Sante Messe in rito antico in Puglia

domenica 13 marzo 2016

Riflessione dell'abate Caronti sul tempo quaresimale

Mentre entriamo nel tempo di Passione, che è il nucleo quaresimale che più ci approssima alla Pasqua del Signore intravedendosi già la Croce del Golgota, un nostro autore e lettore assiduo ci ha mandato questa bella riflessione dell’abate Caronti su questo periodo penitenziale, che volentieri condividiamo su questo blog.

TEMPO DI QUARESIMA

Mater Dolorosa, Iglesia de la Vera Cruz,
Salamanca
Nei primi tempi del cristianesimo nacque un’osservanza preparatoria alla Pasqua, prima ancora dei canoni conciliari: essa però non seguiva dovunque una disciplina uniforme. Mentre da principio ad Alessandria, a Roma e nelle Gallie il digiuno durava un settimana, atre chiese si limitavano a consacrare all’astinenza solo i due ultimi giorni della Settimana Santa. Nel secolo III Roma prolunga già i suoi digiuni per tre settimane. È il Concilio di Nicea che stabilisce il numero di quaranta giorni, senza dubbio mosso dall’esempio del Salvatore che digiunò quaranta giorni nel deserto. Da questo tempo, i Padri non fanno che inculcarne l’osservanza, determinarne i riti, spiegarne i motivi e i vantaggi, così che sino ai secoli a noi vicini la santa Quaresima era il perno della disciplina cattolica, la Tregua di Dio, in cui tutta la società cristiana, messo da parte ogni altro negozio, chiusi i tribunali e i luoghi di divertimento, colla penitenza e coll’istruzione liturgica si rifaceva a nuovo, accumulando novelle energie per risorgere a vita divina col Cristo risorto e trionfante.
La primissima idea d’un tempo di preparazione alla Pasqua sembra essere sorta a riguardo specialmente dei catecumeni, che, col digiuno e colla preghiera, si preparavano a ricevere il battesimo alla notte che precedeva la Pasqua. Questo concetto del Baptismus poenitentiae informa ancora oggi tutta la liturgia quaresimale, ed è un elemento importante per comprendere la ricca fioritura di testi e di riti che in essa ricorrono. È un concetto dogmatico di prim’ordine: il battesimo della penitenza negli adulti, o, come lo chiama il Concilio di Trento, le disposizioni alla giustificazione, devono preparare il cuore a ricevere la grazia che conferisce il battesimo nell’acqua e nello Spirito Santo.
Un altro elemento che integra la concezione liturgica della Quaresima è la riconciliazione dei pubblici penitenti. Nel disegno dell’antichità cristiana la Pasqua segnava il risorgimento completo di tutti. Neppure quelli che avevano avuto la disgrazia di perdere la stola immacolata del battesimo erano esclusi dalla gioia comunè, a patto però che con una riparazione salutare fossero ritornati degni delle compiacenze divine. La penitenza, i digiuni, le umiliazioni e le moltiplicate preghiere della Quaresima fornivano loro l’occasione per disporsi a questa riabilitazione che avveniva con un rito solenne il giovedì santo.
A Roma la liturgia quaresimale ebbe un ordinamento organico sopra tutto per opera di S. Gregorio Magno. Noi ne ricorderemo le caratteristiche principali.
Non era lecito prendere cibo prima del tramonto del sole. Durante il giorno clero e popolo attendevano alle consuete occupazioni, ma verso l’ora di nona, da ogni parte della città era tre accorrere di fedeli verso la chiesa stazionale, così chiamata con vocabolo militare (Statio = adunata) perché indicava il luogo di convegno. Ordinariamente, l’adunata non si faceva proprio nella chiesa stazionale ma in un’altra basilica vicina ove si attendeva l’arrivo del Sommo Pontefice e degli altri ufficiali del palazzo lateranense, recanti i vessilli e le suppellettili preziose pel divin Sacrificio. Al canto devoto della Litania, il corteo moveva verso la chiesa stazionale ove si celebravano i santi misteri, che terminavano quando il sole volgeva al tramonto. Prima di sciogliere l’adunanza un suddiacono annunziava il luogo di convegno per l’indomani. Bellissima consuetudine certamente: era un’offerta vespertina di tutta la famiglia cristiana, al termine di una giornata operosa, santificata dalla preghiera e dalla mortificazione. Le sante gioie pasquali, al loro sopraggiungere, avevano così un significato pieno e profondo: i fedeli si erano preparati a vivere una vita tutta santa, che nella risurrezione di Cristo riceveva la sua perfezione, la sua corona.
Le generazioni contemporanee non comprendono più queste sublimi esigenze dello spirito cristiano, che dopo il naufragio del peccato, vuole, colla mortificazione del senso, concorrere coll’azione di Dio nel mistero della propria riabilitazione. Ma per i fedeli la liturgia quaresimale non ha perduto il carattere della sua viva attualità. Le anime che sono fuori della Chiesa attendono l’ora della misericordia, ed è nostro dovere anticipare colle nostre preghiere la loro conversione; le anime che vivono nell’indifferenza, nell’ignoranza e nel dubbio hanno bisogno di luce per raccogliere preziosamente gli avanzi della loro fede e della loro speranza, ed è loro dovere andare alla scuola della Chiesa, aperta durante la Quaresima, per ravvivare la loro credenza; le anime che hanno vergognosamente tradito i diritti della loro coscienza e che conservano ancora il desiderio della vita immortale, hanno Il dovete di entrare nel bagno salutare della penitenza, del digiuno, della mortificazione, per ritrovare la via perduta.
Per passare santamente la Quaresima secondo lo spirito della Chiesa i cristiani dunque devono: 1° attendere più dell’ordinario all’orazione e alle altre opere di pietà; 2° udire la parola di Dio che viene ogni giorno proposta; 3° frequentare spesso i santi sacramenti; 4° osservare il digiuno e sopra tutto mortificare le passioni.

(Abate Don Emanuele Caronti O.S.B., Messale festivo per i fedeli, edizioni L.I.C.E., Torino 1923, pp. 166-168)

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