Nella festa di S.
Agata, vergine e martire, rilancio la traduzione italiana dell’intervista di
mons. Schneider a Rorate Caeli.
Αγία Αγάθη |
Giovanni Andrea Coppola, Martirio di S. Agata, 1650 circa, Basilica Concattedrale di S. Agata, Gallipoli |
Giambattista Tiepolo, Martirio di S. Agata, 1736, Basilica di S. Antonio, Padova |
Anonimo, Apparizione della Vergine col Bambino a S. Agata, XVIII sec., museo del Prado, Madrid |
Ambito di Giannandrea Lazzarino, S. Agata in carcere, XVIII sec., Galleria Nazionale delle Marche, Urbino |
Giuseppe Barone, Martirio di S. Agata, 1938, Chiesa di Sant'Agata alla Fornace (Chiesa di San Biagio), Catania |
Replica del Reliquiario di S. Agata, Chiesa di S. Agata la Vetere, Catania |
Intervista di mons.
Athanasius Schneider a Rorate Caeli: Chiesa post-sinodale e i non credenti
nella gerarchia
Testo integrale
dell’intervista di Mons. Athanasius Schneider, vescovo ausiliare di Astana,
pubblicata il 2 febbraio dal sito Rorate Caeli
Rorate Caeli: Per qualche tempo non
conosceremo l’impatto giuridico che avrà sulla Chiesa il recente Sinodo poiché
la prossima mossa spetta a Papa Francesco. Indipendentemente dal risultato
finale, esiste già a tutti gli effetti uno scisma nella Chiesa? In caso
affermativo, cosa significa concretamente? Come si manifesterà per i cattolici
praticanti comuni?
S.E. Schneider: Secondo il can. 751 del Codice
di Diritto Canonico, scisma significa il rifiuto della sottomissione al Sommo
Pontefice o della comunione con i membri della Chiesa a lui soggetti. Occorre
distinguere il difetto nel credere o eresia dallo scisma. Il difetto nel
credere o eresia è in effetti un peccato più grave dello scisma, come dice San
Tommaso d’Aquino: «La mancanza di fede (infidelitas nella Summa -
ndT) è un peccato commesso contro Dio stesso, in quanto Egli stesso è la Verità
Prima, sulla quale la fede si fonda; mentre lo scisma si oppone all’unità della
Chiesa, che è un bene minore rispetto a Dio stesso. È dunque evidente che il
peccato di eresia è per suo genere un peccato più grave di quello dello
scisma» (II-II, q.39, a.2c). La vera crisi della Chiesa di oggi consiste nel
fenomeno ingravescente che coloro che non credono pienamente e non professano
l’integralità della fede cattolica occupano spesso posizioni strategiche nella
vita della Chiesa, come professori di teologia, formatori nei seminari,
superiori religiosi, parroci e persino vescovi e cardinali. E queste
persone con la loro fede manchevole si professano sottomessi al Papa.
Il colmo della
confusione e dell’assurdità si manifesta quando questi religiosi semi-eretici
accusano coloro che difendono la purezza e l’integrità della fede cattolica di
essere contro il Papa, di essere, secondo loro, in qualche modo scismatici. Per
i semplici cattolici praticanti, una tale situazione di confusione rappresenta
una vera sfida alla loro fede secondo l’indistruttibilità della Chiesa. Devono
mantenere salda l’integrità della loro fede secondo le immutabili verità cattoliche
trasmesse dai nostri padri, che ritroviamo nel catechismo tradizionale e nelle
opere dei Padri e dei Dottori della Chiesa.
Parlando di cattolici
comuni, cosa deve affrontare ora un parroco che già non dovesse affrontare
prima del Sinodo? Quali pressioni, come la lavanda dei piedi delle donne il
Giovedì Santo a seguito dell’esempio di Francesco, graveranno sul parroco più
di quanto non sia accaduto fino ad oggi?
Un normale parroco
cattolico dovrebbe conoscere bene il significato perenne della fede cattolica,
nonché quello delle norme della liturgia cattolica e, conoscendolo, dovrebbe avere
fermezza e sicurezza interiore. Dovrebbe sempre ricordare il principio
fondamentale di discernimento: «Quod semper, quod ubique, quod ab omnibus»,
ossia «Ciò che è stato creduto e praticato sempre, ovunque e da tutti».
