Mentre
entriamo nel tempo di Passione, che è il nucleo quaresimale che più ci
approssima alla Pasqua del Signore intravedendosi già la Croce del Golgota, un nostro autore e lettore assiduo ci ha
mandato questa bella riflessione dell’abate Caronti su questo periodo penitenziale, che volentieri condividiamo su questo blog.
TEMPO
DI QUARESIMA
Mater Dolorosa, Iglesia de la Vera Cruz, Salamanca |
Nei
primi tempi del cristianesimo nacque un’osservanza preparatoria alla
Pasqua, prima ancora dei canoni conciliari: essa però non seguiva dovunque una
disciplina uniforme. Mentre da principio ad Alessandria, a Roma e nelle Gallie
il digiuno durava un settimana, atre chiese si limitavano a consacrare all’astinenza
solo i due ultimi giorni della Settimana Santa. Nel secolo III Roma prolunga
già i suoi digiuni per tre settimane. È il Concilio di Nicea che stabilisce il
numero di quaranta giorni, senza dubbio mosso dall’esempio del Salvatore che
digiunò quaranta giorni nel deserto. Da questo tempo, i Padri non fanno che
inculcarne l’osservanza, determinarne i riti, spiegarne i motivi e i vantaggi,
così che sino ai secoli a noi vicini la santa Quaresima era il perno della
disciplina cattolica, la Tregua di Dio,
in cui tutta la società cristiana, messo da parte ogni altro negozio, chiusi i
tribunali e i luoghi di divertimento, colla penitenza e coll’istruzione liturgica
si rifaceva a nuovo, accumulando novelle energie per risorgere a vita divina
col Cristo risorto e trionfante.
La
primissima idea d’un tempo di preparazione alla Pasqua sembra essere sorta a
riguardo specialmente dei catecumeni, che, col digiuno e colla preghiera, si
preparavano a ricevere il battesimo alla notte che precedeva la Pasqua. Questo
concetto del Baptismus poenitentiae
informa ancora oggi tutta la liturgia quaresimale, ed è un elemento importante
per comprendere la ricca fioritura di testi e di riti che in essa ricorrono. È
un concetto dogmatico di prim’ordine: il battesimo della penitenza negli adulti,
o, come lo chiama il Concilio di Trento, le disposizioni alla giustificazione,
devono preparare il cuore a ricevere la grazia che conferisce il battesimo nell’acqua
e nello Spirito Santo.
Un
altro elemento che integra la concezione liturgica della Quaresima è la riconciliazione
dei pubblici penitenti. Nel disegno dell’antichità cristiana la Pasqua segnava
il risorgimento completo di tutti. Neppure quelli che avevano avuto la
disgrazia di perdere la stola immacolata del battesimo erano esclusi dalla gioia
comunè, a patto però che con una riparazione salutare fossero ritornati degni
delle compiacenze divine. La penitenza, i digiuni, le umiliazioni e le moltiplicate
preghiere della Quaresima fornivano loro l’occasione per disporsi a questa
riabilitazione che avveniva con un rito solenne il giovedì santo.
A
Roma la liturgia quaresimale ebbe un ordinamento organico sopra tutto per opera
di S. Gregorio Magno. Noi ne ricorderemo le caratteristiche principali.
Non
era lecito prendere cibo prima del tramonto del sole. Durante il giorno clero e
popolo attendevano alle consuete occupazioni, ma verso l’ora di nona, da ogni
parte della città era tre accorrere di fedeli verso la chiesa stazionale, così chiamata con vocabolo
militare (Statio = adunata) perché
indicava il luogo di convegno. Ordinariamente, l’adunata non si faceva proprio
nella chiesa stazionale ma in un’altra basilica vicina ove si attendeva l’arrivo
del Sommo Pontefice e degli altri ufficiali del palazzo lateranense, recanti i
vessilli e le suppellettili preziose pel divin Sacrificio. Al canto devoto
della Litania, il corteo moveva verso la chiesa stazionale ove si celebravano i
santi misteri, che terminavano quando il sole volgeva al tramonto. Prima di
sciogliere l’adunanza un suddiacono annunziava il luogo di convegno per l’indomani.
Bellissima consuetudine certamente: era un’offerta vespertina di tutta la
famiglia cristiana, al termine di una giornata operosa, santificata dalla
preghiera e dalla mortificazione. Le sante gioie pasquali, al loro
sopraggiungere, avevano così un significato pieno e profondo: i fedeli si erano
preparati a vivere una vita tutta santa, che nella risurrezione di Cristo
riceveva la sua perfezione, la sua corona.
Le
generazioni contemporanee non comprendono più queste sublimi esigenze dello
spirito cristiano, che dopo il naufragio del peccato, vuole, colla
mortificazione del senso, concorrere coll’azione di Dio nel mistero della
propria riabilitazione. Ma per i fedeli la liturgia quaresimale non ha perduto il
carattere della sua viva attualità. Le anime che sono fuori della Chiesa attendono
l’ora della misericordia, ed è nostro dovere anticipare colle nostre preghiere
la loro conversione; le anime che vivono nell’indifferenza, nell’ignoranza e
nel dubbio hanno bisogno di luce per raccogliere preziosamente gli avanzi della
loro fede e della loro speranza, ed è loro dovere andare alla scuola della Chiesa,
aperta durante la Quaresima, per ravvivare la loro credenza; le anime che hanno
vergognosamente tradito i diritti della loro coscienza e che conservano ancora
il desiderio della vita immortale, hanno Il dovete di entrare nel bagno
salutare della penitenza, del digiuno, della mortificazione, per ritrovare la
via perduta.
Per
passare santamente la Quaresima secondo lo spirito della Chiesa i cristiani
dunque devono: 1° attendere più dell’ordinario all’orazione e alle altre opere
di pietà; 2° udire la parola di Dio che viene ogni giorno proposta; 3° frequentare
spesso i santi sacramenti; 4° osservare il digiuno e sopra tutto mortificare le
passioni.
(Abate Don Emanuele Caronti O.S.B., Messale festivo per i fedeli, edizioni L.I.C.E., Torino 1923, pp. 166-168)
(Abate Don Emanuele Caronti O.S.B., Messale festivo per i fedeli, edizioni L.I.C.E., Torino 1923, pp. 166-168)
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