Nell’attuale contesto in cui
tutto, in nome di una pseudo misericordia, viene rimesso in discussione o
svuotato di significato, è bene ribadire con più forza la dottrina della Chiesa
e la Legge divina, che non ammettono eccezione alcuna, neppure per motivi “pastorali”. Per questo, un cattolico non può accettare novità tali da minare i fondamenti della Rivelazione e della Tradizione della Chiesa, memore di quanto raccomandava San Paolo ai Galati: "Mi meraviglio che così in fretta da colui che vi ha chiamati con la grazia di Cristo passiate ad un altro vangelo. In realtà, però, non ce n'è un altro; solo che vi sono alcuni che vi turbano e vogliono sovvertire il vangelo di Cristo. Orbene, se anche noi stessi o un angelo dal cielo vi predicasse un vangelo diverso da quello che vi abbiamo predicato, sia anàtema! L'abbiamo già detto e ora lo ripeto: se qualcuno vi predica un vangelo diverso da quello che avete ricevuto, sia anàtema! Infatti, è forse il favore degli uomini che intendo guadagnarmi, o non piuttosto quello di Dio? Oppure cerco di piacere agli uomini? Se ancora io piacessi agli uomini, non sarei più servitore di Cristo!" (Gal. 1, 6-10).
Nella festa, perciò, di San Leone
Magno e di Santa Gemma Galgani, rilanciamo questo contributo quantomeno
attuale.
Raffaellino del Colle, S. Leone Magno, 1535 circa, museo civico, Sansepolcro |
Francisco de Herrera il Giovane, S. Leone Magno, XVII sec., museo del Prado, Madrid |
Giovanni Gasparro, Torculus Christi. Torchio mistico con i Santi Gabriele dell'Addolorata e Gemma Galgani, 2013, collezione privata |
Adulterio e
fornicazione: la Chiesa riprende le Sacre Scritture senza cambiarle
di Pierfrancesco Nardini
Sempre più spesso si sente
sminuire l’importanza da attribuire all’atto sessuale, soprattutto se “una
tantum” e anche se al di fuori del matrimonio, all’attenzione con cui
usarlo, alla sua sacralità. È anche capitato di sentir dire che non risultano
nelle Sacre Scritture alcuni precetti insegnati dalla Chiesa nel corso dei
millenni. Arrivando così a far intendere che alcuni “limiti” siano stati
imposti dagli uomini, che così facendo hanno snaturato l’insegnamento di
Cristo. Come se si potesse far credere che Gesù abbia tollerato cose tipo
adulterio e fornicazione…
Non ci sono nelle Sacre Scritture
le note indicazioni ecclesiastiche su matrimonio e sessualità? Siamo sicuri?
Prima di dimostrare come la Chiesa
Cattolica abbia solo riportato fedelmente quanto presente nelle Sacre
Scritture, preme ricordare che il cattolico deve seguire l’interpretazione data
dalla Chiesa ai Testi sacri, pena il rischio di “protestantizzarsi”, cosa tra l’altro
purtroppo abbastanza diffusa ai nostri giorni.
Il Concilio di Trento, e non
solo, infatti, impone che «…nessuno, fidandosi del proprio giudizio, nelle
materie di fede e morale, che fanno parte del corpo della dottrina cristiana,
deve osare distorcere la sacra Scrittura secondo il proprio modo di pensare,
contrariamente al senso che ha dato e dà la santa madre chiesa, alla quale
compete giudicare del vero senso e dell’interpretazione delle sacre Scritture;
né deve andare contro l’unanime consenso dei padri, anche se questo genere di
interpretazioni non dovesse essere mai pubblicato…» (Concilio di Trento,
Decreto sulla Vulgata, 8.4.1546).
Tanto da immettere il detto
concetto anche nella Professione di fede tridentina (Bolla Iniunctum
nobis, 13.11.1564): «E così pure accolgo la sacre Scrittura secondo quel
senso che ha tenuto e che tiene per fermo la santa madre chiesa, cui spetta
giudicare sul vero senso e sull’interpretazione delle sacre Scritture, né mai
la riceverò o la interpreterò, se non secondo l’unanime consenso dei padri».
E così anche il Concilio Vaticano I (1870) nella Costituzione dogmatica Dei
Filius al capitolo 2 sulla Rivelazione.
D’altronde anche Sant’Agostino scrisse
ai manichei: «Non crederei al Vangelo se non mi ci inducesse l’autorità
della Chiesa cattolica» [Cf. Contra ep. man. 5, 6;
cf. Contra Faustum 28, 2].
