La storia di questo
glorioso discepolo di sant’Ignazio di Loyola è intimamente legata a quella
della controriforma cattolica in Germania di fronte ai novatori protestanti;
ciò è così vero che Canisio fu salutato come nuovo apostolo della Germania e
martello dell’eresia (e degli eretici), Malleus hæreticorum. Di
fatto, incrollabile fu l’energia spiegata dal Santo per la difesa della fede
durante i quaranta anni del suo apostolato, dove non risparmiò né lavori né
sofferenze per il bene della Chiesa. Due volte prese parte al Concilio di
Trento; tenne un numero incredibile di predicazioni e di missioni, non solo
davanti ai semplici fedeli ma anche nelle diverse corti principesche; scrisse
molti lavori di carattere teologico, polemico e catechetico: ciò gli valse di
ricevere da Pio XI il titolo di dottore della Chiesa, che gli fu conferito – ed
è in ciò che fu l’oggetto di un privilegio – al momento stesso della sua
canonizzazione a San Pietro.
Scrisse, in
risposta alle luterane Centurie di Magdeburgo, due eccellenti
volumi che, più tardi, grazie all’intervento di san Filippo Neri, furono
seguiti da quelli di Baronio sugli Annali Ecclesiastici. Il Catechismo di
Canisio, adottato da san Carlo Borromeo per la sua diocesi milanese, rimase per
lunghi anni il manuale ufficiale per l’insegnamento della dottrina cristiana, e
la sua popolarità in Italia fu superata appena dal catechismo del Bellarmino.
San Pietro Canisio
morì il 21 dicembre 1597 e Pio XI lo canonizzò nel 1925 e lo proclamò dottore
della Chiesa. La sua festa fu istituita nel 1926 come doppia.
La messa è quella
del Comune dei Dottori, come per la festa di san Francesco di Sales, il 29
gennaio, ma la prima colletta è propria.
La Roma cristiana
ha dedicato una chiesa al nostro Santo (San Pietro Canisio agli Orti
Sallustiani) nel rione Trevi annessa al Collegium Germanicum et
Hungaricum. Fu consacrata nel 1949.
La Chiesa loda, in
san Pietro Canisio, non solo la sapienza, ma anche la forza eroica per aver
sostenuto il dogma cattolico contro le violenze e le insidie dei protestanti. A
questo riguardo, Canisio può essere paragonato a san Giovanni Crisostomo, a san
Giovanni Damasceno, a quegli antichi Dottori che hanno non soltanto insegnato,
ma anche sofferto tanto per la fede. In effetti, le fatiche e le prove
sopportate dal nostro santo apostolo per conservare alla Germania questo tesoro
di fede cattolica, che san Bonifacio un tempo aveva consacrato col suo sangue,
sono incredibili. Che il lauro del dottore cinga la fronte, dunque, di san
Pietro Canisio; ma a questo alloro la liturgia aggiunge anche il merito, il martirio,
di una vita missionaria di quasi otto lustri in un paese ostile alla fede
cattolica, azione missionaria che giustifica per Canisio il glorioso soprannome
di martello del Luteranesimo.
Oh quanto era
autentico lo spirito dei gesuiti a quel tempo: uno spirito che è stato tradito
dai membri di quel glorioso ordine e che vedrebbe addirittura chi ne farebbe
parte a celebrare il quinto centenario dell’empia eresia e disobbedienza di
Lutero, a riprova dell’allontanamento dalla vera fede, dell’apostasia oggi imperante e che simili iniziative non sono in alcun modo cattoliche ed ascrivibili alla Chiesa cattolica.
Dominikus Custos, litografia di S. Pietro Canisio, 1600 |
Paolo Guglielmi, da un disegno del Gagliardi, S. Pietro Canisio in contemplazione della Vergine, 1870 circa, collezione privata |
Bernard Maria Jechel, S. Pietro Canisio e S. Stanislao Kostka, 1870 circa, collezione privata |
Anonimo, S. Pietro Canisio, 1699, Schilderijencollectie Rijksmuseum, L’Aja |
Tomba di S. Pietro Canisio, Chiesa di S. Michele, Collegio di S. Michele, Fruburgo |
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