Come si identificano gli
avversari della fede cattolica? Semplice: dalla loro avversione alla Vergine
Maria. Chiunque osi avanzare dubbi o perplessità su Maria è segno inequivocabile,
non abbisognevole di ulteriori prove, che è avversario pure del Figlio di Lei,
in quanto emulatore di colui che, più di tutte le creature, si scaglia con
prava pertinacia contro la Vergine: cioè colui la cui testa è schiacciata dal
piede dell’umile fanciulla di Nazaret. I privilegi di Maria, infatti, sono in
verità privilegi del Figlio e concessi in Sua funzione ed in vista di Lui.
Parlando l’anno scorso dell’Immacolata Concezione
della Vergine segnalavamo come l’opposizione a questo dogma sia dei
protestanti sia dei c.d. ortodossi. Va notato tuttavia che, per quanto concerne
la c.d. ortodossia, non si tratta di una visione unanime di avversione. Cfr.
sul punto Kallistos Timothee Ware, La Madre di Dio nella teologia e
nella devozione ortodossa, in Georges
Gharib – Ermanno M. Toniolo, Testi mariani del secondo millennio, vol. I, Autori orientali, secoli
XI-XX, Roma 2008, pp. 899-934. Ware
spiegando il titolo di Panaghia, Tuttasanta, afferma che la c.d.
Ortodossia, la quale «non accetta la dottrina cattolica romana riguardo
all’Immacolata Concezione», lo intende «nel senso che Maria è libera da ogni peccato
attuale, anche se è nata soggetta agli effetti del peccato originale, come gli
altri santi uomini e donne dell’Antica Alleanza» (p. 915). Tuttavia l’A. non
spiega come possa essere libera dal peccato attuale (godendo perciò – sottinteso
– di un qualche speciale privilegio), ma non da quello originale e dagli
effetti di questo, visto che esso ha reso la natura umana vulnerabile e non più integra, né come Cristo, Sapienza
di Dio (1 Cor 1, 24), possa aver abitato in un corpo “schiavo del peccato”
(cfr. Sap. 1, 4), anche solo secondo natura. Dinanzi alle difficoltà – non esplicitate
– tuttavia, solo in nota, l’A. è costretto ad ammettere che, prima della
proclamazione del dogma dell’Immacolata nel 1854, «un certo numero di scrittori
ortodossi ha ... affermato tale dottrina, o comunque qualcosa di simile» (nota
3, ivi). In effetti, si rinvia ad un contributo del medesimo A., The
Sanctity and Glory of the Mother of God: Orthodox Approaches, in The Way,
suppl. 51, London 1984, pp. 79-96, partic. pp. 85-92, in cui si ricorda come
la dottrina immaculatista fu esplicitamente sostenuta da insigni ortodossi
Cirillo Lucaris, Elia Miniati, san Demetrio di Rostov, Simeone di Polotsk, ecc.
Il che fa comprendere che le ragioni di opposizione sono per lo più psicologiche,
dovute cioè ad un «riflesso antiromano». Significativo a questo riguardo un
altro Autore ecco come argomenta: «L’Immacolata Concezione come opinione
teologica (theologoúmenon) è stata tollerata nella Chiesa ortodossa del
passato ed è stata anche sostenuta da alcuni teologi degni di stima. Se non
proprio il termine, per lo meno l’espressione di una credenza molto vicina a
quest’idea è sicuramente presente nel patriarca Fozio e in Gregorio Palamas. L’Immacolata
Concezione è apertamente insegnata dall’ultimo patriarca dell’impero bizantino,
Giorgio Scolarios, morto nel 1456» (Elisabeth
Behr-Sigel, in
Thomáš Špidlík – Giovanni Guaita – Maria Campatelli, Testi mariani del secondo millennio, vol. II, Autori dell’area russa, secoli
XI-XX, Città Nuova, Roma 2000, p.
576).
Tornando ora al nostro discorso, abbiamo
già segnalato qualche giorno fa l’ultima fatica di Vittorio Messori nella
riedizione del suo noto testo Ipotesi su Maria (v. qui). Oggi,
nella festa dell’Immacolata Concezione ne riproponiamo volentieri un’ulteriore
riflessione, questa volta appuntata contro le teorie di Enzo Bianchi.
Già in altra occasione non si è mancato, da parte nostra, di evidenziare cosa
il fondatore di Bose pensi di Maria (v. qui) … . Oggi quest’ultimo si scaglia
contro l’apparizione della Vergine a Fatima, circoscrivendo il suo messaggio
solo ai cattolici e non già all’intera umanità. A lui risponde con dovizia il
nostro Messori.
