venerdì 5 febbraio 2016

Intervista di mons. Athanasius Schneider a Rorate Caeli: "Chiesa post-sinodale e i non credenti nella gerarchia"

Nella festa di S. Agata, vergine e martire, rilancio la traduzione italiana dell’intervista di mons. Schneider a Rorate Caeli.


Αγία Αγάθη



Giovanni Andrea Coppola, Martirio di S. Agata, 1650 circa, Basilica Concattedrale di S. Agata, Gallipoli

Giambattista Tiepolo, Martirio di S. Agata, 1736, Basilica di S. Antonio, Padova

Anonimo, Apparizione della Vergine col Bambino a S. Agata, XVIII sec., museo del Prado, Madrid

Ambito di Giannandrea Lazzarino, S. Agata in carcere, XVIII sec., Galleria Nazionale delle Marche, Urbino

Giuseppe Barone, Martirio di S. Agata, 1938, Chiesa di Sant'Agata alla Fornace (Chiesa di San Biagio), Catania


Replica del Reliquiario di S. Agata, Chiesa di S. Agata la Vetere, Catania

Intervista di mons. Athanasius Schneider a Rorate Caeli: Chiesa post-sinodale e i non credenti nella gerarchia

Testo integrale dell’intervista di Mons. Athanasius Schneider, vescovo ausiliare di Astana, pubblicata il 2 febbraio dal sito Rorate Caeli

Rorate Caeli: Per qualche tempo non conosceremo l’impatto giuridico che avrà sulla Chiesa il recente Sinodo poiché la prossima mossa spetta a Papa Francesco. Indipendentemente dal risultato finale, esiste già  a tutti gli effetti uno scisma nella Chiesa? In caso affermativo, cosa significa concretamente? Come si manifesterà per i cattolici praticanti comuni?

S.E. Schneider: Secondo il can. 751 del Codice di Diritto Canonico, scisma significa il rifiuto della sottomissione al Sommo Pontefice o della comunione con i membri della Chiesa a lui soggetti. Occorre distinguere il difetto nel credere o eresia dallo scisma. Il difetto nel credere o eresia è in effetti un peccato più grave dello scisma, come dice San Tommaso d’Aquino: «La mancanza di fede (infidelitas nella Summa - ndT) è un peccato commesso contro Dio stesso, in quanto Egli stesso è la Verità Prima, sulla quale la fede si fonda; mentre lo scisma si oppone all’unità della Chiesa, che è un bene minore rispetto a Dio stesso. È dunque evidente che il peccato di eresia  è per suo genere un peccato più grave di quello dello scisma» (II-II, q.39, a.2c). La vera crisi della Chiesa di oggi consiste nel fenomeno ingravescente che coloro che non credono pienamente e non professano l’integralità della fede cattolica occupano spesso posizioni strategiche nella vita della Chiesa, come professori di teologia, formatori nei seminari, superiori religiosi, parroci e persino vescovi e cardinali. E queste persone con la loro fede manchevole si professano sottomessi al Papa.
Il colmo della confusione e dell’assurdità si manifesta quando questi religiosi semi-eretici accusano coloro che difendono la purezza e l’integrità della fede cattolica di essere contro il Papa, di essere, secondo loro, in qualche modo scismatici. Per i semplici cattolici praticanti, una tale situazione di confusione rappresenta una vera sfida alla loro fede secondo l’indistruttibilità della Chiesa. Devono mantenere salda l’integrità della loro fede secondo le immutabili verità cattoliche trasmesse dai nostri padri, che ritroviamo nel catechismo tradizionale e nelle opere dei Padri e dei Dottori della Chiesa.

Parlando di cattolici comuni, cosa deve affrontare ora un parroco che già non dovesse affrontare prima del Sinodo? Quali pressioni, come la lavanda dei piedi delle donne il Giovedì Santo a seguito dell’esempio di Francesco, graveranno sul parroco più di quanto non sia accaduto fino ad oggi?

