“Non ho
giurato sul Vangelo, ma sulla Costituzione”. Questa è la sbalorditiva dichiarazione
di ateismo di Stato … ops … laicità (quasi fosse qualcosa di cui farsi vanto e che certamente non potrà invocare quando si troverà pur egli dinanzi al Signore) del premier Renzi – sedicente “cattolico”
– all’indomani dell’approvazione, in via definitiva, dalla Camera dei deputati
dello sventurato disegno di legge sulle c.d. unioni civili, noto dal nome della
proponente, on.le Monica Cirinnà (QUI il video. Cfr. Claudio Torre, Renzi adesso sfida la Chiesa: “Io non ho
giurato sul Vangelo”, in Il Giornale, 12.5.2016; Mario Sechi, Chi è più laico tra
Renzi e il Papa?, in Il Foglio, 13.5.2016) e che è stato votato da sedicenti cattolici (cfr. Flabrizio Roncone, Unioni civili, l’atea, la cattolica e il musulmano: foto di gruppo in Aula Matteo Orfini: «La scatto io», in Corriere della sera, 11.5.2016).
Per la
verità non deve destare meraviglia una tale dichiarazione, visto che anche la
Conferenza episcopale italiana non ha ritenuto in alcun modo pronunciarsi, se
non sul metodo-Renzi (cioè l’apposizione della fiducia sul provvedimento al
fine di evitare qualsiasi discussione), ma non già sul contenuto riprovevole
della novella legislativa (cfr. Paolo Deotto,
Le “Unioni civili” e le preoccupazioni di Nunzio Galantino, in Riscossa cristiana, 11.5.2016; Marco Tosatti,
Passa la legge che, sperano i suoi alfieri, introdurrà il “matrimonio” LGBT.
Ma la CEI dov’era?, in Il Timone, 12.5.2016; Redazione, Unioni civili, Galantino e la Cei fuori tempo
massimo, in Il Foglio, 10.5.2016). Del resto, “Avvenire” non si
limitava ad un titolo vago e sin troppo soft “Una legge ingiusta”??? (cfr. Giuseppe Rusconi, Unioni civili/L’Avvenire
di Galantino? Tappetino per Palazzo Chigi, in Rossoporpora, 12.5.2016) Sta di fatto che, col torpore ecclesiastico ed anche con la finta
opposizione catto-laicale con a capo improbabili leader “cattolici” (cfr. Massimo Viglione, Per senso di
responsabilità, in Riscossa cristiana, 11.5.2016, ripreso da Chiesa e postconcilio, 11.5.2016. Il riferimento è all’articolo di Riccardo Cascioli, Unioni civili. Le
contraddizioni di Adinolfi, in La nuova bussola quotidiana, 11.5.2016), ha ripreso vigore l’idra dei nemici della Chiesa ed, in fondo, dell’uomo,
proponendo dopo il “traguardo” della Cirinnà, anche la stura per le droghe (… leggere
… ovviamente … che pensavate????), l’eutanasia e chi più ne ha più ne metta (cfr.
Francesca Paci, Bonino: “Ora
avanti con eutanasia, cannabis, cittadinanza e asilo”, in La Stampa, 12.5.2016; Paolo Deotto, Dopo
la Cirinnà. L’esultanza e l’appetito dei demoni, in Riscossa cristiana,
12.5.2016).
Che la
Santa Vergine di Fatima in quest’anno centenario delle sue Apparizioni vegli
sulla Chiesa e sull’Italia, sconfiggendo l’antico Nemico lasciato libero di
girare per il mondo.
La spina
aggiunta alla corona imposta sul capo di Cristo. Una conseguenza pregressa
della legge Cirinnà sulle coppie di fatto
Col varo definitivo della legge Cirinnà il Parlamento italiano ha
ripetuto il grido emesso duemila anni fa dalla Sinagoga ribelle, proclamando “non
abbiamo altro Re che Cesare!” (Mt. 27, 15), ossia – tradotto in termini moderni
– non riconosciamo altro sovrano e legislatore che il “popolo”, o meglio chi lo
seduce, inganna e manovra contro Dio.
di Guido Vignelli
Mercoledì 11 maggio 2016, il Parlamento italiano ha definitivamente varato
la legge Cirinnà: ossia una legge che, elevando le convivenze (anche
omosessuali) alla dignità di “famiglie”, in realtà abbassa la famiglia al
livello delle convivenze; una legge che, rovesciando dalla base il diritto di famiglia,
“cambierà il volto della società”, come hanno ammesso anche alcuni ministri in
carica. Ora molti, con giusta preoccupazione, si chiedono quali ne saranno le
conseguenze nel prossimo futuro. Comunque sia, quella legge ha già prodotto una
conseguenza nel lontano passato: una conseguenza che ha aggravato la Passione
del nostro Signore e Redentore.
Secondo un’antica tradizione, i tipi di sofferenza inflitti a Gesù Cristo
corrispondono a relativi tipi di peccati, commessi dall’umanità ribelle ed
espiati dal Redentore subendo al suo posto quegli specifici patimenti. Ad
esempio, la flagellazione ha espiato i peccati di lussuria, mentre i peccati di
superbia sono stati espiati dall’imposizione della corona di spine – corona che
cinse non solo le tempie ma anche l’intero capo del Redentore, come conferma il
reperto della Sindone (Mc. 15, 17-19; Mt. 27, 29-30).