L’insegnamento dell’Antico
Testamento
Nell’Antico Testamento vi è una
profusione di indicazioni su matrimonio, adulterio e fornicazione.
Sin da Es. 20,14 l’adulterio è
condannato. Nel Levitico è espressamente detto «Non ti congiungerai alla
moglie del prossimo tuo, né ti contaminerai con tale unione» (Lv. 18, 20)
ed evidenziata la gravità dell’adulterio, anche sulla base della gravità della
pena (20, 10-21). Anche il Deuteronomio conferma quanto finora evidenziato (Dt
5, 18; 5, 21; 22, 22; 27, 20).
In Tb 4,13 è espressamente
scritto «Tieniti lontano, figliuol mio, da ogni fornicazione, e non ti
permettere mai di far peccato con una che non sia la tua moglie».
Nel libro dei Proverbi si spiega
in maniera chiara come vengono intesi adulterio e fornicazione e come verranno
gravemente puniti. Vale la pena riportare testualmente i versetti.
«20E perché invaghirti,
figlio, di una estranea? e stringerti al seno una donna non tua? 21Mentre
il Signore tien d’occhio tutte le vie dell’uomo e osserva tutti i suoi passi? 22Ma
l’empio resterà schiavo delle sue inique passioni e stretto nelle funi di suoi
peccati. 23Egli morrà perché non ebbe a cuore la correzione e
dalla sua grande stoltezza resterà ingannato” (Pro 5, 20-23); “Ma l’adultero
per la sua insensataggine, perderà l’anima” (Pro 6, 32); “4Dì’
alla sapienza: «Tu sei la mia sorella» e la prudenza chiamala tua amica; 5affinchè
ti custodisca dalla donna altrui, dalla straniera che ha parole leziose”
(Pro 7, 4-6); “26Perchè molti ne ha fatti cadere feriti e anche i
più forti furono da essa fatti perire. 27Le strade dell’Inferno
sono quelle della sua casa che scendono nei penetrali della Morte» (Pro 7,
26-27).
Sulla stessa linea Sap 3, 16. Nel
libro della Sapienza, tra l’altro, nei capitoli 3, 4 e 5 si specificano la
punizione e l’infelicità degli empi, la fine diversa del giusto e dell’empio e
la sorte diversa del giusto e dell’empio dopo morte.
Sembrano sufficienti le citazioni
appena riportate per rendere chiaro che la Chiesa non fa altro che seguire
perfettamente quel che ha insegnato l’AT. Proseguiamo però la ricerca anche all’interno
del NT, e in particolare dell’insegnamento di Gesù.
Nel Nuovo Testamento
Cristo, nel Nuovo Testamento,
conferma il divieto di adulterio e fornicazione, specificando tra l’altro che
si può cadere in quel peccato anche solo per il desiderio. E conferma anche la
gravità del peccato di fornicazione, indicando come preferibile strappare da sé
l’oggetto del proprio scandalo che rischiare di non salvarsi. Ricordiamo
velocemente a chi vuol contestare che la parola salvezza non è menzionata da
Gesù, che la Geenna sta a significare Inferno.
Nel Vangelo di Matteo, infatti,
Gesù dice «27Voi avete udito che fu detto agli antichi: - Non
commettere adulterio. - 28Io invece dico a voi: - Chiunque
guarda una donna per desiderarla ha già, in cuor suo, commesso adulterio con
lei. - 29Ora se il tuo occhio destro ti è occasione di scandalo
devi strappartelo e gettarlo lungi da te; molto meglio per te che perisca un
solo tuo membro, piuttosto che l’intero tuo corpo sia gettato nella Geenna. 30E
se la tua mano destra ti è occasione di scandalo, tagliala via e gettala lungi
da te; meglio per te perdere un solo membro, piuttosto che andare nella Geenna
con tutto il corpo. 31Fu anche detto: - Chiunque rimanda la
propria moglie, le dia il libello del divorzio. - 32Io invece
dico a voi: - Chiunque manda via la propria moglie, salvo il caso di
fornicazione, la rende adultera, e chiunque sposa la donna mandata via,
commette adulterio» (Mt 5, 27-32).
