domenica 24 gennaio 2016

I profanatori della famiglia non avranno pace; solo la famiglia cristiana, ossequiente alla legge del Creatore e del Redentore, aiutata dalla grazia, è garanzia di pace

La famiglia, ed in special modo quella cristiana, da alcuni secoli è costantemente sotto attacco. Dapprima con l’introduzione del matrimonio civile e la riduzione del vincolo coniugale a mero contratto (quasi che questo possa scindersi e separarsi dal sacramento) disciplinato dal diritto civile, poi con il divorzio ed oggi con l’introduzione di modelli negoziali alternativi al matrimonio mediante i quali i legislatori secolari pretenderebbero far scaturire vincoli familiari o parafamiliari dimentichi che solo dal matrimonio tra un uomo ed una donna può scaturire un’autentica e vera famiglia, conforme all’ordine di natura come disposto dal Creatore. Allontanandosi da quel modello, si profana quell’ordine e ciò che ne scaturisce è soltanto una vile e mera unione concubinaria, fondata sugli istinti e sulle disordinate passioni umane e non sulla retta ragione. Per questo, all’inizio del Tempo di Settuagesima nove domeniche prima della Pasqua ed all’indomani della celebrazione della festa dello Sposalizio della B. V. Maria, Madre di Dio, e di S. Giuseppe, vero modello dell’autentico matrimonio, le parole del Venerabile Pontefice Pio XII, che rilanciamo, benché risalenti al 1939, appaiono, ancor oggi, profondamente attuali e profetiche per il nostro tempo travagliato.

Sebastian Lopez de Arteaga, Sposalizio della Vergine, XVII sec., Museo Nacional de Arte (MUNAL), Città del Messico

Cristóbal de Villalpando, Sposalizio della Vergine, 1700 circa, Museo Nacional de Arte (MUNAL), Città del Messico


Matrimonio di S. Giuseppe e della Vergine, Cappella delle Nozze, Cattedrale di S. Matteo Apostolo, Washington

I profanatori della famiglia non avranno pace; solo la famiglia cristiana, ossequiente alla legge del Creatore e del Redentore, aiutata dalla grazia, è garanzia di pace

