Nella festa di S. Giuseppe, che, secondo gli apocrifi, sarebbe
morto alla veneranda età di 111 anni in una data equivalente – secondo il
nostro calendario – al 2 agosto (Biagio Gamba, Le età di San Giuseppe, blog Biagiogamba, 14.3.2016), rilancio questo studio su S. Giuseppe nella liturgia.
FESTE
E RICONOSCIMENTI LITURGICI
In
Oriente
Francesco Polazzo, Morte di S. Giuseppe, 1738, Collegiata dei Santi Nazaro e Celso, Brescia |
Dobbiamo
ancora incominciare dall’Oriente. Il tenore liturgico dell’apocrifa Storia
di Giuseppe il Falegname e la sua diffusione, dimostrata dalle varie
traduzioni, ci inducono ad ammettere un culto molto antico, che risale alla
Chiesa giudeo-cristiana, dalla quale si è diffuso nelle zone di influenza di
detta “Storia”, con la istituzione di una festa presso i Copti monofisiti
egiziani, che di fatto commemorano la morte (Transito) del Santo
precisamente al 26 Abîb (= 20 luglio, equivalente oggi, nel calendario
gregoriano iniziato nel 1582, al 2 agosto). La “Storia” contiene tratti che
indicano la sincera stima dei suoi propagatori verso il Santo.
Nel Sinassario
Mediceo della Chiesa copta di Alessandria, scritto verso il 1425, al
giorno 26 del mese di Abîb si legge: “Requies (= morte) sancti senis iusti
Josephi fabri lignarii, Deiparae Virginis Mariae sponsi, qui pater Christi
vocari promeruit”. I calendari che menzionano la festa di san Giuseppe in
Oriente sono del secolo X, compilati nel monastero palestinese di San Saba. Di
tale epoca è appunto il Menologio di Basilio II, considerato
come il primo testimonio certo del culto di san Giuseppe in Oriente. Esso fissa
la commemorazione di san Giuseppe nello stesso giorno di Natale (i re Magi e
San Giuseppe, sposo e protettore della Santa Vergine) e il ricordo della fuga
in Egitto il giorno seguente. Altri Sinassari collocano al 26 dicembre una
festa di Maria e di Giuseppe suo sposo; essi celebrano, inoltre, nella domenica
precedente il Natale, la festa degli antenati di Gesù, “da Abramo a Giuseppe,
sposo della Beatissima Madre di Dio” e nella domenica posta nell’ottava di
Natale la festa di san Giuseppe assieme al re Davide e a Giacomo il Minore.
Benedetto Luti, Morte di S. Giuseppe, XVIII sec., Parrocchia dei SS. Stefano e Giacomo, Potenza Picena |
Nella
poesia religiosa bizantina è illustre il siciliano san Giuseppe l’Innografo (†
883), il cui nome è legato al Canone delle lodi di quest’ultima
festa (PG 105, 1273-4).
I
libri liturgici dei Siri alludono a san Giuseppe a partire dal secolo XIII
(Add. mss. 14698, conservato al British Museum).
Come
appare dall’insieme, non si tratta sempre di feste esclusive di san Giuseppe;
esse, tuttavia, si collocano tutte nella prossimità del Natale con l’intento di
includerlo nel mistero al quale egli intimamente appartiene.
Anche
gli Ucraini cattolici, volendo introdurre una nuova festa di san Giuseppe in
ossequio all’enciclica Quamquam pluries, scelsero il giorno dopo
Natale, onorando così san Giuseppe in “Sinassi” con la S.ma Theotócos. Più
recentemente, in occasione della riforma liturgica promossa dal Concilio
Vaticano II, la gerarchia Caldea ha voluto parimenti considerare la domenica
precedente il Natale come la domenica di san Giuseppe.
In
Occidente
Sebastián Martínez, S. Giuseppe con Gesù Bambino, 1650, museo del Prado, Madrid |
I
documenti occidentali sono anteriori di almeno un secolo a quelli orientali. Il
culto di san Giuseppe è attestato per la prima volta nel manoscritto Rh 30, 3
(sec. VIII), conservato nella Biblioteca cantonale di Zurigo: “XIII kal.