Le categorie «sempre,
ovunque, tutti» non devono esser intese in un senso aritmetico, ma morale. Un
criterio concreto di discernimento è questo: Questo cambiamento in una affermazione
dottrinale, in una pratica pastorale o liturgica rappresenta una rottura
rispetto al passato dei secoli e millenni trascorsi? Questa innovazione fa sì
che la fede risplenda più chiara e luminosa? Questa innovazione liturgica ci
immette sempre più vicini alla santità di Dio, o esprime in modo più profondo e
meraviglioso i divini misteri? Questa innovazione disciplinare favorisce
davvero uno zelo maggiore per la santità di vita?
Riguardo,
concretamente, alla lavanda dei piedi delle donne durante la Santa Messa
dell’Ultima Cena del Giovedì Santo: questa Santa Messa celebra la
commemorazione dell’istituzione dei sacramenti dell’Eucarestia e del Sacerdozio. Cosicché
la lavanda dei piedi delle donne insieme agli uomini, non solo distrae dal
focus principale sull’Eucarestia e sul Sacerdozio, ma genera confusione
riguardo al simbolismo storico dei “dodici” e dal fatto che gli apostoli sono
di sesso maschile. La tradizione universale della Chiesa non ha mai
consentito la lavanda dei piedi durante la Santa Messa, ma piuttosto al di
fuori di essa, in una cerimonia speciale.
In ogni caso: la
lavanda pubblica e in generale anche il bacio dei piedi delle donne da parte di
un uomo, nel nostro caso di un prete o di un vescovo, è considerato da
qualunque persona di buon senso in tutte le culture come improprio e anche
indecente. Grazie a Dio nessun vescovo è obbligato a lavare pubblicamente i
piedi delle donne il Giovedì Santo, perché non vi è una norma che lo vincoli a
ciò, e la stessa lavanda dei piedi è facoltativa.
La Fraternità Sacerdotale di San Pio X (FSSPX)
Una situazione
atipica della Chiesa è quella della Fraternità Sacerdotale San Pio X (FSSPX).
Casa pensa Sua Eccellenza, del perché tanti cattolici temono la FSSPX o sono titubanti
dall’associarsi ad essa? Dalla sua esperienza, quali doni ritiene che la FSSPX
possa apportare alla Chiesa corrente?
Se qualcuno o
qualcosa è senza importanza e debole, nessuno lo teme. Coloro che temono la
Fraternità Sacerdotale San Pio X in definitiva temono le verità cattoliche
perenni e le loro esigenze in campo morale e liturgico.
Quando la FSSPX cerca
di credere, praticare il culto e vivere moralmente come i nostri progenitori e
i Santi più famosi nel corso di millenni, allora dobbiamo considerare
la vita e l’opera di questi sacerdoti cattolici e fedeli della FSSPX come un dono
per la Chiesa di oggi, ed anche come uno dei numerosi strumenti di cui si serve
la Divina Provvidenza per rimediare all’enormità dell’attuale crisi
generale della fede, della morale e della liturgia in seno alla Chiesa.
In alcuni settori
della FSSPX vi sono tuttavia, come accade in tutte le società umane,
alcune personalità eccentriche. Esse hanno un metodo e mentalità carenti di
giustizia e carità e quindi del vero “sentire cum ecclesia”, e c’è il pericolo
di un’autocefalia ecclesiastica e di essere l’ultima istanza giuridica nella
Chiesa. Tuttavia, a mia conoscenza, la parte sana corrisponde alla
parte maggiore della FSSPX e considero il Superiore Generale, Sua Eccellenza
Monsignor Bernard Fellay, come un vero ed esemplare vescovo cattolico. Ci
sono speranze per un riconoscimento canonico della FSSPX.
Il Sinodo e la
papolatria
Tornando al Sinodo, e
focalizzandoci sulla tradizione, Sua Eccellenza ritiene che i cambiamenti nella
liturgia romana successivi al Vaticano II abbiano contribuito alla crisi attuale
nella Chiesa, alla crisi del matrimonio, della famiglia e della morale sociale
in generale?
Non lo affermerei
proprio così. In realtà la vera origine dell’attuale crisi nella Chiesa, della
crisi del matrimonio, della famiglia e della morale in generale non è la
riforma liturgica, ma la mancanza di fede, il relativismo dottrinale, da cui
scaturisce il relativismo morale e liturgico. Se credo in modo carente, vivrò
una vita morale carente e praticherò il culto in modo carente e indifferente. È
necessario in primo luogo ripristinare la chiarezza e la fermezza della
dottrina della fede e della morale a tutti i livelli e da lì cominciare a
migliorare la liturgia. L’integrità e la bellezza della fede esigono
l’integrità e la bellezza della propria vita morale e ciò richiede l’integrità
e la bellezza del culto pubblico.