Ed ancora: «19Dal
cuore, infatti, vengono i cattivi pensieri, gli omicidi, gli adulteri, le
fornicazioni, i furti, le false testimonianze, le bestemmie. 20Queste
son le cose che contaminano l’uomo…»
E come commenta Pio XI, nell’Enciclica Casti
Connubi: «Queste parole di Cristo non possono andare annullate, neppure
per consenso del coniuge, giacché esse rappresentano la legge medesima di Dio e
della natura, che nessuna volontà umana può distruggere o modificare”, “E
nessuna consuetudine o pravo esempio e nessuna parvenza di progresso umano
potranno mai indebolire la forza di questo divino precetto. Perché come è
sempre il medesimo «Gesù Cristo ieri e oggi e nei secoli» (Eb 13, 8),
così è sempre identica la dottrina di Cristo, della quale non cadrà un punto
solo, sino a tanto che tutto sia adempito».
C’è poi il famoso episodio della
donna adultera a cui Cristo, dopo aver risposto ai farisei «Chi tra voi è
senza peccato, getti per primo contro di lei la pietra» (Gv 8, 7), dice «neppur
io ti condanno; va’ e d’ora innanzi non peccare più» (Gv 8, 11).
Sant’Agostino nell’omelia 33 su
questo passo è esaustivo, sia nell’evidenziare la misericordia di Gesù, sia
nell’anticipare chi vorrebbe trarre da quel “neppur io ti condanno” una interpretazione
di apertura all’adulterio, e di conseguenza alla fornicazione e agli atti
impuri, dimenticando il “Va’ e d’ora innanzi non peccare più”.
Il santo di Ippona, infatti, così
commenta: «Neppure io ti condanno. Come, Signore? Tu favorisci dunque
il peccato? Assolutamente no. Ascoltate ciò che segue: Va’ e d’ora innanzi
non peccare più (Gv 8, 10-11). Il Signore, quindi, condanna il peccato,
ma non l’uomo. Poiché se egli fosse fautore del peccato, direbbe: neppure io ti
condanno; va’, vivi come ti pare, sulla mia assoluzione potrai sempre contare;
qualunque sia il tuo peccato, io ti libererò da ogni pena della geenna e dalle
torture dell’inferno. Ma non disse così.». Specificando poi, a disdire
coloro che ricordano solo la misericordia di Dio, ma dimenticano la sua
giustizia: «A coloro dunque che sono in pericolo per disperazione, egli
offre il porto del perdono; per coloro che sono insidiati dalla falsa speranza
e si illudono con i rinvii, rende incerto il giorno della morte. Tu non sai
quale sarà l’ultimo giorno; sei un ingrato; perché non utilizzi il giorno che
oggi Dio ti dà per convertirti? E’ in questo senso che il Signore dice alla donna: Neppure
io ti condanno: non preoccuparti del passato, pensa al futuro. Neppure
io ti condanno: ho distrutto ciò che hai fatto, osserva quanto ti ho
comandato, così da ottenere quanto ti ho promesso».
In questo episodio, quindi, N.S.
Gesù Cristo ci fa capire cosa vuol dire “condannare il peccato e accogliere il
peccatore”.
Anche dopo l’ascensione al Cielo
di Cristo, l’insegnamento rimane invariato.
Negli Atti degli Apostoli infatti
si ribadisce il divieto alla fornicazione (At 15, 18-29 e At 21, 25), così come
farà ripetutamente San Paolo, che spesso viene tirato in ballo a casaccio.
Si ricordano su tutti alcuni
passi delle Lettere dell’Apostolo, dove si legge chiaro cosa egli pensasse di
adulterio e fornicazione, e di conseguenza di quale fosse l’uso da farsi della
sessualità. Anch’egli ricordando, tra l’altro, agli smemorati che Dio non è
solo buono (che sembrerebbe quasi non esistesse un Giudizio particolare per
ognuno di noi e tutti si salvino), ma è anche giusto.
Nella prima Lettera ai Corinzi,
San Paolo è diretto ed impossibile da mal interpretare.
«9O non sapete che
gente ingiusta non erediterà il regno di Dio? Non illudetevi; né fornicatori,
né idolatri, né adulteri; 10nè effeminati, né pederasti, né
ladri, né avari, né ubriaconi, né maldicenti, né rapaci erediteranno il regno
di Dio. 11E tale era qualcuno di voi; ma siete stati lavati,
siete stati santificati, siete stati giustificati nel nome del Signore Gesù
Cristo e nello Spirito Santo del Dio nostro. 12Tutto mi è
lecito, ma non tutto giova; tutto mi è lecito, ma non mi lascerò dominare da
cosa alcuna. 13I cibi sono pel ventre, e il ventre per i cibi;
ma Dio questo e quelli ridurrà a nulla. Ma il corpo non è per fornicazione,
bensì per il Signore, e il Signore per il corpo; 14e Dio come
risuscitò il Signore, risusciterà anche noi per il suo potere. 15Non
sapete che i nostri corpi sono membra di Cristo? or dunque le membra di Cristo
le farò membra d’una meretrice? non sia mai! 16O non sapete che
chi si unisce con una meretrice forma un corpo solo con lei? poiché saranno,
dice, due in una carne sola. 17Ma chi s’unisce al Signore forma
unico spirito con lui. 18Fuggite la fornicazione. Qualunque peccato
faccia l’uomo è fuori del corpo; ma il fornicatore commette un peccato rispetto
al proprio corpo. 19O non sapete che il corpo vostro è tempio
del Santo Spirito che è in voi, [Spirito] che avete da Dio? e non siete di voi
stessi, 20perché siete stati comprati a c» (1 Cr 6,
9-20).
