venerdì 15 gennaio 2016

“Post corvi discéssum, Eja, inquit Paulus, Dóminus nobis prándium misit, vere pius, vere miséricors. Sexagínta jam anni sunt, cum accípio quotídie dimédii panis fragméntum, nunc ad advéntum tuum milítibus suis Christus duplicávit annónam. Quare cum gratiárum actióne ad fontem capiéntes cibum, ubi tantísper recreáti sunt, íterum grátiis de more Deo actis, noctem in divínis láudibus consumpsérunt” (Lect. V – II Noct.) - SANCTI PAULI, PRIMI EREMITÆ, CONFESSORIS

La festa di questo patriarca dell’ascesi monastica orientale è entrata molto tardi nel calendario romano, giacché fu soltanto sotto l’influenza di una Congregazione religiosa che portava il suo nome. In effetti, fu inserita nell’Ordo del Laterano, ed apparve a Roma nell’XI sec., con il calendario dell’Aventino, il lezionario di San Gregorio, il passionario dei Santi Giovanni e Paolo, i martirologi di San Pietro e di San Ciriaco. Si trova il nome del santo nella litania pasquale (del sabato santo) dell’Epistolario di San Saba (L’Epistolario di san Saba è un lezionario dell’XI sec. su pergamena, che nel XVII sec. è stato rivestito di cuoio e denominato Lectionnarius vetus: cfr. Pierre Jounel, Le Culte des Saints dans les Basiliques du Latran et du Vatican au douzième siècle, École Française de Rome, Palais Farnèse, 1977, p. 33).
I Copti festeggiano san Paolo di Tebe il 27 gennaio ed i Bizantini il 15 dello stesso mese, mentre il calendario di Napoli l’iscrive al 19. Beda introdusse la sua menzione al 10 gennaio nel suo martirologio. La festa era celebrata a San Gallo dalla metà del IX sec., ma nel XII, essa era ancora poco diffusa in Francia ed in Italia (così ricorda G. de ValousLe Monachisme clunisien des origines au XVe siècle, Coll. Archives de la France monastique, tomo 39, Paris 1935, p. 399) (cfr. sul punto P. Jounel, op. cit., p. 212).
Dopo il XIV sec., la festa aveva preso in Occidente uno sviluppo considerevole, tanto che Innocenzo XIII elevò la festa di san Paolo eremita al rito doppio per la Chiesa universale. Roma stessa, nel XVI sec., sul colle Viminale, nel rione Monti, aveva un tempio in onore di questo ammirevole figlio del deserto. Oggi quest’edificio è confiscato e profanato dallo Stato italiano (Cfr. Mariano ArmelliniLe chiese di Roma dal secolo IV al XIX, Tipografia Vaticana, Roma 18912, p. 190).
L’insegna degli eremiti di San Paolo era la palma. Da lì vengono, nella messa, le graziose e frequenti allusioni a quest’albero provvidenziale che fornì al nostro santo cibo e vestiti (i suoi abiti erano, infatti, intrecciati con le foglie di palma) e che, per l’estensione dei suoi rami, simbolizza molto bene nelle Scritture l’attività soprannaturale dei giusti.
La storia di san Paolo, primo eremita, fu scritta verso il 376 da san Girolamo. La sua identità con il monaco Paolo, che due preti luciferiani (i luciferiani erano un gruppo di seguaci di san Lucifero di Cagliari, i quali erano noti per il loro rigorismo ed intransigentismo, tanto da far dubitare molti – anche nell’antichità – della santità dello stesso san Lucifero), Marcellino e Faustino, i quali, essendo stati espulsi da Roma da papa Damaso, presentarono una petizione, una lettera (Libellus Precum Adversus Damasum) agli imperatori Valentiniano, Teodosio ed Arcadio (tra il 383 ed il 384), nella quale, tra l’altro, ci descrivono come un invincibile campione dell’ortodossia di Nicea ad Ossirinco (Faustinus et Marcellinus presbyterorum partis Ursini, Adversus Damasum, Libellus Precum Ad Imperatores Valentinianum, Theodosium et Arcadim, § 26, in PL 13, col. 101), non è interamente dimostrata. Nel documento, che fa parte della Collectio Avellana, racconta quello che vi è era capitato poco prima ad Ossirinco. Il vescovo di questa città, certo Teodoro, aveva, per la sua indegna condotta, provocato uno scisma nella sua chiesa. Una parte del clero e dei fedeli si erano separati da lui e restavano legati strettamente all’ortodossia exemplo et monitu beatissimi Pauli qui iisdem fuit temporibus quibus et famosissimus ille Antonius, non minori vita neque studio, neque divina gratia, quam fuit sanctus Antonius. Novit et hoc ipsa civitas Oxyrinchus, quæ hodieque sanctam Pauli memoriam devotissime célébrâtQuesto beato Paolo, che viveva nella Tebaide, che fu contemporaneo ed emulo del grande sant’Antonio e di cui la memoria era celebrata dagli abitanti di Ossirinco come quella di un santo, non sarebbe altro, evidentemente, che Paolo di Tebe. A differenza della Vita Pauli di Girolamo, da cui emerge la figura di un anacoreta, che viveva nascosto nel deserto e sconosciuto a tutti, tanto che solo una rivelazione lo fa conoscere ad Antonio, questo testo, al contrario, ci informa della sua grande notorietà e che è coinvolto attivamente negli affari interni della chiesa di Ossirinco.
Se il Paolo di questo secondo documento (cioè oltre la fonte girolamina) sarebbe lo stesso di quello di cui san Girolamo tesse l’elogio, il primo eremita ci sarebbe mostrato in un aspetto completamente nuovo. I bisogni della fede l’avrebbero temporaneamente trasformato in un coraggioso apostolo. Il documento in questione aggiunge che la festa di san Paolo era da allora celebrata ogni anno dal popolo di Ossirinco (Cfr. H. DelehayeLa personnalité historique de saint Paul de Thèbes, in Analect. Bolland., t. XLIV, 1926, pp. 64-69. Contra F. CavalleraPaul de Thebes et Paul de Oxyrhynque, in Revue d’ascétique et de mystique, t. VII, 1926, p. 302-305, per il quale il Paolo menzionato nel Libellus Precum sarebbe un omonimo del santo eremita, da non confondere con quest’ultimo. Infatti, si argomenta che il Paolo di Ossirinco sarebbe stato attivo all’epoca di Giorgio, vescovo di Alessandria, vale a dire tra il 357 ed il 361 e doveva essere noto quanto Antonio e non inferiore a lui per santità di vita, zelo e grazia divina).
La messa, tranne un verso d'Osea, non ha alcun elemento proprio, ma desume le sue parti da altre messe del comune dei semplici confessori. Un autore sacro riferisce una bella definizione di un santo. Un santo, egli dice, è un cristiano che prende sul serio gli obblighi del suo battesimo, e la natura delle relazioni che corrono fra il Creatore e la creatura. Così si spiega come san Paolo eremita, per esempio abbia potuto sostenere quasi un secolo di vita, a solitaria e penitente, credendo ancora di dare troppo poco per conquistare il paradiso e Dio.