Ancora sul Sinodo, è
evidente, per coloro che hanno occhi per vedere, che Papa
Francesco, nell’andamento del sinodo ha creato confusione invece che
chiarezza, ed ha incoraggiato una svolta verso la rottura con l’innalzare il
ruolo dei Cardinali Kasper e Danneels, dell’Arcivescovo Cupic, ecc. Qual è il
giusto atteggiamento che un cattolico dovrebbe avere nei confronti del Papa in
questi tempi difficili? I cattolici sono obbligati a far conoscere le loro
vedute ed a “resistere” come aveva detto il Cardinale Burke lo scorso anno in
una nostra intervista [qui -qui], anche quando i loro punti di vista sono critici nei
confronti del papa?
Fin da molte passate
generazioni regna nella vita della Chiesa una sorta di “papo-centrismo” o di
“papolatria” che è senza dubbio eccessiva se paragonata con la visione moderata
e soprannaturale della persona del Papa e la venerazione a lui dovuta, com’era
in passato. Un simile atteggiamento eccessivo verso la persona del Papa genera
nella pratica un significato teologico eccessivo ed errato riguardo al dogma
dell’infallibilità papale.
Se il Papa dicesse a
tutta la Chiesa di fare qualcosa che danneggiasse direttamente una verità
divina immutabile o un comandamento divino, ogni cattolico avrebbe il
diritto di correggerlo, col dovuto rispetto, mosso da riverenza e amore per
la sacra funzione, e per la persona del Papa. La Chiesa non è proprietà privata
del Papa. Il Papa non può dire “Io sono la Chiesa”, come aveva
detto il re francese Luigi XIV: “Lo Stato sono io”. Il Papa è solo il Vicario,
non il successore di Cristo.
Quanto riguarda la
purezza della fede è in definitiva una questione che interessa tutti i membri
della Chiesa, che è una, ed è un corpo vivente unico. Anticamente, prima di affidare
a qualcuno l’ufficio di sacerdote o di vescovo, i fedeli erano chiamati a
garantire che il candidato avesse una fede retta ed una elevata condotta
morale. Il vecchio Pontificale Romano dice: “Il capitano di una nave, così come
i passeggeri, hanno uguale motivo di sentirsi al sicuro o in pericolo in un
viaggio, e perciò dovrebbero quindi essere unanimi nel loro comune interesse”.
Fu il Concilio Vaticano II ad incoraggiare fortemente i fedeli laici a
contribuire al vero bene della Chiesa, al rafforzamento della fede.
Ritengo che in
un’epoca in cui gran parte dei detentori dell’officio del Magistero sono
negligenti nel loro sacro compito, lo Spirito Santo chiama oggi, particolarmente
i fedeli, a intervenire e a difendere coraggiosamente la fede cattolica con un
autentico «sentire cum ecclesia».
La Tradizione ed i
suoi nemici interni
Il Papa è la misura
della tradizione o è moderato dalla tradizione? Ed i fedeli cattolici
dovrebbero pregare perché venga presto un papa tradizionale?
Certamente il Papa
non è la misura della tradizione, ma piuttosto il contrario. Dobbiamo sempre tenere a mente
il seguente insegnamento dogmatico del Concilio Vaticano I: L’ufficio del
successore di Pietro non consiste nel rivelare qualche nuova dottrina, ma nel
per custodire con scrupolo e per far conoscere con fedeltà il deposito di fede
trasmesso dagli apostoli (v. Costituzione dogmatica Pastor aeternus,
cap. 4)
Nell’adempimento di
uno dei suoi compiti più importanti, il Papa deve mirare a che “l’intero gregge
di Cristo sia tenuto al riparo dal cibo avvelenato dell’errore” (Concilio
Vaticano I, ibid.). La seguente espressione che era in uso fin dai primi secoli
della Chiesa è una delle espressioni più evidenti dell’ufficio papale, e deve
in qualche modo essere una seconda natura di ogni Papa: “Aderire fedelmente
alla tradizione ricevuta fin dall’inizio della Fede cristiana” (Concilio
Vaticano I, ibid.).
Dobbiamo sempre
pregare affinché Dio doni alla Sua Chiesa Papi di
orientamento tradizionale. Tuttavia dobbiamo credere in queste parole: «Non spetta
a voi conoscere i tempi e i momenti che il Padre ha riservato alla sua scelta».
(Atti, 1, 7).