Un normale parroco cattolico dovrebbe conoscere bene il significato perenne della fede cattolica, nonché quello delle norme della liturgia cattolica e, conoscendolo, dovrebbe avere fermezza e sicurezza interiore. Dovrebbe sempre ricordare il principio fondamentale di discernimento: «Quod semper, quod ubique, quod ab omnibus», ossia «Ciò che è stato creduto e praticato sempre, ovunque e da tutti».
Le categorie «sempre, ovunque, tutti» non devono esser intese in un senso aritmetico, ma morale. Un criterio concreto di discernimento è questo: Questo cambiamento in una affermazione dottrinale, in una pratica pastorale o liturgica rappresenta una rottura rispetto al passato dei secoli e millenni trascorsi? Questa innovazione fa sì che la fede risplenda più chiara e luminosa? Questa innovazione liturgica ci immette sempre più vicini alla santità di Dio, o esprime in modo più profondo e meraviglioso i divini misteri? Questa innovazione disciplinare favorisce davvero uno zelo maggiore per la santità di vita?
Riguardo, concretamente, alla lavanda dei piedi delle donne durante la Santa Messa dell’Ultima Cena del Giovedì Santo: questa Santa Messa celebra la commemorazione dell’istituzione dei sacramenti dell’Eucarestia e del Sacerdozio. Cosicché la lavanda dei piedi delle donne insieme agli uomini, non solo distrae dal focus principale sull’Eucarestia e sul Sacerdozio, ma genera confusione riguardo al simbolismo storico dei “dodici” e dal fatto che gli apostoli sono di sesso maschile. La tradizione universale della Chiesa non ha mai consentito la lavanda dei piedi durante la Santa Messa, ma piuttosto al di fuori di essa, in una cerimonia speciale.
In ogni caso: la lavanda pubblica e in generale anche il bacio dei piedi delle donne da parte di un uomo, nel nostro caso di un prete o di un vescovo, è considerato da qualunque persona di buon senso in tutte le culture come improprio e anche indecente. Grazie a Dio nessun vescovo è obbligato a lavare pubblicamente i piedi delle donne il Giovedì Santo, perché non vi è una norma che lo vincoli a ciò, e la stessa lavanda dei piedi è facoltativa.

La Fraternità Sacerdotale di San Pio X (FSSPX)

Una situazione atipica della Chiesa è quella della Fraternità Sacerdotale San Pio X (FSSPX). Casa pensa Sua Eccellenza, del perché tanti cattolici temono la FSSPX o sono titubanti dall’associarsi ad essa? Dalla sua esperienza, quali doni ritiene che la FSSPX possa apportare alla Chiesa corrente?

Se qualcuno o qualcosa è senza importanza e debole, nessuno lo teme. Coloro che temono la Fraternità Sacerdotale San Pio X in definitiva temono le verità cattoliche perenni e le loro esigenze in campo morale e liturgico.
Quando la FSSPX cerca di credere, praticare il culto e vivere moralmente come i nostri progenitori e i Santi più famosi nel corso di millenni, allora dobbiamo considerare la vita e l’opera di questi sacerdoti cattolici e fedeli della FSSPX come un dono per la Chiesa di oggi, ed anche come uno dei numerosi strumenti di cui si serve la Divina Provvidenza per rimediare all’enormità dell’attuale crisi generale della fede, della morale e della liturgia in seno alla Chiesa.
In alcuni settori della FSSPX vi sono tuttavia, come accade in tutte le società umane, alcune personalità eccentriche. Esse hanno un metodo e mentalità carenti di giustizia e carità e quindi del vero “sentire cum ecclesia”, e c’è il pericolo di un’autocefalia ecclesiastica e di essere l’ultima istanza giuridica nella Chiesa. Tuttavia, a mia conoscenza, la parte sana corrisponde alla parte maggiore della FSSPX e considero il Superiore Generale, Sua Eccellenza Monsignor Bernard Fellay, come un vero ed esemplare vescovo cattolico. Ci sono speranze per un riconoscimento canonico della FSSPX.

Il Sinodo e la papolatria

Tornando al Sinodo, e focalizzandoci sulla tradizione, Sua Eccellenza ritiene che i cambiamenti nella liturgia romana successivi al Vaticano II abbiano contribuito alla crisi attuale nella Chiesa, alla crisi del matrimonio, della famiglia e della morale sociale in generale?

Non lo affermerei proprio così. In realtà la vera origine dell’attuale crisi nella Chiesa, della crisi del matrimonio, della famiglia e della morale in generale non è la riforma liturgica, ma la mancanza di fede, il relativismo dottrinale, da cui scaturisce il relativismo morale e liturgico. Se credo in modo carente, vivrò una vita morale carente e praticherò il culto in modo carente e indifferente. È necessario in primo luogo ripristinare la chiarezza e la fermezza della dottrina della fede e della morale a tutti i livelli e da lì cominciare a migliorare la liturgia. L’integrità e la bellezza della fede esigono l’integrità e la bellezza della propria vita morale e ciò richiede l’integrità e la bellezza del culto pubblico.

