La festa
di questo patriarca dell’ascesi monastica orientale è entrata molto tardi nel
calendario romano, giacché fu soltanto sotto l’influenza di una Congregazione
religiosa che portava il suo nome. In effetti, fu inserita nell’Ordo del
Laterano, ed apparve a Roma nell’XI sec., con il calendario dell’Aventino, il
lezionario di San Gregorio, il passionario dei Santi Giovanni e Paolo, i
martirologi di San Pietro e di San Ciriaco. Si trova il nome del santo nella
litania pasquale (del sabato santo) dell’Epistolario di San Saba (L’Epistolario di
san Saba è un lezionario dell’XI sec. su pergamena, che nel XVII sec. è
stato rivestito di cuoio e denominato Lectionnarius vetus:
cfr. Pierre Jounel, Le Culte des Saints dans les Basiliques du
Latran et du Vatican au douzième siècle, École Française de Rome, Palais
Farnèse, 1977, p. 33).
I Copti
festeggiano san Paolo di Tebe il 27 gennaio ed i Bizantini il 15 dello stesso
mese, mentre il calendario di Napoli l’iscrive al 19. Beda introdusse la sua
menzione al 10 gennaio nel suo martirologio. La festa era celebrata a San Gallo
dalla metà del IX sec., ma nel XII, essa era ancora poco diffusa in Francia ed
in Italia (così ricorda G. de
Valous, Le Monachisme clunisien des origines au XVe siècle,
Coll. Archives de la France monastique, tomo 39, Paris 1935, p.
399) (cfr. sul punto P. Jounel, op. cit., p. 212).
Dopo il
XIV sec., la festa aveva preso in Occidente uno sviluppo considerevole, tanto
che Innocenzo XIII elevò la festa di san Paolo eremita al rito doppio per la
Chiesa universale. Roma stessa, nel XVI sec., sul colle Viminale, nel rione
Monti, aveva un tempio in onore di questo ammirevole figlio del deserto. Oggi
quest’edificio è confiscato e profanato dallo Stato italiano (Cfr. Mariano Armellini, Le chiese di Roma dal secolo IV al XIX,
Tipografia Vaticana, Roma 18912, p. 190).
L’insegna
degli eremiti di San Paolo era la palma. Da lì vengono, nella messa, le graziose
e frequenti allusioni a quest’albero provvidenziale che fornì al nostro santo
cibo e vestiti (i suoi abiti erano, infatti, intrecciati con le foglie di
palma) e che, per l’estensione dei suoi rami, simbolizza molto bene nelle
Scritture l’attività soprannaturale dei giusti.
La storia
di san Paolo, primo eremita, fu scritta verso il 376 da san Girolamo. La sua
identità con il monaco Paolo, che due preti luciferiani (i luciferiani erano un
gruppo di seguaci di san Lucifero di Cagliari, i quali erano noti per il loro
rigorismo ed intransigentismo, tanto da far dubitare molti – anche
nell’antichità – della santità dello stesso san Lucifero), Marcellino e
Faustino, i quali, essendo stati espulsi da Roma da papa Damaso, presentarono
una petizione, una lettera (Libellus
Precum Adversus Damasum) agli imperatori Valentiniano,
Teodosio ed Arcadio (tra il 383 ed il 384), nella quale, tra l’altro, ci
descrivono come un invincibile campione dell’ortodossia di Nicea ad Ossirinco (Faustinus et Marcellinus presbyterorum partis
Ursini, Adversus Damasum, Libellus Precum Ad Imperatores Valentinianum,
Theodosium et Arcadim, § 26, in PL 13, col. 101), non è interamente dimostrata.
Nel documento, che fa parte della Collectio Avellana, racconta
quello che vi è era capitato poco prima ad Ossirinco. Il vescovo di questa
città, certo Teodoro, aveva, per la sua indegna condotta, provocato uno scisma
nella sua chiesa. Una parte del clero e dei fedeli si erano separati da lui e
restavano legati strettamente all’ortodossia exemplo et monitu beatissimi Pauli qui iisdem fuit temporibus quibus et
famosissimus ille Antonius, non minori vita neque studio, neque divina gratia,
quam fuit sanctus Antonius. Novit et hoc ipsa civitas Oxyrinchus, quæ hodieque
sanctam Pauli memoriam devotissime célébrât. Questo beato Paolo, che viveva nella Tebaide, che fu
contemporaneo ed emulo del grande sant’Antonio e di cui la memoria era
celebrata dagli abitanti di Ossirinco come quella di un santo, non sarebbe
altro, evidentemente, che Paolo di Tebe. A differenza della Vita Pauli di
Girolamo, da cui emerge la figura di un anacoreta, che viveva nascosto nel
deserto e sconosciuto a tutti, tanto che solo una rivelazione lo fa conoscere
ad Antonio, questo testo, al contrario, ci informa della sua grande notorietà e
che è coinvolto attivamente negli affari interni della chiesa di Ossirinco.
Se il
Paolo di questo secondo documento (cioè oltre la fonte girolamina) sarebbe lo
stesso di quello di cui san Girolamo tesse l’elogio, il primo eremita ci
sarebbe mostrato in un aspetto completamente nuovo. I bisogni della fede
l’avrebbero temporaneamente trasformato in un coraggioso apostolo. Il documento
in questione aggiunge che la festa di san Paolo era da allora celebrata ogni
anno dal popolo di Ossirinco (Cfr. H. Delehaye, La
personnalité historique de saint Paul de Thèbes, in Analect.
Bolland., t. XLIV, 1926, pp. 64-69. Contra F. Cavallera, Paul de Thebes et
Paul de Oxyrhynque, in Revue d’ascétique et de mystique, t.
VII, 1926, p. 302-305, per il quale il Paolo menzionato nel Libellus
Precum sarebbe un omonimo del santo eremita, da non confondere con
quest’ultimo. Infatti, si argomenta che il Paolo di Ossirinco sarebbe stato
attivo all’epoca di Giorgio, vescovo di Alessandria, vale a dire tra il 357 ed
il 361 e doveva essere noto quanto Antonio e non inferiore a lui per santità di
vita, zelo e grazia divina).
La messa,
tranne un verso d'Osea, non ha alcun elemento proprio, ma desume le sue parti
da altre messe del comune dei semplici confessori. Un autore sacro
riferisce una bella definizione di un santo. Un santo, egli dice, è un
cristiano che prende sul serio gli obblighi del suo battesimo, e la natura
delle relazioni che corrono fra il Creatore e la creatura. Così si spiega come
san Paolo eremita, per esempio abbia potuto sostenere quasi un secolo di vita,
a solitaria e penitente, credendo ancora di dare troppo poco per conquistare il
paradiso e Dio.
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