Gli stessi concetti sono
ribaditi, sempre con chiarezza inequivocabile, in Col 3, 5 («5Mortificate
dunque le vostre membra terrene, cioè la fornicazione, l’impurità, la libidine,
la prava concupiscenza, e l’avarizia che è un’idolatria; 6per
le quali cose piomba l’ira di Dio sui figliuoli dell’incredulità») ed anche
in Eb 13, 4 («Siano onorate le nozze in tutto, e il talamo sia senza
macchia; gli impuri e gli adulteri Dio li giudicherà»).
Nel capitolo 4 della Lettera ai
Tessalonicesi fa un apologia della purità e della castità («3Poichè
questa è la volontà di Dio, la santificazione vostra; che v’asteniate dalla
fornicazione; 4che ciascuno di voi sappia tenere il proprio
corpo in santità e onestà» 1 Ts 4,3). Purità contrario di impurità. Impurità
uguale fornicazione. Purità contrario fornicazione. Volontà di Dio uguale
purità. Sembra chiaro.
Addirittura l’Apostolo in 1Cor
5,11 afferma che «con un siffatto (fornicatore tra gli altri, ndr) neppur
mangiare dovete» ed in Ef 5,3 che non si deve neanche nominare la parola
fornicazione.
E San Paolo esprime gli stessi
concetti in tanti altri passi delle sue Lettere: si vedano ad esempio, Ef 5,32;
in generale il capito 7 della prima Lettera ai Corinti (7,10; 7,39).
Questi passi da soli sono
esaustivi circa la realtà dell’insegnamento delle Sacre Scritture in tema si
matrimonio e sessualità.
Il Magistero della Chiesa
Cattolica, dunque, non ha fatto altro che adeguarsi a quanto insegnato da Gesù
e dall’AT, impegnandosi solo nella corretta interpretazione da dare ai vari
passi. Questo si riscontra senza tema di smentita nel Magistero bimillenario.
Limiterò la citazione dei testi, cercando di effettuare una cronologia fino ai
tempi nostri.
L’insegnamento della Chiesa
Il 6 marzo 1254, in una lettera
al vescovo di Firenze, Innocenzo IV scrive: «In ordine alla fornicazione che
un uomo libero commette con una donna libera, non si deve in alcun caso
dubitare che non sia peccato mortale, dato che l’apostolo afferma che sono esclusi
dal regno di Dio sia i fornicatori che gli adulteri» 18 (§ 14).
Si noterà l’aderenza di tale
affermazione a quanto insegnatoci da San Paolo in 1Cor 6,9.
Al Concilio di Firenze del 22
novembre 1439, nella Bolla sull’unione con gli armeni, Exsultate Deo,
dopo aver ricordato che «Settimo è il sacramento del matrimonio, simbolo
dell’unione di Cristo e della chiesa, secondo le parole dell’apostolo: “Questo
mistero è grande; lo dico in riferimento a Cristo e alla chiesa” [Ef 5,32]»,
si ribadisce quanto da sempre insegnato: «Triplice è lo scopo del
matrimonio: il primo consiste nell’accettare la prole e educarla al culto di
Dio; il secondo nella fedeltà, che un coniuge deve osservare nei confronti dell’altro;
il terzo nella indissolubilità del matrimonio, perché essa significa l’unione
indissolubile di Cristo e della chiesa. Infatti, sebbene a causa dell’infedeltà
sia permesso un regime di separazione, non è lecito, però, contrarre un altro
matrimonio, poiché il vincolo del matrimonio legittimamente contratto è
perpetuo».
Il concetto di fedeltà è
ovviamente l’estremo opposto dell’adulterio e della fornicazione, così che il
Concilio di Firenze, elevandola a scopo fondamentale del Matrimonio, condanna
chiaramente i suoi opposti. E così vediamo che anche l’indissolubilità del
Matrimonio cristiano è mantenuto identico a come insegnato da Cristo e nell’AT.