Poiché oggi il mondo cattolico tende a ridurre tutto all’aspetto
strettamente individuale e privato, ci si dimentica che i peccati possono
essere commessi anche da una classe, da una istituzione o da una nazione; in
tali casi si tratta di peccati collettivi, sociali, pubblici. Ad esempio, un
peccato di superbia, che eleva l’uomo ponendolo al di sopra di Dio, può essere
commesso da una nazione intera nella persona dei suoi pubblici rappresentanti.
Ciò accade soprattutto quando questa nazione si rifiuta di riconoscere che il
Creatore, Legislatore e Redentore dell’umanità (e quindi anche della società)
ha pieno e assoluto diritto ad essere ufficialmente riconosciuto come Re, o
almeno rispettato nelle Sue leggi fondamentali, promulgate innanzitutto dal
Decalogo e insegnate dal tradizionale Magistero ecclesiastico. Se poi questa nazione
era un tempo cristiana, o addirittura è nata come tale per influenza della
Chiesa stessa, allora questa nazione commette un peccato di pubblica apostasia
dalla Fede ricevuta.
Orbene, l’11 maggio 2016 è stato commesso appunto un peccato sociale e
istituzionale. Nella persona dei suoi rappresentanti parlamentari “democraticamente
eletti”, non sotto costrizione di una minaccia esterna ma per libera e sovrana
volontà, il popolo italiano ha sancito che il sapiente ordinamento divino,
riguardante la famiglia come cellula e modello della società, non deve più
valere nel diritto pubblico e nella organizzazione statale. In tal modo, la
nazione italiana ha nuovamente violato almeno due dei divini Comandamenti e ha
aggiunto una nuova offesa alla divina bontà e provvidenza, dopo quelle
costituite dalla passate leggi sul divorzio, il nuovo diritto di famiglia, l’aborto,
la fecondazione artificiale, etc. Del resto, il decreto Cirinnà è logica
conseguenza della offensiva antifamiliare iniziata appunto con la legge divorzista
(1970).
Così facendo, il Parlamento italiano ha ripetuto il grido emesso duemila
anni fa dalla Sinagoga ribelle, proclamando “non abbiamo altro Re che Cesare!”
(Mt. 27, 15), ossia – tradotto in termini moderni – non riconosciamo altro
sovrano e legislatore che il “popolo”, o meglio chi lo seduce, inganna e
manovra contro Dio. Il Parlamento ha anche proclamato “non vogliamo che Costui
regni su di noi!”, perché il Cristo “si è fatto chiamare Figlio di Dio” (Mt.
27, 7) al posto del Popolo (democraticamente) Eletto, ponendosi quindi sopra la
sovranità popolare, pretendendo di reprimere le passioni sociali liberate dopo
due millenni di “superstizione e tirannia”. Con una differenza, rispetto a
quanto avvenuto durante il processo: mentre allora Pilato cedette per paura
ammettendo che in tal modo permetteva un delitto, oggi i parlamentari sedicenti
cristiani hanno osato votare liberamente una legge iniqua presentandocela come “parzialmente
giusta” o “preventivamente migliore” rispetto a un’altra peggiore che rischiava
di passare. Il povero Pilato non avrebbe potuto neanche immaginare simili
sofismi per giustificare un tradimento della giustizia!
Con il proclama e con il rinnegamento che ripetono quelli della ribelle
Sinagoga di allora, i rappresentanti ufficiali del popolo italiano hanno
aggiunto una nuova spina alla derisoria e crudele corona già imposta sul capo
del Redentore: una spina che Gli sarà concretamente inflitta dalla pubblica amministrazione
quando dovrà applicare la legge Cirinnà. Questa ennesima spina non solo porta
al culmine l’offesa osata, ma anche rischia di esaurire la pazienza di un Dio
finora propenso a sopportare il ripudio e a rinviare la giusta punizione di un
popolo ingrato, ribelle e apostata. E’ infatti certo che una colpa collettiva
esige una punizione altrettanto collettiva di quel popolo che l’ha commessa, o
che non ha saputo né voluto opporsi a quei suoi rappresentanti che l’hanno
commessa.
Di questa nuova spina, anche la Conferenza Episcopale Italiana ne porta la
responsabilità oggettiva. Invece d’impedire il varo di una legge iniqua come
quella appena approvata, essa ha impegnato tempo, parole e scritti in battaglie
secondarie o superflue o addirittura dannose. Non c’è da sperare che ora l’episcopato
organizzi pubbliche preghiere e penitenze per riparare all’iniquità
anticristiana e alla ignavia cristiana, visto che non ha fatto nulla per
impedirla, anzi ha tentato di delegittimare quei movimenti cattolici che hanno
almeno provato ad opporvisi. Su una Gerarchia come questa, che reputa la difesa
della “biosfera” ben più importante di quella della sanità naturale e
soprannaturale della famiglia, rischia di piombare la punizione preannunciata
dalla Madonna nel “terzo segreto” di Fatima: una punizione forse poco
misericordiosa, ma molto salutare.
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