Magistero del Venerabile Papa Pio XII


PIO XII

UDIENZA GENERALE

Mercoledì, 19 luglio 1939

I tesori dell’intima unione con Dio

L’augurio che si suol ripetere agli sposi novelli è sempre e ovunque il medesimo: augurio di felicità. Esso vuol essere la espressione prima ed intera dei sentimenti e dei desideri dei genitori, dei parenti, degli amici e di quanti partecipano alla loro gioia.
E anche la preghiera colla quale la Chiesa termina la Messa per gli sposi: «quos legitima societate connectis, longaeva pace custodias» — Dio onnipotente, custodisci, te ne preghiamo, con una pace di lunga durata coloro che hai unito con legittimo vincolo.
Ed è pure il voto paterno che Noi siamo soliti di rivolgere agli sposi i quali convengono a Roma per implorare la Benedizione Apostolica; benedizione che è il pegno di favori celesti, di pace e di felicità per tutti quei carissimi figli.
Nell’indirizzarlo oggi anche a voi, Ci piace di farvi rilevare l’alto significato di questo augurio profondamente cristiano, preziosa eredità lasciataci dal divino Maestro : Pax vobis.
La pace, fonte di vera felicità, non può venire che da Dio, non può trovarsi che in Dio : « O Signore, tu ci hai fatti per Te e il nostro cuore è inquieto finché non riposi in Te ». Per questo la quiete assoluta, la felicità completa e perfetta non si avrà che in cielo nella visione della divina essenza. Ma anche durante la vita terrena la condizione fondamentale della pace vera e della sana letizia è la dipendenza amorosa e filiale dalla volontà di Dio : tutto ciò che indebolisce, che rompe, che spezza questa conformità e unione di volontà, è in opposizione colla pace: prima di tutto e sopra tutto il peccato. Il peccato è rottura e disunione, disordine e turbamento, rimorso e timore, e coloro che resistono alla volontà di Dio non hanno, non possono avere la pace: « Quis restitit Ei et pacem habuit? » (Iob, IX, 4), mentre la pace è la felice eredità di quelli che osservano le legge di Dio : « Pax multa diligentibus legem Tuam» (Ps., CXVIII, 165).
Sopra questa base solidamente stabilita gli sposi cristiani, i genitori cristiani trovano il principio generatore di felicità e il sostegno della pace nella famiglia. La famiglia cristiana infatti, rifuggendo dall’egoismo e dalla ricerca delle proprie soddisfazioni, è tutta impregnata di amore e di carità; e allora, si dileguino pure le fugaci attrattive dei sensi, cadano pure appassiti l’uno dopo l’altro i fiori della giovanile bellezza, svaniscano pure i fallaci fantasmi dell’immaginazione : rimarrà sempre negli sposi tra loro, nei figli verso i genitori, saldo il vincolo dei cuori, resterà immutato l’amore, il grande animatore di tutta la vita domestica, e con esso la felicità e la pace.
Chi, invece, il sacro rito delle nozze cristiane stima una semplice cerimonia esteriore da osservarsi per seguire una consuetudine, chi vi apporta un’anima in disgrazia di Dio, profanando così il Sacramento di Cristo, inaridisce la sorgente di grazie soprannaturali, che nel disegno mirabile della Provvidenza sono destinate a fecondare il giardino della famiglia e a farvi germogliare insieme ai fiori delle virtù i frutti della vera pace e della gioia più pura.
Famiglie inaugurate nella colpa; alla prima bufera daranno negli scogli, ovvero andranno, come nave abbandonata in balìa delle onde, alla deriva di dottrine che nella proclamata libertà o licenza, preparano il più duro servaggio. I profanatori della famiglia non avranno pace; solo la famiglia cristiana, ossequiente alla legge del Creatore e del Redentore, aiutata dalla grazia, è garanzia di pace. Ecco, o dilettissimi sposi novelli, la portata dell’augurio paterno che Ci erompe fervido e sincero dal cuore : pace con Dio nella dipendenza della Sua Volontà, pace con gli uomini nell’amore della verità, pace con se stessi nella vittoria delle passioni : triplice pace che è la sola vera felicità di cui è possibile godere durante il pellegrinaggio terreno. Auspicio di tanto bene sia la paterna benedizione, che di tutto cuore vi impartiamo.
