Quando
ancora la disciplina della politurgia era in vigore a Roma, perciò, si
celebrava oggi una doppia messa, con due stazioni distinte, l’una nel cimitero
di Callisto, presso la tomba di papa Fabiano, l’altra nel cimitero vicino ad
Catacumbas, presso il sepolcro di Sebastiano. Tale è la disciplina
rappresentata dal Feriale Filocaliano e dalla Depositio Martyrum
del 354: XIII kal. Febr. Fabiani in Callisti et Sebastiani in Catacumbas. Una cinquantina di anni separa il
martirio del papa Fabiano (250 d.C.) e quello di Sebastiano (303 d.C.).
Gli
antichi sacramentari mantengono questa distinzione di messe, attribuendo
tuttavia a san Sebastiano, in ragione della popolarità del suo culto, la
prevalenza sul papa Fabiano.
Le feste dei martiri, in effetti, entrarono nelle basiliche urbane, i libri
liturgici continuarono a proporre due formulari propri, ad eccezione
dell’epistolario che non conosceva che la festa di san Sebastiano. Ora san
Fabiano era piazzato al primo posto, nella sua qualità di papa, ora si dava la
priorità a san Sebastiano, molto popolare come protettore contro la peste. Fu
così a Roma sino a metà del XII sec. Dei cinque documenti che si considerano
solitamente per stabilire il calendario del XII sec., tre danno il passo a san
Fabiano e due a san Sebastiano. Ora, nella seconda metà di quel secolo, tanto
al Laterano quanto al Vaticano, si riunirono le due celebrazioni in una sola.
Sfogliando i libri si assiste a questa fusione. Il messale del Laterano
contiene la messa Intret dal proprio
di più Martiri, ma con due orazioni, che sono dette sub una clausula, precisa l’Ordo.
Quest’ultimo espone il cambiamento poggiandosi su un manoscritto che prende a
torto per testimonianza autentica del sacramentario gregoriano, imitantes videlicet beatum Gregorium, qui in
sacramentario officium missae huius diei utrisque commune instituit.
Per quanto
concerne l’ufficio, deplora che questo sia ancora tutto intero di san Sebastiano:
quia iam multum praevaluit,
ideo consuetudini ratio cedit.
Nel Vaticano,
l’ufficio è ugualmente di san Sebastiano, ma totum tertium Nocturnum facimus de sancto Fabiano, di cui si fa ugualmente memorie nelle
Lodi. Questo fatto non è senza interesse, perché permette di percepire i primi
indici di una mutazione della liturgia romana, che sarà sempre meno legata alle
condizioni locali della Città apostolica. Si passa dalla
liturgia cimiteriale e basilicale di Roma alla liturgia della Curia romana (Pierre Jounel, Le Culte des Saints dans les Basiliques du Latran
et du Vatican au douzième siècle, École Française de Rome, Palais Farnèse,
1977, pp. 215-216).
Gli antichi si
accordarono per attribuire all’intercessione del soldato martire, difensore
della Chiesa, un gran numero di prodigi, che gli valsero la rinomanza di
taumaturgo, tanto che, nella lettura del Vangelo quanto nell’antifona per la
comunione, è a lui che si ricollegano oggi le parole di san Luca secondo cui
una grande moltitudine di infermi accorrevano al Salvatore perché da Lui usciva
una potenza che guariva tutti.
Nel Medioevo, si
invocava specialmente san Sebastiano contro la peste. Paolo Diacono racconta
che nel 670, la peste cessò a Roma quando si dedicò un altare al Santo nella
Basilica di San Pietro in Vincoli (Paulus Diaconus, Historia Langobardorum,
lib. VI, cap. 5), con una celebre effigie del Santo in mosaico, con
sembianze senili e barbuto, risalente ad un decennio dopo (cfr. Mariano Armellini,
Le chiese di Roma dal secolo IV al XIX, Tipografia
Vaticana, Roma 18912, p. 209).