Aprilis Joseph sponsus Mariae”. La commemorazione di san Giuseppe al 20 marzo,
che incontriamo nel Calendario-martirologio di questo codice, è la più antica
menzione esplicita del Santo vicina al 19 marzo; esso proviene (1862) dalla
abbazia benedettina di Rheinau, antica cittadina del Canton Zurigo, ma se ne
ignora il luogo primitivo di origine, da ricercarsi nella Francia
settentrionale o nel Belgio, e il posto esatto nella tradizione martirologica.
Nei
martirologi e calendari che vanno dal secolo IX (Fulda [Vat. Lat. 3809],
Oengus, Reichenau) in poi (sec. X ovvero IX: (Irlanda) Tallaght, Reichenau, San
Gallo, Fulda, Ratisbona – oggi a Verona, Biblioteca Capitolare, cod. 87 -, Messale
di Robert de Jumièges; sec. XI: Winchester, Sherborne, Evesham, Wescester,
Stavelot; sec. XII: Werden, Abbadia di Sta Maria e San Werburgh, martirologio
metrico di O. Gorman, ecc.), la menzione di san Giuseppe compare al 19 marzo: “In
Bethleem, sancti Ioseph” con la seguente apposizione: “nutritoris Domini”;
permane, tuttavia, una certa confusione di date tra il 19 e il 20 marzo (per
esempio, nei martirologi di San Remigio di Reims e di San Massimino di Treviri,
dove si legge: Antiochia S. Ioseph Sponsi S. Mariae). Le spiegazioni che
vengono date circa la scelta e lo scambio delle due date si fondano sopra
supposizioni di omonimia relativa a due martiri, Giuseppe di Antiochia e
Joserus, che sarebbero commemorati in tali giorni da antiche recensioni del “Martirologio
Ieronimiano”.
Aggiungiamo,
a titolo di informazione, che c’è chi collega la data del 1° marzo con l’antica
festa di Minerva, dea degli operai e degli artigiani, e con quella di Giove e
Giunone, divinità protettrici dello Stato, ugualmente al 1° marzo. G. Lefebvre
riferisce che nella liturgia gallicana la festa di san Giuseppe si celebrava il
3 gennaio (Liturgia, a cura di R. Aigrain, Paris 1947, p. 637); l’Ordine
di Cluny la celebrava il giovedì della terza settimana di Avvento (Breviarum
Cluniacense, 1686 e 1779). A questo punto, poiché la missione eccezionale
di san Giuseppe si trova meglio inquadrata nel periodo natalizio, come nelle
liturgie più antiche, piuttosto che nella Quaresima, dove incontra ostacoli e
subisce spostamenti, si affaccia la domanda circa l’opportunità o no di
conservare ancora la data attuale, probabilmente solo casuale.
La
prima menzione del nome di san Giuseppe si trova in un Messale del sec. XII
(Biblioteca Vaticana, n. 4770); è collocato in uno schema di Litanie,
da cantare durante la funzione del Sabato Santo, tra il nome di Simeone e
quello dei SS. Innocenti.
Il
primo Ufficio canonico completo, con note musicali, in onore di san Giuseppe, è
del secolo XIII e proviene ancora da una abbazia benedettina, San Lorenzo, di
Liegi; si ricorre, per la prima volta, al suo “patrocinium”. Nel monastero austriaco
di San Floriano un messale della fine del secolo XIV elenca una messa votiva al
padre nutrizio del Signore.
Nel
secolo XIII il culto privato del Santo è attestato dal mistico Hermann di
Steinfeld (+1241), monaco premonstratense, che ricevette il nome di Giuseppe in
una visione della Madonna; è stato attestato, inoltre, da Margherita da Cortona
(† 1297) e da santa Gertrude († 1302).
Alla
presenza dei Francescani, Domenicani e Carmelitani ad Agrigento è dovuta l’accettazione
colà di un ufficio in onore di san Giuseppe, del secolo XIV, conservato nell’Archivio
Capitolare del Duomo: “Officium Sanctissimi Joseph nutricii et patris adoptivi
Domini nostri Jesu Christi”; esso dipende dalla Legenda aurea di
Giacomo da Varazze († 1298). Si tratta, fino al presente per l’Italia, della
più antica testimonianza liturgica sul culto di san Giuseppe. Questo ufficio
contiene una chiara allusione alla santificazione di san Giuseppe,
chiamato sanctorum sanctus; nell’antifona del Magnificat si legge: “O
proles almifica / de Bethleem electa, / gemma nimis ardua / ab omni labe erepta”.