L’11 novembre 1563 il Concilio di
Trento (Dottrina e canoni sul matrimonio), con Papa Pio IV, aveva chiarito che
«Se qualcuno dirà che il matrimonio non è in senso vero e proprio uno dei
sette sacramenti della legge evangelica, istituito da Cristo, ma che è stato
inventato dagli uomini nella chiesa, e non conferisce la grazia, sia anatema»
(Can. 1) e «Se qualcuno dirà che la chiesa sbaglia quando ha insegnato e insegna,
secondo la dottrina del Vangelo e degli apostoli, che il vincolo del matrimonio
non può essere sciolto per l’adulterio di uno dei coniugi; che nessuno dei due,
nemmeno l’innocente, che non ha dato motivo all’adulterio, può contrarre un
altro matrimonio, vivente l’altro coniuge; che commette adulterio il marito
che, cacciata l’adultera, ne sposi un’altra, e la moglie che, cacciato l’adultero,
ne sposi un altro, sia anatema» (Can. 7).
Il Concilio di Trento tra l’altro
ratifica anche l’unica possibilità di allontanamento dei coniugi, la
separazione, che è anche l’unica che non intacca l’indissolubilità del
Matrimonio, quando, al Canone 8 ammonisce: «Se qualcuno dirà che la chiesa
sbaglia quando dichiara che, per molte cause, si può dare separazione di letto
e di mensa tra i coniugi, a tempo determinato o indeterminato, sia anatema».
Sulla falsariga di quanto finora
evidenziato, anche le 65 proposizioni condannate nel decreto del S. Uffizio del
2 marzo 1679, nel condannare le proposizioni n. 48 («Sembra molto chiaro che
la fornicazione in se stessa non coinvolge nessuna malizia, e che è cattiva
soltanto perché proibita, tanto che il contrario sembra completamente
discordante dalla ragione») e n. 50 («Un rapporto sessuale con una donna
sposata quando il marito è consenziente, non è adulterio; per cui è sufficiente
dire nella confessione di avere fornicato») ribadiscono il divieto dei
suddetti comportamenti e l’aderenza al perenne insegnamento.
Continuando in questo nostro
veloce excursus ed arrivando ai giorni nostri, troviamo l’Enciclica
di Pio XI Casti Connubi del 31 dicembre 1930, pietra miliare
del Magistero in materia di Matrimonio.
Pio XI, con fermezza, insegnava:
«Resti anzitutto stabilito questo inconcusso e inviolabile fondamento: che
il matrimonio non fu istituito né restaurato da uomini, ma da Dio; non dagli
uomini, ma dallo stesso Dio, e da Gesù Cristo redentore della medesima natura
fu presidiato di leggi e confermato e nobilitato: le quali leggi perciò non
possono andar soggette ad alcun giudizio umano e ad alcuna contraria
convenzione nemmeno degli stessi coniugi»
Non era l’unica volta in cui Pio
XI si sarebbe espresso, direttamente o meno, sulle cose inerenti i rapporti tra
uomo e donna.
Nell’Enciclica Quadragesimo
anno del 15 maggio 1931, infatti, spiegava: «Del resto la cristiana
dottrina insegna, e la cosa è certissima anche al lume naturale della ragione,
che gli stessi uomini privati non hanno altro dominio sulle membra del proprio
corpo, se non quello che spetta al loro fine naturale e che non possono
distruggerle o mutilarle o per altro modo rendersi inetti alle funzioni
naturali, se non nel caso in cui non si può provvedere per altra via al bene di
tutto il corpo».
E qualche anno dopo, il 19 marzo
1937, nell’Enciclica Divini Redemptoris: «Inoltre, come il
matrimonio e il diritto all’uso naturale di esso sono di origine divina, così
anche la costituzione e le prerogative fondamentali della famiglia sono state
determinate e fissate dal Creatore stesso, non dall’arbitrio umano né da
fattori economici …».
Arriviamo così ad un’altra pietra
miliare, come è l’Enciclica Humanae vitae di Paolo
VI (25 luglio 1968). Il Papa qui, tra le altre cose, conferma l’indissolubilità
del Matrimonio: «È ancora amore fedele ed esclusivo fino alla morte. Così
infatti lo concepiscono lo sposo e la sposa nel giorno in cui assumono
liberamente e in piena consapevolezza l’impegno del vincolo matrimoniale.
