Nella
festa della Purificazione della beata Vergine Maria o Presentazione del Signore al Tempio secondo la carne, che dai Greci viene
chiamata Hypapante (cioè l’Incontro) del Signore, rilancio quest’editoriale
di Radicati nella fede del mese di febbraio 2016.
Pietro Cavallini, Presentazione del Signore al Tempio, 1293 circa, Basilica di S. Maria in Trastevere, Roma |
Jacopo Torriti, Presentazione al Tempio, 1296, Basilica di S. Maria Maggiore, Roma |
Giovanni Agostino da Lodi - Ambrogio da Fossano, detto il Bergognone, Presentazione al Tempio, 151-20, collezione privata, Parma |
Vittore Carpaccio, Presentazione di Gesù al Tempio, 1510, Gallerie dell’Accademia, Venezia |
Fabrizio Boschi, Presentazione al Tempio, 1616, chiesa di san Carlo dei Lombardi, Firenze |
Pompeo Batoni, Presentazione al Tempio, XVIII sec., chiesa di Santa Maria della Pace, Brescia |
Raffaele Postiglione, Presentazione al Tempio di Gesù, XIX sec., museo diocesano, Napoli |
Giovanni Bruni, Presentazione al Tempio, 1837, Collegiata di Santa Maria in Provenzano, Siena |
Pietro Favaro, Presentazione al Tempio, XX sec. |
POVERI
DELLA TRADIZIONE, NON BORGHESI DELLA TRADIZIONE
Editoriale
di “Radicati nella fede”
Anno
IX n. 2 - Febbraio 2016
Sapete
bene quante volte, su questo foglio di collegamento, abbiamo messo in guardia
contro i pericoli del modernismo. Quante volte abbiamo reagito contro la
maldestra modernizzazione della Chiesa, che sta ormai compiendosi nella più
acuta crisi che la Chiesa abbia mai conosciuto nella sua storia.
Abbiamo
reagito, ne sentiamo tutto il dovere; abbiamo detto di “no”; abbiamo detto di
non accettare questo stravolgimento della vita cristiana che si amplifica sotto
i nostri occhi.
È
bene, però, ricordare che non abbiamo fatto solo questo, e che non abbiamo
fatto innanzitutto questo: ci siamo prima preoccupati di assicurare tra noi una
vita stabilmente cristiana.
Sì,
perché “essere contro” non equivale a fare il cristianesimo. È un’illusione
mortale quella di pensare che essere contro qualcosa equivalga automaticamente
a costruirne l’alternativa.
Sarebbe
per noi un gravissimo inganno quello di pensare che basti reagire al modernismo
teologico, al pastoralismo ingannevole del post-concilio, alla mania di mettere
al passo con le ultime mode del mondo la vita cristiana, per vedere sorgere un
Cattolicesimo sano, secondo Tradizione.
Il
père Emmanuel Andrè, di cui tanto riferiamo sul nostro bollettino e che
costituisce certamente uno dei più fulgidi esempi sacerdotali nella Chiesa dei
tempi moderni, disse ai suoi monaci, difronte al dilagante Naturalismo: “Siate
uomini di Dio, siate uomini di reazione”.
Verissimo!
Per essere di Dio, occorre reagire contro il male dilagante. Occorre dire di “no”
all’errore che è in te, e al veleno che circola nel mondo.
Ma non
basta dire di no, occorre essere di Dio: “Siate uomini di Dio...”. La reazione,
quella sana, nasce solo dall’ “essere di Dio”. Occorre preoccuparsi dunque di
fare il cristianesimo; l’interesse dev’essere concentrato sul vivere una vita
autenticamente cristiana, sul lavorare perché molti abbiano i mezzi e la
possibilità di “essere di Dio”.
Ci
sono alcuni, in certo mondo tradizionalista o conservatore, che sono
permanentemente in reazione, in perenne accusa, rischiando di esaurire i propri
sforzi nello scovare il male attorno a loro.