Ancora sul Sinodo, è evidente, per coloro che hanno occhi per vedere, che Papa Francesco, nell’andamento del sinodo ha creato confusione invece che chiarezza, ed ha incoraggiato una svolta verso la rottura con l’innalzare il ruolo dei Cardinali Kasper e Danneels, dell’Arcivescovo Cupic, ecc. Qual è il giusto atteggiamento che un cattolico dovrebbe avere nei confronti del Papa in questi tempi difficili? I cattolici sono obbligati a far conoscere le loro vedute ed a “resistere” come aveva detto il Cardinale Burke lo scorso anno in una nostra intervista [qui -qui], anche quando i loro punti di vista sono critici nei confronti del papa?

Fin da molte passate generazioni regna nella vita della Chiesa una sorta di “papo-centrismo” o di “papolatria” che è senza dubbio eccessiva se paragonata con la visione moderata e soprannaturale della persona del Papa e la venerazione a lui dovuta, com’era in passato. Un simile atteggiamento eccessivo verso la persona del Papa genera nella pratica un significato teologico eccessivo ed errato riguardo al dogma dell’infallibilità papale.
Se il Papa dicesse a tutta la Chiesa di fare qualcosa che danneggiasse direttamente una verità divina immutabile o un comandamento divino, ogni cattolico avrebbe il diritto di correggerlo, col dovuto rispetto, mosso da riverenza e amore per la sacra funzione, e per la persona del Papa. La Chiesa non è proprietà privata del Papa. Il Papa non può dire “Io sono la Chiesa”, come aveva detto il re francese Luigi XIV: “Lo Stato sono io”. Il Papa è solo il Vicario, non il successore di Cristo.
Quanto riguarda la purezza della fede è in definitiva una questione che interessa tutti i membri della Chiesa, che è una, ed è un corpo vivente unico. Anticamente, prima di affidare a qualcuno l’ufficio di sacerdote o di vescovo, i fedeli erano chiamati a garantire che il candidato avesse una fede retta ed una elevata condotta morale. Il vecchio Pontificale Romano dice: “Il capitano di una nave, così come i passeggeri, hanno uguale motivo di sentirsi al sicuro o in pericolo in un viaggio, e perciò dovrebbero quindi essere unanimi nel loro comune interesse”. Fu il Concilio Vaticano II ad incoraggiare fortemente i fedeli laici a contribuire al vero bene della Chiesa, al rafforzamento della fede. 
Ritengo che in un’epoca in cui gran parte dei detentori dell’officio del Magistero sono negligenti nel loro sacro compito, lo Spirito Santo chiama oggi, particolarmente i fedeli, a intervenire e a difendere coraggiosamente la fede cattolica con un autentico «sentire cum ecclesia».

La Tradizione ed i suoi nemici interni

Il Papa è la misura della tradizione o è moderato dalla tradizione? Ed i fedeli cattolici dovrebbero pregare perché venga presto un papa tradizionale?

Certamente il Papa non è la misura della tradizione, ma piuttosto il contrario. Dobbiamo sempre tenere a mente il seguente insegnamento dogmatico del Concilio Vaticano I: L’ufficio del successore di Pietro non consiste nel rivelare qualche nuova dottrina, ma nel per custodire con scrupolo e per far conoscere con fedeltà il deposito di fede trasmesso dagli apostoli (v. Costituzione dogmatica Pastor aeternus, cap. 4)
Nell’adempimento di uno dei suoi compiti più importanti, il Papa deve mirare a che “l’intero gregge di Cristo sia tenuto al riparo dal cibo avvelenato dell’errore” (Concilio Vaticano I, ibid.). La seguente espressione che era in uso fin dai primi secoli della Chiesa è una delle espressioni più evidenti dell’ufficio papale, e deve in qualche modo essere una seconda natura di ogni Papa: “Aderire fedelmente alla tradizione ricevuta fin dall’inizio della Fede cristiana” (Concilio Vaticano I, ibid.).
Dobbiamo sempre pregare affinché Dio doni alla Sua Chiesa Papi di orientamento tradizionale. Tuttavia dobbiamo credere in queste parole: «Non spetta a voi conoscere i tempi e i momenti che il Padre ha riservato alla sua scelta». (Atti, 1, 7).