Fedeltà che può talvolta essere difficile, ma che sia sempre possibile, e sempre
nobile e meritoria, nessuno lo può negare».
L’insegnamento che si deduce da
duemila e passa anni di Cristianesimo è che «la sessualità si esercita
veramente in maniera umana solo come parte costitutiva dell’amore con cui uomo
e donna si legano l’un all’altra fino alla morte» (Denzinger). E su questa
linea, integralmente, rimane Giovanni Paolo II.
Nell’altra pietra miliare dello
scorso secolo, l’Esortazione apostolica Familiaris consortio del
22 novembre 1981, infatti, il Papa polacco così si esprime: «21. Di
conseguenza la sessualità, mediante la quale l’uomo e la donna si donano l’uno
all’altra con gli atti propri ed esclusivi degli sposi, non è affatto qualcosa
di puramente biologico, ma riguarda l’intimo nucleo della persona umana come
tale. Essa si realizza in modo veramente umano, solo se è parte integrale dell’amore
con cui l’uomo e la donna si impegnano totalmente l’uno verso l’altra fino alla
morte. … La donazione fisica totale sarebbe menzogna, se non fosse segno e
frutto della donazione personale totale, nella quale tutta la persona, anche
nella sua dimensione temporale, è presente si riservasse qualcosa o la
possibilità di decidere altrimenti per il futuro, già per questo essa non si
donerebbe totalmente».
Paolo VI e Giovanni Paolo II
puntano molto, come altri documenti precedentemente citati, sul concetto di
fedeltà, che contrasta con l’adulterio e la fornicazione, che sono infatti
tendenti alla promiscuità e ad un uso distorto della sessualità, rispetto al
fine che Dio ha pensato per la stessa.
Il Catechismo della Chiesa
Il Magistero della Chiesa
Cattolica si è espresso anche tramite i Catechismi, ovviamente.
Partiamo dal Catechismo
tridentino, per decreto del Concilio di Trento, Pio V, 1563.
Circa il Matrimonio, questo
Catechismo si accoda alla Tradizione e insiste sulla sua indissolubilità,
ricordando che questa è stata confermata da Gesù.
«294 Sempre con le parole di
Cristo è facile provare che il vincolo matrimoniale non può essere spezzato da
nessun divorzio». Riportandosi a Lc 16,18, insegna che «Il vincolo
coniugale dunque può essere spezzato solo dalla morte. Anche l’Apostolo lo
afferma, quando scrive: “La moglie legata alla legge, finché il marito vive;
quando questi sia morto, essa è affrancata dalla legge e può sposare chi vuole,
nel Signore” (1 Cor 7,39)».
Anche i continui richiami
effettuati, con evidente aderenza alla Tradizione, mai deviando un concetto, una
certezza di continuità di insegnamento sui concetti in oggetto. Il Catechismo
tridentino, infatti, ricorda anche che l’Apostolo in 1 Cor 7,10 ribadisce che «Non
io, ma il Signore comanda a coloro che sono uniti in Matrimonio: “La moglie non
si allontani dal marito; qualora se ne allontani, non si risposi, o cerchi di
riconciliarsi con il proprio marito”».
Si arriva anche a spiegare l’atteggiamento
da tenere per un cattolico dinanzi ad una situazione estremamente complicata,
così anticipando di secoli (o forse c’erano già a quei tempi determinate
eccezioni) chi, con la solita tecnica dell’eccezione a base della
contestazione, chiede cosa dovrebbe fare una donna che viene picchiata, una
donna che ha il marito che la tradisce sistematicamente, ecc… tra l’altro
sempre nello schema (mai provato come unico) uomo=cattivo donna=vittima.
«L’Apostolo lascia così alla
moglie, che per una ragionevole causa abbandoni il marito, questa alternativa:
che rimanga senza marito o si riconcili con lui. Né la Chiesa consente agli
sposi di allontanarsi l’uno dall’altro senza gravissimi motivi».
Anche nella spiegazione del sesto
comandamento “Non commettere atti impuri” il Catechismo “di Pio V” continua ad
esporre quel che è stato insegnato da Cristo.
«333 Se il vincolo tra marito
e moglie è il più stretto che esista e nulla può essere loro più dolce che il
sentirsi vicendevolmente stretti da un affetto speciale, nulla, al contrario,
può capitare a uno di essi di più amaro che sentire il legittimo amore del
coniuge rivolgersi altrove. Ragionevolmente, perciò, alla Legge che garantisce
la vita umana dall’omicidio segue quella che vieta la fornicazione o l’adulterio,
affinché nessuno tenti di contaminare o spezzare quella santa e veneranda
unione matrimoniale, dalla quale suole scaturire così ardente fuoco di carità.