Il
culto di san Giuseppe nell’Ordine Carmelitano era già introdotto nella seconda
metà del secolo XV, come è comprovato da due breviari (Bruxelles 1480; Venezia
1490), che contengono un ufficio proprio di san Giuseppe. Appartiene al loro
Ordine un ufficio del 1434 circa.
All’inizio
del 1400 il nome di san Giuseppe viene elencato tra i santi del 19 marzo al
primo posto.
La
festa di San Giuseppe
L’abbazia
benedettina di Winchester rivendica l’onore di essere stata la prima a
celebrare la festa di san Giuseppe verso il 1030.
I
Servi di Maria, come risulta dagli Atti del Capitolo tenuto a Orvieto nel 1324,
furono i primi a celebrare solennemente la festa di san Giuseppe.
I
francescani adottarono la festa nel Capitolo generale di Assisi nel 1399,
usando come testo liturgico della Messa il “Commune Confessorum”. Tuttavia,
Franc. Florentinus testimonierebbe una festa di san Giuseppe in vigore nell’Ordine
fin dal secolo XIII (Vetustius occidentalis Ecclesiae Martyrologium D.
Hieronymo tributum, Lucca 1668).
Gregorio
XI (1371-78), avendo eretto la cappella in onore di san Giuseppe nella chiesa
di Sant’Agricola ad Avignone, vi avrebbe stabilito anche la festa del 19 marzo.
A
Milano la festa di san Giuseppe fu stabilita nel 1467 e si
celebrava il 20 marzo, giorno dell’ascesa al potere di Galeazzo Maria Sforza;
dal 1509 fu fissata al 19 marzo; san Carlo Borromeo (card. e arciv. dal 1560 al
1584) la trasferì al 12 dicembre, giorno adottato anche dalla diocesi di Sens (Missale
Senon., 1715); nel 1897 ritornò al 19 marzo.
Il
francescano Sisto IV concesse nel 1480 ai Frati Minori di celebrare con rito
doppio maggiore la festa del 19 marzo, già presente nel calendario dei messali
(1472) e dei breviari (1476) romani da loro usati.
Diffusasi
la festa nelle diocesi e negli Ordini religiosi, Pio V la inserì con rito
doppio nella riforma del breviario (1568) e del messale (1570). La festa fu
istituita dai Domenicani nel Capitolo generale del 1508; fu elevata a più alto
grado e fissata al 19 marzo nel 1513.
L’8
maggio 1621 Gregorio XV rese obbligatoria per tutta la Chiesa la festa di san
Giuseppe; tale decreto, tuttavia, non trovò esecuzione ovunque e Urbano VIII il
13 settembre 1642 rinnovò l’ordine con la bolla “Universa per orbem”.
Su
richiesta di Luigi XIV, l’assemblea del clero di Francia, nel 1661, istituisce
la festa di san Giuseppe come festa di precetto.
Clemente
X (6 dicembre 1670) elevò la festa al rito doppio di seconda classe,
introducendo nel breviario (1671) i tre inni in onore di san Giuseppe (Te, Ioseph,
celebrent – Caelitum,
Ioseph, decus – Iste, quem
laeti); autore di questi inni sarebbe il cistercense fogliante
card. Giovanni Bona († 1674); altri indicano Johannes von der Empfängnis
(+1700). Clemente XI il 4 febbraio 1714 concesse a san Giuseppe per il 19 marzo
messa e ufficio propri. Pio IX l’8 dicembre 1870 eleva la festa del 19 marzo a
rito doppio di prima classe.
Pio
X (24 luglio 1911) conferma, designando la festa col titolo: Commemoratio
Sollemnis S Joseph, Sponsi B.M.V., Confessoris, ma il 28 ottobre 1913
essa ritorna al rito doppio di seconda classe.
Benedetto
XV il 12 dicembre 1917 la eleva nuovamente al rito doppio di prima classe.
