In un momento di
forte crisi e scandali, che hanno attinto pure l’ordine del Carmelo nell’Urbe,
va ribadita quella che è la spiritualità carmelitana, fatta di silenzio, di
preghiera e di clausura, tanto da far chiamare i carmelitani, che non hanno
ceduto alle lusinghe della modernità e son rimasti fedeli alla regola
originaria della riforma dei SS. Teresa d’Avila e Giovanni della Croce, “alunni
della morte” (cfr. qui).
Nella festa della Manifestazione
della Beata Vergine Maria Immacolata della Medaglia Miracolosa, rilancio questo
contributo tratto da Chiesa e postconcilio.
Il silenzio del
Carmelo, pegno di vittoria
“Tu che conosci
colui che in questo istante sta peccando, colpisci me per lui, e così forte che
possa pentirsi”. (Una monaca carmelitana, tratto dal radio-documentario Clausura di
Sergio Zavoli, 1958)
“Chi non crede
alla preghiera non può considerarci che impostori o parassiti della società. Se
lo dicessimo più francamente al mondo ci faremmo capire meglio”.
(I dialoghi delle
carmelitane, George Bernanos)
In questi giorni di
fragore e desolazione, le nostre anime non possono che essere intorbidite e
soffocate dal livore mediatico e dalle propaggini di odio indiretto verso la
Chiesa e la Fede cattolica. Dedurne i motivi è piuttosto facile: dove non
abbiamo letto le accuse sommarie, le presunte condanne infallibili verso le
crociate e verso il passato militante della cristianità?
Dove non abbiamo
letto, con sguardo perplesso, considerazioni storiche sull’evoluzione del
‘sentimento della violenza’ nel mondo cristiano, il quale con l’avvento dei
Lumi – dal chiarore opaco – è stato ricondotto nei ranghi di una giusta morale?
Abbiamo esitato, abbiamo provato vergogna, spesso per viltà non ci siamo saputi
difendere. Molto più spesso, e cosa ancor più grave, non abbiamo avuto prìncipi
e generali degni per poterci difendere. Esiste, tuttavia, nel cuore della
Chiesa, anche durante questa tempesta devastatrice, un luogo di speranza, un
esercito orante di intrepide anime senza paura. La sua storia ha origini
lontane, così lontane da indurre a pensare che esso sia sempre esistito. È
l’ordine dei fratelli della Beata Vergine Maria del Monte Carmelo; l’intera
famiglia carmelitana che con la grande riforma teresiana del 1500 si è imposto
come uno dei pilastri portanti della Santa Chiesa.
Sul modello del profeta Elia – considerato dai suoi figli
padre dell’ordine – ben presto i monaci eremiti si ritirarono nei primi secoli
della cristianità sul monte Carmelo, in Palestina, per onorare in modo tutto
particolare la Beata Vergine Maria. Nel 1251, il 16 luglio, la Regina degli
Angeli concesse a coloro che già si degnavano dell’onore dell’appellativo di
‘fratelli della Beata Vergine’, un pegno di amore : lo scapolare, conosciuto
anche come ‘abitino della Madonna’. Esso è costituito da due rettangoli
in lana bruna uniti da due cordicelle; il suo nome che deriva dal latino scapula (“spalla”)
ne indica le modalità di vestizione – sulle spalle appunto. Si tratta in
effetti di una riduzione del grande scapolare portato dagli stessi frati. A
questo semplice oggetto, la Santa Vergine ha annesso la promessa della salvezza
eterna per coloro che ne saranno rivestiti al momento della morte. Da sempre
per secoli e secoli la Cristianità, nell’espressione autorevole dei Sommi
Pontefici, si è affidata a quest’arma potente al pari del Santo Rosario offerto
dalla Madre del Cielo all’ordine domenicano[1].
Nonostante la
fiorente diffusione e solidità dell’ordine, che nello scapolare aveva trovato
un segno di protezione celeste e di elezione mariana, dopo lunghi secoli i
frati eremiti furono costretti a spostarsi in Europa. Essi dovettero abbandonare
la vita solitaria e la meditazione costante della legge divina a causa
dell’invasione maomettana in Oriente. Giunsero, così, in Europa dove col
passare del tempo e in seguito ai grandi sconvolgimenti storici che colpirono
la Cristianità tra il Basso Medioevo e l’inizio dell’età moderna, i religiosi
invocarono la necessità di mitigare la regola dell’ordine al fine di
consacrarsi più efficacemente alla vita apostolica. Nel 1431, SS. papa Eugenio
IV accordò all’ordine una revisione degli statuti (detta anche “regola mitigata”).