Sappiamo che numerosi vescovi e cardinali, probabilmente la maggioranza, vogliono cambiare il linguaggio dottrinale della Chiesa e la sua disciplina di lunga data, col pretesto della “evoluzione della dottrina” e della “compassione pastorale”. Cos’è sbagliato nel loro argomento?

Espressioni come “sviluppo della dottrina” e “compassione pastorale” in genere sono di fatto un pretesto per cambiare l’insegnamento di Cristo, contro il suo significato e la sua perenne integrità così come gli Apostoli l’hanno trasmessa a tutta la Chiesa e come è stata fedelmente preservata dai Padri della Chiesa e dagli insegnamenti dogmatici dei Concili Ecumenici e dei Papi.
In definitiva questi chierici vogliono un’altra Chiesa, ed anche un’altra religione: una religione naturalistica, adattata allo spirito del tempo. Dei simili chierici sono veri lupi travestiti da agnelli, e flirtano spesso col mondo. Non già pastori coraggiosi, ma vili conigli.

Il ruolo delle donne nella Chiesa

Oggi si sente parlare molto del ruolo delle donne nella Chiesa, del cosiddetto “genio femminile”. Le donne hanno giocato un ruolo fondamentale nella Chiesa fin dall’inizio, a cominciare dalla Beata Vergine Maria. Ma liturgicamente Cristo ha reso chiarissima la Sua posizione, così come hanno fatto i papi pre-conciliari. Sua Eccellenza considera che il coinvolgimento femminile nella liturgia, sia le stesse donne nella Messa Novus Ordo sia le bambine-chierichette, abbia avuto un ruolo positivo o negativo nella Chiesa durante gli ultimi quattro decenni?

Non c’è dubbio che il coinvolgimento femminile nei servizi liturgici all’altare (lettura dei Testi, servizio all’altare, distribuzione della Santa Comunione) rappresenti una rottura radicale con l’intera e universale tradizione della Chiesa. Una simile pratica è contraria alla Tradizione apostolica.
Questa pratica ha dato alla liturgia della Santa Messa una evidente forma protestante, e la caratteristica di un incontro informale di preghiera o di un evento catechetico. È una pratica del tutto contraria alle intenzioni dei Padri del Concilio Vaticano II e non se ne trova la minima indicazione nella Costituzione sulla Sacra Liturgia.

La Messa Latina Tradizionale

Sua Eccellenza è ben nota per celebrare la Messa Latina tradizionale in tanti luoghi in tutto il mondo. Quali pensa siano le lezioni più profonde che ha appreso, come prete e come vescovo, dalla celebrazione del Rito Latino, e che altri preti e vescovi possono sperare di acquisire dicendo essi stessi la Messa tradizionale?

La lezione più profonda che ho appreso dalla celebrazione della forma tradizionale della Messa è questa: sono solo un povero strumento di un’azione soprannaturale e sommamente sacra, il cui celebrante principale è Gesù Cristo, l’Eterno Sommo Sacerdote. Sento che durante la celebrazione della Messa perdo in qualche modo la mia libertà individuale, poiché le parole e i gesti sono stabiliti fin nei minimi dettagli, e non posso disporne. Sento nel più profondo del cuore che sono solo un servo ed un ministro, che ancora con libera volontà, con fede e amore, compio non la mia volontà ma quella di Un Altro.
Il Rito tradizionale e antico di millenni della Santa Messa, che neppure il Concilio di Trento aveva cambiato, poiché l’Ordo Missae prima e dopo quel Concilio era pressoché identico, proclama ed evangelizza con forza l’Incarnazione e l’Epifania del Dio ineffabilmente santo ed immenso, che nella liturgia del “Dio è con noi,” come “Emanuele”, si fa così piccolo e così vicino a noi. Il rito tradizionale della Messa è di un’alta sapienza e al tempo stesso una potente proclamazione del Vangelo, che compie l’opera della nostra salvezza.

Se Papa Benedetto è nel giusto quando dice che il Rito Romano attualmente esiste (benché in modo strano) in due forme piuttosto che in una, perché non avviene ancora che a tutti i seminaristi sia richiesto di studiare ed apprendere la Messa Latina tradizionale, come parte della loro formazione di Seminario? Come mai un parroco della Chiesa Romana può non conoscere entrambe le forme dell’unico rito della sua Chiesa? E come possono tanti cattolici essere ancora privati della Messa tradizionale e dei sacramenti se si tratta di una forma equivalente?

