giovedì 14 gennaio 2016

“Tunc Hilárium e prælio hæreticórum reverténtem, ut inquit sanctus Hierónymus, Galliárum ecclésia compléxa est: quem ad episcopátum secútus est Martínus, qui póstea Turonénsi præfuit ecclésiæ; tantúmque illo doctóre profécit, quantum ejus póstea sánctitas declarávit” (Lect. V – II Noct.) - SANCTI HILARII, EPISCOPI PICTAVIENSIS, CONFESSORIS ET ECCLESIÆ DOCTORIS


Secondo Gregorio di Tours, nel XIX anno di regno di Costanzo II (o Costanzo il giovane), figlio di Costantino I, allorché morì l’eremita Antonio (sant’Antonio abate) all’età di 105 anni, il vescovo sant’Ilario di Poitiers, fu inviato in esilio su istigazione degli eretici (ariani). Durante il suo esilio, compose opere sulla fede cattolica, le quali, inviate all’imperatore Costanzo, fecero sì che egli permettesse che, quattro anni dopo, fosse liberato e tornasse nella sua patria. Dopo un’intesa opera di apostolato in Gallia, nel IV anno di regno di Valetiniano e Valente, presso Poitiers, il santo vescovo, pieno di santità, di fede e di ogni virtù, migrò verso il cielo, dopo aver compiuto numerosi miracoli ed anche alcune resurrezioni di morti (Cfr. Albert J. HerbertRaised from the dead-true stories of 400 resurrection miracles, trad. it. di Camilla Giacomini (a cura di), I morti resuscitati. Storie vere di 400 miracoli di resurrezione, Tavagnacco 1998, p. 45): «Nono decimo Constantii junioris anno, Antonius monachus transit, centesimo quinto aetatis suae anno. Beatissimus Hilarius Pictaviensis episcopus, suasu haereticorum exsilio deputatur: ibique libros pro fide catholica scribens, Constantio misit, qui quarto exsilii anno eum absolvi jubens, ad propria redire permisit. ... Quarto Valentiniani et Valentis anno, sanctus Hilarius apud Pictavos, pienus sanctitate et fide, multis undique virtutibus editis, migravit ad caelos. Nam et ipse legitur mortuos suscitasse» (San Gregorio di ToursHistoria Francorum, lib. I, capp. XXXV-XXXVI, in PL 71, col. 179C-180A).
Sant’Ilario di Poitiers morì il 13 gennaio 367, come attesta il martirologio geronimiano. Ma questo annuncia, in più, al 1° novembre la dedicazione a Poitiers della basilica sorta sulla sua tomba ed il martirologio di san Pietro riproduce questa menzione. Essa non sarebbe, senza dubbio, sufficiente ad attirare la celebrazione di sant’Ilario in questo giorno se, una volta di più, l’omonimia non vi avesse giocato. In effetti, si onora a Viterbo, il 3 novembre, i martiri Valentino ed Ilario, di cui i corpi riposavano presso l’abbazia di Farfa dal IX al XV sec. I loro nomi sono iscritti negli Auctaria di Usuardo e si trova parimenti la loro festa presso l’abbazia di Saint-Bertin nel Nord della Francia, nel XII sec. Ma è del vescovo di Poitiers che si tratta in questo caso.
Sempre secondo san Gregorio di Tours, la festa di sant’Ilario era già celebrata il 13 gennaio nella sede episcopale di Lemonum (l’attuale Poitiers) fin dalla fine del V sec., vale a dire sotto il governo di san Perpetuo. Si ritrova la menzione al nostro Santo, al 3 novembre, nei manoscritti fiorentini del martirologio di Usuardo del XV sec. e, al 1° novembre, nel collettario di san Anastasio così come nel messale di Città di Castello, conservato presso l’Archivio Lateranense. Questo annuncia alle calende di novembre: Omnium Sanctorum et Caesarii et Hilarii. Nella colletta e nella secreta di sant’Ilario esso evoca la sua depositio (E. De AzevedoVetus Missale romanum monasticum lateranense (Archivio lateranense Cod. 65), Romae 1752, pp. 285-287) (così ricorda Pierre JounelLe Culte des Saints dans les Basiliques du Latran et du Vatican au douzième siècle, École Française de Rome, Palais Farnèse, 1977, p. 303).
Il nostro Santo fu festeggiato dal XIII sec. a Roma. Ma fu molti secoli più tardi che, sotto il beato Pio IX, la festa fu inserita nel calendario romano. Lo stesso pontefice lo dichiarò dottore della Chiesa nel 1851.
Tuttavia, essendo il 13 gennaio giorno dell’Ottava dell’Epifania, l’ufficio di sant’Ilario fu rinviato all’indomani.