Il
Codice di Diritto Canonico (1917) la include tra le feste di precetto per tutta
la Chiesa (can. 1247; cf. CJC 1983, can. 1246).
In
Italia la festa di san Giuseppe non è più di precetto dal 1977, quando cessò di
essere considerata festiva agli effetti civili (Comunicato C.E.I.,
8 marzo 1977).
La
festa dello Sposalizio
Mateo Gilarte, Sposalizio della Vergine con S. Giuseppe, 1651, museo del Prado, Madrid |
È
a Giovanni Gersone (+1429) che si deve la promozione della festa dello Sposalizio
di Maria SS. con S. Giuseppe, sotto l’influsso di Henri
Chicot (†1413), suo collega di canonicato a Chartres, dove da un État
des offices fondés (1779) si ricava che Philippe le Bègue († 1450ca.),
consigliere del parlamento di Parigi, vi aveva fondato la festa De
Desponsatione, mentre quella De coniugio era stata fondata
da H. Chicot e da un certo Jean de Harleville. Già presente nel 1517 tra le
Suore dell’Annunciazione (Annunziate) di Giovanna di Valois (figlia del re
Luigi XI), la festa dello Sposalizio fu adottata nel 1537 dai Francescani in
onore della Madonna, seguiti dai Servi di Maria e da altri Ordini religiosi, ad
esempio, i Cistercensi nel 1567. La data prescelta è il 23 gennaio.
Innocenzo
XI concesse di celebrarla nei domíni dell’Imperatore Leopoldo I (1684), in
riconoscenza della liberazione di Vienna, e ne estese il privilegio anche alla
Spagna, che ottenne il permesso di trasferirla al 26 novembre. Altri scelgono
una data diversa: i Minori il 7 marzo; i Servi di Maria l’8 marzo; i Domenicani
il 6 marzo; in Francia il 22 gennaio, il 23 dicembre, il 18 luglio… Benedetto
XIII nel 1725 introdusse la festa nello Stato Pontificio.
A
Verona, san Gaspare Bertoni dedica l’altare maggiore della chiesa delle
Stimmate ai SS. Sposi Maria e Giuseppe e vi celebra con solennità, dal 1823, la
festa dello Sposalizio, tradizione sempre conservata dagli Stimmatini.
Sotto
Giovanni XXIII, con l’Istruzione della Congregazione dei Riti del 14 febbraio
1961, tale festa fu soppressa, eccetto per i luoghi che hanno speciale motivo
di celebrarla. Oggi questo “speciale motivo” non ce l’avrebbero tutti?
Proposte
pastorali
Poiché
il matrimonio è fondamentale rispetto alla “famiglia”, perché è da esso
che questa scaturisce, ecco alcune “proposte pastorali” concrete:
I
– La prima proposta più ovvia è che questo tema incominci finalmente a
interessare la “scuola”. Esso deve essere inserito nella teologia del
matrimonio, in modo che i futuri “maestri in Israele” si rendano conto che non
si tratta di un semplice episodio devozionale, utile solo per illustrare la …
vita di di Maria. Poiché siamo davanti ad un mistero salvifico, poco conosciuto
perché ignorato dai “programmi scolastici”, è necessario che ne diventi oggetto
come loro naturale complemento. Di proposito abbiamo inserito nel Sito, al
numero 15, il tema: IL MATRIMONIO DI MARIA E GIUSEPPE.
II
– Data la grande importanza pastorale della Liturgia, non deve mancare nei
formulari della “Messa degli sposi” almeno un accenno al matrimonio di Maria e
Giuseppe. Perché non inserirlo, allora, per esempio, nel “Prefazio”, là dove è
detto: “Nell’alleanza tra l’uomo e la donna, rinnovata nell’unione sponsale
e santa di Maria e Giuseppe, ci hai dato l’immagine viva dell’amore di
Cristo per la sua Chiesa…”? È teologicamente facile rendersi conto che l’immagine
dell’amore di Cristo per la sua Chiesa è piuttosto “sbiadita” “nell’alleanza
tra l’uomo e la donna”, mentre è, invece, indubbiamente “viva e splendente”
nell’amore sponsale e santa di Maria e Giuseppe. Perché, allora non proclamare
chiaramente questo mistero salvifico?