Domenico Fetti, Immacolata Concezione, 1615-19, Hermitage, San Pietroburgo |
Fra Juan Sánchez Cotán, Immacolata Concezione, 1617-18 |
Bartolomé Esteban Murillo, Immacolata Concezione c.d. Esquilache, 1645-55, Hermitage, San Pietroburgo |
Bartolomé Esteban Murillo, Immacolata Concezione c.d. Walpole, 1680 circa, Hermitage, San Pietroburgo |
Miguel Jacinto Meléndez, Immacolata Concezione, XVII sec., collezione privata |
Francisco Solis, Immacolata Concezione, XVII sec. |
Mulier amicta sole, et luna sub pedibus ejus, et in capite ejus corona stellarum duodecim ... . Carlo Maratti, Visione di S. Giovanni a Patmos, 1680 circa, Rijksmuseum, Amsterdam |
Juan Francisco de Aguilera, La Purísima Concepción con i santi gesuiti, 1720, Museo Nacional de Arte, Città del Messico |
Francesco Podesti, Discussione su Maria concepita senza peccato, 1858-1865, Sale dell'Immacolata, Palazzo Apostolico, Città del Vaticano, Roma |
«Caro Enzo Bianchi,
Fatima non fu solo per i cattolici»
di Vittorio Messori
Vittorio
Messori torna alla carica con nuove «Ipotesi su Maria». Il fortunato volume pubblicato da Ares per la
prima volta nel 2005, approda in libreria in una veste tutta nuova, in edizione
interamente rivista dall’Autore e ampliata di 13 capitoli (150 pagine in più,
per un totale di 672, al prezzo di 21,50 euro). Di seguito riportiamo, in
anteprima, alcune spigolature tratte dal penultimo capitolo, in cui lo
scrittore difende la veridicità di Fatima dalle critiche avanzate dal teologo
Enzo Bianchi sulla scorta del padre domenicano Jean Cardonnel.
Mi càpita di rivedere in rete l’articolo
apparso su Le Monde nel maggio del 2000, quando Giovanni Paolo
II fece rivelare al mondo quello che chiamano «terzo segreto» di Fatima. Il
pezzo del giornale francese su questo evento è firmato da Jean Cardonnel, il
domenicano morto alcuni anni fa, per tutta la vita l’intrattabile leader di
ogni contestazione sia clericale sia politica, uno dei vedovi inconsolabili
degli anni di piombo della Chiesa e della società. Uno per il quale non solo i
soliti Mao, Che Guevara, Ho Chi Minh ma anche lo sterminatore del popolo
cambogiano, Pol Pot, erano da venerare nell’Olimpo delle sacre rivoluzioni.
A Cardonnel si deve tra l’altro
un precedente giuridico inedito e pericoloso. Era già molto vecchio, più vicino ai novanta che agli ottanta,
insopportabile per la maggioranza dei confratelli per questa sua ossessione
contestatrice, per il suo culto del «no» previo a tutto, ma si continuava a
ospitarlo – data l’età – nel convento domenicano di Montpellier. Alla fine, il
superiore di quella casa religiosa, non potendone più dei suoi costanti
malumori, approfittò di uno dei suoi viaggi per sgomberare la sua cella,
impacchettare con cura le cose e trovargli un posto in una casa di riposo per
anziani. Al ritorno, l’ira di Cardonnel (egli pure, come da copione di ogni
prete «adulto» che si rispetti, vietava a chiunque di chiamarlo «padre»)
esplose clamorosa e, dicendosi vittima di una violenza intollerabile, non pensò
neanche un momento a confrontarsi con la legge della Chiesa, il diritto
canonico.
Si rivolse invece alla legge
della laicissima Repubblica francese, chiamando la Gendarmerie e denunciando il superiore per violazione di
domicilio. Il tribunale, dopo lungo dibattito, gli diede ragione, condannò il
superiore del convento che aveva proceduto allo sgombero e – per la prima
volta, non solo in Francia – dichiarò che la cella di un religioso era un
domicilio privato come ogni comune alloggio. Sentenza faziosa e pericolosa,
dicevo, perché scavalca e in qualche modo imbavaglia l’autorità ecclesiastica
anche all’interno dei suoi spazi.
