Una lettura spiritualmente edificante. Quasi un’oasi
quella che ci propone don Marcello Stanzione in questo suo contributo, che fa
crescere la devozione verso la Santa Infanzia del Divin Bambino.
Michelangelo Buonocore, Visione di S. Gaetano, 1733, collezione privata |
Gaetano Gandolfi, Visione di S. Gaetano, 1775, Fondazione Cassa di Risparmio di Cento, Cento |
La visione natalizia di san Gaetano di Thiene
di Don Marcello Stanzione
Giovanni Lanfranco, La Vergine appare a S. Gaetano Thiene, 1620-30 |
San Gaetano di Thiene (1480- 1547) è venerato come il “Santo della
Provvidenza” per la sua illimitata fiducia in Dio e perché dedicò la propria
esistenza al servizio dei poveri, degli ammalati e degli indifesi tanto da
fondare un Istituto con questo scopo. Per il suo zelo per la salvezza delle
anime venne anche soprannominato “cacciatore di anime”.
Discendente della famiglia dei conti di Thiene nei presi di Vicenza,
rinunciò alla carica che gli era stata offerta a Roma; ai posti d’onore preferì
la compagnia dei poveri e degli esclusi. A Roma egli c’era già stato perché,
dopo la laurea in materie giuridiche conseguita a Padova, venne chiamato come
segretario particolare del Papa con l’incarico di scrittore delle lettere
pontificie, un compito che gli fece conoscere persone importanti. Egli non si
lasciò abbagliare dallo splendore della corte pontificia, né si scoraggiò di
fronte al disordine diffuso – ripeteva: «Roma un tempo santa, ora è una
Babilonia» – anzi, illuminato da Dio, cominciò a riformare prima se
stesso e poi la comunità cristiana. …
Egli,
oltre ai suoi compiti di Curia, cominciò ad assistere gli ammalati
dell’ospedale di san Giacomo e si iscrisse all’Oratorio del Divino Amore, a
trentasei anni divenne sacerdote e il giorno di Natale del 1516 celebrò la sua
prima Messa nella basilica di S. Maria Maggiore. Durante la celebrazione della
Messa, a Gaetano apparve la Madonna che gli depose tra le braccia il bambino
Gesù; per questo egli è raffigurato nell’arte e nelle immagini devozionali con
Gesù Bambino tra le braccia.
Come
vivesse, ce lo dice un testimone oculare, certo don Enrico Danese: «Era
irreprensibile, casto, mansueto, misericordioso e pieno di ogni pietà verso gli
infermi. Con le sue proprie mani li cibava e custodiva e serviva. In quanto alla
sua camera era povera: c’era un povero saccone di paglia dove riposava, con un
cuscino, un tavolino con uno sgabello per sedere, con alcuni libretti e una
figura di carta. Lo vestire suo era di panno grosso, con calzette di cordicella
bianca, con calzoni alla veneziana …».
Don
Gaetano svolgeva l’ammirevole azione di assistenza spirituale e materiale
nell’ospedale di San Giacomo. Ma egli e i confratelli del “Divino Amore”
sapevano e vedevano quanti ammalati, tanto gravi da essere ritenuti incurabili,
vagavano schivati da tutti, per la città. Pungolati da don Gaetano, i
confratelli, che per le cariche civili e religiose occupate avevano voce presso
le autorità, riuscirono, superando mille ostacoli, ad ottenere importanti
sovvenzioni da dedicare agli incurabili. Il ricovero offerto ai derelitti,
miseri, stracciati e ripudiati, fu una non reclamizzata, ma certo tanto apprezzata,
affermazione della confraternita del Divino Amore.
I
limiti di questo scritto vietano di dire tutto quanto andrebbe pur detto sul «fuoco
bruciante e illuminante», che caratterizzò il primo anno di sacerdozio di
don Gaetano. Ma del premio che egli ricevette nella notte di Natale del 1516
non si può tacere. Stava pregando in Santa Maria Maggiore, e precisamente nella
cappella del Presepio (dove si conservano, inseriti in una magnifica culla di
materiali preziosi, alcuni legni della culla di Gesù) allorquando mosse, con
gesto apparentemente illogico, le braccia verso l’immagine di Maria col Figlio.