San Sebastiano, 680 circa, Basilica di San Pietro in Vincoli, Roma |
I testi
liturgici in uso nel Messale tradizionale – che celebrano i due santi insieme
con Messa doppia – sono quelli dell’antica messa stazionale di san Sebastiano,
salvo un piccolo numero di modifiche. In effetti, numerosi manoscritti omettono
interamente san Fabiano ed il più antico lezionario romano, quello del VII
sec., come ce lo fa conoscere un manoscritto di Würzburg, indica per questo
giorno non soltanto l’epistola, ma anche la lezione profetica dell’Antico
testamento, secondo l’uso romano nelle più grandi solennità dell’anno (24: IN NAT SCI SEBASTIANI lec epis beati pauli apos ad
ebreos FF sci per fidem uicerunt regna usq. testimonium
fidei probati inuenti sunt in xpo ihu dno; 25: IN NAT UBI SUPRA lec lib sapi salo. reddidit
ds mercidem laboris scorum usq. manuum tuam laudauerunt
partier dne ds noster).
È inutile
aggiungere che la messa di san Sebastiano, come tutte le altre, ha sempre nei
sacramentari un prefazio speciale. Il fatto di aver soppresso tutte gli antichi
prefazi propri di ciascuna domenica e di ogni festa dell’anno, che sono così
belli e che caratterizzavano così bene la liturgia romana, è stato un vero
impoverimento imposto al nostro Messale ed una gran perdita per la pietà
ecclesiastica. Forse si può sperare in una correzione del Messale juxta codicum fidem (così come vi è già
stato per l’antifonario gregoriano da parte di san Pio X), in cui gli antichi
prefazi del sacramentario di san Gregorio riprenderanno il loro
spazio nella liturgia?
Originariamente
le due messe, quella di san Sebastiano come quella di san Fabiano, avevano le
collette proprie; quando si fusero queste due stazioni, ci si accontentò di
aggiungere il nome di Sebastiano a quello di Fabiano nelle collette del Comune
dei martiri pontefici.
La lettura
odierna, tratta dall’Epistola agli Ebrei, già assegnata nel Lezionario
di Würzburg alla messa di san Sebastiano, descrive sotto dei vivi colori
tutte le sofferenze sopportate dai giusti dell’Antico Testamento a causa della
loro fede. Non è semplicemente, in effetti, il fatto di soffrire che ci rende
graditi a Dio, ma, come insegna l’Apostolo, è la confessione della fede in
mezzo ad opere virtuose ed alle sofferenze, che ci merita la corona: Hi omnes testimonio fidei probati inventi sunt. Per
questo la Chiesa canta nell’ufficio di Terza:
Os, lingua, mens, sensus vigor
Confessionem personent,
affinché
ogni momento confessiamo il nome di Gesù Salvatore, cioè avanziamo a grandi
passi nella via della salvezza.
Nel Comes di Würzburg,
la seconda lettura dell’Antico Testamento per la sinassi di questo giorno ad
catacumbas, è tratta dal Libro della Sapienza (10, 17-20), laddove è
celebrata la vittoria degli Israeliti sugli Egiziani, allorché Jahvé fu il
vendicatore del suo popolo e sua guida attraverso il deserto.
Il
responsorio è tratto dal celebre cantico di Mosé nell’Esodo (15, 2, 6), dopo il
passaggio del mar Rosso ed in origine era in relazione con la pericope
precedente del libro della Sapienza. Il mar Rosso nel quale Satana è stato
abbattuto è il martirio, nel mezzo del quale gli eroici atleti del Cristo hanno
trionfato dei loro persecutori. Questi ultimi li hanno posti sui cavalletti e
sui roghi, per strappare la fede dal loro cuore; ma l’anima invincibile dei
martiri è giunta sana e salva alla riva dell’eternità ed i boia hanno compreso
tutta la vergogna della loro disfatta.
Il vangelo
(Lc 6, 17 -23), dove si parla dell’intervento di Gesù a profitto dei malati, si
adatta molto bene a san Sebastiano, che l’antichità cristiana venerava come
protettore speciale contro le epidemie. Nella basilica esquilina di San Pietro
in Vincoli, si conserva ancora l’altare con l’immagine in mosaico del grande
martire che fece erigere il papa Agatone per liberare Roma dalla peste che
l’affliggeva. Questa devozione popolare verso san Sebastiano era generale
in Italia, e specialmente a Roma, dove si contano almeno nove antiche chiese in
onore del santo. Oltre la basilica costantiniana ad Catacumbas (su
quest’antica basilica, cfr. Mariano Armellini, op. cit., pp.
