Questo celebre
Taumaturgo, vescovo di Mira all’epoca del concilio di Nicea, è festeggiato il 6 dicembre da tutte le
Chiese d’Oriente. Egli è iscritto lo stesso giorno nel calendario di Napoli e
nei martirologi occidentali a partire da Floro. Il culto di san Nicola in
Occidente è, quindi, anteriore al trafugamento delle sue reliquie da parte dei
marinai di Bari, che le portarono nella loro città nel 1087. È indubitabile,
però, che questa “traslazione” contribuì al suo sviluppo. Fu, perciò, a quell’epoca,
verso l’XI sec., che venne definitivamente accolto nel calendario romano. Prima del X sec., san Nicola non è
sconosciuto a Roma. Egli è rappresentato in un affresco dell’VIII sec. a santa
Maria Antica, insieme ai santi Giovanni Crisostomo, Gregorio di Nazianzio,
Basilio, Pietro e Cirillo d’Alessandria, Epifanio ed Atanasio. Non si poteva
rendergli un più bell’omaggio che di associarlo ai Padri dell’Oriente cristiano
(v. la
riproduzione fuori-testo in colore delle pitture della navata sinistra di santa
Maria Antica in D.A.C.L. tomo 5, col. 2064: Ο agios Nikolaos (barba corta e casula
rossa) è il secondo personaggio a partire dalla destra. Per una descrizione
dettagliata dell’affresco, cfr. col. 2020-2025).
Nella Roma medievale il suo
culto prese un tempo così grandi proporzioni che si contavano almeno una
sessantina di chiese erette sotto il suo nome.
Tra queste, la più insigne è
quella che si trova presso il portico d’Ottavia: San Nicola in Carcere Tulliano, o in foro olitorio (cfr. Mariano
Armellini, Le
chiese di Roma dal secolo IV al XIX, Tipografia Vaticana,
Roma 18912, pp. 623-628; Ch. Huelsen, Le
Chiese di Roma nel medio evo, Firenze 1927, p. 392), in cui
si celebra anche la stazione il sabato della IV settimana di Quaresima.
Nel Patriarchium del Laterano esisteva un oratorio in onore di
san Nicola de capella papæ, e che, interamente restaurato dal papa Callisto II, divenne come il
monumento votivo della vittoria riportata nel XII sec. dal Pontificato romano
contro il Cesarismo germanico (Armellini, op. cit., pp.
106-108; Huelsen, op. cit., pp.
391-392). Questa cappella, che si elevava quasi di
fronte all’oratorio di San Lorenzo, fu distrutta sotto Clemente XIII; non se ne
conservarono che i disegni delle pitture che la decoravano. L’oratorio di Callisto II era celebre
in ragione degli affreschi che vi simbolizzavano il trionfo del Papato sull’Impero
all’epoca del Concordato di Worms (1122). L’affresco comportava due registri:
in alto la Vergine Madre coronata con il Bambino sulle ginocchia e, da una
parte e dall’altro, due papi in piedi (santi Silvestro ed Anacleto) e due papi
inginocchiati (Callisto II e l’antipapa Anacleto II); in basso san Nicola al
centro, circondato dai santi Leone Magno e Gregorio Magno e, poi, ripartiti in
due gruppi, i papi Urbano II, Pasquale II, Gelasio II, Alessandro II, Gregorio
VII e Vittore III (Ph. Lauer, Le Palais de Latran, Coll. Ecole Française de Rome, Paris 1911, pp.
163-168. Si trova in queste pagine una riproduzione dettagliata dell’affresco).
In Oriente, la
festa di questo Taumaturgo, τοῦ ἱεροκηρύκου, τοῦ πατροκορυφαίου, τοῦ μυροβλύτου, è un
festa non lavorativa (o nazionale), in virtù di un’ordinanza dell’imperatore
Manuele I Comneno (1143 -1180); e così fu pure in certe diocesi d’Europa. Ciò
che valse dai Greci un’immensa fama a san Nicola, è il liquido miracoloso, che,
ancora oggi, a Bari, trasuda dalle sue ossa.
Il titolo di confessore,
attribuito nell’antichità al Taumaturgo di Mira (Ὁ Ἅγιος Νικόλαος ο
Ομολογητής και Θαυματουργός, Ἀρχιεπίσκοπος Μύρων τῆς Λυκίας), si riferisce a ciò che ebbe a soffrire durante l’ultima
persecuzione. La presenza di san Nicola al concilio di Nicea è molto probabile,
ma tutto il resto della leggenda del santo è soggetto a delle prudenti riserve.
La liturgia
orientale celebra il nostro Santo col titolo di κανόνα πìστεος,
cioè regola della fede.
Ecco una delle più note preghiere bizantine
rivolte a san Nicola:
Κανόνα πίστεως
καί εἰκόνα πραότητος, ἐγκρατείας διδάσκαλον ἀνέδειξέ σε τῇ ποίμνῃ σου
ἡ τῶν πραγμάτων ἀλήθεια∙ διά τοῦτο ἐκτήσω τῇ ταπεινώσει
τά ὑψηλά, τῇ πτωχείᾳ τά πλούσια.