Roma cristiana ha dedicata a Sant’Ilario una parrocchia, nel quartiere di a Casal del Marmo, nel novembre 1977, ponendola in un ex garage ristrutturato a partire dal 1992.
La messa è tratta dal Comune dei Dottori ed è sovrapponibile, in gran parte, a quella della festa di sant’Ambrogio il 7 dicembre. Vi si trova solo qualche piccola variante.
Particolarmente attuale è il libello del nostro Santo contro l’imperatore Costanzo, il quale cercava di comprarsi il consenso dei vescovi fedeli al Credo niceno ora minacciandoli ora lusingandoli con promesse di onori, ricchezze e privilegi, purché approvassero la condanna di Atanasio sancita dal conciliabolo milanese del 355. Ilario lamenta che si tratta di una teomachia e cristomachia, una vera persecuzione più insidiosa, giacché questi privilegi sono il prezzo offerto a chi è fedele alla fede nicena in cambio della sostanziale adesione all’eresia ariana. Si tratta di un modo per distruggere la fede, insomma.
Scrive il Santo dottore: «… noi combattiamo contro un persecutore ingannevole, un nemico che lusinga, Costanzo l’anticristo: egli non percuote il dorso [col flagello, ndr.], ma accarezza il ventre, non ci confisca i beni per la vita, ma ci arricchisce per la morte, non ci sospinge col carcere verso la vera libertà ma ci riempie di incarichi nella sua reggia per la servitù, non spossa i nostri fianchi ma si impadronisce del cuore, non taglia la testa con la spada, ma uccide l’anima con l’oro, non minaccia di bruciare pubblicamente, ma accende la geenna privatamente. Non combatte per non essere vinto ma lusinga per dominare, confessa il Cristo per rinnegarlo, favorisce l’unità per impedire la pace, reprime le eresie per sopprimere i cristiani, carica di onori i sacerdoti perché non ci siano più vescovi, costruisce le chiese per distruggere la fede. Ti porta in giro a parole, con la bocca, ma fa di tutto perché non si creda che tu [o Cristo, ndr.] sei Dio, come il Padre. … Grido a te, Costanzo, ciò che avrei detto a Nerone e ciò che Decio o Massimiano avrebbero udito da me: tu combatti contro Dio, infierisci contro la Chiesa, perseguiti i santi, hai in odio i predicatori di Cristo, sopprimi la religione, tiranno non già delle cose degli uomini ma di Dio. Ecco, secondo me, ciò che ti associa e ti accomuna a quelli. Ecco invece ora ciò che ti è proprio: menti quando dici di essere cristiano, tu che sei il nuovo nemico di Cristo; …» (Liber contra Constantium, 5 e 7, ora in Ilario di PoitiersContro l’imperatore Costanzo, trad., introduzione e note a cura di Luigi Longobardo, ed. Città Nuova, Roma, 1997, pp. 48-49, 50).
Il Cesare di turno, anche oggi, torna a sollecitare i vescovi fedeli alle sane dottrina e morale ricoprendoli di privilegi o rassicurazioni circa esenzioni da tributi, ecc., in cambio del loro placet sui suoi provvedimenti (vedi l’annosa questione delle c.d. unioni civili, che recentemente, contrariamente a quanto avvenuto anni prima, hanno, invece, riscosso il benestare del Segretario della CEI ed anche del card. Bassetti - v. quiquiqui, quiquiqui -, trovando il plauso del mondo - v. anche qui). Quanto hanno da imparare, pure oggi, quei pastori dal Santo vescovo Ilario, il quale preferì l’esilio in Frigia e la deposizione dalla sua sede episcopale piuttosto che accettare compromessi inquinanti la fede nicena! E quanto mancano oggi vescovi coraggiosi e fedeli come Ilario in grado di difendere, senza compromesso alcuno, la sana morale cattolica.




Franz Anton Koch, S. Ilario, 1742, Altare di S. Giovanni, parrocchiale di S. Michele, Mondsee

Bottega toscana, S. Ilario, XVI-XVII sec., museo diocesano, Firenze

Anonimo lombardo-piemontese, S. Ilario, XVII-XVIII sec., museo diocesano, Novara


Busto-reliquiario di S. Ilario, Église Saint-Hilaire, Givet


Reliquiario di S. Ilario, Cripta, Église Saint-Hilaire le Grand, Poitiers

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