896-900; Ch. Huelsen, Le
Chiese di Roma nel medio evo, Firenze 1927, p. 460), nel quartiere
Ardeatino, denominata Basilica di San Sebastiano fuori le mura, e
le cui catacombe erano veneratissime da San Filippo Neri, il quale proprio qui
ricevette, nel 1544, dallo Spirito Santo il dono di un’ardente carità che fece
dilatare il suo cuore (cfr. Armellini, op.
cit., p. 898), ce n’era una – in verità un oratorio - nel Patriarchium del
Laterano, eretta dal papa Teodoro (chiesa di San Sebastiano in Laterano)
(ibidem, p. 106); un’altra si elevava sul Palatino, vicino all’ippodromo
dove san Sebastiano aveva sofferto il martirio, e che sorge accanto al Foro
Romano ed al Colosseo, nell'area dell'antico tempio inizialmente dedicato
al Sol Invictus Elagabal (c.d. Elagabalium),
eretto dall'Imperatore Eliogabalo all'inizio del I sec. d.C. e di cui si vedono
ancora tracce delle fondamenta nello spiazzo adiacente la chiesa, ed in seguito
a Giove, e che custodiva diversi oggetti sacri, tra cui il Palladio di Atena,
portato da Troia (Chiesa di San Sebastiano alla Polveriera o al
Palatino, o di Santa Maria in Pallara o in
Pallaria) (ibidem, pp. 524-525; Ch. Huelsen, op. cit., pp. 353-355); un’altra si
trovava vicino al Tevere, nella regione Arenula, rione Regola
(chiesa di San Sebastiano de Arenula) (cfr. Armellini, op. cit., p.
398); una quarta (chiesa di San Sebastiano a Scossacavalli) (ibidem,
p. 778), una quinta (chiesa di San Sebastiano in via Pontificum) (ibidem)
ed una sesta tuttora esistente, eretta da papa San Pio V nel 1568, e non
lontana dal Colonnato del Bernini (Chiesa dei Santi Martino e
Sebastiano degli Svizzeri) (ibidem, p. 783) nel quartiere di Borgo,
vicino a San Pietro; ce n’era infine una sesta sulla c.d. via papale, laddove,
secondo la tradizione, il corpo di san Sebastiano sarebbe stato gettato in una
cloaca e recuperato da santa Lucina, serva della matrona sant’Irene di Roma
(cfr. Armellini, op.
cit., p. 455; Ch. Huelsen, Le
Chiese di Roma nel medio evo, Firenze 1927, pp. 460-461).
Nel
Medioevo, il capo di san Sebastiano fu trasportato da Gregorio IV sul monte
Celio, nella basilica dei Quattro Santi Coronati (cfr. Armellini, op. cit., pp.
499-500); quasi nello stesso tempo, una parte importante delle sue reliquie
passò all’abbazia di San Medardo di Soissons. In quest’occasione una piccola
fiala, contenente alcune gocce del suo sangue, rimase nell’abbazia imperiale di
Farfa in Sabinia, dove le reliquie avevano ricevuto l’ospitalità la notte
seguente la partenza da Roma del gruppo dei monaci di Soissons.
Roma
cristiana ha dedicato a papa Fabiano una chiesa nel quartiere Tuscolano, in
piazza Villa Fiorelli. Essa, eretta a parrocchia nel 1933, fu costruita nel
1936 (Chiesa dei Santi Fabiano e Venanzio). Fu istituita come
titolo cardinalizio nel 1973 (titolo dei Santi Fabiano e Venanzio a
Villa Fiorelli).
Il frutto
eterno menzionato nella preghiera prima dell’anafora è la grazia, cioè il dono di
Dio, che, per sua natura, non è soggetto a revocazione né a ripensamento.
Questo dono, al contrario, nel disegno magnifico di Dio, vuole svilupparsi
continuamente nell’anima, cioè donarsi sempre più all’uomo,
affinché lo renda gradualmente capace del possesso beatifico di Dio nel
paradiso.
Dio ha
congiunto dei tesori di grazie e di meriti ai modesti atti del nostro culto, e
noi, al contrario, languiamo in una moltitudine di miserie e di mali fisici e
spirituali, unicamente perché non abbiamo una fede sufficiente per ricorrere ai
rimedi che ci offre la bontà divina (Lc 6, 17 e 19). Questa salutare virtù del
Salvatore non è venuta meno dopo l’Ascensione. Ancora oggi, entriamo in
contatto con Gesù nei Sacramenti, le ispirazioni, le predicazioni, le
tribolazioni della vita stesse, e se in tutte queste circostanze ci
avvicinassimo a Lui con fede, sgorgherebbe da Lui una virtù in grado di guarire
tutte le nostre infermità.