Πάτερ Ἱεράρχα Νικόλαε,
πρέσβευε Χριστῷ τῷ Θεῷ σωθῆναι τάς ψυχάς ἡμῶν
Regola della
fede ed icona di mansuetudine, che ti sei mostrato al tuo gregge maestro di
verità, che per la tua umiltà hai raggiunto una gloria sublime e per il tuo
amore per la povertà le ricchezze (celesti), o Padre Gerarca (Vescovo) Nicola,
intercedi presso Cristo Dio per la salvezza delle anime nostre.
Il
titolo “regola della fede” si ricollega direttamente, secondo la tradizione, al
ruolo che giocò Nicola al concilio di Nicea. Alcune leggende gli attribuiscono
anche due specifici interventi durante l’assise. Nel primo, noto come miracolo
del mattone (sebbene questo sia da attribuirsi, in realtà a san Spiridione di
Trimithonte, anch’egli presente al Concilio, assieme a sant’Atansio ed altri),
poiché Ario non ammetteva l’uguaglianza del Padre e del Figlio, Nicola tentò di
dimostrare la coesistenza delle tre persone in uno solo. Preso quindi un
mattone, ricordando agli astanti, la sua triplice composizione di terra, acqua
e fuoco, che significavano le tre divine persone che costituiscono un unico
Dio, si vide una fiamma levarsi dalle sue mani, alcune gocce d’acqua cadere a
terra e rimanere nelle sue mani un po’ di terra secca.
Il
secondo intervento, ancora più celebre del primo, è lo schiaffo ad Ario.
Nicola, acceso di santo zelo, udendo le bestemmie ariane contro la divinità del
Cristo, si levò in piedi e con la destra schiaffeggiò l’empio Ario. Riferita la
cosa a Costantino, questi ordinò l’incarcerazione del santo, mentre gli altri
vescovi lo privavano dei paramenti episcopali. In carcere venne sbeffeggiato ed
oltraggiato dai soldati. Uno di questi giunse persino a bruciargli la barba.
Durante la notte, san Nicola ebbe l’apparizione di Gesù e di Maria che gli consegnarono
il vangelo (segno del magistero episcopale) e la stola o ὠμοφόριον (segno del ministero sacramentale). L’indomani,
dovendo celebrare la messa, spinto dalla sua umiltà, Nicola non indossò le
insegne vescovili, ma, appena iniziata la Messa, la Vergine scese dal cielo
portandogli la sua stola e gli angeli la mitra. Terminata la celebrazione, la
barba, che gli era stata bruciata dai carcerieri il giorno innanzi, gli rispuntò
più folta e bella.
Ma
si tratta di episodi leggendari, come del resto anche altri episodi della sua
vita Si pensi alla leggenda secondo la quale, ancora in fasce, non prendeva
latte dal seno materno ogni mercoledì e venerdì dopo il tramonto, osservando il
digiuno canonico. Trattasi, del resto, di un dato comune a molti santi. Ad es.,
così faceva anche un altro Nicola, san Nicola (o Nicolò) Politi (o di Adernò, l’attuale
Adrano) vissuto nel XII sec., come ci narra la sua Vita sancti Nicolai
Adernionensis.
Quel
che è certo è che il nostro san Nicola, partecipando al Concilio di Nicea, non
poté non essere a favore della tesi di Atanasio e della vera ortodossia. Diversamente
non sarebbe stato celebrato come “regola della fede”.
La
figura di san Nicola, infine, è particolarmente
cara allo stesso Ordine di San Domenico fin dalle origini. Presso questo,
infatti, è invocato dai frati quale intercessore e consolatore nelle loro
difficoltà, come emerge dalle Vitæ
fratum
del 1260 del cronista domenicano Gerardo di Frachet (per alcuni episodi che
coinvolgono e legano San Nicola all’Ordine dei Predicatori, cfr. P. Lippini (a cura di), Storie e
leggende medievali. Le Vitæ Fratrum di Gerardo di Frachet
o.p., Bologna
1988, pp. 49-50, 90, 153),
il quale rammenta che proprio nella chiesa dei Domenicani di Bologna – così
come in altre legate all’Ordine – non poteva mancare un altare dedicato a colui
che avevano eletto quale Patrono, san Nicola appunto (ibidem, pp. 153, 239, 330 nota
687), invocato anche per
liberare le anime dal carcere del Purgatorio (ibidem, p. 399).
La
messa non hanno di speciale che le collette e l’epistola. Le altre parti sono
tratte dal Comune dei confessori pontefici.
La fama dei
miracoli rese molto popolare il nome di san Nicola non solo in Oriente dove,
specialmente presso i Russi, è ancora oggi in grande venerazione, ma pure nelle
più lontane province d’Occidente, dove il suo culto è anteriore di molti secoli
alla traslazione delle sue reliquie da Myra a Bari.
