venerdì 29 gennaio 2016

Chiarimento cattolico sul Family Day ed opposizione senza se e senza ma alle unioni civili

Come noto, domani 30 gennaio, si svolgerà a Roma la manifestazione delle famiglie contrarie al d.d.l. Cirinnà bis, noto come Family Day.
A questa manifestazione parteciperanno diverse sigle cattoliche, tra le quali anche il popolo del Summorum Pontificum e la stessa Fraternità San Pio X. Tuttavia sebbene sia giusto per un cattolico opporsi all’innovazione legislativa che si vorrebbe introdurre, è forse bene ricordare che quest’opposizione non è soltanto contraria all’introduzione, nell’ordinamento italiano, della c.d. stepchild adoption, bensì è più ampia ed estesa. Bisogna chiarire la questione.
In effetti, per un cattolico, non si tratta di scegliere tra un male maggiore (l’introduzione dell’adozione anche per le coppie omosessuali) ed uno minore (il riconoscimento civile delle unioni civili). Entrambe le ipotesi sono inaccettabili e, come mali, sono da porsi sullo stesso piano. In altre parole, non vi è scelta tra diverse gradazioni di male, bensì di opporsi al male tout court.
Perché? Per il semplice motivo che chi sostiene questo, e cioè “riconoscimento sì, adozione no”, semplicemente ignora o non conosce l’ordinamento italiano. In verità, quella che con termine anglosassone si chiama stepchild adoption (oggi va molto di moda usare termini anglosassoni!), ma che potremmo definire come “adozione del figliastro” o adozione in casi particolari, è già nota dal 1983. La l. 4.5.1983 n. 184 – che regola in Italia l’istituto dell’adozione del minore - permette l'adozione del figlio del coniuge, purché vi sia il consenso del genitore biologico ed a condizione che l'adozione corrisponda all'interesse del figlio (cfr. artt. 44 ss.). È previsto anche il consenso di quest’ultimo qualora abbia già compiuto i 14 anni. Nel caso sia tra i 12 e i 14 anni d'età, il Giudice è tenuto ad ascoltare il minore e tener conto dei suoi desideri ed aspirazioni (art. 45). Dunque, quest’istituto già esiste nel nostro ordinamento. Non è una novità e vale per le coppie coniugate e, dunque, eterosessuali. La proposta Cirinnà, sebbene non etichetti le unioni come “matrimoni” (ma è solo una questione di etichetta!!!), in realtà estende i diritti derivanti dal matrimonio, o almeno molti di questi, anche alle semplici unioni civili, comprese quelle tra persone dello stesso sesso. Pertanto, con la novella che si vorrebbe introdurre de facto i partner sarebbe assimilabili ai coniugi e, dunque, ben potrebbero a loro applicarsi le norme previste dalla legge sull’adozione. La limitazione che si vorrebbe imporre, e cioè quella che solo le unioni eterosessuali possano ricorrere alla stepchild, potrebbe presentare problemi di costituzionalità, in quanto le coppie omosessuali si troverebbero discriminate e, dunque, penalizzate. Il ricorso alla Consulta sarebbe inevitabile, la quale – vista anche la sua attuale composizione a preponderante maggioranza laicista – senz’altro dichiarerebbe l’incostituzionalità della norma nella parte in cui non permettesse anche alle coppie omosessuali il ricorso all’adozione ex artt. 44 ss. l. 184/1983. Dunque, quest’istituto, escluso dal legislatore, vi rientrerebbe per via giurisprudenziale …. Un po’ come successo per la legge sulla fecondazione artificiale, la l. n. 40/2004, che oggi è stata praticamente scardinata per via di picconate assestate dal Giudice delle leggi e dalla giurisprudenza. Perciò, il problema sarebbe – nel caso dell’esclusione dello stepchild – semplicemente rimandato nel tempo, giammai risolto, e per giunta affidato alla mano dei giudici – costituzionali in primis. Ecco perché non è condivisibile la soluzione “riconoscimento sì, adozione no”, atteso che è sostanzialmente un boomerang, che rischia di far rientrare nel breve-medio periodo ciò che si vorrebbe escludere. Insomma, un’illusione o, se preferiamo, una falsa opposizione.
Un cattolico, perciò, non potrà che esprimere la propria radicale e totale opposizione a questo progetto, ivi incluso, soprattutto, il riconoscimento delle unioni civili (l’adozione ne è una diretta conseguenza!). Peraltro tale riconoscimento “dei diritti” è solo una questione ideologica e formale, visto che la giurisprudenza ha riconosciuto alle unioni civili, c.d. unioni di fatto o more uxorio oggi esistenti, pressoché gli stessi diritti che il d.d.l. Cirinnà bis - nel tempo ci sono state circa cinquanta proposte di legge in tal senso (v. qui) - vorrebbe attribuire o riattribuire (v. qui, qui e qui. Cfr. anche qui e qui, ove si ricorda come taluni diritti dei conviventi semplicemente devono passare attraverso la formalizzazione di appositi contratti o clausole negoziali, il che coerentemente con la natura di fatto dell’unione). A che pro dunque una legge? Al solo scopo di equiparare al matrimonio (che per un cattolico è anche un sacramento) le unioni civili. Una volta riconosciuti i medesimi diritti, verrà meno anche l’etichetta. Questa sarebbe la strada, che si vorrebbe far percorrere all’Italia. Per rendersene conto, basta guardare all’esperienza francese dove, introdotto il PACS nel 1999, dopo una decina d’anni, nel 2013, non si sono avute remore a passare al matrimonio vero e proprio essendosi i francesi abituati all’idea che i pattisti fossero dei veri e propri coniugi con i medesimi diritti derivanti dal matrimonio e che quindi fosse inutile mantenere una distinzione tra etichette. La stessa cosa avverrà in Italia: si inizia con le unioni civili e si finirà ineluttabilmente tra una decina d’anni ad un vero e proprio matrimonio.  Un motivo in più per un cattolico di opporvisi senza compromessi di sorta sulla legge morale, senza se e senza ma, non potendosi accettare alcun accomodamento, che peraltro suonerebbe da presa in giro, come cercato sinteticamente di illustrare.
Ecco perché un cattolico dovrebbe partecipare al Family Day con la puntualizzazione che egli deve dissociarsi anticipatamente da qualsiasi lettura “compromissoria” o “del male minore”, che dovesse darsi dagli organizzatori o dai vescovi (v. qui), e che fosse in contrasto con la legge morale non solo riguardo ai minori, ma anche e soprattutto riguardo al riconoscimento legislativo di siffatte unioni parafamiliari.