Secondo l’intenzione del Papa Benedetto XVI, e le chiare norme dell’Istruzione “Universae Ecclesiae“, tutti i seminaristi cattolici devono conoscere la forma tradizionale della Messa ed essere capaci di celebrarla. Lo stesso documento afferma che questa forma della Messa è un tesoro per l’intera Chiesa, e dunque lo è per tutti i fedeli.
Papa Giovanni Paolo II aveva rivolto un appello urgente a tutti i vescovi di accogliere generosamente il desiderio dei fedeli di celebrare la forma tradizionale della Messa. Quando il clero ed i vescovi ostacolano o limitano la celebrazione della Messa tradizionale, essi non obbediscono a ciò che lo Spirito Santo dice alla Chiesa, e si comportano in maniera anti-pastorale. Si comportano come se fossero i possessori del tesoro della liturgia, che non appartiene loro, perché essi sono solamente gli amministratori.
Negando la celebrazione della Messa tradizionale o facendo ostruzione e discriminazione nei suoi confronti, si comportano come un amministratore infedele ed inaffidabile che, contrariamente agli ordini del padrone di casa,  tiene la dispensa chiusa a chiave oppure come una cattiva matrigna che dà ai bambini un cibo insufficiente.
Forse questi chierici temono che il grande potere della verità s’irradi dalla celebrazione della Messa tradizionale. Possiamo paragonare la Messa tradizionale ad un leone: lasciatelo libero e saprà difendersi.

La Russia non è stata esplicitamente consacrata

Dove vive Sua Eccellenza ci sono molti Russi Ortodossi. Aleksandr di Astana o chiunque altro del Patriarcato di Mosca l’ha forse interrogata sul recente Sinodo o su quello che avviene nella Chiesa sotto Francesco? Sono interessati fino a questo punto?

I Prelati Ortodossi con i quali ho dei contatti non sono in genere bene informati sulle dispute interne che intercorrono nella Chiesa Cattolica, o almeno non mi hanno mai parlato di queste questioni. Anche se non riconoscono il primato giurisdizionale del Papa, vedono tuttavia nel Papa la prima carica gerarchica della Chiesa, dal punto di vista dell’ordine protocollare.

Siamo ad un anno dal centesimo anniversario di Fatima. La Russia non è stata, attendibilmente, consacrata al Cuore Immacolato di Maria e certamente non convertita. La Chiesa, per quanto sempre senza macchia, è in grande disordine, forse peggio che durante l’Eresia Ariana. Le cose sono destinate a peggiorare ancora prima di poter migliorare e come devono prepararsi i cattolici veramente fedeli a ciò che deve succedere?

Dobbiamo credere fermamente: la Chiesa non è nostra, e neanche del Papa. La Chiesa è di Cristo e Lui solo la tiene e la conduce in modo indefettibile anche attraverso i periodi più oscuri di crisi, come appunto nella nostra attuale situazione.
È una dimostrazione del carattere divino della Chiesa. La Chiesa è essenzialmente un mistero, un mistero soprannaturale, e non possiamo avere con essa lo stesso approccio che possiamo avere con un partito politico o una società puramente umana. Nello stesso tempo, la Chiesa è umana ed al suo livello umano oggi sopporta una passione dolorosa, che la rende partecipe della Passione di Gesù.
Si può pensare che oggi la Chiesa è flagellata come Nostro Signore, è spogliata come lo è stato Nostro Signore, alla decima stazione della Croce. La Chiesa, nostra madre, è tenuta legata non solo dai nemici di Gesù ma anche da alcuni suoi collaboratori nei ranghi del clero, talvolta anche dell’alto clero.
Noi tutti buoni figli della Madre Chiesa, come soldati valorosi, dobbiamo cercare di liberare questa madre, con le armi spirituali della difesa e della proclamazione della verità, col promuovere la liturgia tradizionale, l’Adorazione Eucaristica, la Crociata del Santo Rosario, la lotta contro il peccato nella nostra vita privata e l’aspirazione alla santità.
Dobbiamo pregare affinché il Papa consacri presto esplicitamente la Russia al Cuore Immacolato di Maria, ed allora Essa vincerà, come la Chiesa ha pregato fin dai tempi antichi : “Rallegrati, o Vergine Maria, perché da sola hai distrutto tutte le eresie nel mondo intero” (Gaude, Maria Virgo, cunctas haereses sola interemisti in universo mundo).

[Traduzione a cura di Chiesa e post-concilio]

Nessun commento:

Posta un commento