Sappiamo che numerosi
vescovi e cardinali, probabilmente la maggioranza, vogliono cambiare il
linguaggio dottrinale della Chiesa e la sua disciplina di lunga data, col
pretesto della “evoluzione della dottrina” e della “compassione pastorale”.
Cos’è sbagliato nel loro argomento?
Espressioni come
“sviluppo della dottrina” e “compassione pastorale” in genere sono di
fatto un pretesto per cambiare l’insegnamento di Cristo, contro il suo
significato e la sua perenne integrità così come gli Apostoli l’hanno trasmessa
a tutta la Chiesa e come è stata fedelmente preservata dai Padri della Chiesa e
dagli insegnamenti dogmatici dei Concili Ecumenici e dei Papi.
In definitiva questi
chierici vogliono un’altra Chiesa, ed anche un’altra religione: una religione naturalistica,
adattata allo spirito del tempo. Dei simili chierici sono veri lupi
travestiti da agnelli, e flirtano spesso col mondo. Non già pastori
coraggiosi, ma vili conigli.
Il ruolo delle donne
nella Chiesa
Oggi si sente parlare
molto del ruolo delle donne nella Chiesa, del cosiddetto “genio femminile”. Le
donne hanno giocato un ruolo fondamentale nella Chiesa fin dall’inizio, a
cominciare dalla Beata Vergine Maria. Ma liturgicamente Cristo ha reso chiarissima
la Sua posizione, così come hanno fatto i papi pre-conciliari. Sua Eccellenza
considera che il coinvolgimento femminile nella liturgia, sia le stesse donne
nella Messa Novus Ordo sia le bambine-chierichette, abbia avuto un ruolo
positivo o negativo nella Chiesa durante gli ultimi quattro decenni?
Non c’è dubbio che il
coinvolgimento femminile nei servizi liturgici all’altare (lettura dei Testi,
servizio all’altare, distribuzione della Santa Comunione) rappresenti
una rottura radicale con l’intera e universale tradizione della Chiesa. Una
simile pratica è contraria alla Tradizione apostolica.
Questa pratica ha
dato alla liturgia della Santa Messa una evidente forma protestante, e la
caratteristica di un incontro informale di preghiera o di un evento catechetico.
È una pratica del tutto contraria alle intenzioni dei Padri del Concilio
Vaticano II e non se ne trova la minima indicazione nella Costituzione sulla
Sacra Liturgia.
La Messa Latina
Tradizionale
Sua Eccellenza è ben
nota per celebrare la Messa Latina tradizionale in tanti luoghi in tutto il
mondo. Quali pensa siano le lezioni più profonde che ha appreso, come prete e
come vescovo, dalla celebrazione del Rito Latino, e che altri preti e vescovi possono
sperare di acquisire dicendo essi stessi la Messa tradizionale?
La lezione più
profonda che ho appreso dalla celebrazione della forma tradizionale della Messa
è questa: sono solo un povero strumento di un’azione soprannaturale e sommamente
sacra, il cui celebrante principale è Gesù Cristo, l’Eterno Sommo Sacerdote.
Sento che durante la celebrazione della Messa perdo in qualche modo la mia
libertà individuale, poiché le parole e i gesti sono stabiliti fin nei minimi
dettagli, e non posso disporne. Sento nel più profondo del cuore che sono solo
un servo ed un ministro, che ancora con libera volontà, con fede e amore,
compio non la mia volontà ma quella di Un Altro.
Il Rito tradizionale
e antico di millenni della Santa Messa, che neppure il Concilio di Trento aveva
cambiato, poiché l’Ordo Missae prima e dopo quel Concilio era
pressoché identico, proclama ed evangelizza con forza l’Incarnazione e
l’Epifania del Dio ineffabilmente santo ed immenso, che nella liturgia del “Dio
è con noi,” come “Emanuele”, si fa così piccolo e così vicino a noi. Il
rito tradizionale della Messa è di un’alta sapienza e al tempo stesso una potente
proclamazione del Vangelo, che compie l’opera della nostra salvezza.
Se Papa Benedetto è
nel giusto quando dice che il Rito Romano attualmente esiste (benché in modo
strano) in due forme piuttosto che in una, perché non avviene ancora che a
tutti i seminaristi sia richiesto di studiare ed apprendere la Messa Latina
tradizionale, come parte della loro formazione di Seminario? Come mai un
parroco della Chiesa Romana può non conoscere entrambe le forme dell’unico rito
della sua Chiesa? E come possono tanti cattolici essere ancora privati della
Messa tradizionale e dei sacramenti se si tratta di una forma equivalente?