Ecco
quello che è il mondo agli occhi della fede: Multitudo languentium, una moltitudine di persone che
languiscono, tanto più degni di compassione che, tra esse, ben poco
numerose sono quelle che, a somiglianza degli infermi di cui parla oggi il
Vangelo, vanno dal celeste medico Gesù.
Alla tomba
primitiva di san Sebastiano, ritrovata tra la fine dell’800 e l’inizio del
‘900 apud vestigia Apostolorum sulla via Appia, si rapporta un
frammento della balaustra o transenna di marmo con
quest’iscrizione del V sec., risalente all’epoca di papa Sant’Innocenzo I:
TEMPORIBUS • SANCTI
INNOCENTI • EPISCOPI
PROCLINVS • ET • VRSVS • PRAESBB
TITVLI • BYZANTI
SANCTO • MARTYRI
SEBASTIANO • EX • VOTO • FECERVNT
Questo
monumento si trova oggi al museo del Laterano (cfr. Armellini, op. cit., p.
896).
Ambito senese, Madonna con Gesù Bambino in gloria con angeli tra i SS. Sebastiano e Fabiano, 1620 circa, chiesa di S. Giorgio, Montemerano
|
Scuola lunigianese, SS. Fabiano e Sebastiano, XVII sec., museo diocesano, Massa Carrara-Pontremoli |
Giuseppe Marchesi, SS. Fabiano e Sebastiano, XIX sec., museo diocesano, Trento |
Ambito romano, Madonna con Bambino tra i SS. Fabiano e Sebastiano, XVII-XVIII sec., museo diocesano, Rieti |
Pietro Perugino, S. Fabiano, 1481-83, Cappella Sistina, Città del Vaticano, Roma |
Pietro Perugino, SS. Irene e Sebastiano, Polittico di S. Agostino, 1502-12, Museo di Grenoble, Grenoble |
Raffaello Sanzio, Ritratto (del pittore) come S. Sebastiano, 1503, Collezione Lochis, Accademia Carrara, Bergamo |
Ambito di Carlo Dolci, S. Sebastiano, XVII sec., collezione privata |
Josse Lieferinxe, S. Sebastiano curato Irene, 1497 circa, Philadelphia Museum of Art, Philadelphia |
Josse Lieferinxe, Pellegrini alla tomba di S. Sebastiano, 1497 circa, Galleria Nazionale d'Arte Antica, Roma |
Ludovico Carracci, S. Sebastiano gettato nella Cloaca Massima, 1612, Getty Museum, Los Angeles |
Dirck van Baburen, S. Irene recupera S. Sebastiano, 1615, Museo Thyssen-Bornemisza, Madrid |
Gerrit van Honthorst (Gherardo delle Notti), Martirio di S Sebastiano, 1623 circa, National Gallery, Londra |
Jan Van Bijlert, S. Sebastiano assistito da S. Irene, XVII sec., collezione privata |
Carlo Dolci, S. Sebastiano curato da S. Irene, XVII sec., collezione privata |
Pierre Jérôme Lordon, Sepoltura di S. Sebastiano, XIX sec., Fondation Calvet, Avignone |
Lorenzo Vaccaro - Domenico Antonio Ferro, Busto argenteo di S. Sebastiano, 1709, museo diocesano della Cattedrale di S. Paolo, Aversa |
Francesco Papaleo, S. Fabiano ed angeli, XVIII sec., Cappella Albani, Basilica di S. Sebastiano fuori le mura, Roma. Sotto la statua di San Fabiano si conserva la reliquia del suo cranio. |
Tomba di S. Sebastiano, Basilica di S. Sebastiano fuori le mura, Roma |
Antonio Giorgetti, Martirio di S. Sebastiano, Basilica di S. Sebastiano fuori le mura. Roma |
Reliquie di S. Sebastiano (copia di una delle frecce e frammento della colonna del martirio) Basilica di S. Sebastiano fuori le mura. Roma |
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