Ma torniamo al Cardonnel
commentatore di Fatima. Scriveva
su Le Monde: «Quel presunto “segreto” è un falso, tanto falso
quanto la donazione di Costantino con la quale si è voluto legittimare un diabolico
controsenso: l’impero cristiano. Un grande teologo italiano – non si dimentichi
il suo nome: Enzo Bianchi, fondatore di una nuova comunità monastica – si è
subito reso conto della superstizione e della frode perpetrata dal Vaticano a
Fatima. Sul quotidiano romano La Repubblica, fratel Bianchi mette implacabilmente
il dito nella piaga. Scrive infatti: “Un Dio che, nel 1917, pensa di rivelare
che i cristiani saranno perseguitati e che non parla della shoah e dei sei
milioni di ebrei annientati non è un Dio credibile”». Continua l’articolo di Cardonnel:
«Sì, bisogna scoprire la piaga: come non vedere la tara del presunto segreto di
Fatima, la prova lampante che è un falso, che non può venire da Dio? Un falso
che squalifica, che scredita l’Eterno. Un Dio, ripeto, non credibile: il Dio
del razzismo cattolico, che si interessa solo dei suoi, della sua razza
cattolica, nell’oblio del popolo di Gesù».
C’è da rimanere molto sorpresi da
simili discorsi e soprattutto, per noi
cattolici italiani, c’è da sorprendersi per la citazione (non smentita, anzi
ribadita, dall’interessato) di fratel Bianchi. Circola ormai una convinzione,
anche tra certi cristiani, secondo la quale la persecuzione degli ebrei da
parte dei nazisti nei 12 anni tra 1933 e 1945 sarebbe, senza paragone
possibile: il Male Assoluto, il Massimo Delitto della storia intera, l’Esempio
Radicale della malvagità umana. Non a caso, la colpa nazista è considerata
inespiabile e ancor oggi si braccano, per processarli e condannarli, dei novantenni
se non dei centenari considerati in qualche modo responsabili di quello che
viene detto, con termine religioso, «l’Olocausto» per eccellenza. Per un simile
delitto, e solo per questo, non è prevista alcuna prescrizione. Stando al Cardonnel
e al Bianchi, Dio stesso – se vuol parlarci attraverso Maria – deve, sottolineo
deve, ricordare e ovviamente maledire la Shoah, altrimenti non sarebbe «un Dio
credibile». Non è il vero Signore se non esecra esplicitamente Auschwitz.
Sia ben chiaro – è davvero
inutile sottolinearlo – che non si tratta certo di sminuire la gravità del delitto perpetrato all’ombra di
una croce uncinata, che fu il tragico rovesciamento della croce cristiana. Non
c’è che da unirsi, ovviamente, alla condanna universale. Ma è davvero paradossale
rifiutare Fatima perché nel 1917 la Madonna non avrebbe previsto e condannato –
a nome del Figlio e della Trinità intera – quei lager tedeschi che sarebbero
venuti una ventina d’anni dopo. Nel 1917, ripetiamo: proprio l’anno in cui
Lenin prendeva il potere, dando inizio a quel mostro comunista che avrebbe
fatto almeno 100 milioni di morti e che avrebbe praticato la più violenta e
sanguinosa repressione religiosa della storia, in nome di un ateismo di Stato
proclamato sin dalle Costituzioni dell’Unione Sovietica e dei suoi satelliti.
La ricerca storica più recente,
capeggiata dal celebre docente tedesco Ernst Nolte, dimostra, documenti alla mano, che il
nazionalsocialismo nasce come reazione al marx-leninismo: senza Lenin nel 1917,
niente Hitler nel 1933. Senza il colpo di Stato di San Pietroburgo, l’ex imbianchino
di Vienna avrebbe al massimo fatto l’ideologo in qualche stube di Monaco di
Baviera per qualche oscuro gruppetto di fanatici. Mettere in guardia, a Fatima,
dal comunismo che proprio allora nasceva, significava mettere in guardia dalle altre
ideologie mortifere che sarebbero venute dopo di esso e per causa di esso. Il
nazionalismo primo fra tutti.
Tra l’altro, Bianchi e Cardonnel
sono incomprensibili anche quando denunciano che
a Fatima si sarebbe manifestato «il Dio del razzismo cattolico, che si
interessa solo dei suoi, della sua razza cattolica». Ma che discorso è mai
questo? Per l’ateismo sovietico non c’erano zone franche, nel mondo religioso:
a parte il fatto che la stragrande maggioranza delle vittime da Lenin sino a
Gorbaciov (egli pure ebbe una giovinezza da persecutore) passando per Stalin,
non furono cattoliche, ma ortodosse, i due dimenticano che nell’immensa Unione
Sovietica erano presenti tutte le religioni. Così, i pope furono massacrati
alla pari dei preti, dei rabbini, degli imam, dei maestri buddisti.