III
– Riconosciuta l’essenzialità del “dono” nel matrimonio, sarebbe logico, oltre
che opportuno, che esso venisse maggiormente evidenziato non solo nella
catechesi dei fidanzati, ma anche nel rito stesso del matrimonio. La recente
sostituzione di “Io prendo te” con “Io accolgo te” è certamente un passo
avanti, ma non esce dal “possesso”. Poiché si tratta di esprimere un “consenso”,
che riguarda il dono reciproco, segno o sacramento dell’amore, “Io
mi dono a te” rimane la formula più esplicita, che racchiude il rispetto per la
dignità dell’altro ed evidenzia che i contraenti possono “appartenersi” solo “donandosi”.
IV
– Ugualmente utile alla pastorale familiare sarebbe l’introduzione nelle “Litanie
lauretane” di un’invocazione che lodi Maria come “sposa”, onorando “insieme”
san Giuseppe, che Dio stesso le ha dato come vero e purissimo sposo, ad
esempio: “Dilecta (vel Laeta) iusti Ioseph Sponsa”. Non si
dimentichi che agli occhi del mondo è stato san Giuseppe come “sposo” ad
onorare la divina maternità di Maria. L’invocazione andrebbe inserita prima di “Mater
Christi”, per il semplice motivo che il titolo di “Cristo” deriva a Gesù proprio
in forza del matrimonio di Maria e Giuseppe. Anche nelle “Litanie dei Santi” l’invocazione
di san Giuseppe dovrebbe seguire immediatamente quella di Maria SS. sia per non
separare ciò che Dio ha congiunto sia per la particolare santità di san
Giuseppe.
La
festa del Patrocinio
Il Diario
Romano di Gaspare Pontani segnala una festa di san Giuseppe il 13
maggio 1478, che allora corrispondeva alla quarta domenica dopo Pasqua, nella
piazza di San Celso, al centro del rione Ponte Sant’Angelo.
Ad
Avignone, dal 1500 la Confraternita degli agonizzanti celebrava, la terza
domenica dopo Pasqua, la festa del Patrocinio si san Giuseppe, presto diffusa
in tutta la città con solenne processione.
Pio
IX il 10 settembre 1847 estese alla Chiesa intera l’ufficio proprio e la messa
del Patrocinio di San Giuseppe, fissando la festa alla terza
domenica dopo Pasqua con il rito doppio di seconda classe.
Tale
festa era già stata ottenuta da molti Ordini: i Carmelitani nel 1680, gli
Agostiniani nel 1700, i Mercedari Scalzi nel 1702, i Caracciolini nel 1723, i
Domenicani, i Barnabiti e i Servi di Maria nel 1725, i Frati Minori Conventuali
nel 1727, i Camilliani nel 1728, i Minimi nel 1729, gli Eremiti Camaldolesi di
Monte Corona nel 1730, tutto l’Ordine dei Frati Minori e i Teatini nel 1733,
tutto il Terz’Ordine di San Francesco e tutto l’Ordine dei Canonici Regolari
del SS. Salvatore Lateranense nel 1735, gli Scolopi nel 1736.
Tra
le diocesi che ottennero la concessione ricordiamo, in ordine di tempo, quella
di Messico (1703), di Puebla de los Angeles (1704), la prelatura nullius
di Altamura (Bari, 1713), Palermo (1719), La Plata (Argentina), Lipari, Messina
e Catania (1721), Siracusa (1723), Monreale e Malaga (1725), Cartagena (1726),
Cadice, Pavia e Siviglia (1727), Badajoz, Santiago di Cuba, Bari, Orihuela e
Brescia (1728), Michoacan e Mazara del Vallo (1729), Lima e Malta (1731),
Avellino e Frigento (1732), Vittorio Veneto (1733), Piacenza, San Severino,
Freising, Ratisbona, Ascoli Satriano, Colonia, Münster, Paderborn, Hildesheim, Telese
e Salerno (1734), Napoli, Orvieto e Narni (1735), Asti (1741), Acqui (1785); il
clero secolare e i religiosi di Roma l’ottennero nel 1809.