Parlando ai novelli sposi, a coloro che sono da Dio chiamati quasi a presiedere alle fonti stesse della vita e ne avviano il corso, il pensiero e il Nostro cuore andavano naturalmente al vivace gruppo di bambini, venuti da ogni parte d’Italia a recarCi i frutti del loro primo apostolato ed a raccogliere il premio delle loro vittorie catechistiche e della fedeltà ai loro doveri. Sono i bravi vincitori del Premio di Roma; ma dietro ad essi è tutto un esercito di fanciulli, devoti come loro al Vicario di Gesù Cristo; felici di sentirsi stretti per lui, coi loro compagni che li rappresentano, in una pacifica crociata di preghiere e di fioretti spirituali; anelanti di offrirgli quei loro doni, di prepararsi ad essere nel mondo araldi della sua parola e campioni di vita cristiana.
A questi cari fanciulli, speranze Nostre, come sono della famiglia e della società, Noi vogliamo aprire il Nostro cuore, ricolmo di gratitudine e di affetto, ma sopra tutto pieno di quel desiderio che Gesù espresse un giorno, quando, collocato un bambino in mezzo ai suoi discepoli, sentenziò : « Se non diventerete come questo fanciullo, non entrerete nel Regno dei Cieli » (Matth., XVIII, 3). Il bambino è dunque il modello di tutti i seguaci di Cristo; e il desiderio che pungeva il suo cuore divino era che le virtù del fanciullo rimangano nella vita di tutti, indistintamente.
Intendete bene, cari piccoli, voi, come gli altri, diventerete adulti, progredendo a traverso le varie età dell’uomo, negli anni, nella statura, nel sapere : diventerete colti, ciascuno nel campo della sua vocazione, per dare alla società quello che oggi dalla società ricevete : le vostre forze fisiche, le vostre forze intellettuali, l’ingegno con le sue cognizioni e con la sua dottrina, la volontà con le sue iniziative e coi suoi ardimenti. Ebbene, con tutto questo voi non sarete veramente cristiani, se non in quanto farete così vostre le virtù particolarmente proprie dei piccoli, da non lasciarle più nella vita. Voi amerete l’ubbidienza e la disciplina sempre, anche se altri v’insegnerà che l’uomo è padrone assoluto di se stesso. Vi terrete cara la vostra semplicità, anche se vedrete intorno a voi trionfare l’astuzia e l’inganno. Sarete sinceri con tutti, come adesso con la vostra mamma, anche se vedrete onorati i finti e i bugiardi. Manterrete il vostro cuore come oggi, aperto alla compassione, pieno di dolcezza e di amore per tutti, pronto a dimenticare le offese, anche se vi capiterà di sentire che il male si ripaga col male. Sopra tutto custodirete gelosamente la vostra innocenza, anche se intorno a voi vedrete, forse nelle sue più penose manifestazioni, il peccato, e dentro e fuori di voi sentirete dirvi che la felicità dell’uomo sta nel piacere. Ecco come dovete conservarvi sempre simili ai piccoli per entrare nel Regno dei cieli. E così sarete al tempo stesso nella vita terrena uomini schietti, puri, forti, utili a voi stessi, alla famiglia, alla patria : fedeli al dovere, rotti al sacrificio, capaci di tutti gli eroismi. Tali vi vuole Gesù Cristo. E tali voi volete essere, cari fanciulli, come chiaramente lo dice qui la vostra presenza, e lo conferma il vostro amore della dottrina cristiana, i vostri sforzi per segnalarvi nella scienza della Religione, i vostri fioretti spirituali, l’obolo della vostra carità.
Affinché tali rimaniate sempre, degni figli della Chiesa e della società, e regni ognora nel vostro cuore vivace e piena la vostra candida gioia, Noi chiediamo per voi la particolare assistenza dello Spirito di Amore, e con paterno affetto, memori di quel Gesù che vi predilesse e v’impose le mani, nel nome di Lui vi benediciamo con tutti i vostri compagni qui presenti in spirito, con le vostre e con le loro famiglie, e con tutti coloro che si occupano della vostra formazione cristiana — Delegate, Sacerdoti, membri del Consiglio superiore — ai quali Ci è sommamente grato di esprimere qui la Nostra paterna riconoscenza.
Essi compiono in nome di Gesù Cristo una ben alta missione, irta d’incomodi, di rinunzie, di sacrifizi, e perciò non di minor merito innanzi a Dio che quella a cui consacrano la vita le avanguardie del Vangelo, i Missionari propriamente detti. Con questi Noi li associamo volentieri nel ringraziamento e nella preghiera; e siamo ben lieti che il Capitolo Generale dell’Istituto missionario della Consolata Ci offra qui stesso la simpatica opportunità di vedere in presenza l’uno dell’altro come gli Stati maggiori di due eserciti, i quali, ma in così diverso campo e con armi tanto diverse, combattono con lo stesso spirito, nello stesso augusto Nome, la stessa battaglia.
