Attingiamo
questo salutare pensiero sul lavoro da un nostro amico ed affezionato giovane
lettore:
Il lavoro
umano è necessità ed è una conseguenza del peccato originale. Dio infatti
pronunziando la sentenza contro Adamo disse: « [...] maledetto sia il suolo per
causa tua! Con dolore ne trarrai il cibo per tutti i giorni della tua vita.
[...] Con il sudore del tuo volto mangerai il pane; finché tornerai alla terra
[...]» (Gen. III, 17). Lo stesso Gesù Cristo volle lavorare nella bottega di San Giuseppe,
suo padre putativo, e fu non disdegnò affatto di essere chiamato «figlio del
carpentiere» (Matth. XIII, 55): il Verbo infatti «annichilò se stesso,
assumendo la condizione di schiavo divenendo simile agli uomini» (Phil. II, 7),
«in ogni cosa, escluso il peccato» (Heb. IV, 15). Pure Nostra Signora lavorava
(in casa, s’intende!) e così gli Apostoli e i discepoli vivevano del loro
lavoro. Questo perché pur essendo una punizione il lavoro può essere, fonte di
nobilitazione e soprattutto di santificazione se esso vien fatto in Cristo e
per Cristo, come raccomanda l’Apostolo nell’Epistola della odierna festa: «Qualunque
lavoro facciate, lavorate di buon animo, come chi opera per il Signore e non
per gli uomini» (Col. III, 23).
La voce del Vicario di Cristo per l'odierna festa:
Poniamo la grande azione della Chiesa Cattolica contro il comunismo ateo mondiale sotto l’egida del potente Protettore della Chiesa, San Giuseppe. Egli appartiene alla classe operaia ed ha sperimentato il peso della povertà, per sé e per la Sacra Famiglia, di cui era il capo vigile ed affettuoso; a lui fu affidato il Fanciullo divino, quando Erode sguinzagliò contro di Lui i suoi sicari. Con una vita di fedelissimo adempimento del dovere quotidiano, ha lasciato un esempio a tutti quelli che devono guadagnarsi il pane col lavoro delle loro mani e meritò di essere chiamato il Giusto, esempio vivente di quella giustizia cristiana, che deve dominare nella vita sociale.
(Pio XI, enc. “Divini Redemptoris”,
19 marzo 1937)