisogna che il Giubileo rilanci l’esercizio
delle virtù teologali e cardinali fino al grado eroico, cioè esorti alla santità, e per questo inviti a
ritornare ai Sacramenti che sono lo strumento ordinario della Grazia divina.
Bisogna praticare le opere di misericordia corporale senza omettere - anzi, di
questi tempi, anteponendole -, quelle spirituali a cominciare dalle prime tre:
consigliare i dubbiosi, insegnare agli ignoranti, ammonire i peccatori.
Nel giorno del Giudizio, da
quello particolare dopo la morte a quello universale, ci sarà chiesto se avremo osservato tutti i
Comandamenti e i precetti della Chiesa, in primis se saremo andati a Messa,
fons et culmen del giusto culto a Dio, che è appunto l’Eucaristia, il vero
atto di carità verso Colui che si è fatto povero per renderci ricchi. Memori di
Colui che ha detto: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue, ha la vita
eterna, ed io lo risusciterò nell’ultimo giorno”(Gv 6,54).
Dunque: “Non anteponiamo assolutamente nulla a Cristo, che ci
conduca tutti insieme alla vita eterna” (San
Benedetto, Reg. n. 72).
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