Salutati e incoraggiati gli uni, Ci è caro esprimere agli altri i sensi della Nostra particolare gratitudine e del Nostro affetto. Nel lavoro pazientemente compiuto per dare nuovo impulso alle loro Missioni secondo le moderne esigenze del tempo e dei luoghi, i membri del Capitolo generale della Consolata Ci danno la prova tangibile della non attenuata vitalità del loro Istituto, della sua ferma volontà di adeguare ai bisogni la sua azione, e del controllo sempre vigile che esso intende esercitare su tutte le forme della propria attività, per assicurare a questa, con maggiore aderenza alle direttive superiori, il maggior rendimento. Dando impulso alle sue Missioni, dove è pur così grande il bene che esso ha fin qui realizzato e va realizzando con tanto onore, l’Istituto della Consolata, oltre che rispondere egregiamente ai suoi santi fini, provvede nel miglior modo al suo più sicuro incremento e alla conservazione di quello spirito di apostolato che esso porta con sé fin dalla cuna e nel quale è la certa garanzia della sua ben fondata esistenza, largamente redditizia nel mistico campo del Padre di Famiglia.
Così, mentre vi ringraziamo, diletti Figli, dei rinnovati propositi di lavoro nell’arduo terreno assegnatovi dalla divina Provvidenza, e Ci congratuliamo col vostro Superiore Generale che, riconfermato in carica, riconferma egli stesso la sua intelligente, amorosa, feconda dedizione all’Istituto, a Dio rivolgiamo la lode e il ringraziamento per il gran bene che da voi tutti si compie e si raccoglie nelle regioni dove le campagne già biancheggiano per la messe (Io., IV, 35) e in quelle dove già miete la falce. Confortati dall’unanime fervore che ha animato il vostro Capitolo generale e dall’esperienza di un passato così produttivo, Noi abbiamo ragione di aspettarCi moltissimo dalla vostra attività a servizio della Chiesa e delle anime. Per essa Ci è grato formare oggi tutti i Nostri voti, chiedendo a Dio che accresca il vostro numero, ma più ancora mantenga integro e puro il vostro spirito; vi dia a tutti un’alta coscienza della vostra sublime vocazione, faccia fiorire in mezzo a voi, a edificazione degli uomini e a gloria di Dio, nelle anime le più belle virtù del Vangelo.
Con questi sentimenti salutiamo il nuovo periodo di lavoro che si apre dinanzi pieno di speranze e di promesse; e nella ferma fiducia che, sotto l’egida della Madre di Dio, da voi teneramente onorata e fatta onorare, tutte le vostre opere continueranno a prosperare e la vostra Famiglia religiosa a santificarsi nel bene, v’impartiamo a tutti, ma con particolare affetto, ai vostri degni e valorosi Vescovi e Prefetti Apostolici qui presenti, al Vostro Superiore Generale, ai vostri confratelli vicini e lontani, a quanti sopra tutto consacrano generosamente nelle Missioni estere le forze e la vita, la paterna propiziatrice Apostolica Benedizione.
Ma ad una terza e speciale classe di missionari, condotti qui dalla amabile Provvidenza, è dovuta altresì la Nostra Benedizione. Sono gli araldi del Vangelo in quello dei suoi settori che tanto meritò le raccomandazioni del divino Maestro : il settore della misericordia corporale (Matth., XXV, 31 e segg.). Colui che in linea di carità fraterna garantì la ricompensa perfino al bicchiere d’acqua fresca dato in suo nome (Matth., X, 42), con la esaltazione delle opere di misericordia conchiuse la sua predicazione propriamente detta (Matth., XXVI, 1), e della assistenza agli infermi fece una delle note discriminatrici della ammissione nel Regno eterno. « Fui infermo — dirà Egli un giorno agli eletti — e veniste a visitarmi ». Leggendo le quali parole non si può non restar commossi — teneramente commossi — al pensiero che nella persona dell’infermo è. Egli stesso, Gesù, il quale riceve dai fratelli il beneficio dell’assistenza, ne tiene nota, e la ricorda per regolare munificamente ogni conto l’ultimo giorno.
Di tutti questi singolari messaggeri della Buona Novella abbiamo qui, rappresentanti autorevoli, le Direttrici di tutte le Scuole-Convitto professionali per infermiere, venute da ogni parte d’Italia per adunanze di carattere tecnico-organizzativo. Sotto le divise sacre o laiche, queste valorose Donne confermano qui l’alta coscienza caritatevole e religiosa a cui intendono ispirarsi nell’esercizio dei loro pietosi doveri.
