sabato 13 febbraio 2016

L'incontro tra l'Antica Roma e la Terza Roma e la fecondità della Chiesa nella sua stabilità bimillenaria

Sembra quasi di sognare ad occhi aperti.
La dichiarazione congiunta tra il vescovo di Roma ed il Patriarca di Mosca e di tutta la Russia Kirill (v. qui) pare quasi un miracolo. Non certo per l’incontro. No. Ci voleva davvero il patriarca moscovita per far sottoscrivere delle dichiarazioni (la maggior parte) in sintonia con la fede cattolica, che non fossero vaghe e generiche. Almeno su alcuni temi. E che sia opera dell’intervento del Patriarcato lo dimostra il fatto che i punti clou (ad es., quelli che parlano della secolarizzazione dell’Europa, della persecuzione dei cristiani per la loro fede, delle radici solo cristiane del Vecchio Continente, della stigma per l’equiparazione delle convivenze al matrimonio, della lotta al relativismo, ecc.) presentano uno stile pomposo ed altisonante (tipico del modo di esprimersi moscovita); viceversa, le altre, legate alle tematiche global-ambientaliste, più dimesse quanto a stile e dai contenuti vaghi, generici e populisti e talora erronei (v. ad es. il punto n. 13, n. 17 o il n. 25 tanto per segnalarne alcuni), sembrano provenire dall’entourage dell’Antica Roma. Un'ulteriore conferma la si può avere raffrontando questo testo con la dichiarazione congiunta, che fu sottoscritta a Gerusalemme nel maggio 2014 col Patriarca Bartolomeo I: i toni e le modalità di esprimere i contenuti, che pur sono ripresi in quella con il Patriarca moscovita, sono completamente diverse (v. qui la dichiarazione del 2014 per un raffronto).
Due cose poi hanno colpito.
La prima: il fatto che il vescovo di Roma abbia accettato di colloquiare col Patriarca Kirill alla presenza – senz’altro imposta dal Patriarcato – di un “terzo incomodo”, vale a dire il Crocifisso alle spalle dei due; e di firmare la dichiarazione con a fianco dell'icona della Madre di Dio di Kazan! Dettagli non da poco.












La seconda: quando c’è stata la presentazione, dopo le firme, del documento, il Patriarca moscovita ha posto in luce i fondamentali – per lui e, si potrebbe dire, anche per le orecchie cattoliche – contenuti a base del documento (la difesa dei cristiani della famiglia e della vita); mentre il vescovo di Roma, more solito, ha mantenuto, nel suo intervento, il profilo populista e vago, che ormai lo contraddistingue. Ci voleva insomma Mosca per far dire alla decadente – in tutti i sensi – antica Roma qualcosa di cattolico!!!! Forse uno degli ultimi canti del cigno?
È davvero curioso che il rinnovamento, nella fede cattolica, debba passare per l’incontro con coloro che, formalmente scismatici, sono rimasti fermi al primo millennio dell’epoca cristiana … e che ignorano il depositum fidei sviscerato nel secondo millennio.
Sta di fatto che, al di là dei profili politici che pur hanno contrassegnato quest’incontro in territorio neutrale quale Cuba e che sono stati giustamente messi in rilievo in alcuni commenti (v. quiqui e qui), quel che è davvero importante, come rileva Cristina Siccardi nell’articolo, che rilanciamo, è il recupero della fede cattolica, il quale non potrà che avvenire se non dal rinvigorimento di quella linfa, oggi davvero quasi essiccata, che è data dalla riscoperta delle verità, dei principi e valori eterni, sempre uguali a se stessi. E l’incontro con l’ortodossia scismatica, forse, può essere occasione di questo rinvigorimento, costituendo un freno alla deriva totale, nell’attuale frangente storico in cui la Chiesa cerca più di compiacere il mondo piuttosto che piacere a Cristo, tentando di guarire i suoi malanni e sanare la sua crisi – di cui è pure consapevole sotto certi aspetti, sebbene non ne comprenda la diagnosi – lontana dal Medico per eccellenza, cioè il Signore Gesù.

