Queste illustre eroine, che fanno parte di un
gruppo comprendente quattro altri martiri, Revocato, Secondulo, Saturnino e
Saturo (o Satiro), non appartenevano alla Chiesa di Roma poiché esse consumarono
il loro martirio a Cartagine, il 7 marzo 202 o 203 (v. per approfondimenti, P. Silvio Gaston Moreno, Les
persécutions et les martyrs en Tunisie, in blog Archeologie et Art Chrétien, 15 Fév. 2015). Tuttavia, la loro popolarità
e la loro rinomanza, la diffusione dei loro Atti – redatti, sembra, da
Tertulliano – e le relazioni continue che esistevano all’epoca tra la capitale
dell’Africa Proconsolare e Roma, fecero sì che il natale di Vibia Perpetua e di
Felicita il 7 marzo si trovasse già annotato nella lista romana dei Natalitia Martyrum, redatti verso il 336. Perpetua e Felicita sarebbero,
dunque, con san Cipriano, l’oggetto delle prime feste di carattere non locale
accolte da Roma nel suo Calendario del IV sec. Non desta meraviglia, perciò, se i dittici
romani della messa contengano pur’essi i tre nomi di questi martiri africani.
Alla notorietà delle due martiri oggi celebrate,
peraltro, ha contribuito anche Sant’Agostino, che dedicò alle Sante ben quattro
suoi sermoni pronunciati in occasione dell’anniversario del loro martirio (il 7
marzo) di anni imprecisati (v. PL 38, coll. 1280-86, che ci tramanda tre
sermoni, mentre i frammenti di un quarto ci è tramandato da un testo conservato
a Erfurt).
La festa di questo giorno apparve ugualmente nel
Sacramentario Gelasiano dell’epoca carolingia sebbene essa fosse cancellata dal
Gregoriano ai tempi di Adriano I. Non è difficile, del resto, indovinare la
causa di questa soppressione.
Mentre il fondo del Gelasiano evoca un periodo
di libera fioritura liturgica e le feste cimiteriali dei martiri erano ancora
celebrate con un grande concorso di popolo, il Gregoriano, al contrario,
rappresenta una riforma posteriore, severa e generale della liturgia stazionale
a Roma. La Quaresima, che non costituiva ancora, nel IV sec., un ciclo
liturgico speciale, aveva acquistato, poco a poco, un’importanza particolare;
il sacrificio eucaristico era offerto solennemente tutte le sere al calar del
sole, al posto di essere offerto solo il mercoledì e la domenica, come ai tempi
di san Leone Magno; pure verso l’epoca del pontificato di san Gregorio I, il
digiuno e le stazioni quotidiane, per conseguenza naturale, escludevano tutte
le altre stazioni delle feste ed, in particolare, le antiche Natalitia Martyrum dei secoli precedenti. Fu così che si eclissarono, non
soltanto la festa delle sante Perpetua e Felicita, ma anche quella della
Cattedra di san Pietro, di san Lucio, di san Caio e di molti altri insigni
pontefici.
Tuttavia, il ricordo dei grandi martiri
cartaginesi sopravvisse nella devozione popolare a questa esclusione liturgica;
essa si conservò così fedelmente che la loro festa, con il rito di semplice
commemorazione, fu associato, durante il basso Medioevo, a quella di san
Tommaso d’Aquino, morto ugualmente il 7 marzo e che nel 1568 san Pio V aveva
elevato al rango di festa doppia.
Nel XX sec., in occasione della riscoperta a
Cartagine, tra le rovine della basilica Maiorum,
in cui aveva predicato il grande sant’Agostino, dell’epigrafe sepolcrale di
Perpetua, Felicita e dei loro compagni (il vescovo Vittore nel V sec. così
indicava quella basilica: «... basilicam maiorum, ubi corpora
sanctarum martyrum Perpetuæ atque Felicitatis sepulta sunt, ...»: Vittore Vitense, Historia pesecutionis Africanæ Provinciæ sub Geiserico et Hunirico regibus
Wandalorum,
lib. I, § 3, in MGH, Monumenta Germanie
Historica, Scriptores antiquissimi, a cura di Karl Felix Halm, t. III, Berlino 1879, p. 3), san Pio X elevò il
loro ufficio al rito doppio, fissando la loro festa alla vigilia del loro
natale, a causa della solennità nel giorno seguente, anniversario della morte
di san Tommaso d’Aquino.
Ecco il testo di questa importante epigrafe, l’unica
reliquia che la Cartagine contemporanea conserva ancora del gruppo di martiri
festeggiati oggi in tutta la Chiesa latina:
† HIC • SVNT •
MARTYRES
† SATVRVS •
SATVRNINVS
† REBOCATVS •
SECVNDVLVS
† FELICIT •
PERPET[V] • PAS • NON • MART
† MAIVLVS
Un frammento di affresco nel cimitero di
Callisto, appartenente come certi suppongono alla tomba dei martiri Marco e
Marcellino, o, secondo altre opinioni, a quella dei martiri greci, dimostra a
che punto gli Atti di santa Perpetua erano all’epoca popolari a Roma. Vi
si vede in effetti due martiri che salgono verso il Cristo in mezzo ad una
scala di cui un serpente, posto ai suoi piedi, cerca di impedirne l’accesso.