In perfetta armonia anche in ciò con le particolari direttive della Autorità da cui dipendono, sotto la presidenza di quella augusta e benefica Dama che è S. A. R. la Principessa di Piemonte, esse vogliono fare della loro assistenza agli infermi opera di carità cristiana. Animate cioè dalla Fede in Gesù Cristo e membri vivi del Suo mistico corpo, esse vogliono unire all’azione il sentimento, alla prestazione materiale la compassione fraterna; e sforzandosi di applicare alla loro nobilissima professione i principi cristiani, vogliono essere in tutto degne della divina missione a cui è elevata nel Vangelo l’assistenza ai minimi di Gesù Cristo. A spiriti così compresi non è difficile ricordare la loro dignità e la loro responsabilità. Voi — diciamo volentieri a codeste dilette figlie, presenti e lontane — voi siete le pietose soccorritrici di Cristo nelle sue mistiche membra. Infermo, Egli è affidato alle vostre mani materne, alla vostra femminile delicatezza, alla vostra pietà intelligente, alla vostra felice intuizione dei bisogni di ciascun male, al vostro cuore, che sa e indovina come soffre nell’anima chi langue nel corpo. Poiché Gesù è in ciascun infermo, anche malvagio, anche ignaro di Lui, voi sarete per Lui quello che furono la buona Marta ospitale, la pietosa Veronica, le pie donne di Gerusalemme. Quello che non vi è dato di fare per Gesù nei mistici incontri con Lui nella Santa Comunione, vi è dato di farlo nelle corsie dei vostri ospedali, nelle raccolte camere delle vostre cliniche. Le ore del vostro servizio sono le migliori ore vissute della vostra fede e della vostra pietà; ed è proprio lì, nell’umile dedizione, negli incomodi e nei sacrifizi che questo servizio porta con sé, è lì che voi, Religiose, potete misurare il vostro zelo per la perfezione evangelica, e voi, laiche, il livello della vostra vita religiosa, la sincerità della vostra vita cristiana. «Agnosce, christiane, dignitatem tuam» diremo specialmente a voi, con S. Leone Magno: sappiate riconoscere l’onore che vi è fatto, il singolare sacerdozio a cui la vostra professione d’infermiere v’innalza.
E sappiate riconoscere altresì la vostra responsabilità al cospetto del mondo.
Poiché nelle opere di misericordia è l’essenza stessa del Vangelo (e la prova è nelle parole stesse di Cristo giudice, che non ammetterà nel Regno eterno se non chi ebbe della misericordia il culto pratico), voi, come tutti coloro che più direttamente sono chiamati a sollevare gli afflitti nel corpo e nello spirito, siete le pagine viventi di questo gran Libro divino, destinate cioè a mostrare al mondo che il messaggio di Gesù Cristo non è lettera morta, ma sostanza di vita, sempre attuabile e sempre attuata; ed è rivolta a convertire il mondo dall’egoismo all’amore e a dare — non soltanto a promettere — quel sollievo e quella pace di cui Gesù ha detto: « Venite da me voi tutti che siete travagliati e oppressi da pesi ed io vi ristorerò . . . e troverete pace alle anime vostre ».
Non esitiamo a dirlo : vera, vivente, quotidiana apologia del Vangelo siete voi, o dilette infermiere cattoliche, agli occhi del mondo, che questo Vangelo vorrebbe talvolta mettere fuori della realtà, tra i sogni generosi e le generose utopie. E voi, spose di Cristo, che col vostro abito invitate il mondo a guardare come si attua l’insegnamento di Gesù; dovete sentire pungente questa grande responsabilità; con la vostra dolcezza imperturbabile, con la vostra eroica pazienza, col vostro silenzioso lavoro, volete piegare tutti a riconoscere, segretamente se non sempre palesemente, la verità, la bontà, la bellezza della nostra professione cristiana.
Vi conceda a tutte il Signore di sentire sempre così — altamente, cristianamente — la vostra missione.
E mentre a questo fine salgono a Dio dall’intimo del cuore i Nostri voti, a voi tutte quante siete qui presenti, e alle vostre colleghe di ogni regione, dalle dirigenti alle più umili, impartiamo con animo grato e fiducioso l’Apostolica Benedizione.

Fonte: Riscossa cristiana, 24.1.2016

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