La fecondità della Chiesa sta nella sua stabilità millenaria

di Cristina Siccardi

La vita viene dalla fecondità, il nulla dalla sterilità. Il nostro tempo è caratterizzato da una diffusa sterilità voluta (aborti, contraccezioni) e involuta (problemi legati allo stile di vita: matrimoni tardivi, stress, vita da single…) ed ecco che l’Europa è vecchia.
Anche la Chiesa è vecchia, lo ha affermato, con angoscia, Papa Francesco all’incontro con i partecipanti al Giubileo della Vita consacrata lo scorso lunedì 1° febbraio, nell’Aula Paolo VI: «(…) vi confesso che a me costa tanto quando vedo il calo delle vocazioni, quando ricevo i vescovi e domando loro: “Quanti seminaristi avete?” – “4, 5…”. Quando voi, nelle vostre comunità religiose – maschili o femminili – avete un novizio, una novizia, due… e la comunità invecchia, invecchia…. Quando ci sono monasteri, grandi monasteri, e il Cardinale Amigo Vallejo (si rivolge a lui) può raccontarci, in Spagna, quanti ce ne sono, che sono portati avanti da 4 o 5 suore vecchiette, fino alla fine… E a me questo fa venire una tentazione che va contro la speranza: “Ma, Signore, cosa succede? Perché il ventre della vita consacrata diventa tanto sterile?”».
Domanda legittima, domanda doverosa, domanda alla quale il Santo Padre non ha però dato una risposta, si è limitato ad invitare le comunità religiose a pregare affinché la fecondità torni nelle congregazioni e negli ordini religiosi. Ma la Madre Chiesa è infeconda perché è molto malata. E una madre assai malata non può mai generare figli. Nella storia le maggiori chiamate vocazionali sono giunte quando ci sono stati Pontefici che hanno riformato la Chiesa nel solco della Tradizione, quando hanno rivolto lo sguardo severo agli errori e li hanno, come un buon padre di famiglia, evidenziati, definiti, invitando i fedeli a starne ben lontani per non essere a loro volta contaminati.
Oggi questo non sta avvenendo e le conseguenze delle piaghe/rughe degli errori ecclesiali ricadono, inevitabilmente, sulla Chiesa stessa, con una sua tragica senilità. «Ma, Signore, cosa succede? Perché il ventre della vita consacrata diventa tanto sterile?»: adattandosi al mondo e adagiandosi sul mondo, la Chiesa perde la sua vitalità rigenerante, il suo essere principio di virgulto. «Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e si secca, e poi lo raccolgono e lo gettano nel fuoco e lo bruciano. Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quel che volete e vi sarà dato. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli. Come il Padre ha amato me, così anch’io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena» (Gv 15, 5-11).
I germogli primaverili della Fede sono alimentati da una Chiesa che ha in sé la linfa dei principi e valori eterni, sempre uguali a se stessi; se la linfa viene mutata con surrogati proposti dal mondo la Chiesa perde la sua forza attrattiva: il profumo del sacro rapisce le anime; l’odore e l’olezzo del mondo allontana l’anima assetata di vita spirituale. Le chiamate non mancano fra i giovani perché Dio non si stanca mai di espirare il suo richiamo d’amore, ma sono le risposte che sono insoddisfacenti e il giovane chiamato rinuncia, perché non trova la fonte in grado di appagare la sua arsura. Per trovare il mondo nella Chiesa, tanto vale appartenere al mondo.
La forza di attrazione della Chiesa non sta nella sua umiliante piegatura alle direttive ideologiche e culturali del momento, ma nella sua stabilità millenaria di proposta della Verità: «Non chiedo che tu li tolga dal mondo, ma che li custodisca dal maligno. Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. Consacrali nella verità. La tua parola è verità. Come tu mi hai mandato nel mondo, anch’io li ho mandati nel mondo; per loro io consacro me stesso, perché siano anch’essi consacrati nella verità» (Gv 17, 15-19). Questo è ciò che cerca il giovane: dare un senso alla propria vita e darlo nella Verità.