L’ispirazione dell’artista è evidente, come
anche la sua dipendenza dalla celebre visione della martire cartaginese,
narrata da lei con tanta freschezza e fede nell’autobiografia del suo martirio
(Cfr. Passio Sanctarum Martyrum Perpetuæ et Felicitatis, 4, in PL 3, col.
25A-26A, nonché in Vita ex Ms. Casinensi eruta a Luca Holstenio, cap. I,
Sanctorum captivitas. Perpetuæ baptismus, in
carcerem detrusio. Visio prima, § 5, in Bollandisti, De Sanctis
Martyribus Afris Perpetua, Felicitate, Saturo, Saturnino, Revocato, Secundolo,
Carthagine aut Tuburbi, in Acta Sanctorum, Martii, vol. VII, Dies VII, Paris-Roma 1865, p.
632, oggi anche in traduzione italiana in Calogero
Allegro (a cura di), Martirio di Policarpo, Passione di Perpetua e
Felicita, con sermoni di Agostino, Roma 2001, p. 43), vero capolavoro dell’antica
letteratura cristiana, che meritava di essere tra le mani di tutti i fedeli e
di essere studiato a fondo.
Roma cristiana ha dedicato una chiesa, che è parrocchia,
alle due sante martiri odierne nel 1969.
Nel 439 le reliquie di santa Perpetua,
all'approssimarsi dell'invasione dei Vandali, furono trasferite a Roma, poi da
lì, nell'843, dall'arcivescovo di Bourges, san Raoul, all'abbazia di Dèvres (o
Deuvre), a Saint-Georges-sur-la-Prée. Dopo che quest'abbazia fu saccheggiata
dai Normanni nel 903, furono trasferite a Vierzon, nel sito dell'attuale
municipio. Da lì furono traslate nella chiesa di Notre Dame di Vierzon nel
1807, dove sono conservate finora. Perpetua è la patrona di Vierzon. Nel 1632
quella città fu gravemente colpita da un'epidemia di peste: gli abitanti allora
fecero ricorso alla santa portandone in processione le reliquie, e fecero il
voto che, se la peste fosse cessata, avrebbero incastonato la sua testa in un
reliquiario d'argento. La peste effettivamente cessò (cfr. Paul Guérin, Les Petits Bollandistes
- Vie des Saints, Parigi, Bloud et Barral editori, 1876, t. III, p. 230).
La messa è quella del Comune dei Martiri, Me exspectaverunt,
di cui le collette, compresa quella dopo la comunione, che è propria, sono
identiche a quelle assegnate già alla festa di questo giorno nel sacramentario
Gelasiano.
Spesso la Croce ci
spaventa, perché consideriamo solamente la sua amarezza, senza tenere conto di
questa verità: e cioè quando soffriamo per Gesù Cristo, non siamo tanto noi che
soffriamo in quel momento, ma è Gesù che soffre in noi. È così che Felicita,
gemente nella sua prigione a causa dei dolori del parto, rispose con dignità ai
pagani che le domandavano, schernendola, come farebbe a subire le pene del martirio,
se si lamentava per il parto: «Ora sono io che soffro quello che soffro; ma là
un altro soffrirà in me, giacché anch’io soffrirò per Lui» («Modo ego patior quod
patior: illic autem alius erit in me, qui patietur pro me, quia et ego pro illo
passura sum»: Passio,
cit., 15, 7, in PL 3, ed. 1844 col. 47A; ed. 1886 col.48A, nonché in Vita,
cit., cap. V, Mors S. Secunduli in
carcere. Partus S. Felicitatis. Gesta omnium pridie martyrii, § 16, in Bollandisti, op. cit., p. 635; in Calogero Allegro (a cura di), op. cit.,
p. 54).
Maestranze ravennate, SS. Anastasia, Giustina, Felicita, Perpetua e Vincenza, mosaico della Processione delle Martiri, VI sec., Basilica di S. Apollinare Nuovo, Ravenna |
SS. Perpetua e Felicita, V sec., Cappella arcivescovile, Ravenna |
Anonimo, S. Felicita, XIX sec., museo diocesano, Viterbo |
Anonimo, S. Perpetua, XIX sec., Chiesa di S. Cataldo Vescovo, Montenero Sabino |
Felix Louis Leullier, Combattimento nell'Arena ovvero Martirio delle SS. Perpetua e Felicita, 1840, collezione privata |
Urna marmorea di santa Perpetua, chiesa di Notre-Dame, Vierzon |
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