Mons. Galantino col ministro Boschi

FAMILY DAY: il “non possumus” del popolo cattolico

di Lupo Glori

Il Family Dayche si terrà a Roma il prossimo sabato 30 gennaio, per protestare contro il ddl Cirinnà, che giovedì 28 gennaio approderà in Aula al Senato per la decisiva discussione generale, sta raccogliendo un numero di adesioni superiore alle aspettative da parte di tutto il mondo, non solo cattolico, schierato a difesa della famiglia.
Nella grande area del Circo Massimo si raduneranno migliaia di associazioni, di gruppi e di famiglie, provenienti da tutta Italia per manifestare la propria ferma opposizione alle unioni civili e all’istituto della cosiddetta stepchild adoption, previsti dal disegno di legge n. 2081, Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze. La straordinaria mobilitazione nazionale di questi giorni contro il ddl Cirinnà ha fatto sorgere spontaneo l’inevitabile paragone con il Family Day del 2007, indetto per affossare i cosiddetti DICO e dare una spallata decisiva all’allora governo Prodi.
Tuttavia, le differenze tra ieri ed oggi sono profonde e la manifestazione del prossimo 30 gennaio non sarà una fotocopia di quella del 12 maggio 2007. A distanza di quasi dieci anni i rapporti di forza in campo sembrano infatti essersi clamorosamente capovolti, così che, se nel 2007 era stata la Chiesa, attraverso le sue più autorevoli istituzioni, a chiamare a raccolta il popolo cattolico per scendere in piazza contro un disegno di legge inaccettabile, oggi, i ruoli si sono paradossalmente rovesciati e, dopo le prove generali di piazza San Giovanni del 20 giugno, è lo stesso popolo cattolico a rivolgere un accorato “non possumus” alle gerarchie ecclesiastiche, invitandole a scendere in piazza a loro fianco.
Un evidente e brusco cambio di rotta messo in evidenza da Agostino Giovagnoli suLa Repubblica, il quale ha sottolineato tale inedito movimento dal basso, scrivendo: «Nel 2007, mentre era papa Benedetto XVI, la regia del Family day fu di Camillo Ruini, Presidente della Cei; alle associazioni del laicato cattolico fu imposto di partecipare; oratore di quella giornata fu Savino Pezzotta che era stato relatore ufficiale al Convegno nazionale della Chiesa italiana l’anno prima; l’obiettivo era affossare i Dico. La Chiesa italiana, insomma, scese in campo, serrando le fila, in nome di valori morali non negoziabili ma combattendo una battaglia politica. La manifestazione del prossimo 30 gennaio, invece, non è voluta dalla Cei e su di essa i vescovi hanno espresso opinioni diverse. Le associazioni cattoliche non sono obbligate a partecipare e infatti solo alcune saranno presenti. Realtà ecclesiali come il Movimento dei Focolari hanno espresso perplessità e Comunione e Liberazione non ha preso posizione. L’Associazione Scienza e Vita non aderisce ma alcuni suoi rappresentanti saranno presenti».
Per una giornata, che si preannuncia storica, diverse associazioni metteranno da parte le loro discordanti visioni “strategiche”, circa la linea d’azione da seguire per contrastare l’apparentemente inarrestabile processo rivoluzionario, e scenderanno unite in piazza per far sentire forte la propria voce e affermare il valore fondamentale dell’istituto famigliare naturale fondato sul matrimonio indissolubile tra un uomo ed una donna, nucleo primario di formazione dell’uomo e cellula vitale di ogni società.
Tra coloro che hanno espresso la loro adesione critica al Family Day, segnaliamo alcune associazioni che da sempre si contraddistinguono, nella battaglia culturale in atto, per una difesa ferma ed integrale della verità: l’Associazione Famiglia Domani,Il Cammino dei Tre Sentieri, il Comitato Verità e Vita.