Le sacre ossa del Taumaturgo s’imperlano continuamente, anche ai nostri
giorni, di una sorta di stilla o sudore alla quale i fedeli danno il nome di manna
di sano Nicola. In una rivelazione che ebbe in occasione del suo pellegrinaggio
a Bari, santa Brigida, mentre pregava nella Cripta dinanzi alla tomba del
Santo, apprese dallo stesso san Nicola, apparsole in una visione, il motivo di
questo prodigio. L’olio miracoloso che trasuda dalle ossa del santo Pontefice
di Myra, designa l’immensa carità e la compassione che l’animarono durante la
sua vita, allorché si faceva tutto a tutti per soccorrere gli altri e così
portarli al Cristo. Le
disse, tra l’altro: «Sappi che come la rosa produce profumo e il grappolo d’uva
un dolce succo, così il mio corpo ha ricevuto dal Signore la particolare
benedizione di trasudare olio. Egli infatti onora i Suoi eletti non solo in
cielo, ma anche sulla terra, affinché molte persone ne siano edificate e
partecipino alla grazia concessa ai santi» («Cum visitaret Sponsa reliquias sancti Nicolai in
Baro ad sepulchrum ejus, coepit cogitare de illo liquore olei, manante de corpore
ejus. Et tunc rapta extra se in spiritu vidit quamdam personam, oleo unctam et
fragrantissime odorantem, quæ dixit ei: Ego sum Nicolaus episcopus, qui appareo
tibi in tali specie, sicut dispositus eram in anima, dum vivebam. Nam omnia
membra mea ita habitata ex flexibilia erant ad servitium Dei, sicut res uncta,
quæ flexibilis est ad opus possidentis, et idea laus exultationis semper erat
in anima mea et in ore meo prædicatio divina et in opere patientia, propter
virtutes humilitatis et castitatis, quas præcipue dilexi. Sed nunc qui in mundo
multorum ossa arida sunt ab humore divino, ideo dant sonum vanitatis et
stridorem ex collisione mutua, et inhabilia sunt ad fructificandum fructum
justitiæ et abominabilia Deo ad intuendum. Tuo vero scias, quod sicut rosa
profert odorem et uva dulcedinem, sic Deus corpori meo emanandi oleum
singularem dedit benedictionem quia ipse non solum honorat electos suos in cælis,
sed et leatificat ex exaltat in terris, ut plures ædificentur et participentur
de gratia eis data»: Bollandisti, De Sancta Birgitta
Vidua, Commentarius prævius, cap. 20, § 301, in Acta Sanctorum, Octobris,
vol. 52, t. IV, Dies VIII,
Parigi-Roma 1866, p. 440).
Autore ignoto, S. Nicola con scene agiografiche della sua vita, XIII sec., Museo Bizantino della Fondazione Arcivescovo Makarios, Nicosia |
Icona russa di S. Nicola, 1400-500, Nationalmuseum, Stoccolma |
Anonimo artista cretese, Icona di S. Nicola a figura intera, XVI sec., chiesa di Agios Nikolaos (Αγιος Νικόλαος), Tsakistra (Cipro) |
Theodoros Poulakis (Θεοδωρος Πουλακης), S. Nicola con scene della sua vita, XVII sec. |
Domenichino, S. Nicola, 1608-10, Cappella dei SS. Fondatori - Cappella di S. Nilo, Grottaferrata |
Jan Cossiers, S. Nicola salva i tre condannati a morte, 1660, Palais des Beaux-Arts, Lille |
Luca Giordano, S. Nicola salva il fanciullo coppiere, Museo e Gallerie Nazionali di Capodimonte, Napoli |
Luigi Miradori detto il Genovesino, S. Nicola con l’offerente Martino Rota, 1654, Pinacoteca di Brera, Milano |
Mattia Preti, S. Nicola di Bari, Pinacoteca Civica, Fano |
Mattia Preti, Miracolo di S. Nicola, XVII sec., chiesa di S. Nicola, Siggiewi |
Gregorio Preti, Miracolo di S. Nicola, Chiesa parrocchiale di S. Nicolò, Fabriano |
Carlo Maratta, Madonna con Bambino tra i SS. Nicola, Ambrogio (o Agostino?) e Francesco di Sales, 1672, Pinacoteca Comunale, Ancona |
Corrado Giaquinto, S. Nicola, musée Fesch, Ajaccio |
Corrado Giaquinto, S. Nicola salva i naufraghi dalla tempesta, 1731-33, Pinacoteca Provinciale, Bari |
Corrado Giaquinto, La S. Vergine presenta S. Nicola alla SS. Trinità, 1731 circa, collezione privata |
Autore anonimo, Morte di S. Nicola, XVIII sec., chiesa dei SS. Apostoli, Manduria |
Autore anonimo, S. Nicola benedice i tre bambini, Convento domenicano di S. Nicola, Bari |
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