E
quando reagiscono contro i cristiani ammodernati, sembrano attendere il
cattolicesimo vero dai “modernisti” stessi, pretendendo da loro una conversione
che forse attenderanno invano.
No!
Occorre fare il cristianesimo, questo attende Dio da noi; per questo ci da la
sua grazia.
Un
grande benedettino, il Card. Schuster, difronte alla grave crisi di qualche
monastero, consigliava di non perdere tempo nel tentare la sua riforma, ma di
fondarne a fianco un altro, dove regnassero l’osservanza della Regola di San Benedetto
e uno spirito autenticamente monastico: nel momento più forte della crisi,
questi nuovi monasteri osservanti sarebbero stati l’anima della rinascita
cristiana e monastica.
Così
anche per noi: occorre impiantare una vita veramente cristiana dove viviamo,
attorno alla Messa tradizionale, fonte di inaudite grazie. Occorre fare il
cristianesimo senza perdere nemmeno un minuto, là dove sacerdoti di retta intenzione
tornano ad assicurare la Tradizione, nei sacramenti e nella dottrina. I preti,
almeno quelli che hanno capito, hanno il dovere di garantire la Tradizione, e i
fedeli di riconoscerla e di muoversi!
Ci
resta da ricordare però un fatto non secondario: per fare il cristianesimo
occorre “dare la vita”.
Dare
la vita, è questa l’obbedienza vera che Dio attende da noi.
Dare
la vita, cioè tutto, perché se Dio non può chiederci tutto, vuol dire che per
noi non è.
Questo
dare tutto, va vissuto in una coscienza limpida, unita ad una concretezza
estrema, operativa.
L’impiantare
il cristianesimo inizia dalla grazia, cioè dall’altare del Signore: è dalla
messa cattolica, dal sacrificio di Cristo, che tutto ha vita, dottrina,
preghiera, opere, carità, cultura...
Per
assicurare il culto e la vita cattolica, secondo tradizione, occorre dare la
vita: siamo disposti a questo, o ci basta essere contro?
Se,
improvvisamente, fosse data piena libertà all’esperienza della Tradizione, se
nella Chiesa ci fosse data questa libertà totale, sorgerebbero questi luoghi di
grazia intorno all’altare grazie a noi? Oppure, questo miracolo di libertà per
la Tradizione ci troverebbe ancora impegnati ad assicurarci le nostre libertà,
i nostri umori alterni? Un siffatto miracolo non ci coglierebbe forse
preoccupati di garantirci ancora il nostro “tempo libero”, come fa il resto del
mondo?
Solo
perché ogni Domenica, e sottolineiamo ogni, ci sia la messa cantata, occorre
che molti diano la vita! Il prete che la celebra, l’organista che accompagna il
canto, la schola che sostiene la lode del popolo, i fedeli che stabilmente si
riferiscono a quella chiesa.
Vedete,
la nuova liturgia, miseramente ridotta, di fatto ha garantito, favorendole, le “libertà”
e il disimpegno dei fedeli. Sembra nata per intrattenere e non per fare il
cristianesimo.
Per
fare il cristianesimo occorre non essere liberali, ma uomini impegnati con Dio,
consegnanti tutto a Dio: solo i poveri, quelli veri, lo capiscono, non i “borghesi”
della tradizione.
Poveri
sono quelli che non sperano la salvezza da sé, dal proprio giudizio e azione.
Poveri sono quelli che si consegnano a Dio, disposti a dare tutto perché la
Chiesa Cattolica continui ad esserci.
Borghesi
sono, invece, quelli impegnati a salvare i propri spazi di libertà. Sono
liberali nell’anima; vogliono amare Dio, ma non consegnando tutto: loro si
illudono e la Chiesa scompare.
Che
questa Quaresima ci insegni la vera obbedienza al Signore.
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