Lo stesso avvenne ovunque, nel
mondo, il comunismo giunse al potere: nessuno scampo per chi non accettava il materialismo e non condannava
la religione, tutte le religioni, come «oppio dei popoli». E questo cominciò proprio
in quel fatale 1917, quando la Madonna diede l’allarme per una ideologia
perversa, anche perché si presentava con un volto nobile, apparentemente
evangelico (giustizia, liberazione, eguaglianza, fraternità), ma che avrebbe
risvegliato tutti i dèmoni, compreso quel regime tedesco che si presenta, sin
dal nome, come l’unione di nazionalismo e di socialismo.
Le apparizioni di Fatima, come
tutte le altre pur ufficialmente riconosciute, non sono de fide, possono essere
criticate e magari non accettate anche dai credenti. Purché, però, lo si faccia
su basi più presentabili di queste.
Visto che parliamo di Fatima e di
comunismo: viene giusto a proposito
ricordare quanto avvenne a Vienna nel decennio tra il 1945 e il 1955. Mentre
gli inglesi, esperti e pragmatici, avrebbero voluto contenere l’Urss a Est, l’insipienza
americana fermò i suoi carri armati in vista di Berlino per permettere a Stalin
di dilagare nell’Europa orientale, occupando anche l’Austria. Il Paese fu
diviso in quattro zone, sul modello della Germania, ma quella riservata ai
russi era la più importante e vasta, era quella dove stava la capitale stessa.
Il ministro degli esteri, quel Molotov che aveva firmato il trattato con
Hitler, permettendogli così di scatenare la guerra, disse e ripeté che Mosca mai
si sarebbe ritirata da ciò che aveva occupato e tutti si aspettavano che, come
a Praga e a Budapest, i comunisti organizzassero un colpo di Stato per andare
da soli al potere nell’intera Austria. Le stesse cancellerie occidentali
sembravano rassegnate. Opporsi significava quasi certamente una nuova guerra.
Ma non si rassegnò un
francescano, padre Petrus che,
tornato dalla prigionia proprio in Urss (e conoscendo quindi sulla sua pelle l’orrore
di quel regime), andò in pellegrinaggio nel santuario nazionale austriaco, a
Mariazell, per avere ispirazione sul che fare per la sua Patria. Lì, fu
sorpreso da una voce interiore, una locuzione interna, che gli disse: «Pregate
tutti, tutti i giorni, il rosario e sarete salvi». Buon organizzatore, oltre
che sacerdote stimato, padre Petrus promosse una «Crociata nazionale del
Rosario», nello spirito esplicito di Fatima, che in breve tempo raccolse milioni
di austriaci, compreso lo stesso presidente della Repubblica, Leopold Figl.
Giorno e notte, grandi gruppi si riunivano, spesso all’aperto, nelle città e nelle
campagne recitando la corona e la stessa Vienna era percorsa da imponenti
processioni mariane, sorvegliate con ostilità dall’Armata Rossa.
Gli anni passavano senza che l’occupazione
cessasse, ma il popolo non si
stancava di pregare la Madonna di Fatima. Ed ecco che nel 1955, all’improvviso,
il Cancelliere austriaco fu convocato a Mosca, dove fu ricevuto al Cremlino
dal Soviet Supremo. Qui, gli fu comunicato che l’Urss aveva deciso di ritirare
le sue truppe e di ridare all’Austria la piena indipendenza. In cambio, si
poneva una sola condizione, che le autorità del Paese che veniva liberato accettarono
di buon grado: un impegno di neutralità che, tra l’altro, avrebbe portato
grandi vantaggi a Vienna, facendola diventare la terza città delle Nazioni
Unite dopo New York e Ginevra. I governi occidentali furono colti di sorpresa
da una decisione del tutto inaspettata e unica, sia prima sia dopo: mai, come
aveva ricordato Molotov dieci anni prima, mai l’Urss aveva accettato né avrebbe
accettato di ritirarsi spontaneamente da un Paese occupato.
Furono stupiti politici,
diplomatici, militari, nel mondo intero. Ma non si stupirono coloro che da anni pregavano con la «Crociata del
Rosario»: in effetti, il giorno in cui la notizia del ritiro fu annunciata a
Mosca al Cancelliere era un 13 maggio, l’anniversario dell’inizio delle apparizioni
di Fatima. Tanto per completare il quadro, lo sgombero totale dell’Armata Rossa
fu fissato dal governo comunista per l’ottobre: tra i generali russi
(dispiaciuti di lasciare un Paese così bello e strategicamente così importante)
nessuno, ovviamente, sospettava che proprio ottobre è, per la tradizione
cattolica che risale ai tempi della battaglia di Lepanto, il mese del rosario.
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