Già in
altre occasioni, abbiamo avuto modo di presentare, giustapponendolo, il
sacrificio dei SS. Tommaso Moro e Giovanni Fisher, alle determinazioni sinodali
che si profilavano (v. qui e qui). Oggi, quel che si diceva in riferimento ai
due Sinodi sulla famiglia del 2014 e del 2015 può ripetersi con riguardo all’esortazione
post-sinodale Amoris laetitia. Oggi, probabilmente, nell’ottica della misericordiosa
economia matrimoniale, quel sacrificio sarebbe visto quasi un’offesa ed un’opera
non dettata da … misericordia … . Probabilmente sarebbero, oggi, i due Santi
martiri a doversi scusare con Enrico VIII e la Bolena, per non aver considerato
le loro esigenze coniugali, così come, probabilmente, quelli a dover essere
scomunicati sarebbero stati – oggi – i due Santi e non il vizioso re e la sua
concubina, che il sovrano volle fare sua sposa contravvenendo alle leggi di Dio
e della Chiesa. Tempi e mentalità che cambiano. Forse. Ma Dio e la sua Legge
non cambiano né possono essere cambiate per intervento umano, sebbene compiuto
in alto loco per compiacere il mondo.
Pensieri
divergenti. Il divorzio secondo San Tommaso Moro e secondo Bergoglio
“Di generazione in generazione la sua
misericordia per quelli che lo temono” (Luca, I, 50)
di Piero Vassallo
Legittima moglie del re inglese Enrico VIII (1491-1547) era Caterina
d’Aragona (1485 – 1536), donna purtroppo inabile a generare un figlio maschio.
Caterina fu tuttavia regina d’alto profilo spirituale, e sagace allieva e
interprete della dottrina di San Tommaso Moro (1478 – 1535).
Malauguratamente Enrico, che in gioventù aveva dimostrato una illuminata
fedeltà alla Santa Sede, rovesciò la sua intelligenza nella disonesta e
sfrenata passione per la cortigiana Anna Bolena, alla quale si legò con un rito
invalido, celebrato da un vescovo eretico e codardo.
Papa Clemente VII, che un tempo stimava il re inglese, nel 1536, a
malincuore, fu costretto a scomunicare il bigamo che, per ripicca, indirizzò la
Chiesa d’Inghilterra all’infelice e sterile cammino dello scisma e della feroce
inimicizia nei confronti dei cattolici.
Il cammino dell’eresia fu tracciato dal delirante Atto di supremazia, che proclamava il re inglese capo
supremo – dopo Cristo – della Chiesa d’Inghilterra.
La tracotanza del re conquistò il cuore dei pavidi e dei pusilli, ma
allontanò dall’infetta corte gli uomini d’alto intelletto e di nobile sentire.
In prima linea fra i dissenzienti al monarca eretico e stragista, fu il
filosofo e cancelliere Tommaso Moro, che conosceva il carattere suscettibile e
iroso del suo re.
Moro agì con somma cautela, tuttavia non poté disobbedire alla sua
coscienza e conservare una carica che contemplava l’approvazione del
comportamento del re scomunicato.
L’implacabile, fumante superbia dell’infettato re si rovesciò allora contro
l’irriducibile cancelliere.
Il risentimento del re (vero padre – insieme con Lutero – del furore anti
cattolico) si manifestò il 13 maggio del 1534, allorché Tommaso Moro,
processato da un canagliesco tribunale, insieme con il cardinale refrattario
John Fisher (1469-1535) rifiutò di riconoscere la validità del divorzio e del
successivo matrimonio del re con la chiacchierata Bolena.
Moro e Fisher ascoltarono impassibili la condanna a morte decretata dalla
follia di un re intossicato dalle spirochete, e salirono sul patibolo piuttosto
che rinnegare la sacralità del matrimonio indissolubile.
Nel 1936, papa Pio XI ha solennemente riconosciuta la virtù eroica dei
martiri Tommaso Moro e Giovanni Fisher, testimoni del Vangelo di Nostro
Signore.
Mentre sputo allegramente in faccia alla (pseudo) legge divorzista in
disgraziato vigore, mi domando quale sia la ragione della sentenza vaticana che
permette l’accesso alla Mensa eucaristica di persone viventi fuori dalla legge
stabilita da Nostro Signore.
Come posso pregare i santi Moro e Fisher quando la loro resistenza al male
divorzista è destabilizzata e quasi ridicolizzata dai ragionamenti (o
arzigogoli) di un’autorità galoppante nelle prateria del buonismo o arrampicata
sulle viscide colonne del quotidiano Repubblica? Non
rimane che pregare i santi e sospendere il giudizio su Bergoglio o dimenticare
la materia del contendere e tirare dritto.
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