Rilanciamo, con lievi modifiche ed integrazioni, un bell'elogio di San Gregorio VII, che abbiamo reperito sul profilo Facebook di Radiospada e che tesse le lodi delle prerogative del sacerdozio cattolico e della potestà papale per divina disposizione.
Matteo Rosselli, Matilde di Canossa riaccompagna il Papa a Roma, 1618 circa, Sala delle udienze di Maria Maddalena d'Austria, Villa Medicea del Poggio Imperiale |
Gianlorenzo Bernini, Enrico IV si umilia dinanzi a S. Gregorio VII a Canossa, Tomba di Matilde di Canossa detta Onore e Gloria d'Italia, 1645 circa, Basilica di san Pietro, Città del Vaticano, Roma |
È sacrosanto ricordare San Gregorio VII, papa,
acerrimo difensore delle prerogative e della libertà della Santa Sede nei confronti
delle ingerenze degli imperatori di Germania.
Fu collaboratore dello sfortunato Gregorio VI e
dei grandi papi “riformatori” di quel periodo, San Leone IX, Vittore II,
Stefano IX dei Conti di Lorena, Niccolò II, Alessandro II.
contro le gravi ingerenze dell’incostante e
feroce Enrico IV nelle investiture ecclesiastiche, fu costretto ad usare la
pienezza del potere papale deponendolo dalla carica imperiale.
Ritornato imperatore dopo la penitenza di
Canossa, Enrico continuò a perseguitare il Santo Papa, costringendolo infine a
Salerno dove morì nel 1085.
Se Innocenzo III, Innocenzo IV e Bonifacio VIII
sono la triplice cuspide del Pontificato medievale, San Gregorio è l’aureo basamento
di questa cuspide.
La sua deposizione dell’imperatore non è un
fatto meramente politico e storicizzabile, ma è una prerogativa intrinseca e
permanente del papato (anche se non esercitata).
Come l’ottimo padre Vincent Davin scriveva nella
sua Vita di San Gregorio VII nel 1863: “Forse l’indipendenza della regalità
accanto all’indipendenza del Sacerdozio ? Ma ciò è il manicheismo sociale, è
una duplice divinità che porta un caos peggiore che se non ve n’avesse alcuna.
Datemi dei preti senza corpo, dei re senz’anima e bisognerà trovare dei sudditi
così partiti: in tal caso io m’acquieterò” (Vincent
Davin, San Gregorio Settimo, trad. it. (a cura di) Michele Bongini – Emilio Babbini,
Federico Bencini Ed., Firenze, 1863, p. 251)
Quando in Messico si immolavano agli inizi del
cinquecento più di ventimila vittime umane all’anno, il papato non poteva che
rimettere nelle mani di Fernand Cortes la bandiera della croce e dirgli: “piantala
nel mezzo di quell’inferno, a qualunque costo [quei regni hanno perso il
diritto di governarsi]” (ibidem, p. 248). Quel che Gregorio VII fece in Germania
per mezzo delle leggi divine ed umane, lo poteva fare anche altrove per mezzo
delle sole leggi divine. San Pio V lo potrà fare contro la scismatica Elisabetta
d’Inghilterra ed il beato Pio IX lo poté in Francia come in Messico, nella Svezia
protestante come nella Cina barbara (ibidem, pp. 258-259). Sono i
diritti eterni del sacerdozio, le prerogative costituzionali ed inalienabili
della Chiesa (ibidem, p. 259)!
A tutti coloro che non lo amano e non l’amarono,
a causa di ciò che egli ricorda, a tutti coloro che lo criticano, a tutti i
suoi detrattori, ai cattolici ghibellini o guelfi timidi, dal suo gloriosissimo
trono in paradiso san Gregorio VII può lecitamente dire “ci rivedremo a Canossa!”.
Sarà la “Canossa celeste” del giudizio finale od
una più terrena?
Solo Dio lo sa.
Fonte: Radio spada, 25.5.2015
Nessun commento:
Posta un commento