Se
consideriamo i territori, l’Etruria l’ottenne nel 1723; le Puglie, il regno di
Valenza, gli stati e i domíni del re di Spagna nel 1729; la repubblica di
Venezia nel 1730; il ducato di Modena nel 1733; il regno di Polonia e province
nel 1735; lo stato del principe dell’Umbria nel 1736; lo stato di Urbino nel
1743; il regno e domíni del Portogallo nel 1744; i domíni del Palatinato nel
1753; il principato di Colonia nel 1783.
Il
28 ottobre 1913 Pio X stabilì che la festa del Patrocinio, divenuta dal 24
luglio la ”Solennità di San Giuseppe, sposo della B.V. Maria,
Confessore e Patrono della Chiesa universale”, con rito doppio di prima classe
o ottava, fosse celebrata nel terzo mercoledì dopo Pasqua. Il 24 aprile 1956 un
decreto della Congregazione dei Riti aboliva la solennità di San Giuseppe,
sostituendola con quella di San Giuseppe artigiano, con rito doppio
di prima classe. Il titolo di San Giuseppe come Patrono della Chiesa universale
fu aggiunto alla sua “festa principale” del 19 marzo. Solo i Carmelitani Scalzi
hanno ottenuto nel 1957 l’indulto di recitare, con rito doppio di prima classe,
l’ufficio speciale da essi introdotto nella Chiesa latina del 1680.
Nel
Calendario promulgato da Paolo VI (1969) la festa del 19 marzo ha la massima
categoria liturgica: S. Ioseph Sponsi B.M.V., Sollemnitas (I
Cl.); il 1° maggio, invece, viene ridotto a “memoria ad libitum. La festa del
1° maggio: Sancti Ioseph opificis, Sponsi B.M.V., confessoris, era
stata istituita il 1° maggio 1955 da Pio XII, il quale l’11 marzo 1958 compose
anche una preghiera in onore di san Giuseppe lavoratore.
La
festa della Santa Famiglia
Bartolomé González y Serrano, Riposo durante la fuga in Egitto, 1627, museo del Prado, Madrid |
Il
beato Francesco Laval, primo vescovo di Québec, il 4 novembre 1664 introduce la
festa della Sacra Famiglia nella sua vasta diocesi, che allora si estendeva dal
Canada al Golfo del Messico. I testi per l’Ufficio e la Messa, fatti da lui comporre,
furono confermati, il 23 marzo 1865, da Pio IX, che aveva già approvato la
festa, nel 1863, per l’Associazione di Lieja. Leone XIII, il 14 giugno 1893,
stabilisce la festa dell Sacra Famiglia “pro aliquibus locis”; la celebrazione,
con nuovi testi per l’Ufficio e la Messa, è assegnata alla terza domenica dopo
Pasqua. Benedetto XV trasferisce la fesa al 19 febbraio e, in seguito,
assecondando la petizione del superiore generale dei Figli della Sacra
Famiglia, appoggiata da numerosi Vescovi, alla prima domenica dopo l’Epifania, iscrivendola
nel calendario universale della Chiesa.
Giovanni
Paolo II, nell’Esortazione apostolica “Redemptoris Custos” (1989) afferma
chiaramente il fondamento teologico della festa della Santa Famiglia, la quale
fa parte dei “Misteri della vita di Cristo”: “Inserita direttamente nel mistero
dell’Incarnazione, la Famiglia di Nazaret costituisce essa stessa uno speciale
mistero. È contenuta in ciò una conseguenza dell’unione ipostatica: umanità
assunta nell’unità della Persona divina del Verbo-Figlio, Gesù Cristo. Insieme
con l’assunzione dell’umanità, in Cristo è anche ‘assunto’ tutto ciò che è
umano e, in particolare, la famiglia, quale prima dimensione della sua
esistenza in terra” (n. 21).
Altre
feste
Secondo
l’antico Messale Romano, in alcuni luoghi era celebrata il 17
febbraio la commemorazione della Fuga in Egitto; nello stesso
Messale l’episodio della fuga in Egitto veniva assegnato alla
vigilia dell’Epifania. Evidentemente il senso della fede vi scorgeva un mistero
della vita di Cristo. I Copti ne fanno memoria in liturgia il
24 bashans, corrispondente al 19 maggio del calendario giuliano e al 1° giugno
di quello gregoriano. Nel loro Sinassario dichiarano che ”questa
è festa propria degli Egiziani”, segno della predilezione di Dio per
la loro terra.