Quando nel 1535
Térésa de Ahumada (la futura santa Teresa D’Avila) entra nel monastero della
sua città, obbedisce, appunto, a questa regola. Dopo venti anni di vita
monastica, sollecitata da grazie mistiche e vinta in una lunga battaglia
interiore dalla volontà del Signore, la grande mistica spagnola, sostenuta da
San Giovanni della Croce, opera finalmente l’imponente opera di riforma
dell’ordine che ci donerà il Carmelo tale quale noi lo conosciamo oggi. Da
allora, l’ordine non ha conosciuto crisi (se si eccettuano alcune deviazioni
degli ultimi cinquant’anni), ma ha anzi moltiplicato il numero di anime sante
offerte alla Chiesa: Teresa di Lisieux, le martiri carmelitane di Compiègne,
Elisabetta della Trinità, Maria di Gesù Crocifisso, Edith Stein per citare solo
alcuni nomi.
Al di là delle
ricostruzioni storiche, sarà forse di più utile sostegno spirituale definire le
finalità proprie del Carmelo. La gravità del momento storico sembra imporcelo e
– quasi – suggerircelo, persi come siamo nel chiasso del mondo secolare e della
tragicità degli eventi.
Il Carmelo (il cui
significato in ebraico è ‘giardino di Dio’) è sostanzialmente l’ordine
di Maria. Esso non potrebbe esistere senza la Sua materna protezione e possiamo
dire – non senza audacia – che l’ordine trovi anzitutto in Lei la Sua
fondatrice. Questa consustanzialità nella vita religiosa non si manifesta nella
pratica devozionale (che di per sé è molto semplice e spoglia, piuttosto
dissimile dall’amore liturgico tipico dell’ordine benedettino ad esempio), ma
in un’attitudine diffusa e aleggiante nella vita di ogni membro dell’ordine.
Maria è la più grande orante, la più coraggiosa penitente,
la più profonda contemplativa, la più fine teologa:
queste quattro finalità sono racchiuse nella vita del Carmelo. Esse devono
essere perseguite e offerte per la Chiesa. I sacrifici e le orazioni
dell’ordine trovano, infatti, nei sacerdoti e nel corpo apostolico (teologi,
predicatori, pontefici) il proprio fine ultimo. I figli del Carmelo non fanno
altro che perpetuare la Passione di Maria ai piedi della Croce : come la Santa
Madre vide nel sangue e nell’acqua sgorgati dal costato di Nostro Signore Gesù
Cristo, il senso e l’oggetto della Sua missione – ovvero la Chiesa, sposa mistica
di Suo Figlio – accettandone la proposta di maternità divina, così ogni figlio
e figlia del Carmelo rivive nella propria anima questa particolare forma di
oblazione e donazione di tutte le facoltà personali.
La vita del Carmelo è
semplice quale lo scapolare che ne contraddistingue i membri. La grande
austerità richiesta dalla regola (il silenzio è obbligatorio ad eccezione di
due ricreazioni quotidiane in cui è concesso parlare, il digiuno monastico –
che prevede l’astinenza perpetua dalle carni – si protrae per otto mesi l’anno,
le doppie grate e il velo nero – che simboleggiano la clausura nel ramo
femminile – impongono il distacco dal mondo esterno) è vissuta nella gioia e
nella semplicità di giornate sempre uguali che prefigurano l’ineffabile
Eternità. Nel ramo femminile dell’ordine questo aspetto è sensibilmente
evidente, pur nei limiti di ciò che è concesso di vedere al mondo al di qua
delle grate. Nel grande giardino degli ordini religiosi, la fisionomia del
Carmelo si staglia proprio per la sua semplicità, che è una caratteristica da
sempre attribuitagli: esso richiama l’infinita e imperscrutabile semplicità di
Dio nella Santissima Trinità.
L’unicità della vita
al Carmelo risiede particolarmente nell’orazione. Le costituzioni prescrivono
due ore al giorno di orazione silenziosa. Si tratta di un pio esercizio o, per
usare le parole di Santa Teresa d’Avila, di un “dolce commercio dell’anima, con
Colui dal quale si sa di essere amati” : l’orazione è, in effetti, una
meditazione prolungata in cui l’anima si rivolge con la libertà propria dei
cristiani al suo Creatore. Essa con la mortificazione dello spirito e con una
pratica eroica dell’obbedienza (definita da San Giovanni della Croce “la
penitenza della ragione”) definisce i tratti essenziali della vita carmelitana.
Il suo scopo è non solo la santificazione personale, ma, soprattutto, la
salvezza delle anime e la libertà della Chiesa. Per un solo dialogo d’amore,
per il sospiro di una singola monaca, per la consolazione di un solo istante,
il Divin Prigioniero trova riposo e pace nelle anime rinchiuse nel sacro
giardino.
Nel 1958, il
giornalista Sergio Zavoli con il suo radio-documentario Clausura dà voce al
Carmelo nei mezzi di comunicazione dell’epoca [2] (o è piuttosto il Carmelo a
raggiungere, attraverso i misteri della Provvidenza divina, il mondo moderno).