L’ Associazione Famiglia Domani, nel suo comunicato stampa, ha dichiarato la sua adesione al Family Day del 30 gennaio, specificando però come essa non possa prescindere da un NO totale al ddl Cirinnà: «in primo luogo NO alle unioni civili di qualsiasi forma e in secondo luogo NO alla “stepchild adoption”». L’associazione, che ha il suo storico fondatore nel marchese Luigi Coda Nunziante (1930-2015), ha inoltre espresso le proprie perplessità riguardo l’eccessiva concentrazione del dibattito sul ddl Cirinnà attorno al «pur giusto diritto del bambino ad aver una madre ed un padre, oggi minacciato dall’adozione dei minori all’interno delle coppie dello stesso sesso e da istituti differenti quali la stepchild adoption, l’affido “rafforzato” e l’utero in affitto». Una posizione di lotta alquanto discutibile, che «rischia di tacere sull’inaccettabile approvazione delle unioni civili, in qualsiasi modo esse vengano declinate, sia appellandosi ai presunti diritti delle persone omosessuali in quanto tali, sia al falso principio della non-discriminazione». Per queste ragioni, Famiglia Domani «rifiuta in toto il disegno di legge Cirinnà ed afferma con forza come la salvaguardia della famiglia sia inscindibile da una difesa totale ed integrale della verità e dell’ordine naturale e cristiano».
Anche il Cammino dei Tre Sentieri, diretto dal prof. Corrado Gnerre, fornisce alcune doverose indicazioni ai propri amici che si apprestano a recarsi a Roma, precisando come «alcuni noti esponenti del Family Day (tra cui lo stesso portavoce, Massimo Gandolfini) si sono espressi come non contrari ad un disegno di legge che riconosca legalmente le unioni omosessuali, purché non presentino alcuna equiparazione al matrimonio». Una posizione prosegue il testo, «ovviamente non condivisibile né sul piano morale né su quello più specificamente “strategico” ˗ dal momento che ˗riconosciute le cosiddette “unioni civili”, il passo verso il diritto alla filiazione da parte delle coppie omosessuali sarà quanto mai breve e del tutto consequenziale». Tuttavia, tale dissenso “strategico” non compromette l’adesione dell’associazione alla manifestazione in quanto scopo principale del Family Day, secondo le dichiarazioni degli organizzatori, è il rifiuto totale del “ddl “Cirinnà” ed inoltre esso rappresenta «l’unica possibilità concreta per esprimere in maniera chiara e con adeguata risonanza mediatica il proprio dissenso nei confronti del DDL».
Un’altra valorosa associazione, il Comitato Verità e Vita, fondato dal compianto Mario Palmaro (1968-2014) ed oggi diretto dal dott. Angelo Francesco Filardo, aderisce al Family Day, ribadendo il «valore fondamentale della famiglia nata dal matrimonio di un uomo e di una donna». Il Comitato lancia un vero e proprio appello al mondo politico affinché ogni singolo senatore e deputato «respinga in toto il ddl Cirinnà con ogni sua probabile eventuale modifica ed ogni ddl sulle unioni civili che anche implicitamente (con velato rimando a norme che regolano il matrimonio) possa equiparare od offrire ai giudici creativi la possibilità di equiparare le unioni civili al matrimonio, votando NO anche ad un eventuale voto di fiducia posto dal Governo».
Rivolgendosi a tutti i parlamentari cattolici, Verità e Vita, sottolinea come sia preferibile una crisi di governo all’introduzione nel nostro ordinamento di una legge che porterebbe alla distruzione della famiglia, cellula primaria della società: «Riteniamo, meno disastroso per l’Italia, per l’Europa e per tutto il genere umano far cadere il Governo che contribuire con il proprio voto o con la propria non partecipazione al voto alla distruzione della famiglia, cellula fondamentale ed insostituibile di ogni società in ogni tempo e luogo!».
Il filo conduttore che accomuna le posizioni espresse nei tre comunicati è il netto rifiuto di qualsiasi compromesso con i nemici dell’ordine naturale e cristiano. Una visione per la quale, un’efficace opposizione alla deriva nichilista contemporanea non può, in alcun modo, prescindere da una difesa della verità che sia totale ed integrale. Per questa ragione, le tre associazioni invitano tutti i propri amici e sostenitori a recarsi a Roma il prossimo 30 gennaio per affermare, senza cedimenti e senza compromessi, il proprio NO assoluto all’iniquo disegno di legge Cirinnà.

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