… Esso ha due parti: una che vieta apertamente l’adulterio; l’altra, più
generale, che impone la castità dell’anima e del corpo».
Al canone 334 definisce l’adulterio
«violazione del legittimo letto, proprio o altrui», specificando «Se
un marito ha rapporti carnali con donna non coniugata, viola il proprio vincolo
matrimoniale; se un individuo non coniugato ha rapporti con donna maritata, è
contaminato dal delitto di adulterio il vincolo altrui».
Anche qui c’è una perfetta
aderenza alla Tradizione, con un effluvio di citazioni di testi dell’AT e del
NT, alcuni dei quali abbiamo commentato sopra (Gn 38,24; Dt 23,17; Tb 4,13; Sir
41,25; Mt 5,27; Mt 15,19; 1 Ts 4,3; 1 Cor 6,18; 1 Cor 5,9; Ef 5,3; 1 Cor 6,9).
Il Catechismo tridentino va
oltre, sviscera anche l’impatto sociale di tali deviazioni, quando afferma che
«L’adulterio è stato espressamente menzionato nel divieto, perché alla
sconcezza che riveste in comune con tutte le altre forme di incontinenza,
accoppia un peccato di ingiustizia verso il prossimo e la società civile».
Passando al Catechismo San Pio X
(Breve), il canone 201 riporta che «Il sesto comandamento: Non commettere
atti impuri ci proibisce ogni impurità; perciò le azioni, le parola, gli
sguardi, i libri, le immagini, gli spettacoli immorali».
Nel Dragone, nota spiegazione al
suddetto Catechismo, ci viene evidenziato che «cercare fuori dal matrimonio
i piaceri connessi agli atti dai quali sorge la vita è contro la legge divina e
naturale» con tutte le ripercussioni che si possono subire sul «santuario
della società familiare, fondata sul matrimonio». Sono proibiti sia gli
atti impuri esteriori, che quelli interiori dal nono comandamento.
Sempre nel Dragone, nella
spiegazione al sesto comandamento, viene evidenziata la gravità dei peccati
impuri: «La gravità del castigo (Sodoma e Gomorra per i loro vizi
innominabili, ndr) indica la gravità del peccato. … Il peccato impuro
contamina anche il corpo, che è tempio dello Spirito Santo, membro del corpo
mistico di Cristo, e rende vano il fine per cui Dio ha creato i due sessi. …
Quanto alla materia, il peccato impuro è sempre grave; se non vi è piena avvertenza
o tutto il consenso può essere leggero».
La Tradizione della Fede
Cattolica, inoltre, è precisa anche nelle distinzioni da effettuare tra le
varie situazioni. Infatti la suddetta spiegazione al canone 201 precisa che «il
peccato non consiste nel conoscere, e neppure nel sentire l’attrattiva per il
male, ma nel volerlo. Non è peccato conoscere a tempo e luogo (p. es. prima del
matrimonio) certi misteri delicati della vita, non è peccato neppure essere
contenti di conoscerli, ma è peccato essere contenti e godere delle azioni
cattive. Non è peccato sentire tentazioni contrarie alla purezza, quando non si
siano volute e cercate, ma è peccato acconsentirvi».
Questo concetto è ribadito anche
nel commento al nono comandamento, da sempre collegato con il sesto: il nono si
“occupa” dei peccati impuri interni (pensieri e desideri), mentre il sesto di
quelli esterni. La matrice comunque è sempre la stessa: «Il peccato è un
atto della volontà che trasgredisce liberamente e consapevolmente la legge
divina»
San Pio X, nel suo Catechismo
breve, al canone 202 poi, ci spiega che «Il sesto comandamento ci ordina di
essere “santi nel corpo”, portando il massimo rispetto alla propria e altrui
persona, come opere di Dio e templi dove Egli abita con la presenza e con la
grazia», tornando alla motivazione principale di questo divieto così
assoluto presente dall’AT ad oggi: «Proibendo gli atti impuri esteriori, il
sesto comandamento ordina la santità esterna del corpo. Ogni peccato impuro
esteriore è una profanazione della propria o anche dell’altrui persona, che è
sacra e merita il massimo rispetto…» (Dragone). I corpi sono «come opere
di Dio e templi dove Egli abita con la presenza e con la grazia» e, ad
essere coerenti con il nostro dirci cattolici, non si può non asserire la
totale santità del nostro corpo, dato che lo stesso «Col Battesimo (…) è
diventato membro visibile del corpo mistico di Cristo. Per questo San Paolo ci
esorta: Glorificate e portate Dio nel vostro corpo (1 Cr 6,
20) e ci ammonisce:Non sapete che le vostre membra sono tempio dello Spirito
Santo (1 Cr 19)».