Per la prima volta gli ingombranti macchinari radiofonici valicano le mura di
un monastero di clausura attraverso grate e ruote, mentre le religiose si occupano
della registrazione e del commento delle consuetudini della vita monastica.
Anche i frutti delle orazioni sono catturati dalla ripresa audio. La citazione
in esergo a questo scritto ne è una prova. Essa riassume tutto lo spirito del
Carmelo. Tra le chiacchiere mondane, tra il fracasso mediatico, tra l’inutilità
degli sproloqui di politici e uomini dotti, il silenzio delle monache
carmelitane brilla per eloquenza e nobiltà. Non vi è altra aspirazione per una
monaca carmelitana se non di offrire se stessa a Dio per la salvezza del genere
umano, sul modello di Cristo e della Sua Madre. Una preghiera silenziosa, che
sboccia come un fiore all’interno di una vita tutta interiore, il vero giardino
di Dio nelle nostre anime. Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente (Lc,
I, 49): nessuno potrà mai sondare in modo perfetto e profondo cosa ha operato
il Creatore nell’anima della più amata fra tutte le creature, la Vergine Maria.
Ciononostante, la Vergine ci indica una via regale di santità che sta nel
nascondimento e nella lode costante del creatore. Per una carmelitana conformarsi
a questa verità rivelataci dalle Scritture è la più santa e ammirabile delle
ambizioni, poiché ha come modello la vita della Madre di Dio. Ciò ci permette
altresì di capire quanto Dio si compiaccia, in ragione della Sua somma bontà,
della preghiera silenziosa, della dichiarazione di amore spontanea, semplice e
sincera di ciascuno di noi. La vita interiore intesa come unione perfetta
nell’orazione costituisce la bellezza e la forza stessa del Carmelo. Nel
racconto della sua vita, Santa Teresa D’Avila riporta che durante un dialogo
col Signore, Egli disgustato dai disordini della società, dall’eresia e dalla
tiepidezza degli uomini di Chiesa abbia detto: “Avrei distrutto il mondo, se
non fosse per otto tue consorelle che sono sante”. A quali vette di carità e
fede fossero arrivate queste otto prigioniere di Dio (spesso anche chiamate, a
causa della reclusione, alunne della morte) non ci è dato sapere.
Tuttavia, possiamo trarre da quest’episodio un grande insegnamento: Dio
elargisce grazie con infinita generosità a coloro che – anche se pochi in
numero – si affidano a lui con fiducia. Sostenuto dall’amore di Maria, il
Carmelo e i suoi figli continuano la loro silenziosa battaglia e la loro
esistenza è per noi pegno e sicurezza di vittoria in questa epoca infame, giacché
Dio mai rifiuterà la preghiera di coloro che hanno compreso in profondità che
tra le Sue più grandi consolazioni vi è quella di vedere la Sua Santa Madre
amata, onorata e servita come fece Suo Figlio su questa terra.
Zelo zelatus sum pro
Domino, Deo exercituum, quia dereliquerunt pactum tuum filii Israel, altaria
tua destruxerunt et prophetas tuos occiderunt gladio; et derelictus sum ego
solus, et quaerunt animam meam, ut auferant eam. (Liber Regum I, 19, 10-11)
“Sono pieno di zelo
per il Signore degli eserciti, poiché gli Israeliti hanno abbandonato la tua
alleanza, hanno demolito i tuoi altari, hanno ucciso di spada i tuoi profeti.
Sono rimasto solo ed essi tentano di togliermi la vita” (motto dell’Ordine dei
fratelli della Beata Vergine Maria del Monte Carmelo)
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[1] Congiuntamente al
‘privilegio sabatino’ (la promessa della Vergine di liberare il sabato
successivo alla morte chiunque portasse lo scapolare – le cui condizioni furono
stabilite dai pontefici), lo scapolare è stato da sempre largamente consigliato
dai papi. Lo scapolare e il privilegio sabatino non sono una prerogativa dei
religiosi carmelitani. La Vergine stessa a Fatima ha suggerito e fortemente
esortato i fedeli a questa particolare devozione, tra i cui frutti vi è quello
di beneficare delle preghiere e dei sacrifici dell’intera famiglia carmelitana.
Esiste inoltre un terz’ordine secolare carmelitano, in cui i laici si impegnano
in una più intensa vita di orazione e di preghiera (che prevede ad esempio la
recitazione del Piccolo Ufficio della Vergine). Per maggiori informazioni
http://www.unavox.it/ScapolareDelCarmelo.htm.
[2] Due versioni del
radio-documentario (del 1958 e del 1988) sono reperibili su Youtube : https://www.youtube.com/watch?v=jJSNp4Ax26Y, https://www.youtube.com/watch?v=_CWn05mQR8o.
[Fonte]
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