In questo giorno di Pasqua, una bella riflessione di
Cristina Siccardi.
La Verità della Resurrezione espressa dall’arte sacra
cristiana
di Cristina Siccardi
L’Arte Sacra è un’espressione imprescindibile della Fede
Cattolica. Quando la committenza ecclesiastica seguiva i dettami della Fede e
non il mercato dell’Arte Contemporanea, estranea e spesso ferinamente contraria
alla sacralità, si venne a creare per secoli e secoli un connubio perfetto fra
teologia e arte, fra ecclesiastici e artisti, trasmettendo in tal modo ai loro
contemporanei e ai posteri vera catechesi, vera arte e vera bellezza.
A questo proposito, per la Pasqua, non proponiamo le pseudo
produzioni artistiche né di Graham Sutherland con il suo Noli me tangere, né di Giuliano Giuliani con il
suo È risorto, non è qui!, bensì un affresco del Beato
Angelico della cella 8 del Museo di San Marco a Firenze, che conduce a riflessioni
di sicura elevazione spirituale.
È l’alba della Domenica di Pasqua. Le pie donne, che
hanno acquistato «oli aromatici» per terminare
l’unzione del corpo di Gesù, si trovano davanti al sepolcro vuoto. I Vangeli
rivelano i nomi delle donne: Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo il minore
e di Ioses, e Salome (la tradizione è solita identificare in lei l’anonima
donna citata due volte dall’evangelista Matteo, quale moglie di Zebedeo e madre
degli apostoli Giacomo e Giovanni).
San Luca, al posto di Salome, nomina Giovanna (Lc 24,10). Nell’affresco troviamo, nella parte
inferiore, un sepolcro vuoto e sei figure, fra le quali anche la Madonna, la
cui verginità è riconoscibile dalla veste molto accollata e dal velo turchese;
inoltre, a differenza delle altre, che sono meste, ella abbozza una specie di
sorriso e il suo volto è disteso e tranquillo. Un clima di estrema dolcezza e
di mestizia tutto avvolge e l’armonia propria dell’autore, proveniente da una
solidissima Fede, regna in ogni cosa.
I protagonisti in questo contesto sono due: Cristo, ai
piedi del quale sta, ignara degli accadimenti ultimi, Santa Maria Maddalena,
vestita di rosso e dalla quale emerge smarrimento misto ad una sorta di
sconforto. Il suo rapporto speciale con Cristo la fa distaccare un poco dalle
compagne e la troviamo così nell’atto di guardare all’interno della tomba
vuota, facendosi schermo con la mano destra, mentre la sinistra si appoggia
sull’orlo del sepolcro, quasi dovesse sostenersi per non venire meno. Dov’è
l’amato Salvatore? Ed ecco che mentre la Maddalena guarda in giù, l’Angelo
punta l’indice della mano sinistra verso su, mentre quello della mano destra
designa il sepolcro, come a dire: il Figlio di Dio è passato dalla morte alla
vita eterna, dalla terra al Cielo.
Scopo degli affreschi era quello di indurre nei monaci
uno stato di contemplazione: parsimonia prospettica e immediatezza compositiva
erano gli ingredienti indispensabili alla personale e diretta comunicazione con
i misteri della Redenzione. Nell’estremo lato sinistro dell’opera Resurrezione, il Beato Angelico ha dipinto ancora San
Domenico, raffigurato in ginocchio, per ricordare ai suoi confratelli e al
mondo la dovuta adorazione di fronte a Cristo Signore.
Alle spalle delle donne si staglia, sullo sfondo delle
tenebre, la cosiddetta «vesica piscis» o
mandorla: un simbolo di forma ogivale ottenuto da due cerchi dello stesso
raggio, intersecantisi in modo tale che il centro di ogni cerchio si trova
sulla circonferenza dell’altro. Nel Cristianesimo questo simbolo viene riferito
a Cristo, come è evidente nell’ichthys. L’autore
toscano ha quindi racchiuso il Risorto in una mandorla di Luce ed è questa Luce
ad illuminare la scena, perché dietro di Lui tutto è nero; indossa candide
vesti e regge il velabro della vittoria (anche qui il pittore domenicano recupera
un segno di antica tradizione iconografica), mentre nella mano destra tiene la
palma del martirio.
La Maddalena ha il viso profondamente serio, tuttavia non
piange e questo sta a dimostrare che la sua perplessità non è disperazione, ma
angosciosa attesa di capire, perché la Fede è ancora nella sua anima, ma il suo
stato è sospeso nell’incertezza dei sensi… Così, anche quando tutto sembra
perduto – proprio come possono apparire i nostri tempestosi e apostati tempi, e
come dimostra l’atteggiamento scosso di Maria Maddalena, che osserva, senza
comprendere, nel vuoto sottostante – la presenza del vivente e trionfante Cristo
è costante: «l’angelo disse alle donne: “Non abbiate paura, voi! So che cercate
Gesù il crocifisso. Non è qui. È risorto, come aveva detto (…) Ecco, io sono
con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28, 5; 20).
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