Successe allora l’incredibile: la Vergine Maria posò, sulle braccia tese di don
Gaetano, «quel tenero fanciullo, carne e vestimento dell’eterno Verbo».
Questo
fatto straordinario lo apprendiamo da una lettera, che lo stesso protagonista
scrisse un mese dopo, alla suora bresciana Laura Mignani, donna di altissimi
meriti, tanto che don Gaetano e altri sacerdoti, senza conoscerla di persona,
se ne erano fatti figli spirituali. Raccontata la visione, don Gaetano la
commenta così: «…Duro era il mio cuor ben lo crederete, perché certo non
essendosi in quel punto liquefatto, segno è che è di diamante». E
sospirava: «Pazienza!». La visione, sempre su testimonianza del
protagonista, si ripeté nelle due feste della Circoncisione e dell’Epifania.
Don Gaetano ne fu tanto grato che si confermò e si corazzò nelle «immortal
guerra contro i tre pestiferi nemici: la carne, il mondo e il demonio, da
superare con l’aiuto della croce».
Poco
dopo preferì ritornare a Venezia dove fondò l’Ospedale degli Incurabili.
Comprese anche la necessità di ricondurre gli Ecclesiastici nell’alveo della
santità di vita consona alla propria vocazione; per questo maturò l’idea di un
Istituto religioso sacerdotale, dando personale testimonianza di povertà
evangelica ed intenso desiderio d’imitazione del Salvatore. Devoto del presepe
e della passione del Signore, con Pietro Carafa, il futuro Paolo IV, fondò la
Congregazione dei chierici comunemente detti Teatini, da Teate, il nome latino
della città abruzzese di Chieti della quale era Vescovo. Erano chierici che
trovavano nella Divina Provvidenza la soluzione ad ogni problema. Coadiuvato da
tre compagni prese i voti presso la tomba di san Pietro, in Vaticano,
intendendo ricreare lo spirito della primitiva comunità cristiana.
I
Teatini ebbero un ruolo significativo nella controriforma e il loro esempio fu
molto significativo per la Chiesa in tempi in cui il monaco tedesco Martin
Lutero, contemporaneo di Gaetano, stava lacerandola irreparabilmente. Quando a
Roma scesero i Lanzichenecchi durante le tragiche giornate del sacco di Roma
del 1527 da parte delle truppe di Carlo V, Gaetano fu da loro seviziato e
imprigionato nella torre dell’Orologio in Vaticano, mentre il Papa fu costretto
a rifugiarsi in Castel S. Angelo difeso dalle Guardie Svizzere.
Poco
dopo tornò a Venezia. Qui scoppiò l’epidemia di peste che costrinse i Teatini a
propagarsi in altre città dove, insieme ai gesuiti, operarono per la
Controriforma cattolica. Nel Veneto moltiplicò le sue opere apostoliche e
assistenziali accettando tra l’altro l’invito del noto tipografo veneziano Paganino
Paganini di avviare i padri Teatini all’arte della stampa tipografica inventata
dal tedesco Giovanni Gutenberg. In seguito si trasferì a Napoli dove svolse una
multiforme attività diretta a formare il popolo alla pietà e all’integrità dei
costumi nonché alla riforma delle comunità claustrali femminili.
Egli
fondò ospizi per anziani, incrementò l’assistenza all’Ospedale degli
incurabili, stette accanto al popolo durante le carestie e le ricorrenti
epidemie che flagellarono la città in un periodo di sanguinosi tumulti e
riavvicinò i fedeli al sacramento della riconciliazione. Si deva a lui la
fondazione del famoso Monte di Pietà per giusti prestiti ed elargizioni, un
istituto bancario pensato per le vittime degli strozzini e degli usurai, dal
quale in seguito ha avuto origine il Banco di Napoli, il più grande Istituto
bancario del Mezzogiorno.
Nessun commento:
Posta un commento