Nel
Messico, il Servo di Dio P. José Maria Vilaseca aveva istituito la festa
di San Giuseppe del Buon Consiglio (25 gennaio): i Misioneros
Josefinos, da lui fondati, avevano ottenuto la festa di San Giuseppe
della Missione (19 settembre), per invocare san Giuseppe come
protettore dell’opera di evangelizzazione.
Prerogative
di san Giuseppe
Queste
continue oscillazioni liturgiche evidentemente non sono di aiuto alla teologia
Giuseppina nella determinazione del fondamento della dignità e dei
privilegi di san Giuseppe, indicato da alcuni nel matrimonio con
Maria SS. e da altri nella paternità verso Gesù.
Le
formule usate nei calendari e martirologi hanno sia Sposo della
B.V.M., sia Padre Nutrizio di Gesù, sia solo Confessore.
Da
uno studio di M. Garrido Bonaño risulta che fino al secolo XII incluso la
denominazione di san Giuseppe “Sposo della Vergine Maria” è più accettata nel
Nord- Est della Francia e in Inghilterra, mentre quella di “Padre nutrizio di
Cristo” è preferita nel centro Europa; che la denominazione di “Confessore”
comincia nel secolo XIV; che nel secolo XV i libri liturgici dei Carmelitani
menzionano quasi sempre san Giuseppe col titolo di “Nutrizio del Signore”. Lo
stesso Autore conclude che dalla enumerazione dei calendari e dei martirologi
si può dedurre molto poco circa la preminenza di una delle prerogative di san
Giuseppe. È certo che la qualità di Sposo di Maria appare per prima in un
calendario occidentale ed è più ripetuta; è tuttavia antico anche il suo appellativo
di “Nutrizio del Signore”, né sono pochi i manoscritti che lo riportano. È
ancora certo che nella Chiesa occidentale ha prevalso la sua qualità di Sposo
della Vergine Maria. Così è entrato nel Martirologio Romano e
così ha continuato fino ai nostri giorni.
Se
consideriamo la presenza di san Giuseppe nel Messale Romano, promulgato
da Paolo VI, esso contiene tre Messe in onore di san Giuseppe, ossia la
solennità del 19 marzo, la memoria del 1° maggio e la Messa votiva; a queste va
aggiunta la festa della Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe (Domenica fra
l’ottava di Natale).
Poiché
anche la collocazione ha la sua importanza, perché rivela la considerazione
nella quale il Santo è tenuto, notiamo che tanto la Messa votiva come anche il
Prefazio proprio sono posti tra gli Angeli e gli Apostoli; anche nel Canone
Romano il nome di san Giuseppe segue immediatamente quello della
Vergine Maria (non così ancora nelle Litanie dei Santi).
Quanto
alle preghiere, esse esaltano la dignità e
la santità di san Giuseppe, riconoscendo in modo esplicito il
ruolo da lui avuto nella storia della salvezza: nella pienezza dei
tempi cooperò al grande mistero della redenzione; hai voluto affidare gli inizi
della nostra redenzione alla custodia premurosa di san Giuseppe.
San
Giuseppe è collocato coerentemente nel mistero di Cristo e della Chiesa:
a) nei misteri di Cristo: servì
Gesù con fedeltà e purezza di cuore; nel tuo disegno di salvezza hai scelto san
Giuseppe come sposo di Maria, madre del tuo Figlio; lo hai posto a capo della
tua famiglia per custodire come padre il tuo unico Figlio;
b) nel mistero della Chiesa, della quale è
considerato patrono: continui dal cielo la sua premurosa custodia per
la santa Chiesa che lo venera come protettore, e alla quale viene
proposto come modello di fedeltà e purezza di cuore, di fedeltà
alle responsabilità che Dio ci affida, di testimonianza
all’amore di Dio, per camminare nelle vie della santità e della giustizia e
cooperare fedelmente al compimento dell’opera di salvezza. San
Giuseppe, uomo giusto e fedele, è il tipo evangelico del servo saggio e
fedele, che il Signore pone a capo della santa Famiglia.