Venendo in ultima battuta al
Catechismo della Chiesa Cattolica, questo ci dà la definizione di adulterio e
fornicazione, così riportandoci nuovamente e direttamente a Cristo.
«L’adulterio. Questa parola
designa l’infedeltà coniugale. Quando due persone, di cui almeno una è sposata,
intrecciano tra loro una relazione sessuale, anche episodica, commettono
adulterio. Cristo condanna l’adulterio anche se consumato con il semplice desiderio
(Cf. Mt 5, 27-28 sopra commentato). Il sesto comandamento e il Nuovo Testamento
proibiscono l’adulterio in modo assoluto. I profeti ne denunciano la gravità.
Nell’adulterio essi vedono simboleggiato il peccato di idolatria (Can. 2380)».
I canoni successivi spiegano che
«L’adulterio è un’ingiustizia» (can. 2381), ricordando che il vincolo matrimoniale
è segno dell’Alleanza e l’adulterio, che poi ha come conseguenza il divorzio, «lede
il diritto dell’altro coniuge e attenta all’istituto del matrimonio».
«La fornicazione è l’unione
carnale tra un uomo e una donna liberi, al di fuori del matrimonio. Essa è
gravemente contraria alla dignità delle persone e della sessualità umana
naturalmente ordinata sia al bene degli sposi, sia alla generazione e all’educazione
dei figli. Inoltre è un grave scandalo quando vi sia corruzione dei giovani»
(can. 2353).
Il Catechismo della Chiesa
Cattolica, al canone 1756, poi ci mette sull’avviso. Non si può sminuire
millenni di insegnamento, pensando che la fornicazione “una tantum” non sia
grave, quasi come se fosse la quantità di peccati a fare la gravità e non il
tipo di peccato.
«Ci sono atti che per se
stessi e in se stessi, indipendentemente dalle circostanze e dalle intenzioni,
sono sempre gravemente illeciti a motivo del loro oggetto; tali la bestemmia e
lo spergiuro, l’omicidio e l’adulterio» (can. 1756).
Sembra utile ricordare con San
Tommaso d’Aquino che «Quando la volontà si orienta verso una cosa di per sé
contraria alla carità, dalla quale siamo ordinati al fine ultimo, il peccato,
per il suo stesso oggetto, ha di che essere mortale […] tanto se è contro l’amore
di Dio, come la bestemmia, lo spergiuro, ecc…, quanto se è contro l’amore del
prossimo, come l’omicidio, l’adulterio, ecc…[…] Invece, quando la volontà del
peccatore si volge a una cosa che ha in sé un disordine, ma tuttavia non va
contro l’amore di Dio e del prossimo – è il caso di parole oziose, di riso
inopportuno, ecc. –, tali peccati sono veniali» (San Tommaso D’Aquino, Summa
theologiae, I-II, q. 88, a. 2, c).
Alla luce della ricerca appena
esposta appare di evidenza incontestabile che il cattolico, per dirsi coerentemente
tale, non può in alcun modo non tenere conto dei precetti e degli insegnamenti
della Chiesa Cattolica in materia di matrimonio e sessualità.
Men che meno un cattolico deve
cadere nell’errore di un’interpretazione personale delle Sacre Scritture, non seguendo
quella data dalla Chiesa Cattolica (errore condannato espressamente), correndo
così il rischio di “protestantizzarsi” e cercare interpretazioni più aperte o
affermare la non integrale aderenza dell’insegnamento della Chiesa ai testi
sacri, né, ancora peggio, pensare di poter far credere che Cristo abbia
tollerato adulterio e fornicazione.
Ultima considerazione è che la
Chiesa in questa materia non è affatto retrograda, come si sente dire da molti,
in ossequio al pensiero del mondo. Ella anzi è aderente al diritto naturale e a
quello che è l’unico e convincente modo di intendere certi argomenti e di usare
certe “funzioni” del nostro corpo, senza trasformarli in carne senza valore.
Il rimedio della castità
pre-matrimoniale, ma anche, intesa in altro modo, all’interno del matrimonio, è
la risposta più giusta alla questione in oggetto, e, soprattutto, ai giorni nostri,
anche la più coraggiosa.
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