martedì 17 maggio 2016

17 maggio. Giornata mondiale "contro l’omofobia". Il nostro contributo cattolico.

Il 17 maggio ricorre la giornata mondiale contro la c.d. omofobia. Ebbene, anche noi non possiamo esimerci di dare il nostro contributo, facendo nostro quello di Riscossa cristiana, invocando il patrocinio, tra i Santi, in special modo di S. Pier Damiani.

17 maggio. Giornata mondiale contro l’omofobia. Il contributo di Riscossa Cristiana

di Paolo Deotto – direttore di Riscossa Cristiana

Vivamente partecipi di questa giornata mondiale contro l’omofobia, vogliamo anche noi dare il nostro contributo a questa importante iniziativa, con la pubblicazione di due interessanti documenti, scelti tra i molti in cui la Chiesa, un tempo, parlava di peccato. Ne parlava perché, essendo misericordiosa sul serio, voleva salvare le anime.

John Martin, La distruzione di Sodoma, 1852, Laing Art Gallery, Newcastle upon Tyne

Il Concilio Ecumenico Lateranense III, tenutosi nel 1179, al canone 11 stabilì che: “chiunque venga sorpreso a commettere quel peccato che è contro natura e a causa del quale “la collera di Dio piombò sui figli della disobbedienza (Ef. 5,6), se è chierico, venga decaduto dal suo stato e venga rinchiuso in un monastero a far penitenza; se è laico, venga scomunicato e rigorosamente tenuto lontano dalla comunità dei fedeli (Conciliorum oecumenicorum collectio, vol. XXII, coll. 224 ss.).

San Pio V, il grande Papa domenicano, in due Costituzioni condannò solennemente e proibì severamente il peccato contro natura ovvero l’omosessualità. “Avendo noi rivolto il nostro animo a rimuovere tutto quanto può offendere in qualche modo la divina maestà, abbiamo stabilito di punire innanzitutto e senza indugi quelle cose che, sia con l’autorità delle Sacre Scritture che con gravissimi esempi, risultano essere spiacenti a Dio più di ogni altro e che lo spingono all’ira: ossia la trascuratezza del culto divino, la rovinosa simonia, il crimine della bestemmia e l’esecrabile vizio libidinoso contro natura; colpe per le quali i popoli e le nazioni vengono flagellati da Dio, a giusta condanna, con sciagure, guerre, fame e pestilenze. (…) Sappiano i magistrati che, se anche dopo questa nostra Costituzione saranno negligenti nel punire questi delitti, ne saranno colpevoli al cospetto del giudizio divino, e incorreranno anche nella nostra indignazione. (…) Se qualcuno compirà quel nefando crimine contro natura, per colpa del quale l’ira divina piombò sui figli dell’iniquità, verrà consegnato per punizione al braccio secolare, e se chierico, verrà sottoposto ad analoga pena dopo essere stato privato di ogni grado”. (San Pio V, Costituzione Cum primum, del 1° aprile 1566, in Bullarium Romanum, t. IV, c. II, pp. 284-286).
E ancora: “Quell’orrendo crimine, per colpa del quale le città corrotte e oscene [di Sodoma e Gomorra] vennero bruciate dalla divina condanna, marchia di acerbissimo dolore e scuote fortemente il nostro animo, spingendoci a reprimere tale crimine col massimo zelo possibile. A buon diritto il Concilio Lateranense V (1512-1517) stabilisce che qualunque membro del clero, che sia stato sorpreso in quel vizio contro natura per via del quale l’ira divina cadde sui figli dell’empietà venga allontanato dall’ordine clericale, oppure venga costretto a far penitenza in un monastero (c. 4, X, V, 31). Affinché il contagio di un così grave flagello non progredisca con maggior audacia approfittandosi di quell’impunità che è il massimo incitamento al peccato e, per castigare più severamente i chierici colpevoli di questo nefasto crimine che non sono atterriti dallamorte dell’anima, abbiamo deciso che vengano atterriti dall’autorità secolare, vindice della legge civile. Pertanto, volendo proseguire con maggior vigore quanto abbiamo decretato fin dal principio del Nostro Pontificato (Costituzione Cum primum, cit.) stabiliamo che qualunque sacerdote o membro del clero sia secolare che regolare, di qualunque grado e dignità, che pratichi un così orribile crimine, in forza della presente legge venga privato di ogni privilegio clericale, di ogni incarico, dignità e beneficio ecclesiastico, e poi, una volta degradato dal Giudice ecclesiastico, venga subito consegnato all’autorità secolare, affinché lo destini a quel supplizio, previsto dalla legge come opportuna punizione, che colpisce i laici scivolati in questo abisso (San Pio V, Costituzione Horrendum illud scelus, del 30 agosto 1568, in Bullarium Romanum, t. IV, c. III, p. 33).

Ciò detto, auguriamo agli omosessuali di liberarsi al più presto dal laccio del loro orrendo vizio.
Come utile pro-memoria, riportiamo questa frase di Tuco (il “brutto” nel film “Il buono, il brutto e il cattivo” di Sergio Leone). Si parla, appunto, di lacci. E quale laccio è più stretto di quello del vizio?
Quando si mette a stringere, tu senti già il diavolo che ti morde le chiappe”.
Memento mori. Poi è troppo tardi per ripensarci.

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