Quando la Riforma Protestante ferì drammaticamente il cuore della Chiesa, Santa Teresa d’Avila operò con un’azione di fortissima opposizione all’errore. Concepì così e condusse a termine, attraverso infinite peripezie, contrasti e sofferenze, quella Riforma del proprio Ordine che da lei prese il nome e diede origine ai Carmelitani Scalzi.
Il 24 agosto 1562 fondò in Avila il suo primo monastero, dedicato a San Giuseppe, dove le monache cominciarono a vivere, in spirito di amore e di abnegazione, una vita il più possibile vicina a quella degli antichi monaci del Monte Carmelo e secondo quelle norme che in seguito Teresa di Gesù codificherà nelle sue Costituzioni. Le fondazioni dei monasteri di Carmelitane Scalze si susseguirono numerose fino al 1582. Le vocazioni fioccavano prodigiosamente. Nel 1568 la Riforma Teresiana si estese ai Padri, grazie all’incontro di Santa Teresa con San Giovanni della Croce e venne fondato a Durvelo il primo convento di Carmelitani Scalzi.
Attraverso l’Autobiografia, le Relazioni, il Cammino di Perfezione, il Castello Interiore, le Fondazioni, gli Avvisi, i Pensieri, le Esclamazioni, le Poesie, le Lettere, Santa Teresa di Gesù riuscì ad infiammare migliaia e migliaia di cuori, fertilizzando, con un apostolato instancabile, la terra della Chiesa. San Pio V, Sant’Ignazio di Loyola, San Carlo Borromeo, San Filippo Neri, San Francesco di Sales… le vite non falsificate, modernizzate, politicamente corrette  dei Santi che hanno combattuto errori ed eresie dovrebbero essere pubblicate e riproposte ai giovani.
Ha ancora dichiarato il papa: «Alcune congregazioni fanno l’esperimento della “inseminazione artificiale”. Che cosa fanno? Accolgono…: “Ma sì, vieni, vieni, vieni…”. E poi i problemi che ci sono lì dentro… No. Si deve accogliere con serietà! Si deve discernere bene se questa è una vera vocazione e aiutarla a crescere. E credo che contro la tentazione di perdere la speranza, che ci dà questa sterilità, dobbiamo pregare di più. E pregare senza stancarci. A me fa tanto bene leggere quel brano della Scrittura, in cui Anna – la mamma di Samuele – pregava e chiedeva un figlio. Pregava e muoveva le labbra, e pregava… E il vecchio sacerdote, che era un pò cieco e che non vedeva bene, pensava che fosse ubriaca. Ma il cuore di quella donna (diceva a Dio): “Voglio un figlio!”. Io domando a voi: il vostro cuore, davanti a questo calo delle vocazioni, prega con questa intensità? “La nostra Congregazione ha bisogno di figli, la nostra Congregazione ha bisogno di figlie…”. Il Signore che è stato tanto generoso non mancherà la sua promessa. Ma dobbiamo chiederlo. Dobbiamo bussare alla porta del suo cuore. Perché c’è un pericolo – e questo è brutto, ma devo dirlo –: quando una Congregazione religiosa vede che non ha figli e nipoti ed incomincia ad essere sempre più piccola, si attacca ai soldi. E voi sapete che i soldi sono lo sterco del diavolo. Quando non possono avere la grazia di avere vocazioni e figli, pensano che i soldi salveranno la vita; e pensano alla vecchiaia: che non manchi questo, che non manchi quest’altro… E così non c’è speranza!».
Pregare è doveroso, ma per guarire dalla sterilità occorre anche l’indispensabile volontà del paziente di fare ritorno al Medico per eccellenza: Cristo Sacerdote, unica Via, unica Verità, unica Vita. D’altra parte ci sono seminari nel mondo come questi http://www.sanpiox.it/public/index.php?option=com_content&view=article&id=1718:sacerdoti-per-il-terzo-millennio-film&catid=47&Itemid=434, dove il Sommo Medico viene preso in parola e le giovani vocazioni, germogli di gioiosa speranza perenne, non si fanno, infatti, attendere.

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