Fra
le Messe della Beata Vergine Maria (ed. 1987), nel Prefazio
della Messa Santa Maria di Nazaret, Maria è celebrata “unita a
Giuseppe, uomo giusto, da un vincolo sponsale e verginale”.
Altri
interventi
Completiamo
il quadro dei riconoscimenti liturgici con altri interventi che non potevano
essere collegati con quelli già esposti.
Il
19 dicembre 1726 Benedetto XIII inserì il nome di san Giuseppe nella Litania
dei Santi di tutti i libri liturgici, dopo quello di san Giovanni
Battista.
Pio
VII incluse il nome di san Giuseppe nella preghiera A cunctis,
subito dopo quello della Vergine (1815).
Pio
IX moltiplicò le prove della sua devozione verso san Giuseppe, accordando indulgenze
a pie pratiche. Ricordiamo la preghiera “Vi ricordi, o purissimo sposo di M.V.”
(1863), e le preghiere “O felicem virum” e “Virginum custos et pater”, da
recitare prima e dopo la Santa Messa (1877).
Leone
XIII approvò la recita dell’Ufficio votivo di san Giuseppe al mercoledì (1883);
incluse l’invocazione di san Giuseppe nelle preghiere da recitarsi dopo la
Messa (1884) e prescrisse una preghiera speciale a san Giuseppe (“A te, o beato
Giuseppe”) da recitarsi durante il mese di ottobre dopo il santo Rosario: ”Pensiamo
essere sommamente convenevole che il popolo cristiano si abitui a pregare con
singolare devozione e animo fiducioso, ‘insieme alla Vergine Madre di Dio’, il
suo castissimo sposo san Giuseppe; il che debba alla stessa Vergine tornare accetto
e caro” (Enc. Quamquam pluries, 1889).
Pio
X promulgò e indulgenziò le Litanie del Santo per l’uso pubblico (1909); tra i
promotori si distinsero Dom Marie- Sébastien Wyart († 1904), abate generale dei
Cistercensi Riformati, e il Card. Vives y Tutó; la formulazione è del Wyart.
Benedetto
XV, il 9 aprile 1919, fece inserire nel Messale un prefazio proprio
di san Giuseppe; suo autore è il passionista P. Luigi di S. Francesco di Paola
(Luigi Besi). Lo stesso Pontefice, il 23 febbraio 1921, ne fece aggiungere l’invocazione
nel “Dio sia benedetto”, a ricordo del 50° anniversario della sua proclamazione
a patrono della Chiesa universale. Il 10 maggio 1921 concesse speciali
indulgenze per la recita del Piccolo Ufficio di san Giuseppe.
Pio
IX, il 9 agosto 1922, fece inserire nelle preghiere per i moribondi del Rituale
Romano gli opportuni riferimenti a san Giuseppe.
Giovanni
XXIII ordinò, il 13 novembre 1962, di inserire il nome di san Giuseppe
nel Canone della Messa, al “Communicantes”; Giovanni Paolo II
lo ricorda ben due volte nell’Esortazione apostolica Redemptoris
custos (nn . 6 e 16), adducendone il motivo. Il 1° maggio 2o13, un
decreto della Congregazione per il culto divino estende la menzione del nome di
san Giuseppe anche alle preghiere eucaristiche II, III e IV del Messale Romano.
Tra
le preghiere attualmente indulgenziate, l’Enchiridion Indulgentiarum (3ª
ed., 1986) ne annovera alcune in onore di san Giuseppe, ossia: A te, o
beato Giuseppe, Litanie di san Giuseppe, Piccolo Ufficio di san Giuseppe; e
le tre invocazioni: Gesù, Giuseppe, Maria, vi dono il cuore e l’anima
mia, ecc. Queste invocazioni erano già state indulgenziate da Pio VII
il 22 maggio 1823.
Sugli Inni dedicati
a san Giuseppe, cfr. T. STRAMARE, San Giuseppe negli Inni della
Liturgia. Testo latino, traduzione e commento, in Omelie. Temi di
predicazione, 98, Editrice Domenicana Italiana, Napoli 2006.
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