Secondo l’intenzione
del Papa Benedetto XVI, e le chiare norme dell’Istruzione “Universae
Ecclesiae“, tutti i seminaristi cattolici devono
conoscere la forma tradizionale della Messa ed essere capaci di celebrarla.
Lo stesso documento afferma che questa forma della Messa è un tesoro per
l’intera Chiesa, e dunque lo è per tutti i fedeli.
Papa Giovanni Paolo
II aveva rivolto un appello urgente a tutti i vescovi di accogliere
generosamente il desiderio dei fedeli di celebrare la forma tradizionale della
Messa. Quando il clero ed i vescovi ostacolano o limitano la celebrazione della
Messa tradizionale, essi non obbediscono a ciò che lo Spirito Santo
dice alla Chiesa, e si comportano in maniera anti-pastorale. Si comportano
come se fossero i possessori del tesoro della liturgia, che non appartiene
loro, perché essi sono solamente gli amministratori.
Negando la
celebrazione della Messa tradizionale o facendo ostruzione e discriminazione
nei suoi confronti, si comportano come un amministratore infedele ed
inaffidabile che, contrariamente agli ordini del padrone di casa, tiene
la dispensa chiusa a chiave oppure come una cattiva matrigna che dà ai bambini
un cibo insufficiente.
Forse questi chierici
temono che il grande potere della verità s’irradi dalla celebrazione della
Messa tradizionale. Possiamo paragonare
la Messa tradizionale ad un leone: lasciatelo libero e saprà difendersi.
La Russia non è stata
esplicitamente consacrata
Dove vive Sua
Eccellenza ci sono molti Russi Ortodossi. Aleksandr di Astana o chiunque altro
del Patriarcato di Mosca l’ha forse interrogata sul recente Sinodo o su quello
che avviene nella Chiesa sotto Francesco? Sono interessati fino a questo punto?
I Prelati Ortodossi
con i quali ho dei contatti non sono in genere bene informati sulle dispute
interne che intercorrono nella Chiesa Cattolica, o almeno non mi hanno mai
parlato di queste questioni. Anche se non riconoscono il primato
giurisdizionale del Papa, vedono tuttavia nel Papa la prima carica gerarchica
della Chiesa, dal punto di vista dell’ordine protocollare.
Siamo ad un anno dal
centesimo anniversario di Fatima. La Russia non è stata, attendibilmente,
consacrata al Cuore Immacolato di Maria e certamente non convertita. La Chiesa,
per quanto sempre senza macchia, è in grande disordine, forse peggio che
durante l’Eresia Ariana. Le cose sono destinate a peggiorare ancora prima di
poter migliorare e come devono prepararsi i cattolici veramente fedeli a ciò
che deve succedere?
Dobbiamo credere
fermamente: la Chiesa non è nostra, e neanche del Papa. La Chiesa è di Cristo e
Lui solo la tiene e la conduce in modo indefettibile anche attraverso i periodi
più oscuri di crisi, come appunto nella nostra attuale situazione.
È una dimostrazione
del carattere divino della Chiesa. La Chiesa è essenzialmente un mistero, un
mistero soprannaturale, e non possiamo avere con essa lo stesso approccio che
possiamo avere con un partito politico o una società puramente umana. Nello
stesso tempo, la Chiesa è umana ed al suo livello umano oggi sopporta una
passione dolorosa, che la rende partecipe della Passione di Gesù.
Si può pensare che
oggi la Chiesa è flagellata come Nostro Signore, è spogliata come lo è stato
Nostro Signore, alla decima stazione della Croce. La Chiesa, nostra
madre, è tenuta legata non solo dai nemici di Gesù ma anche da alcuni suoi
collaboratori nei ranghi del clero, talvolta anche dell’alto clero.
Noi tutti buoni figli
della Madre Chiesa, come soldati valorosi, dobbiamo cercare di liberare questa
madre, con le armi spirituali della difesa e della proclamazione della verità,
col promuovere la liturgia tradizionale, l’Adorazione Eucaristica, la Crociata
del Santo Rosario, la lotta contro il peccato nella nostra vita privata e
l’aspirazione alla santità.
Dobbiamo pregare
affinché il Papa consacri presto esplicitamente la Russia al Cuore Immacolato
di Maria, ed allora Essa
vincerà, come la Chiesa ha pregato fin dai tempi antichi : “Rallegrati, o
Vergine Maria, perché da sola hai distrutto tutte le eresie nel mondo intero” (Gaude,
Maria Virgo, cunctas haereses sola interemisti in universo mundo).
[Traduzione a cura di
Chiesa e post-concilio]
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