Daniel de Vos, S. Paolo eremita, XVII sec., collezione privata

Daniele Crespi, Morte di S. Paolo eremita, 1619 circa

Diego Rodriguez de Silva y Velázquez, SS. Antonio abate e Paolo eremita, 1634 circa, Museo del Prado, Madrid

Jusepe de Ribera, S. Paolo eremita, 1635-40, museo del Prado, Madrid

Jusepe de Ribera, S. Paolo eremita, 1640 circa, museo del Prado, Madrid

Carlo Dolci, S. Paolo eremita riceve il pane dal corvo, prima del 1648, Muzeum Narodowe w Warszawie, Varsavia

Carlo Dolci, S. Paolo eremita riceve il pane dal corvo, 1648

Francisco Camilo, Morte di S. Paolo eremita, 1649 circa, museo del Prado, Madrid

Mattia Preti, S. Paolo eremita, 1656-60, Art Gallery of Ontario, Toronto

Mattia Preti (attrib.), S. Paolo eremita, 1675 circa, Museu Nacional de Arte Antiga, Lisbona

Mattia Preti, S. Paolo eremita, XVII, Museu Nacional d'Art de Catalunya, Barcellona

Luca Giordano, S. Paolo eremita, 1685-90, collezione privata

Alexandre Cabanel, S. Paolo eremita, 1841-45, Musée Fabre, Montpellier

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