Rino Cammilleri, dopo essersi soffermato sulle gravi irregolarità del processo di Gesù (v. qui e qui), si sofferma oggi su interrogativo ancora attuale: perché fu ucciso il Divin Maestro? (v. anche qui per una risposta teologica).
Perché fu ucciso
Gesù?
di Rino Camilleri
Amara ironia: ma sì, dormite
pure; tanto, eccoli qui quelli che vi sveglieranno. I poveri Apostoli avevano
bevuto le quattro coppe di vino rituali e forse qualche altra, e non erano neanche
abituati a fare le ore piccole. Gesù, per farli scappare, dicendo solo il suo
nome (Jahwè: «Io sono»), sbatte a terra la coorte venuta ad arrestarlo. Non è
vero che Pietro poi lo rinnega, non è un vile: è il solo che ha tirato fuori la
spada e l’ha data in testa al capobranco Malco.
Segue Gesù per vedere se può
essergli d’aiuto in qualche modo. Ma una
schiava pettegola e intrigante, per arruffianarsi il padrone, fa di tutto per
incastrarlo. Lui nega di essere discepolo del Nazareno perché finirebbe preso,
inutilmente, anche lui. Lo sguardo di Gesù gli ricorda la profezia e scappa
fuori a piangere, ma per la disperazione e l’impotenza: non ci capisce più
niente; il suo Maestro fa miracoli e profezie, però si è fatto arrestare senza
opporre resistenza. Pietro non sa più che fare, si perde nella notte.
Il processo-farsa, in totale
dispregio della rigorose procedure previste dalla Legge, serve solo a spedire Gesù da Pilato con questa
accusa: non vogliamo che costui venga a regnare su di noi perché non abbiamo
altro re che Cesare, e se non lo crocifiggi platealmente andremo a dirlo a
Tiberio, il quale, sapendoti protetto dal traditore Seiano, non aspetta altro
per destituirti. Ora, chi conosce la storia sa che quello era, per Israele, il
tempo dell’arrivo del Messia, secondo la profezia delle «settanta settimane» di
Daniele. E vari Messia spuntavano qua e là, prima e dopo Gesù, regolarmente repressi
dai Romani.
Uno, addirittura, (Bar Kokhba)
sarà ufficialmente riconosciuto dal Sinedrio e
sarà il disastro finale. Invece, Gesù è l’unico per il quale i sinedriti
imbastiscono un complotto teso non solo a ucciderlo, ma a farlo giustiziare dai
Romani. Perché? Uno potrebbe dire: ma come, con tutti i miracoli che faceva? Ma
è proprio il più strepitoso, la resurrezione di Lazzaro, che determina il
Sinedrio a chiudere la questione una buona volta. E subito. Gesù è stato
acclamato nella Domenica delle Palme mentre a Gerusalemme c’erano almeno un
milione di ebrei venuti da ogni dove per la Pasqua.
E i Romani, a ogni Pasqua,
facevano affluire truppe in città
perché il fervore religioso della festa principale portava sovente a
insurrezioni. Quel sedicente Messia aveva un seguito strabocchevole e già altre
volte non era stato possibile arrestarlo. Questa è la volta buona, perché Giuda
si è messo a disposizione. Gesù lo sa e ricorre a una complicata manovra per
non far sapere a Giuda l’indirizzo dell’Ultima Cena prima che sia stata
istituita l’Eucarestia («vi verrà incontro un uomo che porta una brocca
d’acqua, seguitelo», dice a due discepoli, malgrado sia Giuda quello incaricato
della cassa comune).
I Romani si erano riservati la
pena di morte, sì, ma solo ufficialmente: in
pratica, i sinedriti potevano far lapidare chi volevano (come l’episodio
evangelico dell’adultera trascinata davanti a Gesù dimostra).
Solo che il Nazareno doveva
essere giustiziato da loro, e in modo ben
visibile. Perché? Perché con i suoi miracoli si era procurato, sì, un
grandissimo seguito, ma non era l’Atteso che li avrebbe liberati
dall’occupazione dei pagani («date a Cesare quel che è di Cesare») e procurato
a Israele il dominio mondiale, sennò i sinedriti sarebbero stati primi a
sostenerlo. Per giunta, faceva apposta a non rispettare il sabato e le miriadi
di prescrizioni rituali, non mancando di additare la classe dirigente al
disprezzo del popolo. Un falso Messia ma di vastissima popolarità: i Romani
avrebbero distrutto la nazione e il Tempio. Era lo stesso dilemma di Giuda, che
perciò aveva cercato di forzare gli eventi costringendo Gesù a chiarire la sua
posizione davanti alla massima autorità religiosa e politica, il Sinedrio.
Solo quando si rese conto di
essere stato usato come esca per un piano già scritto capì che l’avevano fregato. E, anziché
scusarsi con Gesù, si suicidò. I sinedriti, furbi fabbricanti di pentole senza
coperchi, vollero Cesare come re e Cesare distrusse davvero la loro nazione e
il Tempio. Gesù, invece, rese davvero Gerusalemme il centro del mondo, davvero
trionfò sui Romani e davvero divenne il Re di tutte le nazioni.
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